Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Vietnam-3: differenze tra le versioni

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Nel '67 l'USAF attaccava regolarmente il Vietnam con tre stormi di F-105, i 355, 388 e 366th Wing. Come è noto, fino al 1972 i B-52 non vennero mandati al Nord, usandoli piuttosto per azioni di bombardamento antiguerriglia (le missioni 'Arc Light') mentre al contrario, erano i cacciabombardieri tattici Phantom e F-105 che andavano in territorio nemico, eseguendo azioni strategiche.
 
I Thunderchief ebbero una carriera molto intensa in Vietnam, dove fecero grossi danni, ma subirono anche parecchie perdite, tanto che la specie era pressoché '"estinta'" al termine del conflitto. Il 30 aprile 1967 16 F-105D erano andati a bombardare una centrale elettrica e altri obiettivi vicino ad Hanoi, al solito nell'ambito della 'Rolling Thunder', scortati da 4 EF-105F e F-4 Phantom II, supportati da aerocisterne, e al solito, contrastati da contraerea di ogni calibro, ma sopratutto con la caccia vietnamita, molto malmessa dopo la sconfitta contro l'8th TFW nel gennaio precedente. Ma entro aprile era riuscita ad ottenere vittorie contro 3 F-105D, 2 AD-1, 3 F-4, 2 A-4 e un F-8 per un totale di 11 vittorie, che seguivano 2 aerei appena nel periodo gennaio-marzo. Durante la missione, un MiG-21, quello di Nguyen Ngoc Do, arrivò a tiro e tirò un missile Atoll contro uno degli EF-105F, centrandolo e causando la cattura dell'equipaggio. Era una delle sue sei vittorie, ma sarebbe seguita presto dall'abbattimento del capoformazione degli F-105 bombardieri. Abbott rimase prigioniero fino al 4 marzo 1973, al famoso Hanoi Hilton, ovvero i carceri che i Nordisti riservavano agli aviatori americani, maltrattati al peggio dati i danni e le vittime che causavano (i Nordisti li consideravano criminali di guerra, in buona sostanza). Questo abbattimento venne ottenuto con un R-3S (Atoll) da un MiG-21 del 921° Reggimento Caccia Stella Rossa. Questo lancio venne fatto dal Ten Nguyen Van Coc, destinato ad ottenere 9 vittorie in tutto, e tutte sul Fishbed.
 
Questo era un pilota proveniente dai MiG-17, quindi esperto da un certo periodo di tempo sui caccia a reazione, e fu parte del gruppo di 13 elementi che erano stati mandati in URSS per addestrarsi al caccia bisonico MiG. Anche se aveva solo due missili AA-2 (o R-3, o R-13), era una rivoluzione in termini di prestazioni, velocità di salita, potenza motrice. L'F-13 aveva anche il cannone NR-30 con una sessantina di colpi, originariamente ve n'erano due ma uno venne sbarcato per fare posto ai sistemi collegati agli Atoll. Il gruppo di piloti era pronto entro il giugno 1966, quindi con qualche anno di ritardo per esempio sugli Indiani, dovendo volare circa 80 ore su L-29 e MiG-21U. Poi i piloti tornarono al 921°, basato a Noi Bai con il primo squadrone sui '21 e l'altro sui MiG-17. Va Coc era allora 26enneventiseienne, un pilota anziano per l'epoca; cominciò dal dicembre a volare azioni di combattimento.
 
Ma poi venne l'Operazione Bolo, quella in cui 7 aerei, tutti MiG-21, vennero abbattuti il 2 gennaio dagli F-4C con Sparrow e Sidewinder, con la perdita se non altro di un solo sfortunato pilota.
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===Missioni ardite USAF===
====Pardo's push<ref>Fassari, Giuseppe: ''Pardo Push'', Aerei mag-giu 2007</ref>====
10 marzo 1967, da Ubon, Thailandia, decollano 2 F-4C (63-7653 e 64-083) carichi di bombe. Obiettivo,le acciaierie di Thai Nguyen, a 50 km da Hanoi, e molto ben difese. Erano infatti le uniche presenti in tutto il Nord-Vietnam, che abbondava sì di acciaio, ma d'importazione. C'erano qualcosa come una mezza dozzina di batterie SAM e un migliaio di cannoni a.a. disposti nella zona, e i monsoni avevano causato l'annullamento dell'azione durante i 9 giorni precedenti, o avevano fatto sì che si dovesse scegliere altri obiettivi. I Phantom II erano davvero aerei fuori dall'ordinario se venivano mandati in azione sia con lo scopo di coprire 4 F-105D da caccia nemici, che per attaccare direttamente: un totale cioè di AIM-7 (2 o 3), 4 AIM-9, 6 bombe da 340 kg nominali (750 lbs), 1 sistema ECM nel vano anteriore destro riservato agli Sparrow, e due serbatoi da 1.400 litri. Gli equipaggi dei Phantom e dei Thud avevano di che preoccuparsi, dato che il nemico era ben allertato per i falliti raid precedenti. Già a 150 km uno di essi, pilotato da Aman, venne danneggiato. Ma alla fine gli aerei arrivarono, senza essere disturbati dai MiG (che almeno li avrebbero costretti a sganciare le bombe anzitempo, risultato che spesso riuscivano ad ottenere con le loro comparse), e sganciarono sull'obiettivo. Alcuni aerei vennero però colpiti e qualcuno abbattuto, almeno tra gli F-105. Ma anche i due Phantom erano stati crivellati di colpi. L'aereo di Aman era tanto danneggiato, che non sarebbe riuscito nemmeno a raggiungere il Laos, ma anche quello pilotato a il Cap. Robert Pardo era stato centrato da un colpo da 37 mm. Saliti fino a circa 15.000 m per ridurre il consumo di carburante, che fuoriusciva dai serbatoi sforacchiati, Pardo si rese conto che il suo compare non ce l'avrebbe fatta a raggiungere il confine, così chiese alla radio che sganciasse il parafreno di coda, per poi mettere il muso del suo aereo nella cavita, a spingerlo letteralmente da dietro. Ma il flusso dei motori era troppo forte e la manovra, alquanto bizzarra, fallì. Allora Pardo chiese di far abbassare il gancio d'arresto, retaggio della nascita con l'USN del Phantom, cosicché potesse spingere l'intero aereo appoggiandoci il parabrezza contro. Era davvero un tentativo disperato oltre che pericoloso, ma Aman aveva solo 200 kg di carburante e perdeva 1.500 m al minuto di quota. Appoggiando il parabrezza ogni pochi secondi, rischiando di farselo frantumare dai motori del suo compare, riuscì a diminuire la discesa a 'soli' 1.000 m al minuto. Poi si incrinò il parabrezza e allora Pardo cercò di incastrare il gancio d'arresto nel muso, davanti al radome. Poi i motori di Aman si arrestarono per fine combustibile, e allora i due aerei continuarono con la sola spinta di Pardo, mentre i motori passavano da 600 a 1.000° di temperatura e infine quello di sinistra s'incendiò, tanto che dovette essere spento. Oltre 10 minuti passarono in questa combinazione di due Phantom spinti da un solo motore in tutto. Da notare che se vi fosse stato un qualche tipo di cavo di recupero previsto per tali eventualità, tutto sarebbe stato ben più facile, con Pardo a trainare Aman. Ma non c'era nulla di simile. Percorsero oltre 150 km chiedendo l'intervento delle aerocisterne. Incredibilmente non ebbero attacchi dalla flak, SAM e caccia, essendo bersagli perfetti. Passati il Black River, al confine con il Laos, contattato il SAR, tutti i lanciarono: il secondo di Amman, Houghton, venne inseguito dagli abitanti di un villaggio con cani e fucili, e dovette soffrire molto nella fuga, dato che aveva alcune vertebre compresse. Aman era al sicuro in una cava di pietra, e alla fine aspettarnoaspettarono due HH-43 e alcuni A-1E di copertura per il recupero. Dopo un paio di minuti si lanciarono anche Pardo e Wayne. Pardo fu l'ultimo a lanciarsi e subì la frattura di due vertebre, e solo grazie all'intervento degli A-1E (diretti dalla sua radio) non venne catturato. Finalmente tutti gli aviatori erano stati salvati. Ma non ebbero alcun encomio per avere attaccato un obiettivo tanto difeso e avere rischiato, e sofferto (i sedili eiettabili sono davvero un po' troppo energici), vennero rimproverati per la perdita dei due preziosi Phantom. Del resto, almeno uno di questi, quello di Pardo/Wayne, avrebbe potuto forse farcela a rientrare. Solo nel 1989 ebbero tutti la 'Silver Star': Aman e Houghton per aver volato contro il bersaglio nonostante i danni e R.Pardo e S.Wayne per il salvataggio. Finalmente riabilitati appieno, lo è anche stato il loro tipo di salvataggio: il 'Pardo push', che si dice, grazie all'aggancio tra un Phantom G e un'aerocisterna, abbia salvato il caccia in parola durante il trasferimento sull'Atlantico per Desert Shield, nel 1990.
 
