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== Il ''De vulgari eloquentia'' ==
[[File:De vulgari eloquentia.tif|thumb|Una copia del 1577 del ''De vulgari eloquentia'']]
Nel ''De vulgari eloquentia'' Dante approfondisce le tematiche linguistiche e letterarie già presenti nel ''Convivio'', di cui è contemporaneo. Originariamente prevedeva quattro libri, ma ci sono giunti solo il primo, completo, e tredici capitoli del secondo, più parte del quattordicesimo. La lingua scelta è il latino, la più diffusa nell'ambiente dotto, a cui l'opera è rivolta. Il primo libro è una trattazione sulle origini del linguaggio, a partire dalla frammentazione delle lingue in seguito alla costruzione della torre di Babele (narrata
Fin dal primo libro, Dante sofferma la propria attenzione sul volgare italiano, la lingua del sì. Vengono
La nuova lingua letteraria deve nascere dalla rielaborazione artistica del volgare, a opera degli intellettuali di tutte le parti d'Italia. Partendo dalla base latina che accomuna tutti i dialetti italiani, bisogna elaborare una lingua che si possa adattare ai temi più alti, selezionando un lessico prezioso. Per Dante questa lingua ideale deve essere:<ref>{{cita libro | Giuseppe | Petronio | L'attività letteraria in Italia | 1969 | Palumbo | Palermo | p=99 }}</ref><ref name="Baldi8">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dante | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=8 }}</ref>
* '''illustre''', perché nobilita chi la parla;
* '''cardinale''', perché è il cardine attorno a cui ruotano gli altri dialetti;
* '''aulica''', perché
* '''curiale''', perché deve essere una lingua elegante, tale cioè da potere essere usate nelle corti eccellentissime.
{{vedi source|De monarchia|la}}
[[File:HenryLux.jpg|thumb|Incoronazione di Arrigo VII di Lussemburgo nel ''Codex Balduini Trevirensis'']]
Il ''De monarchia'' è una riflessione sul potere.
La sua composizione è successiva al 1310, quando Dante riversava le sue speranze di rinnovamento politico della penisola italiana nell'azione dell'
== La ''Divina Commedia'' ==
La ''Divina Commedia'' è la principale opera di Dante, riflessione umana, esistenziale e morale sulla vita del poeta nonché specchio della società e della politica medievali, alle quali sono rivolte frequenti invettive. Il poema nasce infatti dal contrasto vissuto dal poeta nei confronti della realtà a lui contemporanea: l'imperatore non si preoccupa di far trionfare la pace e la giustizia, mentre il papa tralascia gli aspetti religiosi e si occupa prevalentemente di acquisire potere temporale. Come conseguenza, gli uomini si stanno allontanando dai retti valori che avevano guidato la società cortese (come la sobrietà, il senso della famiglia, il rispetto della tradizione). Dante tuttavia spera ancora che possa arrivare un '''Veltro''', cioè un riformatore in grado di guidare gli uomini attraverso un cammino di rinnovamento morale.
