Filosofia dell'informazione/Realtà virtuale: differenze tra le versioni

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E’ possibile ricapitolare un’ampia porzione della storia della metafisica occidentale dal punto di vista offerto dalla realtà virtuale. Distinguere tra apparenza e realtà è forse uno dei compiti più basilari della metafisica. La realtà virtuale preme ai limiti dell’immaginazione metafisica e di altri grovigli e problemi, problemi di lunga data su come le cose sembrano rispetto a come sono realmente. Per esempio, i puzzle riguardanti specchi e sogni e i modi in cui essi possono confondere la nostra comprensione della realtà hanno una lunga storia e perseguitano gli scritti di molti metafisici. Ma supponiamo che i riflessi sullo specchio e che lo specchio stesso non venga visto, non metteremo mai in dubbio la solida realtà di tutto ciò che appare. Questo passaggio da Plotino viene meravigliosamente vicino a descrivere le attuali possibilità della realtà virtuale. La realtà virtuale può essere molto simile alle immagini in uno specchio che persistono anche dopo che lo specchio è scomparso. Se è così, allora la realtà virtuale può complicare i normali meccanismi usati per distinguere l’immagine dalla realtà e la rappresentazione da ciò che è rappresentato. E’ solo perché le immagini in uno specchio sono transitorie che ci consente di distinguere tra immagine e realtà. Uno dei limiti di ogni specchio è che è necessariamente limitato alle rappresentazioni ottiche. Tendere fuori per toccare un oggetto nello specchio rivela sempre l’inganno. Tuttavia, nelle versioni immersive della realtà virtuale, l’immagine non è limitata alla vista. Per quanto riguarda la transitorietà, nella realtà virtuale, le immagini possono scomparire in qualsiasi momento o essere permanenti. Inoltre, gli specchi possono solo riflettere le immagini di cose già esistenti. La realtà virtuale non ha questo vincolo. Non è che le rappresentazioni della realtà virtuale sono false, come le riflessioni in uno specchio. Invece, la realtà virtuale, può creare una realtà completamente nuova, esistente senza riferimento a una realtà esterna, e che richiede i propri metodi interni per distinguere il vero dal falso, ciò che è autentico da ciò che non lo è.
 
Anche i sogni possono essere utilizzati come analogia alla realtà virtuale in quanto ne possiedono le tipiche caratteristiche: sono immersivi in termini di chiarezza di percezione, proprio come le situazioni emulate attraverso la realtà virtuale. Nelle sue meditazioni Cartesio spiega come sia possibile distinguere i sogni dalla realtà: a differenza di quest’ultima, i sogni sono caratterizzati da esperienze separate dalle altre, non coerenti tra di loro. Quando ci si trova di fronte a questo tipo di percezioni incoerenti possiamo, dunque, ritenere che non si è vegli. Lo stesso Cartesio ammette, tuttavia, che ci possono essere casi di coerenza, come accade nella vita reale, anche nei sogni. La realtà virtuale può, però, superare facilmente tali test di coerenza, pertanto non si può ritenere valido il principio di distinzione indicato Cartesio. Inoltre, a differenza dei sogni, la realtà virtuale non è solo un’esperienza unicamente personale ma può essere condivisa con un numero teoricamente illimitato di persone. Il criterio per distinguere i sogni dalla realtà per Cartesio o un’immagine dalla realtà per Plotino è fondamentale in quanto, senza di esso, non avremmo modo di fare alcuna discriminazione non potendo, così, distinguere la realtà da ciò che non è reale. Nel caso della realtà virtuale le soluzioni di discernimento escogitate da Plotino e Cartesio non sono più affidabili pertanto si devono utilizzare altri criteri di distinzione tra realtà e non-realtà. Potrebbe un sistema metafisico come quello di Kant fornire degli strumenti di distinzione più accurati? L’idealismo trascendentale ruota intorno al concetto che le cose in se stesse sono inconoscibili e la conoscenza umana è fatta di sole apparenze: gli oggetti sono percepiti all’interno di schemi di rappresentazione mentali. In questo modo Kant suppone di venire a capo del problema della rappresentazione introducendo la divisione tra l’apparenza e la realtà dove la mente gioca un ruolo proattivo nello strutturare la realtà come percepita. Punto di partenza della sua spiegazione della realtà sono i concetti, innati in ciascuno di noi, di spazio e tempo, attraverso i quali è possibile esperire gli oggetti esterni. In questo modo Kant restringe gli oggetti della conoscenza ai soli oggetti dell’esperienza. Da un punto di vista kantiano gli oggetti della realtà virtuale non apportano nessuno stravolgimento dal punto di vista metafisico. Gli oggetti in se stessi non sono mai conosciuti ma tutto ciò non costituisce un problema per Kant: ogni oggetto della conoscenza umana, reale o virtuale, non è nient’altro che una collezione di rappresentazioni esperite in maniera strutturata, pertanto anche la realtà virtuale può essere considerata una forma di esperienza a tutti gli effetti. Gli oggetti esistono indipendentemente dalle singole esperienze fatte con la nostra mente solo che non sono conoscibili anche se non viene messa in discussione l’esistenza di una realtà indipendente dalle nostre percezioni. Anche l’esperienza virtuale esiste solo nelle nostre menti, pertanto anche questa esperienza, circoscritta come tutti i tipi di esperienze nel proprio specifico dominio, può essere classificata come reale.
 