====Bat-21<ref>Sgarlato, Nico: ''L'odissea di BAT-21'', cockpit set 01 p.54-57</ref>====
Esiste almeno un film sul Vietnam, piuttosto noto in Italia, anche se non tra i capolavori del genere, che è basato su di una storia vera. Si tratta di Bat-21, interpretato dal grande Gene Hackman, ex-marine e attore tra i più apprezzati di Hollywood. La sua scelta è stata con ogni probabilità dalla somiglianza fisica con il protagonista, tale Lt. Col. Iceal E. 'Gene'(!) Hambleton. Girato con i mezzi della Royal Malaysian Air Force (tra cui gli O-2 e gli F-5), è un film che narra piuttosto fedelmente la vicenda che iniziò quel 2 aprile del lontano 1972. Allora Hambleton era navigatore nel 42nd Tactical Electronic Warfare Squadron del 388th Tactical Fighter Wing. Era a bordo dell'EB-66C Destroyer s/n 54-0466 e doveva proteggere i bombardieri dai temibili missili SA-2. Infatti era appena scatta l'offensiva di Pasqua Nordista, che stava travolgendo le difese del Sud con l'azione di ben 12 divisioni dell'NVA iniziata nella notte del 31 marzo. Gli americani così ricominciarono le incursioni sul Nord del Vietnam, dove però trovarono difese molto attente. E queste se la presero proprio con il Destroyer, colpendo l'aereo e causandone la caduta. Dei 5, si salvò solo Hambleton e già durante la discesa col paracadute parlò alla radio con il tenente Bill Jakovski su di un O-2A Skymaster, impegnato nel ruolo FAC. Lui richiese l'attacco dei vecchi ma micidiali A-1 e allertò l'aereo comando HC-130 ABCC. Hambleton era una persona dalle conoscenze importanti e catturarlo sarebbe stato un colpo di fortuna per i Nordisti, anche per questo venne organizzata un'operazione di recupero in grande stile. Hambleton, in codice 'Bat-21', venne inizialmente soccorso da un UH-1 e 2 AH-1G, tuttavia l'Huey venne abbattuto con la morte di tre membri dell'equipaggio e la prigionia per un quarto, tutti del 8th Cavalry.
 
Anche uno dei Cobra, a causa dei danni subiti, precipitò prima di ritornare alla base. Fallita la prima 'Quick Snatch', operazione di recupero rapido per battere sul tempo i Nordisti (e proposta proprio dall'equipaggio dell'UH-1), se ne organizzò un'altra, ma tutti e tre gli elicotteri vennero danneggiati e dovettero ritirarsi. L'Air Cavalry aveva fallito, rimase allora il Combat SAR dell'USAF di Da Nang. Qui subentra il Capt. Fred C. Boli (nella pellicola Danny Glover), che aveva un A-1J Skyrider (mentre nel film è su di un O-2A, come il primo aereo contattato da Bat-21), che cercò di soccorrere il pilota guidandolo nell'azione di esfiltrazione. Oramai i Nordisti erano alle sue costole e dovette scappare di continuo, parlando però con la radio d'emergenza. Continuò anche ad operare come soldato, indirizzando attacchi aerei contro truppe localizzate al suolo, dimostrando sangue freddo visto che era facile triangolare le sue tramissionitrasmissioni radio e beccarlo. Nel frattempo andarono alla sua ricerca gli HH-53C, uno danneggiato pesantemente, atterrando in emergenza, l'altro non trovò Bat 21. A quel punto si cercò di supportare il fuggiasco con vari A-1, OV-10 e O-2 che gli orbitarono attorno, ma uno degli OV-1 venne abbattuto (del 23rd Tactical Support Squadron) da un missile e uno dei due uomini venne ucciso; il 4 aprile un A-1 Skyrider venne danneggiato da un altro dei temibili SA-7A e altri aerei danneggiati. Per giunta c'erano cattive condimeteo, ma il 6 aprile il tempo era migliorato Bat-21 richiese addirittura l'intervento dei B-52 con un bombardamento a tappeto, mentre Boli richiese l'intervento di altri due HH-53C, ma il Jolly Green 67, pur avvicinandosi a meno di 100 m da Hambleton, venne centrato da raffiche da terra e alla fine si schiantò al suolo, uccidendo tutto l'equipaggio, e non bastò nemmeno l'azione di Boli con il suo A-1J e di un UH-1 cannoniera, che anzi finì abbattuto, ad evitare il peggio. Il 7 aprile venne abbattuto l'O-2A Covey 82 o 282, con la perdita del Lt. Larry Potts, dei Marines.
 
Alla fine dei giochi aerei, all'EB-66 si aggiunsero 2 UH-1H, un OV-1, un AH-1, un HH-53C, un O-2A più aerei danneggiati vari e tre uomini in fuga- Hambleton, Clark (dell'OV-1) e Walker (dell'O-2A). Alla fine toccò al Joint Personnel Recovery Center, comandato dal col. Anderson (Marines) e che con i commandos sudvietnamiti e i SEAL riuscì a salvare Clark il 10 aprile e Hambleton il 23 da Nguyen Van Kiet, mentre Walker venne catturato e morì ucciso dai Nordisti o dai Vietcong. Insomma, le cose andarono diversamente da come vengono raccontate dal film, anche se Boli ebbe la Silver Star per la sua azione di coordinamento soccorsi. Ma le cose erano andate non propriamente bene. Pare che in realtà la zona entro cui era Hambleton venne interdetta ai B-52 per un raggio di 17 &nbsp;km, riuscendo a consentire ai Nordisti di infliggere dure perdite ai difensori del Sud Vietnam. In termini aeronautici, le polemiche per come si volle a tutti i costi salvare il principio di non abbandonare i propri piloti, costò davvero caro. Infatti, si trattò della perdita di ben 14 uomini e 3 prigionieri, oltre che di una mezza squadriglia di aerei ed elicotteri. E questo solo per finire, al dunque, col recuperare Bat-21 con un'azione di terra, quindi i velivoli dell'USAF e US Army fallirono nel loro intento di salvataggio in quello che è rimasto l'esempio forse più tragico e costoso del genere. E dire che se catturato, Hambleton avrebbe al più rischiato una prigionia lunga circa un anno prima della fine della guerra, ma questo è col senno di poi. Infine, nel 1997, 9 anni dopo il film, l'ultimo capitolo: i sei aviatori uccisi sull'HH-53C vennero ritrovati nella giungla, nella DMZ, da una spedizione congiunta tra vietnamiti e americani. Le loro onoranze funebri furono davvero la fine della storia.
 
