La filosofia greca/Perché Uno?: differenze tra le versioni
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È impossibile separare la filosofia, il pensiero razionale ([https://it.wikipedia.org/wiki/Logos Logos]) dalle sue origini [https://it.wikipedia.org/wiki/Mito mitologiche]. Tutto il pensiero greco classico sorge dall’immaginario di miti e di simboli dei secoli precedenti, immaginario ben rappresentato dai grandi [https://it.wikipedia.org/wiki/Omero#Opere poemi omerici]. È ben noto quanto sia radicata nel pensiero mitico l’idea dell’acqua come
Che cosa rappresenta il numero per il pensiero mitico e pre-logico? L’idea di ciò che è ordinato e controllabile opposta a tutto ciò che è caotico e indifferenziato. Numero e parola (Logos) sotto questo aspetto si equivalgono<ref>Paolo Zellini, Numero e logos, Adelphi 2010</ref>. Per ciò possiamo affermare che '''il passaggio dal Mito al logos è il passaggio da tutto ciò che è sfuggente e metamorfico a ciò che è numerabile e definito'''<ref>«Nel IV libro dell’Odissea Menelao racconta come fu trattenuto dagli dei per venti giorni sull’isola di Faro, di fronte all’Egitto, senza che un soffio di vento lasciasse ripartire le sue navi. Eidotea, figlia di Proteo, gran Vecchio del mare, ebbe infine pietà della sorte dell’eroe greco. Sfidando l’autorità paterna, ella gli suggerì un singolare stratagemma, che avrebbe consentito a Menelao di sorprendere Proteo nel sonno. Verso mezzogiorno, infatti, Proteo era solito uscire dalle acque per riposare in una spelonca, circondato da un gregge di foche, figlie di Anfitrite, che egli accudiva per conto di Poseidone. Per esser certo che nessuna mancasse all’appello dapprima le passava in rassegna e le contava. Poi, come un pastore con le sue pecore, si coricava in mezzo a loro, e si assopiva. In questo preciso momento Menelao, con altri tre compagni, sarebbe balzato su di lui, tenendolo stretto e impedendogli di fuggire. Se fosse riuscito nell’impresa, Proteo gli avrebbe svelato il modo di salvarsi e gli avrebbe aperto gli occhi sul destino riservato a lui stesso, al fratello Agamennone e ad altri eroi greci.
Così finiscono per svolgersi i fatti. Per passare inosservato e riuscire nell’agguato, Menelao e i compagni indossano pelli di foca maleodoranti, che Eidotea procura loro assieme a un antidoto, un profumo di ambrosia adatto a spegnere il fetore. All’ora prevista, come da lei anticipato, Proteo esce dall’acqua e, per prima cosa, conta le foche, le vere e le false, allineate vicino alla battigia: le conta “sulle dita della mano”, a cinque a cinque. Non appena anch’egli si è adagiato sulla sabbia, Menelao e i suoi gli sono addosso. Per sottrarsi alla cattura, si trasforma fulmineamente in leone, serpente, pantera, cinghiale e poi in acqua e in albero. Quindi deve cedere alla forza e comincia a dire la verità e a svelare il futuro…» (In: P. Zellini, cit.)</ref>
Tuttavia, lo stesso concetto di numero è di per sé vago e indefinito. Che cos’è Il Numero? Quanti sono i numeri? Anche l’idea di numero richiede pertanto un principio ordinatore, una radice generativa che definisca da dove hanno origine tutti i numeri. E questa origine non può essere che l’1.
«''È plausibile anche il nome Proteo con cui i pitagorici chiamavano l’1, perché quello era in Egitto l’eroe capace di assumere ogni forma e contenere quindi le proprietà di ogni cosa, così come l’1 è fattore di ogni numero'' (Pseudo Giamblico)» <ref>In: P. Zellini, cit.</ref>
Dobbiamo a [https://it.wikipedia.org/wiki/Pitagora Pitagora], creatore semi mitico (di lui infatti non sappiamo quasi nulla di preciso) della prima “scuola filosofica” a noi nota (la scuola pitagorica, che si estese per secoli nell’antichità greco-romana), il primo esempio di speculazione filosofica sulla “natura” del numero, ovvero la prima “teoria” matematica che eleva questa disciplina dal suo mero valore tecnico al livello ancora oggi conosciuto di pura ricerca teorica. È bene infatti ricordare che il calcolo numerico era una tecnica assai sviluppata già presso gli Egizi e soprattutto i babilonesi, a cui dobbiamo la prima formulazione di alcuni dei principi matematici più complessi (compreso lo stesso "teorema di Pitagora", che era già ben conosciuto dai mesopotamici). La differenza è però sostanziale: mentre per babilonesi ed egizi il calcolo era una funzione pratica per la soluzione di alcuni problemi, come l’osservazione del moto dei pianeti o la misurazione dei campi o l’edificazione di grandi edifici, '''per i seguaci di Pitagora la riflessione sulle proprietà dei numeri (o del Numero) divenne l’occasione per una speculazione sul modo di funzionare del pensiero razionale, sul metodo che regola l’argomentazione logica'''. La forma più alta, e ancora oggi imprescindibile, che raggiunse tale ricerca fu la formalizzazione del [https://it.wikipedia.org/wiki/Teorema teorema] geometrico. Duecento anni dopo la morte di Pitagora, il greco [https://it.wikipedia.org/wiki/Euclide Euclide] raccolse in un unico trattato tutta la conoscenza aritmetico-geometrica dell’antichità, esponendola con un rigore dimostrativo che da allora costituisce il modello imprescindibile per l’insegnamento della matematica “elementare” (aritmetica e geometria piana).
Dunque
'''L’Uno, o Unità, è dunque una necessità logica''': per gran parte del pensiero filosofico occidentale, negare il principio di Unità vuol dire negare la possibilità stessa di conoscere razionalmente, di dare ordine ai fenomeni, di costituire principi universali – [https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_fisica Leggi] - che regolino il nostro rapporto con la realtà.
==Note==
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