L'opera è costituita da tre cantiche: ''Inferno'', ''Purgatorio'' e ''Paradiso''. Ognuna è suddivisa in 33 canti, a eccezione dell<nowiki>'</nowiki>''Inferno'', che ne ha 34: il canto I, infatti, funge da prologo all'intero poema. I versi sono formati da terzine di endecasillabi in rima incatenata. Il poema narra in prima persona il viaggio compiuto da Dante nell'
La sua stesura è collocata fra il 1304 e il 1321. In particolare, sembra che ''Inferno'' e ''Purgatorio'' siano stati pubblicati quando Dante era ancora in vita: il primo è apparso tra il 1313 e il 1314, mentre il secondo tra il 1315 e il 1316. Il ''Paradiso'', a cui il poeta ha lavorato sino agli ultimi giorni, è invece stato dato alle stampe postumo, anche se singoli canti erano stati diffusi mano a mano che venivano composti.<ref>{{cita libro | autore=Dante Alighieri | titolo=La Divina Commedia | editore=Bulgarini | città=Firenze | anno=2001 | curatore1=Mario Zoli | curatore2=Gilda Sbrilli | p=15 }}</ref>
Nella ''Divina Commedia'' è possibile riconoscere la coesistenza di vari generi. Con il suo poema Dante vuole infatti rappresentate la realtà in tutta la sua complessità, e per questo ricorre a generi letterari tra loro diversi. La ''Divina Commedia'' è quindi un poema didascalico e allegorico, ma è anche un'opera enciclopedica e presenta i caratteri della profezia apocalittica. In alcuni canti è possibile ritrovare elementi tratti dalla commedia, dalla tragedia e dall'epica. Non mancano poi satire, invettive e momenti lirici. Il carattere fondamentale dell'opera è però di tipo narrativo: è la struttura del racconto a unificare tutti questi diversi generi.
Per ideare la struttura della sua grande opera Dante riprende i modelli diffusi nella cultura medievale. Certamente i primi riferimenti sono la Bibbia e il libro VI dell<nowiki>'</nowiki>''Eneide'' di Virgilio, in cui Enea discende agli inferi e riceve delle rivelazioni profetiche dalle ombre dei defunti. Per la ricostruzione dell'
=== Le basi filosofiche e culturali ===
La rappresentazione dantesca dei regni celesti trae spunto dalla concezione aristotelico-tolemaica del cosmo
I fondamenti filosofici della ''Commedia'' derivano invece dalla scolastica, e in particolare dal pensiero di Tommaso d'Aquino, che nella sua ''Summa theologiae'' aveva compiuto una sintesi tra cristianesimo e aristotelismo. Oltre a questo filone che tenta di fondare la fede su basi razionali, sulla scorta di Aristotele, è però riconoscibile anche un afflato mistico ispirato ad Agostino d'Ippona. Il viaggio nell'
Sullo sfondo c'è l'incrollabile fede che Dante ha di possedere la verità. Secondo la visione tipicamente medievale del mondo, la conoscenza non è ricerca di sapere, poiché la Rivelazione ha già spiegato tutto. L'uomo non deve cercare nuove conoscenze, ma semplicemente adeguarsi a un bagaglio di nozioni che sono già date. È invece folle chi cerca di investigare, con la sola ragione, i misteri di Dio che sono di per sé inconoscibili. L'universo inoltre è retto da un ordine mirabile, in cui tutto trova la sua giustificazione e il suo fine nella volontà di Dio. Elementi tra di loro contrastanti esistono e hanno un senso proprio perché sono inseriti in questo ordine divino. Allo stesso modo il poema di Dante si pone come un'imitazione del «libro di Dio», e può registrare ogni aspetto della realtà, dai più bassi e umili ai più elevati e sublimi.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dante | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=11-12 }}</ref>
L'inferno, dove si svolge il primo tratto del viaggio, è una voragine a forma di cono rovesciato, creatasi nel momento in cui Dio ha scagliato sulla terra l'angelo ribelle Lucifero. Per accedervi si deve passare attraverso una porta, che si trova nei pressi di Gerusalemme. Le pareti della voragine sono divise in nove cerchi concentrici, nei quali le anime dei dannati scontano la loro pena eterna a seconda delle colpe commesse in vita. Prima di iniziare il percorso, Dante cade nello sconforto e pensa che il viaggio che deve compiere sia contro le leggi divine. Viene però incoraggiato da Virgilio, che gli rivela come la sua missione in realtà sia voluta dallo stesso Dio.