====F-105 e Lang Met<ref>Lewis, Greg: 'Cockpit' 2001 p.58-62</ref>====
Tra gli obiettivi dell'USAF figurava, nel '65, anche il ponte di Lang Met, 80 &nbsp;km a NE di Hanoi, importante punto di collegamento con la Cina. Incluso negli obiettivi da colpire con la campagna 'Rolling Thunder' nell'ottobre del '65, venne passato alle attenzioni del 565° Sqn della 23 Tactical Fighter Wing di Takhli, in Thailandia. I vecchi Thud erano autori del 75% delle missioni sul Nord, e il 5 ottobre partirono ben 24 di loro per l'attacco, decollando dalle 9.40 in poi, poi rifornendosi in volo con i KC-135. La dotazione tipica di carichi bellici del '105 era costituita da un aggancio multiplo (MER) con 6 bombe M117 da 340 (o 363 kg) nominali, due serbatoi di grande capacità sotto le ali, due bombe da 113 kg (o anche due AAM), e il cannone Vulcan M61. Stavolta, per distruggere le robuste strutture di un ponte, era stato necessario piuttosto usare due bombe da demolizione da 1.361 &nbsp;kg sotto le ali, forse del tipo M116, e un serbatoio ventrale da 2.460 litri. Suddivisi in 6 formazioni a 5.000 &nbsp;m di quota, ognuna da rifornire con un KC-135, tra cumuli di nubi che arrivavano fino quasi alla stratosfera. Le formazioni presero a volare a 5 minuti di distanza l'una dall'altra, scendendo a 1.000 &nbsp;m sul Fiume Rosso, e poi radenti alle cime montuose, volando a 800 kmh&nbsp;km/h e passaoltre. Sganciati i serbatoi ausiliari, oramai vuoti, attaccarono tra una flak molto violenta, prendendo quota a 5 km di distanza per poi picchiare sull'obiettivo. Il ponte fu scosso e demolito dalle potenti esplosioni. Ma i caccia MiG non si erano mossi da Kep, all'epoca erano proibiti gli attacchi agli aeroporti nemici e non vennero mitragliati dagli F-105 che volarono lì vicino. Ma i MiG abbatterono un EB-66. Gli F-105 in tutto volarono per 2.170 &nbsp;km in circa 3 ore. Fu un successo, ma a quale prezzo. Solo 8 aerei ritornarono a Takhli. Cosa era successo? 3 aerei vennero abbattuti durante l'attacco dalla potente flak vietnamita, mentre un quarto atterrò a Da Nang tanto danneggiato, che il pilota per averlo salvato ebbe la Silver Star. Non solo, ma altri 12 aerei dovettero atterrare per i danni pesanti sostenuti sugli aeroporti sudvietnamiti. Come se non bastasse, anche tra gli otto F-105 ritornati alcuni erano danneggiati, piuttosto gravi almeno in un caso.
 
In tutto, gli americani ebbero: 24 F-105 sull'obiettivo: 3 abbattuti (il 12,5%), una percentuale dunque gravissima; 1 forse tanto danneggiato da essere messo fuori uso (quello di Da Nang), altri 12 danneggiati seriamente (il 50%) e altri 8 danneggiati leggermente, seriamente o per nulla, un terzo appena del totale che ritornarono a Takhli. Solo l'USAF poteva permettersi di subire la messa fuori combattimento di un intero Gruppo di bombardieri per colpire un obiettivo singolo, anche se di grande importanza. Non solo, ma quel giorno venne abbattuto un EB-66 di copertura, e di lì a poco, per completare il quadro, su Lang Met venne abbattuto un pesante bireattore supersonico RF-101C. Ben 5 aerei distrutti e una quindicina danneggiati per una singola giornata operativa, ma i Nordisti non riuscirono a salvare il ponte. Difficile però che l'USAF se ne potesse vantare. Tra i piloti impegnati, il ten. Dick Mc Kinney, che tornò nel novembre del '65 negli USA dopo 83 pericolosissime missioni sul Vietnam del Nord, tutte su F-105.
 
====Caribou e C-130 in azione====
I cargo erano una componente fondamentale dello sforzo bellico americano in S.E. asiatico. Tra questi i DHC-4 Caribou, antenato del DHC-5 Buffalo a turbina. Ottimo aereo STOL, venne ordinato già nel '57 dall'US Army (all'epoca del resto interessata anche a reparti di caccia d'appoggio tipo il G.91R, sperimentato negli 'States') con 5 YAC-1, poi CV-2 (Cargo V/STOL)-2, in servizio con ben 159 esemplari nell'US Army tra il 1962 e il 1967. Il DHC-4, costruito in base all'accordo tra la De Havilland Canada e le F.A. americane e canadesi (accordo del '56), venne costruito per l'US Army in 103 CV-2B e 56 del tipo CV-2A, consegnati nel 1961-64, era in grado di operare da striscie che non erano in grado di ospitare il C-130 e il C-123, ma con 3048 kg trasportabili (in alternativa a 32 soldati o 24 parà) a 293 kmh&nbsp;km/h e a 390 &nbsp;km, non era certo un velivolo capace di sostenere grossi centri di resistenza. Basti pensare che il successivo Buffalo, con due motori da 3133 hp anziché due radiali da 1.450, portava il peso a 21 &nbsp;t anziché 12 e il carico a 8.100 &nbsp;kg per 1112 &nbsp;km. Ma quest'aereo, anch'esso ottimo come doti STOL, era sì stato dichiarato vincitore -tra 25 progetti proposti- dall'US Army, ma solo 4 esemplari per valutazione. La scelta di privare l'US Army di propri reparti di aerei cargo lasciò senza esito il programma, ma il CV-7A, noto poi come DHC-5 Buffalo, ebbe poi oltre 100 commesse da altri clienti.
 
Era quindi un aereo di tutto rispetto anche in numero, ma il 1 gennaio del '67 134 aerei vennero ceduti all'USAF come C-7. Era capace di portare due jeep ed equipaggio, e le sue capacità STOL e su terreni semipreparati non avrebbero potuto essere di importanza trascurabile per rifornire le truppe in prima linea e sei squadroni USAF operarono nel Vietnam. Poi venne l'Offensiva del Tet (capodanno buddista), lanciata con grande dovizia di piani di preparazione di Vo Nguyen Giap, il capo delle Forze Nordiste, e tra gli obiettivi c'era il campo delle S.F. a Duc Lap, vicino alla Cambogia. Ben 4.000 soldati vennero mandati all'attacco di questo campo, il quale aveva un campo d'aviazione di appena 400 &nbsp;m. I berretti verdi erano riforniti solo da aerei molto leggeri ed elicotteri. Questa operazione divenne famosa, e nell'anno successivo ne venne ricavato Green Berets, film di propaganda con J.Wayne (ma uno dei suoi maggiori insuccessi). L'attacco venne attuato il 23 agosto e circondò le SF americane, tanto che c'era la necessità di lanciare i rifornimenti ad appena 60 m di quota per non farli cadere in mano ai nemici che circondavano il campo. Strano a dirsi, i Caribou erano volati dai militari con il maggiore livello culturale dell'USAF, tra cui molti veterani e 50 colonnelli, molti laureati.
 
La situazione però divenne così pericolosa, che per rifornire i Berretti Verdi bisognava tenere un volo a bassa quota con centinaia di nemici che gli sparavano contro. I Caribou erano in volo circa 300 kmh&nbsp;km/h e alcuni ebbero diverse centinaia di colpi a segno, ma incredibilmente non ebbero feriti. In tutto gli assedianti dovettero ritirarsi per via della carenza di rifornimenti. In tutto vi furono sei aviatori con 3 Caribou che sostennero la resistenza di alcune decine di Green Berets ma anche alcune centinaia di soldati sudvietnamiti (ARV), spesso dimenticati eppure indispensabili. Il Maj Hunter Hackney ebbe l'Air Force Cross per il suo comportamento, perché le tonnellate di carico lanciate dentro lo 'stadio' (come veniva soprannominato l'obiettivo) avevano permesso di sopravvivere al campo americano.
 
