Storia della letteratura italiana/Le origini: differenze tra le versioni
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Con il crollo dell'impero il latino classico lascia il posto alle '''lingue volgari o romanze'''. In età carolingia la locuzione ''romana lingua'' viene utilizzata per distinguere le lingue di origine latina, sempre più diffuse, dal latino vero e proprio e dalle lingue germaniche. L'avverbio ''vulgaris'', invece, era impiegato già in epoca repubblicana per indicare una variante del latino classico molto diffusa tra la popolazione e nelle provincie romane. Il latino volgare conosce però delle varianti significative a partire dal III secolo, dovute ai contatti con le lingue parlate nelle diverse regioni.<ref name="Ferroni28"/> A intaccare l'unità linguista del latino intervengono da un lato il crollo del potere centrale dell'impero romano, dall'altro la diffusione del cristianesimo, che utilizza la lingua volgare per avere un contatto più diretto con il popolo. A tutto questo si aggiungono poi gli scambi linguistici con i nuovi dominatori germanici. I primi documenti scritti nelle varie lingue romanze si affacciano tuttavia in momenti diversi a seconda dei paesi.<ref name="Ferroni28" />
[[File:Romance 20c it.svg|thumb|350px|La cartina mostra l'attuale diffusione delle lingue romanze in Europa (clicca sulla cartina per ingrandirla)]]
Le lingue romanze producono, tra l'XI e il XII secolo, una letteratura molto ricca, che spezza il dominio del latino e allarga la platea del pubblico: se il latino rimane la lingua dei dotti, il volgare si rivela una valida alternativa per le classi cavalleresche. D'altra parte, come già ricordato, la letteratura romanza non può prescindere dalla produzione latina a essa precedente, a cui però si associano esperienze estranee alla cultura alta che avevano circolato per secoli a livello popolare. Dal mondo del folklore e dei miti nascono generi come il '''romanzo''' e la '''lirica d'amore'''. Si diffondono inoltre nuove strutture metriche, definite dalla posizione degli accenti nelle parole e non più dalla quantità delle sillabe, come accadeva nella metrica classica.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2003 | Einaudi | Torino | p=36}}</ref>
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=== Il romanzo cavalleresco ===
{{vedi pedia|Letteratura cavalleresca|Chrétien de Troyes}}
[[File:Yvainlion.JPG|thumb|200px|Yvain soccorre il leone in una miniature del XIII secolo, Princeton University Library]]
Ben più significativo nell'ambito della letteratura d'oil è però il genere del romanzo, una narrazione di ampio respiro che racconta le avventure di singoli cavalieri,
L'aggettivo "cortese" acquista quindi un nuovo valore: se in origine veniva usato per designare i membri della corte del sovrano, ora assume il significato di "elegante, gentile", opposto a tutto ciò che è "villano". Nel romanzo cortese, inoltre, ci sono i primi esempi di introspezione psicologica. Diversamente dagli eroi dell'epica classica, il cavaliere è chiamato a fare scelte spesso difficili, e attraverso lunghi monologhi dà voce al suo tormento. Centrale è poi il tema dell<nowiki>'</nowiki>'''amore cortese''', cioè dell'amore come forza assoluta che trova giustificazione in se stesso, al di là di ogni riconoscimento sociale. Spesso il sentimento dei due amanti arriva a sfidare l'autorità di un terzo, il marito della donna, e trova il suo compimento nella morte.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2003 | Einaudi | Torino | pp=43-44}}</ref>
Talvolta i romanzi sono ispirati all'antichità (come nel caso della guerra di Troia o delle conquiste di Alessandro), ma i testi più importanti prendono spunto dalla tradizione bretone, l'insieme delle leggende celtiche che hanno per protagonisti re Artù e i cavalieri della Tavola rotonda (il cosiddetto «ciclo bretone»).<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2003 | Einaudi | Torino | pp=41-42}}</ref> La prima opera che raccoglie queste leggende è la ''Historia regum Britanniae'', scritta in latino da Geoffrey di Monmouth; questa fu poi ampliata dal chierico Wace, che la tradusse in francese con il titolo di ''Roman de Brut'' (1155 circa). Il principale autore di romanzi sul ciclo bretone è però [[w:Chrétien de Troyes|Chrétien de Troyes]]. Vissuto nel nord della Francia e attivo tra il 1160 e il 1180, scrisse varie opere, delle quali ci sono giunti solo cinque romanzi: ''Erec et Enide'', ''Cligès'', ''Lancelot'', ''Yvain'', ''Perceval''. In questi affronta temi divenuti celebri nella cultura europea, come l'amore di Lancillotto per la regina Ginevra e la ricerca del Graal (il calice usato da Gesù nell'Ultima Cena e in cui, secondo la tradizione, Giuseppe di Arimatea raccolse il sangue di Cristo). Al ciclo bretone è riconducibile anche la tragica storia d'amore di Tristano e Isotta, di cui si era occupato anche Chrétiene in un romanzo oggi perduto. A questo tipo di produzione si possono ricondurre anche i ''lais'', brevi componimenti narrativi intessuti di elementi lirici. Tra i più famosi ci sono quelli scritti, tra il 1160 e il 1170 circa, da Marie de France.▼
Talvolta i romanzi sono ispirati all'antichità (come nel caso della guerra di Troia o delle conquiste di Alessandro), ma i testi più importanti prendono spunto dalla tradizione bretone, cioè l'insieme delle leggende celtiche che hanno per protagonisti re Artù e i cavalieri della Tavola rotonda (il cosiddetto «ciclo bretone»).<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2003 | Einaudi | Torino | pp=41-42}}</ref> La prima opera che raccoglie queste leggende è la ''Historia regum Britanniae'', scritta in latino da Geoffrey di Monmouth; questa è stata poi ampliata dal chierico Wace, che l'ha tradotta in francese con il titolo di ''Roman de Brut'' (1155 circa).
