Storia dei papi del Novecento/Dottrina sociale: differenze tra le versioni

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Il breve pontificato di Giovanni XXIII fu foriero di grandi novità, anche per quanto riguarda la dottrina sociale. In occasione del settantesimo anniversario della ''Rerum Novarum'', il papa ebbe modo di ampliare gli insegnamenti sociali della Chiesa nell'enciclica ''Mater et Magistra'' (15 maggio 1961).<ref>P. Barucci, A. Magliulo, ''L'insegnamento economico e sociale della Chiesa (1891-1991)'', Milano 1996, p. 105.</ref> Riprendendo le linee guida dei precedenti documenti pontifici, il fine da perseguire è indicato nel progresso sociale, inteso come miglioramento della qualità della vita. Per ottenere questo scopo vengono elencati tre principi regolatori: la collaborazione tra pubblico e privato (la cui coesistenza è il fondamento dello Stato libero), la sussidiarietà (qui intesa come il sostegno, da parte dello Stato, delle iniziative private), la subordinazione al bene comune. La questione sociale viene elevata a una dimensione sovranazionale e viene riconosciuta l'interdipendenza tra le nazioni.<ref>P. Barucci, A. Magliulo, ''L'insegnamento economico e sociale della Chiesa (1891-1991)'', Milano 1996, pp. 108-109.</ref> Il rimedio ai problemi economici richiede la cooperazione, e non la competizione, tra i sistemi economici nazionali, attraverso politiche che sostengano l'autosviluppo dei paesi più poveri. Il papa entra anche nel merito del rapporto tra crescita della popolazione e scarsità delle risorse, indicando come soluzione una educazione alla procreazione responsabile.<ref>''Mater et Magistra'', 182.</ref>
 
Il precipitare dei rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica, e il conseguente rischio di una nuova guerra mondiale, è alla base della ''Pacem in Terris'', deldell'11 aprile 1963. La dignità umana diventa il fulcro di ogni attività economica, politica e sociale.<ref>J.M. Laboa, ''La Chiesa e la modernità'', vol. 2: ''I papi del Novecento'', trad. it., Milano 2001, p. 182.</ref> Trattando dei rapporti tra individui e Stato, il papa aggiunge ai tre diritti fondamentali di vita, libertà e proprietà, quelli di carattere politico e sociale - come il diritto al lavoro, al benessere materiale, all'assistenza sociale, al godimento di beni culturali - che devono essere riconosciuti a tutte le persone. Sulla scorta di Pio XII, anche Giovanni XXIII sostiene la necessità di istituire organismi sovranazionali, ma allo stesso tempo riconosce il pericolo che questi possano essere egemonizzati dagli Stati più potenti. Per questo motivo riformula e allarga il principio di sussidiarietà, sostenendo che la comunità internazionale deve potenziare l'autogoverno di uno Stato: in una visione organicista, ogni istituzione ha una funzione sussidiaria rispetto e quella a essa inferiore, limitandosi svolgere i compiti che quest'ultima non è in grado di adempiere.<ref>P. Barucci, A. Magliulo, ''L'insegnamento economico e sociale della Chiesa (1891-1991)'', Milano 1996, pp. 113-114.</ref>
 
==Paolo VI e il concilio Vaticano II==