Il buddhismo mahāyāna/Le dottrine "mahāyāna"/Natura di Buddha: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 1:
L'espressione italiana '''Natura di Buddha''' indica quella dottrina, fondamentale nel Buddhismo Mahāyāna, secondo la quale tutti gli Esseri senzienti (Buddhismo)|esseri senzienti (''sattva'') sono già, nella loro natura autentica, dei ''buddha''.
 
Tale essenza splende in tutti gli esseri senzienti corrispondendo alla loro unica autentica natura, nonostante sia stata ricoperta, nascosta, dalle afflizioni (''kleśa'': passioni, rabbia, opinioni erronee, brama, ignoranza, dubbi).
Riga 7:
Tale dottrina buddhista si è diffusa in modo particolare nell'area estremo orientale e in quella tibetana.
 
In Cina ha vissuto un suo sviluppo con alcuni esegeti e maestri della scuola Buddhismo Tiāntái|buddhista Tiāntái, dove gli stessi ''kleśa'' sono stati visti nella stessa "Natura di Buddha". Ciò che distinguerebbe i buddha dagli ''icchantika'' (gli esseri malvagi per antonomasia) non consisterebbe quindi nell'assenza nei primi degli ''kleśa'' nella propria natura, quanto piuttosto il fatto che i buddha sono in grado di comprenderne le caratteristiche e quindi di rifiutarsi di metterli in atto. Gli ''icchantika'' non sono in grado, invece, di comprendere che la loro stessa intima natura contiene la natura buddhica di purezza e compassione. È la stessa presenza degli ''kleśa'' nella "Natura di Buddha" che permette inoltre ai buddha di provare empatia e quindi di intervenire in aiuto degli esseri senzienti che ne sono afflitti<ref>Su questo tema si rimanda, ma solo come esaustiva introduzione, a Heng-ching Shih, ''T'ien-T'ai Chih-I's Theory of Buddha Nature-A Realistic and Humanistic Understanding of the Buddha'' in "BUDDHA NATURE: A Festschrift in Honor of Minoru Kiyota" (a cura di Paul J. Griffiths e John P. Keenan), Tokyo 1990, pp. 153 e sgg.</ref>.
 
==Termini ed espressioni che si richiamano alla dottrina==
L'espressione italiana "Natura di Buddha" (e il suo corrispettivo anglosassone ''Buddha-nature'') è la traduzione letterale dei caratteri cinesi 佛性 (in lingua cinese standard|cinese: ''fóxìng'') i quali a loro volta rendono il termine sanscrito ''''buddha-dhātu'' (lett. "elemento buddhico"), ma possono riassumere anche altri diversi termini sanscrito|sanscriti il più noto e importante dei quali è '''''tathāgatagarbha''''' ma anche ''buddhatva'', ''buddha-garbha'', ''sugata-garbha'', , ''tathāgata-dhātu'', ''buddha-gotra'', ''buddhatā''.
 
Tali termini richiamano, per quanto concerne ''tathāgata'' (colui che va in questo modo), ''buddha'' (colui che si è risvegliato) e ''sugata'' (colui che è andato bene), tutti il termine ''buddha''; mentre per quanto concerne gli altri termini sanscrito|sanscriti:
*''garbha'' (s.m.), è traducibile in questo contesto come "embrione";
*''gotra'' (s.n.), è traducibile in questo contesto come "famiglia", "campo", "contesto";
Riga 20:
 
Nelle altre lingue asiatiche l'espressione "Natura di Buddha" viene così reso:
* in lingua giapponese|giapponese 仏性 ''busshō'';
* in lingua coreana|coreano 불성 ''bulseong'';
* in lingua vietnamita|vietnamita ''phật tính'';
* in lingua tibetana|tibetano ''de-bzhin- gshegs-pa'i snyig-po''.
 
Il termine sanscrito ''tathāgata-garbha'' (embrione, matrice del ''buddha'') viene invece più specificatamente reso:
* in lingua cinese|cinese 如來藏 ''rúlái zàng'';
* in lingua giapponese|giapponese 如來藏 ''nyorai zō'';
* in lingua coreana|coreano 여래장 '' yeorae jang'';
* in lingua vietnamita|vietnamita ''như lai tạng'';
 
== La dottrina della "Natura di Buddha"==
Robert A.F. Thurman <ref>''Encyclpopedia of Religion'', Vol. 13 pag. 9017 e segg.. NY, Macmillan, 2004</ref> ripercorre la genesi di questa dottrina partendo dalla nozione di ''anātmatā'' (non sostanzialità) di tutti gli esseri propria delle scuole del Buddhismo dei Nikāya.
 