Il confine dell'inferno è segnato dall'Acheronte, un fiume sotterraneo ripreso dalla mitologia greca. Al di qua del fiume, prima dell'inferno vero e proprio, Dante colloca le anime degli ignavi, cioè di coloro che non seppero scegliere né per il bene né per il male. Con essi ci sono anche gli angeli che, al momento della ribellione di Lucifero, non hanno preso parte né per Dio né per il diavolo. Oltre l'
I dannati veri e propri sono divisi secondo uno schema ripreso da Aristotele e dalla sua dottrina sulle tre «male disposizioni» dell'animo: incontinenza, bestialità, malizia. Queste sono poste in progressione, dalla più lieve alla più grave. Bisogna però osservare che Dante utilizza questo schema con una certa libertà. Le prime variazioni riguardano l'aggiunta del Limbo per i non battezzati e dell'antinferno per gli ignavi, di cui si è detto. L'altra è l'inserimento degli eretici, che per ovvi motivi non erano previsti dal modello aristotelico.
Le anime dell'inferno sono infatti condannate a scontare una pena secondo la '''legge del contrappasso''' (dal latino ''contra patior'', cioè «soffro il contrario»). Questa può agire in quattro modi diversi:<ref>{{cita libro | autore=Dante Alighieri | titolo=La Divina Commedia | editore=Bulgarini | città=Firenze | anno=2001 | curatore1=Mario Zoli | curatore2=Gilda Sbrilli | p=26 }}</ref>
* il dannato può subire un'azione
* può essere costretto a fare ciò che non fece in vita e che quindi è stato causa della colpa, oppure
* può continuare a ripetere l'azione della propria colpa, oppure
=== Trama e struttura del ''Purgatorio'' ===
[[File:Pur 24.jpg|thumb|Dante e Virgilio si congedano dalle anime dei golosi (''Purgatorio'', Canto XXIV), illustrazione di Gustave Dorè]]
Il purgatorio è un monte altissimo che si trova agli antipodi di Gerusalemme, nel mezzo dell'oceano. Ha un forma tronco-conica e si è formato dalla terra che si è spostata nel momento in cui è nato l'inferno. Usciti all'aperto, Dante e Virgilio si ritrovano quindi sulla spiaggia ai piedi del monte. Nel purgatorio sono accolte le anime di chi necessita di una '''purificazione''' prima di poter raggiungere il paradiso. Queste vengono raccolte sulle rive del Tevere e portate al purgatorio da una navicella condotta da un angelo.
Alle pendici del monte è posto un antipurgatorio, in cui sostano le anime in attesa che inizi il cammino di purificazione. Vi si trovano gli scomunicati, i pigri a pentirsi, i morti di morte violenta, i principi negligenti. La purificazione avviene nel purgatorio, a cui si accede dopo aver superato una porta custodita da angeli. Il monte è diviso in sette cornici, che ne percorrono i fianchi e corrispondono ai sette vizi capitali. Anche in purgatorio, come all'inferno, vale la legge del contrappasso. Le colpe in questo caso sono classificate secondo la dottrina dantesca dell'Amore, che
* colpe «per malo obietto» (superbi, invidiosi, iracondi), cioè quando l'Amore è rivolto a un oggetto indegno, per esempio a se stessi;
Ognuna di queste cornici è custodita da angeli. Inoltre in ciascuna il penitente passa per tre fasi: gli vengono mostrati esempi di virtù, gli viene fatta vedere la pena e gli si danno alcuni esempi di castighi per la colpa.
Sulla sommità del monte si trova il giardino del '''paradiso terrestre'''. Concluso il percorso di espiazione, l'uomo torna alla sua purezza primigenia, precedente al peccato originale commesso da Adamo. Qui Dante ritrova Beatrice, che lo redarguisce e lo costringe a rivelare le proprie colpe. A questo punto la donna sostituisce Virgilio come guida del poeta. Dopo un bagno nel fiume Lete (per dimenticare le colpe) e uno nell'Eunoé (per ricordare il bene compiuto), Dante può salire nei cieli.