 
Tutto questo però era ben poca cosa rispetto a Khe Sanh.
Qui i Marines Usa vennero tenuti sotto assedio, ai primi mesi del '68, da una forza stimata in almeno 20.000 soldati regolari vietnamiti, anche se di per sé aveva pur sempre 6.000 uomini. I bombardamenti d'artiglieria iniziarono subito come accadde ai francesi di Dien Bien Phu. Ma l'Aviazione stavolta funzionò bene, con oltre 24.000 sortite dei soli caccia tattici, più 3.000 dei B-52, che da soli sganciarono decine di migliaia di tonnellate di armi. Ma sopratutto, c'era il sostegno dei velivoli da trasporto ed elicotteri. Quest'angolo del Vietnam meridionale era a 10 km dal Laos e 23 dalla DMZ, e la sua base aveva compiti di sorveglianza e pattugliamento nella foresta, sopratutto per intercettare il sentiero di 'Ho Chi-Min'. Dal gennaio del '66 ebbe spesso attacchi, ma solo nel dicembre del '67 si ebbero avvisaglie di una massiccia offensiva con due divisioni nemiche in avvicinamento, da circa 10.000 elementi l'una. Seguirono scaramucce nel gennaio, fino al 21 quando iniziò l'attacco e l'assedio vero e proprio. Prima vi fu un fallito attacco all'avamposto oltre il fiume Quang Tri, poi un bombardamento d'artiglieria pesante, danneggiando la pista in piastre d'alluminio e per giunta, centrando il deposito con 1.300 &nbsp;t di armi. Era un inferno solo a pensare di stare sotto un tiro d'artiglieria come quello, ma con le munizioni che esplodevano c'era solo da sperare che i rifugi apprestati fossero funzionali. Per giunta c'erano anche dei civili, poi evacuati a Da Nang. Subito sembrava per i comunisti, avvicinarsi la vittoria, ma il 22 gennaio iniziarono i rifornimenti di munizioni con 116 &nbsp;t di materiali vari. Prima andarono in azione i C-123, poi i C-130 e naturalmente i C-7A Caribou, con sei gruppi equipaggiati con 81 aerei, che si aggiungevano ai 58 C-123 di altri 4, e 3 unità con ben 72 C-130, ma entro marzo questi ultimi salirono a 92, più 21 C-123 prima usati per le operazioni alla diossina 'Ranch Hand' (con l'agente Orange, dalla triste fama cancerogena), poi trasformati in trasporti normali. Questa massa di aerei era sotto il controllo della 834a Divisione aerea, e operavano da Tan Son Nhut, Cam Ranh Bay, Nha Trang e sopratutto Da Nang. Il fuoco contraerei era intenso, come del resto a Dien Bien Phu, anche se gli effetti furono minori contro i pur grossi e lenti aerei cargo. ma almeno un C-130 dei Marines (erano KC-130, in aggiunta agli altri), e un C-123 ennero distrutti, altri subirono gravi danni e quando atterravano erano sotto il tiro dei mortai, che il 1 marzo distrusse un C-123, seguito da un altro aereo, danneggiato e poi demolito dai mortai prima che lo riparassero. Spesso si usavano muletti per scaricare i pallets di carico, ma richiedevano 5-10 minuti per le operazioni. Facendo scivolare il carico aprendo la rampa, era possibile ridurre la permanenza a terra a 30 secondi. I C-130 però ci mettevano troppo, e i C-123 divennero i trasporti standard per gran parte degli atterraggi, dato che ci mettevano 3 minuti, anche uno solo. Alla fine si collaudò il LAPES, lo scarico volando a bassa quota di un pallet ritardato da un paracadute. Con questo sistema si poteva far scivolare persino un M551 Sheridan. C'era da volare ad appena 1,5 &nbsp;m sopra la pista e il carico vi strisciava per 230 &nbsp;m prima dell'arresto; usato da febbraio, c'era anche come supporto il GPES, con un cavo d'arresto che tirava fuori dal vano di carico il pallet, da cui cadeva un gancio che restava impigliato (primo uso: 30 marzo). Il LAPES era ben più costoso e così gli ultimi lanci vennero fatti, per carenza di appositi pallet, il 2 aprile. I normali aviolanci vennero fatti con altre 601 missioni, con guida radar da terra. La precisione dei lanci dei C-130 era tale che l'errore medio fu di appena 100 &nbsp;m (da qui forse anche l'idea di usare le bombe FAE da 5 &nbsp;t), ma alcuni carichi andarono comunque in mano al nemico. Naturalmente c'era una copertura da parte dei cacciabombardieri, specie contro le batterie di cannoni. Ma i più vulnerabili erano gli elicotteri, di cui almeno 17 vennero abbattuti e 35 danneggiati. Fino a che, l'8 aprile, i rinforzi via terra raggiunsero Khe Sanh, i trasporti aerei di tutti i tipi portarono alla base assediata 12.000 &nbsp;t di rifornimenti. Senza i quali, nonostante il supporto immane garantito dall'aviazione tattica, i Marines, già stremati, sarebbero stati costretti, con ogni probabilità, ad arrendersi per semplice esaurimento delle munizioni disponibili, se non del cibo e medicine<ref>Armi da guerra 52</ref>.
 
 
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A parte quest'ennesima discrepanza tra dichiarazioni e ammissioni, non c'è stato invece dubbio che Than Hoa si domostrò un bersaglio invincibile. Con una lunghezza di 165 metri, largo 15, con piloni di 13 metri di diametro, era una costruzione robustissima e difficile da colpire. Vennero eseguiti oltre 100 attacchi con 873 sortite: una vera guerra privata tra il ponte e gli aviatori americani, che si concluse con la perdita di ben 95 aerei statunitensi senza alcun risultato definitivo. Gli Israeliani persero meno della metà di questo totale per vincere la Guerra dei Sei giorni, così si capisce meglio che livello di perdite venne subito, per giunta con una percentuale di oltre il 10%. C'era chiaramente bisogno di qualcos'altro, ma eccetto le armi nucleari tattiche, all'inizio c'era poco da fare. Eppure, già nella II G.M. erano state messe a punto superbombe e missili-bombe guidate capaci di distruggere anche dei viadotti in cemento armato, con un certo seguito anche durante la guerra di Corea.
 
C'era bisogno di armi precise, oltre che potenti; ma quando la guerra aerea ricominciò sopra il Nord della DMZ, e il ponte venne rimesso tra gli obiettivi da colpire, gli aviatori americani avrebbero avuto delle nuove risorse. Una era la bomba EOGB (Elettro-Optical Guided Bomb) e l'altra era la LGB (Laser Guided Bomb) del tipo Paveway. La prima era un ordigno autoguidato con una telecamera frontale. Gli americani avevano già provato a realizzarle fin dalla II Guerra mondiale, avevano anche introdotto le Walleye nel 1967, per l'USN (di cui esisteva anche la versione nucleare), ma adesso c'erano armi di nuovo tipo anche per l'USAF. L'ordigno aveva l'acquisizione dell'immagine con lo schermo del WSO del Phantom II, e veniva poi lanciata per poi planare e autoguidarsi verso il bersaglio. Il problema era che in caso di cattiva visibilità o foschia era facile non acquisire l'obiettivo o perderlo. Il vantaggio era che l'arma era 'lancia e dimentica', ma non ancora con la visione IR che gli assicurava una maggiore utilizzabilità in situazioni critiche. I Nordisti non pare che avessero in zona dei generatori di cortine fumogene, sennò avrebbero evitato alle armi di questo tipo di trovare un qualunque obiettivo. Sarebbe stato difficile anche per le LGB, che sono armi a guida semiattiva che seguono il punto riflesso del fascio laser di un designatore, che non era necessariamente lo stesso aereo, ma che doveva trovarsi in zona entro alcuni km di distanza. Per usare le armi di questo tipo, venne prescelto l'8th TFW, già noto come 'Wolfpack' contro i MiG, basato ad Ubon, in Thailandia. Era accreditato del maggior numero di caccia nemici abbattuti di qualunque altro stormo, ma presto sarebbe diventato il principe degli attacchi ai ponti. L'obiettivo principale, con cui c'era da regolare il conto per gli anni precedenti, era Than Hoa, che era a 112 &nbsp;km a Sud della capitale nordista e che era sia una ferrovia che una strada di vitale importanza.
 