Nel Buddhismo antico era ritenuta essere l'ignoranza (''avidyā'') la causa dell'illusione della percezione di un sé immutabile all'interno delle persone in realtà prive di questo sé e del tutto relative. Tale illusione costringeva gli Esseri senzienti (Buddhismo)|esseri senzienti nel ciclo del ''saṃsāra'', condizione che poteva essere superata solamente attraverso la consapevolezza-saggezza del non-sé (''prajñā'').
 
Tuttavia, nota Robert A.F. Thurman, i più antichi sermoni di Gautama Buddha erano pieni di esortazioni nei confronti della "padronanza del sé" e dell'autocontrollo facendo acquisire al termine "sé" (''atman'') due connotazioni distinte: una inerente ad una "autosostanza fissa nella persona", connotazione rigettata dalle dottrine buddhiste; la seconda invece riguardante il "vivere empirico della propria presenza" connotazione che invece fu presupposta.
 
Il Buddhismo Mahāyāna ereditò queste due nozioni rigettando da una parte il sé intrinseco (''svabhāva''), come l'identita intrinseca (''svalakṣana''), allargando questa negazione non solo al sé soggettivo (''pudgala nairātmyā'') ma anche al sé oggettivo (''dharma nairātmyā'') e giungendo infine alla dottrina dello ''śūnyatā''; mentre dell'altra ereditò l'accettazione della presenza empirica della persona interpretandola all'interno delle dottrine della ''bodhicitta'' (bodhi|Mente del Risveglio) e del ''Tathāgata-garbha''.
 
Con il tempo e nel quadro della scuola Madhyamaka la dottrina della ''bodhicitta'' subì una ulteriore evoluzione distinguendo la ''bodhicitta'' "assoluta" (''paramārtha bodhicitta'' ) dalla ''bodhicitta'' "convenzionale" (''saṃvṛti bodhicitta''). La prima rispecchiando la nozione di ''anatman'' asseriva la vacuità e quindi l'uniformità di tutto l'esistente; la seconda invece riconosceva la distinzione tra gli Esseri senzienti (Buddhismo)|esseri senzienti, e quindi della Realtà, proclamando la compassione del ''bodhisattva'' nei confronti di coloro che soffrono nel ''saṃsāra''.
 
Questa distinzione era comunque ritenuta vera dal punto di vista della "Verità convenzionale" (''saṃvṛti-satya'') perché dal punti di vista della "Verità assoluta" (''paramārtha-satya'') non vi poteva essere distinzione tra vacuità e compassione.
Riga 48:
Tale schema si rifletteva nelle dottrine sul ''Trikāya'' dove "Verità assoluta" (''paramārtha-satya'') e ''bodhicitta'' "assoluta" (''paramārtha bodhicitta'' ) erano frutto della realizzazione del ''Dharmakāya'' (il "Corpo del Dharma", ovvero il corpo che corrisponde al piano degli insegnamenti, o della realtà ultima: immateriale, privo di forma, inconcepibile) mentre la "Verità convenzionale" (''saṃvṛti-satya'') e la ''bodhicitta'' "convenzionale" (''saṃvṛti bodhicitta'') erano frutto della realizzazione del ''Rūpakāya'' (il "Corpo della Forma" a sua volta distinto in: ''Saṃbhogakāya'', il "Corpo di Fruizione" o "Corpo di Completo Godimento", corrispondente al corpo del Buddha visibile solo ai ''bodhisattva'' nelle Terre Pure; e in ''Nirmāṇakāya'', il "Corpo di Emanazione", il corpo fenomenico con cui appare e predica in un dato universo in un determinato tempo risultando visibile a tutti gli esseri senzienti).
 
Risultando il ''Dharmakāya'' una realtà universale e trascendente la realtà ordinaria esso è immanente ad ogni elemento della stessa. Tutto è/contiene il ''Dharmakāya''. Tutti gli Esseri senzienti (Buddhismo)|esserigliesseri senzienti sono già quindi immersi nel ''Dharmakāya-dhātu'' (Regno del Corpo della Verità assoluta): origine e natura della loro sofferenza è solo il fatto che essi non conoscono la loro vera condizione. Ciascun "Esseri senzienti (Buddhismo)|essere senziente" contiene/è già di per sé l'autentico non-sé (''anatman'') che corrisponde alla "Natura di Buddha" natura che può scoprire con un'analisi dell'inconsistenza ultima del sé personale, che rivela la naturale luminosità del ''Dharmakāya-dhātu''.
 
== I ''sūtra'' di riferimento della dottrina della "Natura di Buddha"==