=== Trama e struttura del ''Paradiso'' ===
[[File:Paradiso Canto 31.jpg|thumb|Dante e Beatrice davanti alla Candida Rosa (''Paradiso'', Canto XIII), in un'illustrazione di Gustave Dorè]]
Nel paradiso si conclude il viaggio di Dante. Nel mondo della ''Commedia'', la terra ha forma sferica e occupa il centro del sistema. Sopra la sfera terrestre si trova la sfera del fuoco, che a sua volta è sovrastata da un sistema di nove sfere celesti. Ciascuna di esse è in movimento, è occupata da un pianeta o da una
L'Empireo è anche la sede delle anime beate: è un cielo spirituale che si trova al di là di quelli fisici. Tuttavia le anime accettano di scendere in uno dei vari cieli per incontrare Dante. Ciascuna anima appare in quello che corrisponde alla sua virtù principale, secondo questo schema:
Nei primi tre si trovano le anime di quanti hanno praticato la virtù teologale della temperanza e che quindi hanno moderato le passioni. I cieli dal IV al VI ospitano le virtù della prudenza, della fortezza e della giustizia. Nel VII cielo ci sono infine gli spiriti che si sono dedicati alla vita contemplativa. È importante sottolineare che questa distinzione non comporta gradi diversi di beatitudine. Ogni anima occupa la posizione voluta per lei da Dio, e quindi ognuna di esse è appagata in quanto partecipa della volontà divina.
Nel cielo delle Stelle fisse Dante assiste al trionfo di Cristo e di Maria, celebrato da tutti i santi. Deve anche sostenere un esame teologico su fede, speranza e carità condotto dagli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni. Nel cielo del Primo Mobile, il più veloce, Dante vede Dio rappresentato come un punto luminoso, circondato da nove cerchi di luce, che corrispondono alle nove schiere angeliche. Da qui il poeta passa all'Empireo, dove vede le anime come saranno dopo il giudizio universale. Vestite di bianco, siedono in un enorme anfiteatro, la «candida rosa»,
Beatrice torna quindi a occupare il suo posto ed è sostituita da san Bernardo, che prega la Vergine di intercedere per Dante presso Dio. Seguendo la luce divina, il poeta si fonde con Dio e arriva a comprendere i suoi misteri.
* '''allegoria dei teologi''', un evento storico e reale che serve per rivelare la verità.
Quest'ultimo era il modo con cui, nel Medioevo, si interpretavano le Sacre
* '''letterale''', cioè i fatti;
* '''anagogico''', cioè il fine superiore e divino verso cui tendere.
Lo stesso Dante precisa che, mentre quella del ''Convivio'' e un'allegoria «dei poeti», nella ''Commedia'' ricorre all'allegoria «dei teologi». Il poema, in altre parole, deve essere interpretato come la Sacra Scrittura: non è una finzione letteraria ma una realtà storica. Per comprendere questo passaggio bisogna tenere presente la '''concezione figurale''' che caratterizza tutto il pensiero cristiano medievale. Gli eventi storici erano considerati in stretta continuità con il piano divino: in questo disegno, ogni avvenimento acquisiva un senso se poteva essere visto come un'anticipazione di qualcosa che sarebbe successo dopo.
Applicando questa concezione alla ''Commedia'', i personaggi storici nella loro vita reale terrena erano la «figura» della loro vita dopo la morte. Se la vita terrena è qualcosa di transitorio e imperfetto, la vita nell'
=== Tecniche narrative ===
[[File:Gustave Dore Inferno2.jpg|thumb|Virgilio affronta i diavoli nella quinta bolgia dell'ottavo cerchio (''Inferno'', Canto XXI), illustrazione di Gustave Dorè]]
La ''Commedia'' è un'opera narrativa, raccontata in prima persona da Dante (è quindi un '''racconto autodiegetico'''). Del poema Dante è allo stesso tempo autore (''auctor'') e protagonista dell'azione (''agens''), ed è investito della missione di ammonire i suoi contemporanei riferendo ciò che solo lui, consapevole di questo suo compito, ha avuto il privilegio di vedere.