Gli americani si erano anche perfezionati nelle ECM e nel lancio di chaff: questi avrebbero costruiti un tunnel nelle capacità di localizzazione radar nemici, in particolare contro i SA-2. La contraerea leggera sarebbe stata in gran parte aggirata dall'attacco a media-alta quota, e da parecchi km di distanza. Il primo attacco era stato pianificato con 12 F-4, di cui 8 con 2 bombe LGB e EOGB del tipo Mk 84 da 952 &nbsp;kg circa (907 &nbsp;kg nominali più il kit di modifica) o le M118 da 1.362 &nbsp;kg da demolizione, e gli altri 4 con distributori di chaff che avrebbero preceduto gli attaccanti, disturbando i radar con questi semplici sistemi. Dopo parecchi rinvii dovuti al maltempo si attaccò il 27 aprile con 3 formazioni aeree di 4 l'una, si rifornirono in volo e poi attaccarono. Avendo trovato tempo cattivo sull'obiettivo, non potevano usare le LGB e allora colpirono con le EOGB, che causarono danni di un certo rilievo, ma non del tutto sufficienti per metterlo fuori uso per un lungo periodo. Il 10 maggio venne aumentata la pressione, in un giorno in cui i Vietnamiti vennero anche duramente attaccati e sconfitti dall'aviazione USA (anche se con particolari controversi), mentre il minamento dei porti stava rendendo inagibile tali installazioni. Per Than Hoa c'erano 14 Phantom che portarono ad un totale di 9 Paveway da 1.360 &nbsp;kg, 15 Mk 84 da 907 &nbsp;kg, più stranamente 48 bombe da 227 &nbsp;kg normali. Il 13 maggio scaricarono quest'arsenale tra gli scoppi della contraerea. Già prima della fine del lancio delle 24 LGB (probabilmente in tutto c'erano 12 F-4 con tali armi, non è chiaro come le armi da 227 kg venissero distribuite). Il ponte era stato avvolto dal fumo e crollò nel fiume. La precisione delle Paveway di prima generazione era inferiore a quella dei tipi più recenti, come anche minori le capacità di planare per lunghe distanze. Ma nonostante questo e il disturbo della flak e del fumo, vennero osservate 15 esplosioni a segno sul ponte, ben oltre il 50% del totale tirato. Non solo il ponte era andato distrutto, ma nessun Phantom era stato abbattuto nelle due azioni d'attacco. Questo fu davvero un salto quantico nelle capacità d'attacco, anche se costruito con tecnologie degli anni '60. Da allora le bombe-laser diventarono armi decisamente rispettate. Entro maggio, ben 13 ponti andarono distrutti da tali azioni, solo nelle principali linee ferroviarie che partivano da Hanoi. In tutto, il solo periodo tra il 6 aprile e il 30 giugno 106 ponti vennero colpiti dall'8th TFW, un quantitativo impressionante. Da notare che si trattava di F-4E e non del modello D, pure molto usato nel Vietnam come vettore di LGB. I Nordisti cercarono di riparare il ponte, per cui l'USN lo attaccò 11 volte e l'USAF altre 2 entro il 23 ottobre, quando la LINEBACKER venne sospesa su ordine di Nixon. Per questo, la 'guerra degli 11 giorni' del 18-29 dicembre era nota come LINEBACKER II. Ma il ponte di Than Hoa non era tra gli obiettivi designati, perché era ancora fuori uso.
 
 
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Quando il primo F-111 uscì dalla linea di produzione, l'aereo di McNamara fece davvero impressione, come pochi in quegli anni pur ricchi di novità. La sagoma appuntita del muso, le ali a geometria variabile, per la prima volta in un aereo di serie, e non meno importante, la rifinitura della superficie. Era talmente liscia, rispetto ai soliti apparecchi ricchi di rivetti, che l'impressione era che fosse di vetro, tanto era liscia. Solo pochissimi altri aerei potevano vantare lo stesso tipo di 'pelle', per esempio l'A-5 Vigilante era un'altra macchina molto 'slick'. Ma il grande e potente F-111 era destinato a stabilire nuovi standard operativi.
 
La SOR 183 chiese un aereo multiruolo capace di volare per 3.300 miglia senza rifornimento e di salire in cielo con la metà della pista usata da un F-105, ovvero circa 900 &nbsp;m. Questa richiesta era stata l'evoluzione di una precedente specifica per un V/STOL da mach 2 e con capacità d'attacco a lungo raggio. Una sfida davvero difficile, e quando il 14 giugno 1960 venne stilata la SOR 183, venne cancellava la richiesta di decollo verticale, accontendandosi di uno moderatamente corto. L'USAF voleva sostituire l'F-105, ma anche l'USN cercava un rimpiazzo per F-4 e F-8-che pure erano appena in servizio- e che si concretizzò nell'enorme F6 Missileer, una specie di aereo lanciamissili a lungo raggio, scartato dal Congresso e rimpiazzato dal Tactical Figher Naval, X ovvero dal TF-X. Fu Mc Namara che si convinse ad unificare le due specifiche in una sola, ordinando il 1 settembre una gara d'appalto. La versione navale era compatibile, idealmente, per l'85% con quella terrestre, questo spiega l'entusiasmo per i risparmi economici conseguenti. La Boeing presentò, tra i sei proponenti, una proposta interessante, ma alla fine la spuntò la GD per volontà di McNamara e in contrasto con gli organi tecnici deputati; il 24 novembre 1962 il contratto 8260 richiese entro 25 mesi 18 F-111A e 5 F-111B navali.
 
Tuttavia il progetto dimostrò d'essere un tentativo fallito come caccia da difesa aerea dell'USN, dato che pesava troppo anche nel tipo alleggerito F-111B, che oltretutto, pur se con missili AIM-54 e radar AWG-9, era poco agile, con i posti dell'equipaggio privi di sufficiente visibilità rispetto ad un aereo con posti in tandem, e tra i missili Phoenix e il cannone Vulcan non c'era nulla o al massimo, due Sidewinder, niente Sparrow, anche se stranamente sarebbero ricomparsi con l'F-111D dell'USAF, nonostante esso fosse solo un interdittore. In ogni caso, il ruolo di aereo universale a cui era preventivato l'F-111 lo ricoprirà il più semplice F-4 Phantom II, primo e unico caccia unificato dei servizi americani.
 
La carriera dell'F-111 Aardwark divenne un affare della sola USAF e più tardi, della RAAF. Le critiche tuttavia non mancarono: il raggio garantito a mach 1,2 e a bassa quota doveva essere di circa 300 km, ma in realtà posto un raggio di 1.400 km era possibile volare a tale velocità solo per 64 &nbsp;km, altrimenti si intaccava troppo la riserva di carburante. I motori erano piuttosto leggeri -(1.760 &nbsp;kg circa-) per la potenza che erogavano, ma senza usare il postbruciatore e a pieno carico l'F-111 superava di poco i 5.000 m; insomma, si era voluto un po' troppo da questo potente apparecchio, a tratti elogiato e a tratti vilipeso ('naso di B-58 e carrello di B-47' erano i segni distintivi per i denigratori del nuovo apparecchio). Per giunta le prese d'aria dimostravano d'essere una 'sfida infernale' per usare il termine di uno dei collaudatori: le Triple Plow erano a geometria variabile (per il solo elemento interno) e funzionavano bene a media e bassa velocità, ma non a quelle più alte. Col tempo i problemi vennero superati, ma le Triple Plow II ingrandite risultarono disponibili solo nel '69. Anche gli stalli ai motori TF30 non erano piacevoli, ma questo riguardò più gli F-14 Tomcat che gli F-111A, dal volo meno 'vivace' di un caccia da duello aereo.
 
Con la guerra in Vietnam in corso era naturale che si volesse testare la validità del nuovo aereo. Questo era successivo di qualche anno rispetto all'A-6 Intruder della Marina e al Vigilante, nonché al Buccaneer della RN, ma precedeva a sua volta di circa 10 anni il Su-24 e di quasi 15 il Tornado IDS. Era quindi un aereo all'avanguardia, anche se i sistemi di bordo, comparati alle tecnologie successive erano primitivi. Nondimeno, si trattava di un aereo capace di volare seguendo il profilo del terreno (TFR) con un radar apposito della Texas Instruments (poi applicato anche al Tornado) abbinato al pilota automatico e all'INS, cosa che rendeva possibile il pilotaggio 'senza mani' anche a bassa quota e in ogni condizione meteo, di giorno come di notte. Al radar non importava. Aggiornava la percezione del terreno ogni 0,7 secondi e funzionava con un'antenna di riserva quando necessario, sopportando di funzionare bene con virate fino a 68° e manovre fino a 3,8 &nbsp;g. Non solo, ma l'ala a geometria variabile, per quanto più pesante di quella a freccia, garantiva grande stabilità nel volo veloce a bassa quota e al contempo, una valida capacità di volo lento all'atterraggio, cosa importantissima per garantire spazi ridotti e sicurezza in volo. Nata da un'idea tedesca, applicata all'X-5 sperimentale della Bell per la prima volta, ripescata per il caccia Giaguar, aveva dei piloni mobili studiati dalla Vickers britannica che permettevano il loro corretto allineamento con la variazione d'angolo dell'ala stessa.
 