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=== La lirica provenzale ===
{{vedi pedia|Trovatore}}
Nei suoi componimenti il trovatore canta la distanza ma allo stesso tempo esprime il desiderio di [[Image:William IX of Aquitaine.jpg|thumb|left|La prima poesia composta dal ritorno dalla crociata del 1101 di Guglielmo IX d'Aquitania, raffigurato nella miniatura del manoscritto come un cavaliere]]
La lirica provenzale è una produzione destinata alla trasmissione orale
Dal punto di vista metrico, il genere principale è la canzone d'amore, che presenta un complesso sistema metrico. Ci sono poi la sestina (sei versi per strofa in cui tornano in rima sempre le stesse parole), il sirventese (lungo componimento di argomento politico), il compianto (solitamente per la morte di un personaggio importante), la tenzone (discussione in versi tra due poeti), la pastorella (un cavaliere tenta di spiegare l'amore a una ragazza di campagna), l'alba (lamento dell'amante che al sorgere del sole deve lasciare l'amata), il plazer (elenco di cose piacevoli) e l'enueg (elenco di cose noiose).<ref name="Baldi6" />
La civiltà cortese della Provenza tramonta all'inizio del XIII secolo in seguito alla crociata contro gli Albigesi indetta da papa Innocenzo III. Le corti feudali passano così sotto il controllo della corona francese, mentre la lingua d'oc perde progressivamente la propria importanza letteraria, riducendosi a dialetto con l'affermazione del francese come lingua nazionale. Contemporaneamente, nel nord si sviluppa una lirica in lingua d'oil affine a quella provenzale, grazie all'apporto dei '''trovieri''' (''trouvaires''), mentre i trovatori si spargono in varie località, sia al nord sia in Italia e Spagna.
=== Altri generi ===
Accanto ai romanzi cortesi vi sono anche i cosiddetti «romanzi d'amore e peripezia», che narrano di due innamorati separati da varie vicissitudini (
Esiste poi un tipo di produzione satirica che irride i generi alti e la cultura ufficiale: sono i ''fabliaux'' (favolelli), componimenti in versi che narrano vicende comiche e popolari tratte dalla quotidianità. In contrapposizione alla letteratura cortese, questi autori anonimi impiegano un linguaggio libero e disinibito, e insistono sugli aspetti più plebei e volgari, fino ad arrivare all'oscenità. Elementi satirici sono d'altra parte presenti anche in favole dal contenuto morale che hanno per protagonisti animali parlanti, come nel caso del ''Roman de Renard''.