È importante sottolineare che il Dante ''auctor'' non corrisponde con il Dante ''agens''. La narrazione avviene infatti a distanza di tempo dagli avvenimenti, quando l'esperienza è ormai conclusa, e quindi l<nowiki>'</nowiki>''auctor'' ha una conoscenza superiore rispetto all<nowiki>'</nowiki>''agens'', che invece vive la vicenda nel momento in cui è raccontata. Di conseguenza, il Dante ''auctor'' interviene commentando o
Dante però utilizza anche altri espedienti narrativi. Uno di questi è l'adozione di una descrizione dinamica: un quadro o un paesaggio vengono rappresentati fornendo singoli dettagli via via che la narrazione procede. Sono poi presenti narrazioni di secondo grado, con personaggi che, interrogati da Dante o da Virgilio, narrano in prima persona la loro storia. È questo per esempio il caso Ulisse, di Ugolino o di Francesca da Rimini. La realtà vissuta viene quindi narrata, oltre che attraverso molteplici generi, anche attraverso molteplici punti di vista. Tutte queste narrazioni, inoltre, utilizzano la tecnica dello scorcio e dell'ellissi: i personaggi non raccontano per esteso la loro storia, dall'inizio alla fine, ma solo la parte centrale. Questa è una caratteristica del racconto
=== Spazio e tempo nella ''Commedia'' ===
Spazio e tempo hanno un particolare significato nella ''Commedia'': corrispondono a elementi reali, ma allo stesso tempo assumono un valore simbolico strettamente collegato all'eccezionale esperienza del poeta. I tre spazi dell'
Come lo spazio, anche il tempo ha una particolare importanza nella struttura della ''Commedia''. Inferno e paradiso sono inseriti in una dimensione di eternità: i dannati e i beati rimarranno in questa condizione per sempre. Il purgatorio invece, trovandosi su un'isola in mezzo all'oceano, è inserito nel tempo. Anche qui è però sottesa una motivazione teologica: le anime dei penitenti si trovano in una condizione transitoria, che deve essere superata per potere alla fine a raggiungere il paradiso.
Dante tuttavia fornisce indicazioni cronologiche molto precise, che conferiscono alla narrazione un valore di realtà. Il tempo del poema è un tempo soggettivo, quello del pellegrino che compie un viaggio alla ricerca di Dio. Tutta la storia si svolge nell'anno 1300, durante il primo Giubileo. Secondo le ipotesi degli interpreti, il viaggio inizia l'8 aprile, venerdì santo. La sera del 9 aprile, sabato santo, Dante lascia l'inferno e, all'alba di Pasqua inizia il suo cammino in purgatorio, che termina a mezzogiorno del mercoledì successivo. L'esperienza del paradiso si conclude infine in un unico giorno, giovedì 14 aprile.
Bisogna osservare che le indicazioni cronologiche non creano un contrasto con la dimensione dell'eternità che caratterizza l'oltretomba. Per i medievali, infatti, la realtà è qualcosa di provvisorio, che trova compimento nell'eternità. La storia, intesa come ciò che è temporaneo, rivela il suo vero valore solo dalla prospettiva di ciò che è eterno.<ref>{{cita libro | autore=Dante Alighieri | titolo=La Divina Commedia | editore=Bulgarini | città=Firenze | anno=2001 | curatore1=Mario Zoli | curatore2=Gilda Sbrilli | pp=24-25 }}</ref>
=== Il plurilinguismo ===
Secondo la teoria medievale degli stili
Alla pluralità dei generi e dei punti di vista corrisponde anche una pluralità linguistica. In particolare, la lingua e lo stile si innalzano mano a mano che Dante viaggia dall'inferno al paradiso. Nella prima cantica abbondano i termini bassi e popolari, mentre nel ''Purgatorio'' vengono preferite parole più auliche e letterarie. Nel ''Paradiso'', infine, il lessico si innalza ulteriormente, e vengono utilizzati anche latinismi e neologismi.
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