L'ala GV, i missili AIM-54 e il radar verranno ereditati da un'altra piattaforma notevolissima, l'F-14 Tomcat, ma per l'USAF non vi sarà mai un vero e proprio sostituto diretto, essendo l'F-15 un adattamento di un caccia da superiorità aerea piuttosto che un velivolo specifico. Al più si può dire che gli FB-111A abbiano trovato un degno successore nel B-1B, l'unico altro aereo GV dell'Aviazione. L'ala a geometria variabile a cavallo tra gli anni '60 e '70 ha goduto progettualmente di grande popolarità, ma è caduta poi in disuso per la complessità e la pesantezza della sua struttura. Del resto anche aerei con ali a delta caudata come l'A-4 e l'A-5 hanno dimostrato di essere dei degni velivoli in termini di prestazioni a bassa quota, agilità e distanze di atterraggio.
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La prima unità fu pronta al combattimento già 4 anni dopo, quando aerei di serie, chiamati 'Mietitori di raccolti' venne approntata per andare in Vietnam. L'addestramento era iniziato a Nellis, al 4480th TFS, e i piloti volarono anche 40 ore al mese, gli aerei 58. L'USAF era in Vietnam con gli F-105 e gli F-4, ma gli A-6 erano attaccanti notturni ben superiori e l'imbarazzo dell'Aeronautica per essere (ancora una volta) tecnologicamente inferiore alla Marina dovette essere grande, tanto da affrettare l'entrata in azione dei nuovi aerei ognitempo. Era quella l'operazione '''Combat Lancer''', al comando del col Ivan H.Dethman, un veterano dal cognome significativo per un reparto di bombardieri (con una 'a' ulteriore diverrebbe Deathman, l'uomo della morte). Il suo squadrone era il 428th TFS e trasferì 6 aerei da Nellis, centro sperimentale del Nevada, a Takhli, Thailandia. Dopo un trasferimento di oltre 13 ore (3 rifornimenti in volo) per Guam, 18 ore di pausa (i piloti dovettero essere aiutati a uscire dagli abitacoli,tanto erano rattrappiti), e poi oltre 6 ore di volo e un rifornimento per arrivare in Thailanda. Qui gli aerei giunsero il 17 marzo 1968, e vennero inquadrati nel 355° TFW, già esperto nell'uso degli F-105D.
 
C'era ancora in corso la campagna 'Rolling Thunder', che avrebbe costato all'USAF quasi 1.000 aerei per risultati pressoché trascurabili. L'F-111, figlio della richiesta TF-X di circa 7 anni prima, 10 dall'inizio dello sviluppo, era già pronto all'attacco. Ci si aspettava davvero molto da quest'aereo, nonostante i limiti manifestati rispetto ai propositi iniziali: aveva i primi turbofan con postbruciatore -TF-30 da 8,4 &nbsp;t/spinta-, un'autonomia di trasferimento di 6.743 &nbsp;km, un raggio d'azione effettivo di circa 2.000 km, sistema di navigazione e attacco Litton LND-21/A, capacità di carico bellico massima di ben 14.424 &nbsp;kg (esattamente due volte un Phantom) per un peso di 41 t al decollo come massimo, ECM interne ALQ-94, sistema d'allarme radar ALR-22, persino un apparato di allarme ottico antimissili AAR-34 in coda, lanciatori di chaff ALE-288, radar d'attacco APQ-113, sistema avionico integrato Mk.1; TFR APQ-110, calcolatore AJQ-20A, un vano interno per ospitare due bombe H o un cannone Vulcan con oltre 2.000 colpi. Quest'aereo era un vero 'lupo solitario', non aveva bisogno di caccia di scorta, aerei ECM, e persino con un pesante carico di bombe e senza serbatoi esterni poteva volare a bassa quota tra Tahkli e Hanoi senza nemmeno necessitare delle aerocisterne. Per quanto potessero sembrare possenti gli F-105 e i Phantom, l'F-111 era un qualcosa di ancora superiore.
 
Così, 8 giorni dopo l'arrivo in Thailandia, il primo aereo andò in missione al comamdo di Dethman. Dopo tre giorni avvenne però qualcosa che ruppe la routine presto stabilitasi, allorché decollò l'aereo di Palgrem e Cooley (quest'ultimo dell'USN). Era il 66-0022, equipaggiato con ben 24 bombe da 227 &nbsp;kg (5,4 &nbsp;t) e due pod aggiuntivi ALQ-87 esterni per migliorare ancora la sua capacità di autodifesa, se anche qualche radar nemico lo avesse visto mentre si avvicinava a circa 800-1.000 kmh a 60-300 m di quota. Ma quest'aereo sparì senza lasciare tracce. Un secondo aereo, il 66-0024, andò in azione il 30 marzo. Ma ancora una volta, sparì senza lasciare tracce. Dato che volava da solo, non c'era stato alcun testimone di quello che gli era successo, anche se si presume che sia stato colpito mentre circuitava per aspettare l'autorizzazione ad entrare in Vietnam, il che significava prendere prima contatto radio con il centro di comando.
 
[[File:F-111As Combat Lancer 1968.jpg|330px|right|thumb|]]
Il 22 aprile un altro F-111 partì per il Nord del Vietnam, ma non andò lontano, schiantandosi al suolo ancora in Thailandia, dopo un'avaria disastrosa allo stabilizzatore di coda. L'equipaggio però si salvò e venne recuperato a circa un miglio dalla zona di atterraggio, anche se erano convinti che avessero fatto molta più strada. Il fatto è che temevano d'essere caduti in Laos, dove era spesso l'obiettivo da colpire. La forza degli aerei di Combat Lancer era calata della metà. Lo stretto abitacolo a posti affiancati era dotato di una capsula di salvataggio che in teoria sarà stata anche buonissima, tanto che poteva far salvare l'equipaggio anche da lanci supersonici e subaquei, e persino galleggiare come scialuppa (le cloche potevano diventare pompe di sentina), ma di fatto non ha mai convinto i suoi utilizzatori del suo valore, sebbene evitasse dei sedili troppo ingombranti e le imbracature del paracadute (del resto con un abitacolo largo circa 1,4 &nbsp;m non c'era molto da fare). Del resto, poco tempo dopo, un F-111A cadde a Nellis per lo stesso motivo (era l'8 maggio) dopo questa perdita venne dato l'alt alla missione, e gli equipaggi dovettero rassegnarsi a volare sugli EB-66 del 355th Wing fino che tornarono a Nellis il 22 novembre. In tutto erano state volate 55 missioni delle quali il 60% fu considerato positivamente svolto. Certo la situazione delle perdite non fu lusinghiera, ma gli equipaggi si erano resi conto che entrare in Vietnam era possibile senza dover necessitare di alcuna scorta e aerocisterna al seguito, differentemente dai 'circhi volanti' delle tipiche formazioni americane: senza farsi vedere e a bassa quota, sotto la cortina dei radar. La quota minima è tra 60 e 300 &nbsp;m a seconda del terreno e della modalità del TFR automatico (disponibile in tre 'livelli'). Anche a causa delle montagne aguzze del Laos e delle difficoltà poste dalla pioggia dei monsoni (che attutiva il segnale radar) era praticamente impossibile usare le modalità più dure, ma anche così i Nordvietnamiti non riuscivano a localizzare e a colpire gli apparecchi finché stavano così bassi di quota, oppure in Laos, dopo che avevano picchiato da media quota per bombardare (con il sistema CCIP di calcolo del punto previsto di caduta).
 