== L'età dei Comuni in Italia ==
{{vedi pedia|Comune medievale}}
[[File:Barbarossa.jpg|thumb|Federico Barbarossa ritratto in una miniatura di un manoscritto del 1188, Biblioteca Vaticana]]
Con un secolo di ritardo rispetto alla Francia, la letteratura in volgare italiano si afferma alla fine del Duecento. Il contesto è però diverso: tramontato il sistema feudale, la vita associata ha come centro la città, in cui il cittadino ha una forte partecipazione politica e vige un'economia di scambio. Anche laddove esistono ancora le corti, come per esempio quella di Federico II, il sovrano mira a costituire uno Stato centralizzato, limitando i poteri dei feudatari. La letteratura in volgare italiano che nasce in questi secoli risentirà dell'influenza dei modelli in lingua d'oc e d'oil, così come della
Tra il XII e il XIV secolo l'Italia è suddivisa in due realtà. Al centro-nord si era formata, già dall'XI secolo, una rete di città politicamente autonome rette da ordinamenti repubblicani, i
All'inizio del Duecento la Chiesa fronteggia l'avanzata di Federico II, che capeggia il partito ghibellino. Alla morte dell'imperatore, il papa Bonifacio VIII cerca di rafforzare il proprio potere nell'Italia centrale, intervenendo nelle lotte a Firenze tra la fazione dei Bianchi e quella dei Neri. Dopo un conflitto con la monarchia francese, la Chiesa conosce però un periodo di crisi e decadenza, concretizzatasi nello spostamento della sede papale da Roma
== Le prime testimonianze in volgare italiano ==
[[File:Indovinello veronese.jpg|thumb|200px|Manoscritto con l'Indovinello veronese, Biblioteca Capitolare di Verona]]
Le prime testimonianze scritte in volgare italiano sono documenti di carattere non letterario, spesso legati
{{quote|Se pareba boves, alba pratalia araba,<br/>albo versorio teneba, et negro semen seminaba.}}
Secondo l'interpretazione più diffusa, l'indovinello parla di uno scrittore (''scriptor''), paragonando la penna a un aratro (''albo versorio'') che viene spinto per seminare segni neri (''negro semen''), cioè le lettere.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2003 | Einaudi | Torino | p=32}}</ref> Il primo vero documento ufficiale in volgare italiano è però il ''placito capuano'', una formula di giuramento inserita in un testo notarile del 960, con cui il giudice di Capua, Arechisi, riconosce all'abbazia di Montecassino il diritto di proprietà di alcune terre:
{{quote|Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parti Sancti Benedicti (So che quelle terre, entro quei confini di cui si parla, li ha posseduti per trent'anni l'abbazia di San Benedetto).}}
Altre due testimonianze in lingua volgare risalgono alla fine dell'XI secolo in ambito religioso: una formula di confessione umbra rivenuta nell'abbazia di Sant'Eutizio a Norcia e un'iscrizione su un affresco nella chiesa di San Clemente a Roma, che rappresenta una scena della vita del santo.
== Aree di sviluppo della letteratura italiana ==
I primi testi letterari in volgare risalgono alla fine del XII secolo e quasi tutti provengono dall'Italia centrale (Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo, con esclusione della Toscana). Si tratta perlopiù di componimenti destinati alla recitazione, con fine ludico-religioso: il metodo più efficace dei chierici dell'epoca per diffondere la dottrina e la morale cristiana fra il popolo. Confermano la rilevanza letteraria dell'Italia centrale anche i due componimenti poetici, il ''Cantico di frate Sole'' di san Francesco e ''Quando eu stava in le tu' cathene'' di mano anonima.
In generale, la letteratura italiana della prima metà del Duecento si sviluppa secondo tre filoni. Come scrive Dionisotti:<ref>{{cita libro | autore=Carlo Dionisotti | titolo=Geografia e storia della letteratura italiana | città=Torino | editore=Einaudi | anno=1999 | p=35 }}</ref>
{{quote|nella prima metà del Duecento una nuova poesia corre dalla Sicilia lungo la fascia tirrenica un flusso di nuova poesia che invade e dilaga in Toscana, supera d'impeto l'Appennino pistoiese e si ingrossa ma si arresta anche a Bologna. Estranea resta in gran parte tutta la fascia adriatica, e qui, fra Abruzzi e Marche, facendo centro nell'Umbria francescana, fiorisce una tutt'altra poesia e letteratura. Finalmente una terza zona a sua volta indipendente dalla prime due si disegna a nord della dorsale appenninica e del Po.}}
In questi primi secoli la penisola italiana si trova quindi in una situazione di polivalenza linguistica. Gli storici della letteratura hanno ormai accantonato l'idea, di ascendenza romantica, secondo cui vi sarebbe stato un rapporto stretta tra lingua parlata e lingua letteraria. Si tratta piuttosto di un panorama letterario molto spezzato, in cui continuano a essere utilizzate come lingue di poesia anche il provenzale (soprattutto a nord dell'Appennino) e la lingua d'oil (si pensi al ''Tresor'' del fiorentino [[../Brunetto Latini|Brunetto Latini]]).<ref>{{cita libro | autore=Carlo Dionisotti | titolo=Geografia e storia della letteratura italiana | città=Torino | editore=Einaudi | anno=1999 | pp=37-38 }}</ref>
== Note ==
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