La metafisica kantiana può anche aiutare a capire perché le interazioni umane con i computer hanno rievocato le nuove frontiere di spazio e tempo virtuale. Sebbene non possieda idee innate, la mente ha però una ben determinata struttura formale che rende possibile ogni interazione con il mondo. La stessa cosa accade con la realtà simulata al computer. Una volta possibile emulare l’esperienza con il computer le nostre strutture mentali strutturano, organizzano ed interpretano tali esperienze all’interno di questo nuovo dominio. Spazio e tempo virtuale potrebbero essere le forme di apprendimento della realtà virtuale come lo spazio e il tempo lo sono per la realtà. Nel caso della realtà virtuale non possiamo più affermare di avere esperienze prettamente personali in quanto possono essere condivisibili da più utenti sensibili e, in questo modo, la metafisica kantiana può essere ampliata. Ma non sono solo Kant e Cartesio che cercano di stabilire un rapporto tra la realtà e ciò che viene esperito dai sensi: ad esempio, anche nell’esistenzialismo materialistico di Heidegger non c’è solo l’oggetto ma anche la relazione con esso ed entrambi gli elementi sono altrettanto importanti. Si è quasi tentati di ritenere la realtà virtuale come una rivendicazione della metafisica di Platone dove il mondo delle idee rappresentava la realtà alla quale tendere mentre la realtà esperita ne era solo una copia imperfetta. Ad ogni modo la realtà virtuale, al contrario di Cartesio, mostra come la mente non sia separabile dal corpo: anche se importata, ricreata o riadattata, il corpo rappresenta il modo in cui ci si interfaccia nella realtà virtuale.
 
Ci sono altri approcci alla metafisica della realtà virtuale, per esempio, le teorie di simulazione ed iperrealtà di Jean Baudrillard sembrano essere fatte per la realtà virtuale, puntando ad una metafisica dove la realtà contemporanea è ostaggio di una sempre più dilagante simulazione di realtà virtuale. Dal suo punto di vista le simulazioni pongono la fine della nostra capacità di distinguere l’apparenza dalla realtà riducendo tutto ad un’iperrealtà senza fondo.
 
Un’altra possibilità potrebbe essere quella di seguire la critica di Jacques Deridda della metafisica della presenza applicata alla realtà virtuale dove l’assenza della presenza può essere caratterizzata da nuove soluzioni high-tech. A questo punto è meglio non procedere con altri esempi ma soffermarci su problemi concernenti l’identità di sé.
 
'''Identità virtuale'''
 
In aggiunta al problema della natura della realtà esterna si deve considerare il problema della natura del soggetto o di sé. Laddove Platone, Cartesio o Kant avevano in qualche modo condiviso le nozioni di un soggetto cosciente, con la realtà virtuale non si può essere altrettanto fiduciosi. L’esempio discusso in precedenza dell’immagine in uno specchio può essere usato di nuovo per approcciarsi agli oggetti esterni, questa volta attraverso il lavoro di Jacques Lacan.
 
La formulazione di Lacan dello “stadio dello specchio” spinge la nozione del soggetto fino ai propri limiti. Invertendo il paradigma cartesiano il soggetto, invece di essere l’ente più conosciuto ed importante, diventa quello del tutto sconosciuto e meno di rilievo. Questo tipo di confusione è la stessa che ebbe Alice nel suo viaggio attraverso lo specchio. Quando alla fine Alice vide nello specchio una ragazza molto graziosa come lei pensò davvero che si stesse trattando di un’altra ragazza e non di lei. Per Cartesio questo equivale a dubitare dell’unica cosa di cui si è certi, il ''cogito''. Dal punto di vista di Lacan “penso dunque sono” è un concetto sbagliato quando ci si ritrova a pronunciarlo di fronte ad uno specchio: in questo caso l’io che pensa può differire dall’io che esiste (l’io della coscienza pensa mentre l’io dello specchio esiste). Pertanto Lacan rielabora il motto come “penso dove non sono dunque sono dove non penso”. Questa formula non serve come fondazione della conoscenza secondo Cartesio una volta che tale divisione è stata introdotta all’interno del soggetto. Lacan scrive “dobbiamo solo intendere lo stadio dello specchio come un’identificazione, nel pieno senso che l’analisi dà al termine: cioè la trasformazione che prende atto nel soggetto quando assume un’immagine”. Il soggetto è così prodotto attraverso l’identificazione con l’immagine, un’immagine che non è il soggetto e che è ancora considerato per errore essere identico con esso. Se l’identità è basata sull’identificazione e l’identificazione è sempre un’identificazione con qualcosa che non è, allora la propria identità sarà sempre qualcosa in contrasto con se stessa. Lo stesso Lacan fa l’esempio di un’illusione creata con uno specchio per illustrare la situazione del soggetto umano. In questo caso l’illusione di un vaso pieno di fiori è rappresentata nella figura 1. Secondo Lacan è l’illusione del sé che è prodotta.
 