Nel frattempo iniziarono collaudi e prove per testare l'affidabilità dell'aereo; agli inizi del '69 c'erano 70 aerei a Nellis coj il 474th Wing, suddivisi negli squadroni 428, 429, 430, 442 e lo sperimentale 4527th. Le macchine vennero aggiornate, per esempio l'AAR-34 soppiantò il precedente tipo e avendo un sensore refrigerato a -196° non era più facilmente ingannabile da falsi allarmi, come vedere la luna o un postbruciatore acceso. Ma a dicembre del '69 iniziarono vari incidenti. Ad un F-111, in particolare, si staccò un'ala a causa di un sedimento di carbonio che aveva indebolito la struttura del pilone (in acciaio). Questo mise a terra gli F-111 e mandò a casa gli equipaggi degli F-111 australiani in addestramento, rischiando di far naufragare il contratto per l'unico successo export dell'F-111. Gli aerei vennero messi a terra fino al 31 luglio 1970, prima di risolvere il problema in maniera accettabile.
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'Puff the magic dragon', 'Spooky', 'Stinger'. Nomi che oramai non dicono più molto, ma che nelle cronache di guerra degli anni '60 spesso si sentivano. Adesso si sente solo l'ultimo di questi, ma collegato ad un noto SAM portatile. Un altro nome, l'ultimo, è piuttosto noto: 'Spectre'. Sono le aerocannoniere ben note per le loro partecipazioni alle ultime guerre regionali.
 
Ma oramai è quasi dimenticato che la loro origine sia da ricercarsi oltre 40 anni fa. Ma per avere un'ulteriore approfondimento tanto vale parlare dell'attacco al suolo e del mitragliamento fin dagli albori della guerra aerea. Un primo esempio si trova già nella I GM, in particolare lo Junkers J-10 del 1918, apparecchio da mitragliamento, con una robusta struttura metallica ondulata e 390 kg di corazzature. Era di fatto l'antenato dell'A-10. L'appoggio al suolo continuò nella Guerra di Spagna, dove si specializzarono nell'attacco al suolo gli He-51, surclassati come caccia da superiorità aerea. Essi erano robusti e per l'occasione armati di 5 bombe da 10 &nbsp;kg, anche se l'armamento di base restava di appena due mtg da 7,92 mm. Mentre il bimotore d'appoggio tattico Hs-124 non ebbe successo, non così fu per un altro interessante biplano, l'Hs-123, impiegato fino alla II GM, prima di cedere sempre più il passo allo Ju-87 Stuka, pure questo apparso in Spagna. L'Hs-123 divenne poi uno dei protagonisti dei reparti di incursori notturni tedeschi, che del resto utilizzarono un po' tutti gli aerei disponibili. L'appoggio tattico era stato propugnato da persone come Mecozzi, e anche l'Italia ebbe presto i suoi apparecchi d'assalto, come i Breda 64 e i più potenti Breda 65. Ma al dunque, all'inizio della II GM, fu costretta a ripiegare anche sui caccia obsoleti, in particolare i CR.32, già ben armati con le Breda da 12,7, e provvisti di circa 100 &nbsp;kg di bombe di vario genere. In seguito vennero sostituiti dai più capaci CR.42, che potevano portare anche 200 &nbsp;kg di armi e che saranno usati largamente dalla LW come aerei incursori notturni. Così l'unico caccia di Gabrielli impiegato dalla LW operativamente sarà, durante la II GM, questo biplano, malgrado l'intenzione originaria di mettere in servizio un modello 'costumized' del G.55. Anche le altre nazioni ebbero molta cura per l'appoggio tattico, specialmente l'URSS con il suo Il-2 e anche altri tipi, risultati però meno validi (Su-2/6). I Tedeschi fecero qualcosa di simile con l'Hs-129, che peraltro era alquanto sottopotenziato e monomotore (niente armi difensive posteriori), e con tipi appositi come lo Ju-87G e vari tipi di Ju-88 e 288. I Sovietici sperimentarono anche un Tu-2 con cannone da 57 &nbsp;mm e uno con ben 88 mitra PPSh in un contenitore ventrale, per investire con una letale pioggia di proiettili i bersagli a terra, colpendo dalla verticale. Gli Americani ebbero l'idea di caricare con numerose mitragliatrici e bombe a frammentazione i loro bombardieri tattici come l'A-20, il B-25 (armato anche con un pezzo da 75 mm) e il B-26. L'A-26 fu un tentativo maggiormente specializzato, anche se era troppo grande e sofisticato come aereo d'attacco e 'mitragliamento', di fatto era piuttosto un bombardiere veloce. Il Mosquito britannico ebbe versioni cacciabombardiere e anche un tipo antinave prodotto in 27 esemplari, con cannone da 57 &nbsp;mm e 4 mtg da 7,7 &nbsp;mm. La R.A. rimase indietro nel settore, anche se riuscì a far volare il cannone più grande dell'epoca, un 90 &nbsp;mm ritubato a 102 con caricatore automatico, a bordo di un P-108A rimasto tuttavia prototipo.
 
La questione degli aerei-cannoniera rimase poi un binario morto perché razzi e jet sembravano averla accantonata. Il fatto che attaccare ad ondate un nemico a terra significasse concedergli tempo prima di essere colpito nuovamente, con successivi passaggi, non era tuttavia un limite trascurabile. Per cercare di superarlo, in Corea coppie di B-26 volavano con un C-47 che indicava loro, tramite bengala d'illuminazione, i bersagli a terra. In Vietnam i B-26 continueranno ad operare, stavolta come B-26K. Si trattava di sofisticati e formidabili apparecchi d'interdizione notturni, che potevano portare 8 M2 nel muso (ma senza più le torrette difensive), e 5 tonnellate di carichi vari esterni, con una lunga autonomia e sensori notturni. Il Nimrod diverrà un valido apparecchio d'attacco in servizio con il 609° Special Operation Squadron in Thailandia, con autonomia molto elevata, così come la potenza di fuoco. IN seguito operò anche nell'ex-Congo Belga.
 
Si tentarono anche altre vie. Il B-57 Camberra era l'americanizzazione del tipo inglese, scelto sopratutto per l'autonomia e l'agilità che lo rendevano molto adatto per la guerra di Corea. Tuttavia, nemmeno quest'aereo ebbe un totale successo in Vietnam, perché i reattori erano pur sempre mezzi costosi all'impiego, sopratutto in termini di consumo e quindi di autonomia. Inoltre erano un po' troppo veloci per tenere facilmente d'occhio obiettivi puntiformi. In seguito ebbero armi specifiche per l'appoggio al suolo. C'era anche un progetto per sistemare dentro il vano portabombe ben 52 armi da 7,62 &nbsp;mm (probabilmente del tipo M60) per investire gli obiettivi al suolo con una grandinata di pallottole. Oppure si pensava a pod con centinaia di spezzoni esplosivi, e infine al progetto Pave Gat con una torretta con cannone Vulcan da 20 &nbsp;mm orientabile. Quest'ultima soluzione venne usata a bordo di alcuni OV-1 Bronco, con notevole successo. Il Camberra ebbe invece il suo miglior risultato con la versione B-57G 'Tropic Moon III', che costituiva il primo esempio di aereo con bombe-laser e capacità notturna piena, tramite un FLIR. Usando ordigni da 227 &nbsp;kg Paveway, grazie alla sua stabilità e precisione mise a segno l'80% dei colpi durante la guerra del '72, pur operando di notte.
 
Ma questo non era ancora del tutto sufficiente.
 
