Platone: istruzioni per il mondo delle idee/Eutifrone: differenze tra le versioni

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L'Eutifrone è un dialogo della giovinezza di Platone che appartiene alla prima delle nove tetralogie platoniche. Quest'ultimo ha come argomento principale il tema della santità, infatti, si sviluppa attorno alla domanda “cosa sostieni essere il santo e il non santo?”.

Il dialogo si apre con l’incontro tra Socrate e Eutifrone, i due protagonisti, entrambi in coda presso il portico vicino al mercato Ceramico, dove aveva sede l'arconte re, magistrato di Atene, dedicato anche ad alcuni processi giuridici. Il primo si è recato perché è venuto a conoscenza dell’accusa, avanzatagli da Meleto, di empietà e corruzione dei giovani, il secondo, invece, si trova lì per accusare il padre di omicidio. Questo fece legare le mani e i piedi di un suo schiavo buttandolo in un pozzo in attesa del verdetto dell'esegeta, interprete del diritto consultato nei casi dubbi. Lo schiavo è accusato di aver ucciso un'altro servo a causa della sua ubriachezza. La denuncia di Eutifrone scatena la ricerca su cosa sia pio e cosa non lo sia. L'intero dialogo è dunque incentrato sul tentativo da parte di Socrate di condurre Eutifrone all'identificazione dell'idea di santo attraverso l'elaborazione di cinque diverse definizioni. Socrate interroga Eutifrone sul concetto di santo e di empio.
 
Il profeta sostiene allora che l'accusa che aveva rivolto al padre fosse cosa santa poichè intentare processi contro persone che commettono atti ingiusti può essere considerata come tale. Socrate fa notare al suo interlocutore di aver semplicemente fornito un esempio di azione pia senza però averne dato la definizione. Eutifrone, trovandosi d'accordo con le obiezioni sollevate da Socrate, modifica le parole dette in precedenza asserendo che santo è ciò che è gradito agli dei. Il filosofo smentisce l'affermazione di Eutifrone dal momento che non tutti gli dei gradiscono le stesse cose. Il veggente controbbatte dicendo che è cosa giusta ciò che è gradito a tutti gli dei. Socrate lo invita ancora una volta a riflettere chiedendogli a quale parte di giustizia corrispondesse la pietà. Per Eutifrone santo è la capacità di pregare e rendere servizio agli dei, d'altro canto amareggiarli è considerato un atto empio. Socrate accusa il profeta di esser tornato al punto di partenza. Infine il tentativo di Socrate si dimostra vano in quanto l’opera si conclude in modo aporetico: Eutifrone dinnanzi ad un'ulteriore domanda del filosofo mostra di avere fretta e si allontana.