Nella figura il soggetto occupa lo spazio dell’osservatore simbolizzato con una “S” barrata e l’ego è rappresentata dall’immagine virtuale del vaso invertito visto nello specchio. Lacan fa vedere in questo modo come l’illusione creata sia peggiore di quella di Alice attraverso lo specchio e che è comune all’uomo. Il sé emergendo oltre il tempo come il risultato di una serie di identificazioni con gli altri è come l’immagine nello specchio, non reale ma virtuale.
 
Figura 1: l'illusione del vaso/illusione di sé (Lacan 1978)
 
La realtà virtuale rende più difficile questo dilemma. Se nella realtà un soggetto è già non dove crede di essere, nella realtà virtuale le cose si complicano. Negli ambienti virtuali i soggetti non sono confinati in un unico soggetto virtuale ma possono assumere identità multiple (anche nello stesso tempo). L’identità della realtà virtuale diventa anche più malleabile che nella vita reale e può essere più genuino e fondamentale di quest’ultima. Le diverse identità di sesso e razza possono essere alterate o, addirittura, resettate del tutto. Il soggetto è riprodotto da capo in uno specifico ambiente virtuale. Nel suo libro ''Life on the screen'', Sherry Turkle mostra come l’identità online rende “le astrazioni galliche” delle teorie francesi come quelle di Lacan “più concrete” scrivendo: “Nei mondi mediati dal computer, il sé è multiplo, fluido e costituito dall'interazione dei collegamenti con la macchina, è costruito e trasformato dal linguaggio”. Secondo Turkle le divisioni e frammentazioni che segnano ciascuno di noi assumono una nuova rilevanza e trovano nuovi usi nelle comunità virtuali.
 
'''Realtà economica'''
 
Sebbene la realtà virtuale debba ancora soppiantare diversi modi di interazioni umane nel mondo reale, c’è un’area in cui essa ha già fatto notevoli progressi: l’economia. Dalle macchine di prelievo automatico di contanti, i trasferimenti elettronici, il rapido sviluppo delle ''dot-com'', il capitale globale non è stato affatto reticente a svilupparsi con una velocità impressionante nel mondo virtuale dell’''e-commerce''. Ci si domanda ora quali siano stati i principali fattori che hanno determinato una crescita così rapida. La globalizzazione è un processo che ha sicuramente facilitato questo fenomeno. Mark Poster ha definito questo fenomeno come “svolta linguistica del capitalismo” poiché si è passati da un’economica industriale ad un’altra dell’informazione.  Lo stesso capitale è stato il mezzo che ha consentito questa trasformazione. Si deve a Jaron Lanier l’attribuzione del termine “realtà virtuale”, usato per designare una strategia di marketing per la sua società d’informatica per la quale lavorava. Il capitalismo ha portato le differenze di classi anche nel nuovo mondo virtuale, un vero e proprio “divario digitale” tra coloro che avevano accesso a internet e coloro che non l’avevano. Questa divisione andò oltre le tradizionali separazioni di genere e razza del mondo reale e, agendo trasversalmente alle classi sociali, venne ridefinito tale divario in base a questo ''gap'' tecnologico: tali origini capitalistiche della realtà virtuale non dovrebbero essere dimenticate. Il capitale organizza la vita sociale ed economica intorno alla produzioni di beni. Marx scriveva che la merce è “una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici”. Per Marx il valore di una merce è solo virtuale in quanto dipende esclusivamente dal rapporto con altre merci di scambio. Così, per esempio, il valore di un orologio può essere espresso nel suo equivalente in cellulari. Questo sistema di scambio rimanda al proprio apice al denaro, la cui unica funzione è quella di dare una valore virtuale ad una merce. Una merce, venendo così ad essere scambiata con denaro giunge ad arrivare in maniera asintotica allo specchio perfetto descritto da Plotino dove, alla fine di questo processo, solo l’immagine rimane e lo specchio scompare. Gli attuali scambi di moneta eseguiti elettronicamente in tutto il mondo contribuiscono a raggiungere questo obiettivo: tutto ciò fa sì che il capitalismo si adatti completamente alla realtà virtuale. La moneta è, tuttavia, già un’espressione di realtà virtuale, pertanto è stato alquanto immediato e semplice passare ad un sistema basato su una realtà virtuale che coinvolge tutti gli utenti del world wide web giungendo, così, in ogni angolo remoto del pianeta digitale ed offrendo un sistema di scambio merci a tratti utopico. Il capitale sta così trasformando radicalmente le relazioni sociali e virtuali ad un ritmo sempre più elevato. Ma non senza trovare resistenza. I diversi sistemi metafisici di realtà virtuale costituiscono il substrato su cui fondare le nuove questioni etiche e politiche che dovranno essere modellate su questa nuove realtà.