Gli americani si posero presto il problema di tenere costantemente sotto tiro un obiettivo a terra, il che poteva essere fatto solo con parecchi aerei che attaccavano di continuo con vari passaggi, rischiando d'essere abbattuti durante l'avvicinamento e l'allontanamento. Oppure orbitando attorno all'obiettivo, mantenendolo sotto controllo e sotto osservazione continua. Quest'ultima era la scelta più interessante. All'inizio, già nel '42, si pensò di usare un cannone SR montato a bordo di un aereo leggero. Prima ancora c'era stato un esempio, un DH-4 dell'USAAC che già nel '27 venne dotato di un'arma da 7,62 &nbsp;mm perpendicolare all'asse dell'aereo, il cui unico scopo non poteva che essere quello di mitragliare un obiettivo a terra. Poi si elaborò il concetto con l'uso di un aereo cargo e una batteria di armi. Il concetto era di virare di continuo orbitando attorno ad un bersaglio, con un 'bank' di almeno 45 gradi per vedere e colpire un bersaglio a terra, restando sempre a distanza e senza dargli un attimo di respiro. L'autore dell'idea era sempre lo stesso del '42, tale Mac Donald, che nel '61 la riprese durante un incontro casuale con un ingegnere della Bell. Da notare che all'epoca gli USA non erano ufficialmente coinvolti in Vietnam. Non lo erano nemmeno nel '64, quando in estate vi fu il primo test, appoggiato dal potentissimo Capo dell'aviazione dell'epoca, Curtiss LeMay. Inopinatamente per lo scopo, venne usato un grosso aereo da trasporto, un C-131 Cargomaster. Esso venne dotato dell'allora sperimentale mitragliatrice gatling Minigun da 7,62 &nbsp;mm, capace di 6.000 colpi al minuto, e impiegato ad Eglin. Durante i test ci si avvide che, volando tra i 200 e i 1.000 metri di quota, questo aereo poteva sparare una raffica di 3 secondi verso il bersaglio (fanteria allo scoperto) e colpire, su di una superficie pari ad un acro, 19 manichini su 25. E così il test venne brillantemente superato.
 
Ecco il primo aereo della serie, il Douglas FC-47, poi -per via della protesta dei piloti da caccia, noto come AC-47. Esso non era altro che il C-47 opportunamente armato. Da un lato gli spuntavano tre fasci di canne da 7,62 di una nuova arma, la Minigun. Scegliendo queste armi piuttosto che un tipo di maggior calibro, come le 3 da 12,7 &nbsp;mm dell'AC-47 del Salvador, si è corso un rischio, dovendo le 7,62 &nbsp;mm serrare maggiormente le distanze. Ma era troppo importante far valere il volume di fuoco di queste nuove armi, capaci di saturare un campo di calcio in qualche secondo, con una cadenza di tiro di 6.000 colpi al minuto come massimo, ma spesso ridotta a 2.000. La dotazione di munizioni era di qualche decina di migliaia di colpi. Il traguardo di puntamento era solo quello di un vecchio AD-1E Skyrider (del tipo Mk-20 Mod. 4). I primi 4 aerei vennero rapidamente approntati e mandati a Bien Hoa già nell'autunno. Avevano anche 24.000 proiettili e 45 bengala, più un set di radio VHF, UHF, FM e TACAN: le capacità di comunicazione dovevano essere le migliori, per non rischiare di colpire di notte le truppe amiche piuttosto che avversarie. In tutto l'AC-47 richiedeva sei uomini, tre dei quali erano gli armieri. Fu così che nacque la leggenda di Puff the magic Dragon, per via del fiume di traccianti rosse che scaturivano dal cielo di notte. Era impressionante vederli in azione, anche se in genere tiravano con un solo minigun per volta. Nel '65 arrivarono altri di questi apparecchi e nel '66 inizieranno anche a volare sulla pista di Ho Chi Minh. Ma lì c'erano cannoni antiaerei potenti e le perdite dei lenti 'Spooky' non mancarono: ben sei aerei in poco tempo, cosa aggravata dal fatto che ognuno aveva ben sei aviatori a bordo. Così venne destinato alle missioni nel Sud del Vietnam, dove il pericolo era minore vista l'assenza di contraerea di grosso calibro.
 
Quando i Vietcong attaccavano basi e città contavano sulla protezione delle tenebre, e sulle distanze ravvicinate contro gli americani e i Sudvietnamiti. Per colpirli nelle tenebre, dall'aria, erano necessari aerei abbastanza lenti eppure non troppo vulnerabili al tiro nemico, quindi stare costantemente in aria ma a distanza di sicurezza, colpendo con armi non troppo potenti ma molto precise. Lo Spooky o Puff the magic dragon orbitava sull'obiettivo, lanciava un bengala dietro l'altro e illuminava le truppe leggere nemiche, all'epoca quasi disarmate rispetto alla minaccia dall'aria. Poi scaturiva dal cielo una pioggia di fuoco, con le traccianti rosse che bruciavano per circa 800 metri, descrivendo la traiettoria dei colpi (la cui gittata era maggiore, superando ampiamente il kmkilometro). I nuclei di soldati e guerriglieri potevano essere annientati uno per uno, senza troppi 'effetti collaterali', da una pioggia di pallottole. I Vietcong spesso reagivano al fuoco degli aerei d'attacco, e specialmente degli elicotteri. Ma contro quella tempesta di fuoco continuativa che veniva giù dal cielo non riuscivano a fare nulla se non cercare un riparo: erano impotenti e persino timorosi di rispondere al fuoco di questi invisibili nemici, capaci di sparare con tutte le loro armi per quattro secondi e piazzare, da 1.500 metri, 1.200 pallottole in un cerchio di 10 metri di diametro, falciando chiunque vi si trovasse. Data la traiettoria obliqua dei colpi, era possibile coprire una notevole 'zona letale', non si trattava di colpi che finivano verticali sul terreno, ma che potevano intercettare i corpi di persone sorprese in piedi con notevole facilità. In tutto, gli AC-47 difesero tra il '64 e il '69 oltre seimila postazioni dagli attacchi nemici, e in nessun caso esse caddero quando un AC-47 era in zona. Apparvero anche nel film 'Berretti verdi' con J.Wayne, anche se non si trattò certo di un capolavoro (l'unico film di propaganda per la guerra del Vietnam).
 
Ritirato come aereo d'attacco, l'AC-47 venne rimpiazzato dal tipo da guerra psicologica EC-47 Gabby. Ma continuò le sue azioni con le forze aeree alleate come quelle del Laos, Cambogia e Vietnam, sebbene non riuscisse ad evitare la sconfitta contro i guerriglieri comunisti. Poi è stato anche adottato da altre forze, quali quella salvadoregna, come si è detto in anticipo.
 
Una cosa da rimarcare era il costo. L'AC-47 non era una macchina sofisticata: si trattava di un vecchio aereo da trasporto dai consumi limitati, equipaggiato con tre pod gatling da 7,62 &nbsp;mm (che costituirono il principale punto dolente e difficili da reperire, dato che erano molto richiesti anche per altri aerei, malgrado nessuno di essi potesse competere con lo Spooky quanto ad efficacia). In sostanza, un velivolo immensamente meno costoso dei cacciabombardieri veri e propri. Si pensi che l'appoggio tattico, in Vietnam, vennero usati anche i B-52, che sganciarono milioni di tonnellate di bombe con costi abnormi e danni a terra -anche ad obiettivi innocenti- enormi. Mentre le cannoniere volanti costavano una frazione infinitesima di questo sperpero di risorse (oltrettutto i bombardieri strategici erano nati per ben altra funzione), basti pensare ai 180.000 litri di carburante necessari per il pieno ad un B-52, e i costi enormi della manutenzione e logistica, mentre gli AC-47 erano solo vecchi cargo della II GM e le uniche cose che richiedevano erano pallottole da 7,62 e bengala. Anche per questo, nonché per la loro efficacia e precisione, divennero molto popolari e senz'altro i migliori aerei d'appoggio disponibili.
 
L'AC-47 fu efficace, ma anche limitato. Così ben presto si aggiunsero gli AC-119 e gli AC-130. I primi erano gli AC-119K e G, i primi con 4 minigun, i secondi invece, molto più armati. Infatti aveva 2 cannoni da 20 &nbsp;mm Vulcan, sempre a sei canne; avevano motori a reazione ausiliari e colorazione nera o comunque scura. Avevano per la prima volta dei sofisticati sistemi di mira e osservazione, con apparati radar e televisivi sotto al muso e alla fusoliera posteriore. Il primo AC-119G arrivò a Nha Trang il 22 dicembre 1968. Ma per allora c'era già l'AC-130 in giro.
 
Ma fu la trasformazione del C-130 Hercules che fece maggiore scalpore. Questo grosso quadriturbina venne modificato, pare per l'idea del giovane capitano Ronald W. Terry, già esperto con i C-47. Il programma era il PAVE AEGIS, ma il C-130 era troppo importante come cargo e così venne originato il Gunship III, per convertire i numerosi C-119 ancora disponibili, specie nell'ANG.