Platone: istruzioni per il mondo delle idee/Cratilo: differenze tra le versioni

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==Cratilo: Platone contro l'omologazione del linguaggio==
[[File:Vincent, François-André - Democritus among the Abderites.jpg|thumb|left|upright=1.4|La scuola di Democrito in un dipinto di François-André Vincent]]
Il ''Cratilo'' di Platone (la cui datazione oscilla tra il 390 e il 370 a.C.) è un dialogo che si può collocare a cavallo tra la fase giovanile e quella della maturità della produzione platonica.
La tematica sui cui è incentrato è quella della correttezza dei nomi. Il fine dell'opera è, infatti, quello di definire l’effettiva relazione nome-cosa e se i nomi siano posti correttamente, rispetto alle cose cui sono stati assegnati.
 
'''Il Cratilo di Platone'''
Il testo si sviluppa attraverso il dialogo tra i tre personaggi: Socrate, Ermogene e Cratilo. Quest'ultimo, difende il naturalismo linguistico, sostenuto da Eraclito e da Parmenide, opponendosi ad Ermogene, che invece espone la teoria convenzionalistica, sostenuta dai [[w:Sofisti|Sofisti]] e da [[w:Democrito|Democrito]].
 
Il ''Cratilo'' di Platone (la cui datazione oscilla tra il 390 e il 370 a.C.) è un dialogo che si può collocare a cavallo tra la fase giovanile e quella della maturità della produzione platonica. Poche opere filosofiche antiche toccano una così grande e straordinaria varietà di temi. Oltre questo, la sezione etimologica pare una sorta di enciclopedia della cultura, tradizioni, usi e costumi greci, ricca di miti, citazioni e allusioni.
Nel resto dell'opera, Socrate porta prima argomenti contro Ermogene (le parole non sono arbitrarie), poi si lancia nella lunga e folle cavalcata etimologica che occupa la porzione centrale del dialogo. Infine, nell’ultima parte, porta argomenti contro Cratilo: studiare il linguaggio non serve a conoscere il mondo.
La tematica sui cui è incentrato il dialogo è quella della correttezza dei nomi. Il fine dell'opera è, infatti, quello di definire l’effettiva relazione nome-cosa e se i nomi siano posti correttamente, rispetto alle cose cui sono stati assegnati.
Il testo si sviluppa attraverso il dialogo tra i tre personaggi: Socrate (portavoce di Platone), Ermogene e Cratilo. Quest'ultimo, difende il naturalismo linguistico, sostenuto da Eraclito e da Parmenide, opponendosi ad Ermogene, che invece espone la teoria convenzionalistica, sostenuta dai [[w:Sofisti|Sofisti]] e da [[w:Democrito|Democrito]].
NelSocrate resto dell'operainvece, Socrate porta prima argomenti contro Ermogene (le parole non sono arbitrarie), poi si lancia nella lunga e folle cavalcata etimologica che occupa la porzione centrale del dialogo. Infine, nell’ultima parte, porta argomenti contro Cratilo: studiare il linguaggio non serve a conoscere il mondo.
 
'''L'esistenza dell'errore è innegabile: le due tesi cadono in contraddizione'''
Cratilo sostiene che il nome è sempre giusto, sempre vero, perché è della stessa natura delle cose che descrive (teoria naturalistica del linguaggio). Il nome sbagliato non è un vero nome. Se gli uomini conoscono e apprendono la natura delle cose attraverso i nomi, è evidente che non potrebbe esistere nessuna conoscenza se il linguaggio non fosse corretto, cioè se i nomi non fossero della stessa natura delle cose.
 
Il problema del falso è uno degli argomenti affrontati da Socrate e Cratilo: poichè l'esistenza dell'errore è innegabile, sia la tesi naturalistica sia quella convenzionalistica cadono in contraddizione.
Per Ermogene invece il nome esiste per legge e per consuetudine, i nomi sono convenzioni, e raccontano le cose a chi ha stabilito queste convenzioni (teoria sofistica del linguaggio). Egli addiviene al nome come proposizione concentrata, ovvero entità elementari, i principi dei nomi stessi, non ulteriormente scomponibili.
Se il linguaggio fosse il prodotto arbitrario di una convenzione, sia pure concordata, sarebbe sempre esatto; ma l’esistenza dell’errore dimostra che questo non è possibile (posizione convenzionalistica).
I nomi primitivi devono anch’essi rivelare la natura delle cose ma, non potendo essere scomposti in ulteriori elementi, devono farlo in altro modo, cioè per via imitativa, su fenomeni che vengono osservati. Inoltre, secondo Ermogene, ci sono vari gradi di correttezza, per cui certi nomi sono più appropriati, altri meno appropriati, come certi ritratti sono più somiglianti, altri meno somiglianti. Se il nome riproducesse tutti i caratteri dell’oggetto, non si saprebbe quale è il nome e qual è l’oggetto.
Se il nome ci fa conoscere immediatamente la natura della cosa, vuol dire che il linguaggio è sempre esatto, e ogni cosa che si dice, per il fatto stesso che si dica, è vera. Ma l’esistenza dell’errore è innegabile: anche seguendo la tesi del naturalismo si cade in contraddizione (posizione naturalistica).
 
'''Il nome come proposizione concentrata'''
Il contenuto dell'opera può essere suddiviso in tre principali nuclei narrativi:
# La confutazione della tesi di Ermogene
# Lo sviluppo della teoria naturalistica
# Socrate contro Cratilo
 
Possiamo giungere all'etimologia, al principio del nome stesso, attraverso una successione di parole ed enunciati.
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I nomi primitivi devono anch’essi rivelare la natura delle cose ma, non potendo essere scomposti in ulteriori elementi, devono farlo in altro modo, cioè per via imitativa, su fenomeni che vengono osservati. Inoltre, secondo Ermogene, ci sono vari gradi di correttezza, per cui certi nomi sono più appropriati, altri meno appropriati, come certi ritratti sono più somiglianti, altri meno somiglianti. Se il nome riproducesse tutti i caratteri dell’oggetto, non si saprebbe quale è il nome e qual è l’oggetto.
Se il nome riproducesse tutti i caratteri dell’oggetto, non si saprebbe quale è il nome e qual è l’oggetto.
 
'''La situazione ideale secondo Socrate'''
Per Socrate i nomi tendono alla verità delle cose, e il linguaggio somiglia alla realtà. Questo è un criterio. Il dialogo ci porta dai nomi alle cose: il collante è costituito dalle etimologie. Il linguaggio rappresenta le opinioni del nomoteta, ciò che esso ha elaborato nel momento in cui creava i nomi, talvolta in maniera errata. Socrate sostiene che la capacità dei nomi di denotare le cose derivi dall'uso e la conoscenza non derivi dal linguaggio ma dalle cose stesse. Così, per Socrate (Platone), il linguaggio è uno strumento del pensiero finalizzato alla produzione di parole che abbiano significato.