Storia della letteratura italiana/Dante Alighieri: differenze tra le versioni

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== La vita ==
[[File:Bargello - Kapelle Fresko 2a.jpg|thumb|left|Dante Alighieri in un affresco di Giotto conservato al Museo del Bargello di Firenze]]
Dante nasce tra il maggio ed il giugno del 1265 a Firenze, figlio di Alighiero di Bellincione e di donna Bella. La sua è una famiglia di parte guelfa appartenente alla piccola nobiltà cittadina (anche se le origini aristocratiche vantate da Dante sono oggi messe in dubbio). Poco si conosce sulle prime fasi della sua vita. Riceve con ogni probabilità un'educazione accurata: nel canto XV dell<nowiki>'</nowiki>''Inferno'' dice di essere stato allievo di [[../Brunetto Latini|Brunetto Latini]]. Inizia presto a comporre poesie e subisce sicuramente l'influsso dei provenzali, dei siciliani, di Giuttone, Guinizzelli e dell'amico Guido Cavalcanti. Nel 1277 il padre lo costringe a sposare Gemma Donati, figlia di una potente e ricca famiglia fiorentina. Ignota è la data del matrimonio, che comunque deve essere avvenuto quando la coppia era poco più che adolescente. Dall'unione nasceranno vari figli. Negli stessi anni si colloca, presumibilmente, la storia d'amore con Beatrice, la cui morte nel 1290 getta il poeta nello smarrimento e segna il passaggio dalla produzione stilnovistica a una nuova fase in cui la sua poesia si apre all'orizzonte civile e politico. Intanto, nel 1289 Dante partecipa alla battaglia di Campaldino e assiste alla resa del castello di Caprona.<ref>{{cita libro | Giuseppe | Petronio | L'attività letteraria in Italia | 1969 | Palumbo | Palermo | pp=89-90}}</ref><ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dante | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=1 }}</ref>
 
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== La ''Vita nuova'' ==
{{vedi source|Vita nuova}}
[[File:Henry Holiday - Dante meets Beatrice.jpg|thumb|''Dante incontra Beatrice a Ponte Santa Trinità'' di Henry Holiday. 1883, Walker Art Gallery, Liverpool]]
La ''Vita nuova'' è una raccolta di rime giovanili accompagnate da commento e interpretazione in prosa scritte dall'autore stesso. Spesso chiamata ''libello'', si pensa che le poesie della ''Vita nuova'' siano state selezionate e messe insieme dopo la morte di Beatrice, quindi tra il 1291 e il 1296. Alcune liriche sarebbero tuttavia precedenti: Dante ha iniziato a scriverle nel 1286, dapprima per varie donne e poi, in un secondo momento, per Beatrice. Lo schema dell'opera riprende un modello molto diffuso nella letteratura latina medievale, e in particolare quello del ''De consolatione philosophiae'' di Boezio. Il risultato è un romanzo in cui brani di prosa sono intervallati da sonetti e canzoni, secondo il modello delle ''rezos'' provenzali.<ref>{{cita libro | Giuseppe | Petronio | L'attività letteraria in Italia | 1969 | Palumbo | Palermo | p=92}}</ref>
 
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Non c'è accordo tra gli interpreti se l'opera sia un testo autobiografico oppure una trascrizione simbolica dei sentimenti dell'autore. Sembra che Dante parta da esperienze reali, di cui cerca il significato simbolico segreto. Arriva così a dei valori universali con i quali costruisce una vicenda esemplare, valida ben oltre i limiti imposti da spazio e tempo. Tutti gli elementi concreti, siano luoghi o persone, diventano quindi sfumati e indeterminati. Anche i gesti sono privi di concretezza: sono presenti solo sospiri, sguardi, lacrime, saluti. Il tutto contribuisce a creare un'atmosfera evanescente, sensazione che viene acuita dal fatto che a episodi reali si affiancano vere e proprie visioni.<ref name="Baldi4" />
 
[[File:Dante Gabriel Rossetti - Dante's Dream at the Time of the Death of Beatrice (1856).jpg|thumb|''Il sogno di Dante'' del pittore preraffaelita Dante Gabriel Rossetti. 1856, Tate Britain, Londra]]
 
La ''Vita nuova'' può infatti essere considerata come un ''itinerarium mentis in Deum''. Le tre parti in cui è diviso il libro corrispondono ai tre stadi con cui, nella mistica cristiana, l'anima compie il suo viaggio verso Dio. Dapprima l'anima ama Dio a partire dagli oggetti esteriori che osserva nel creato (questa fase è definita ''extra nos'', "fuori di noi"). Nella seconda fase la felicità nasce dall'interno dell'uomo, dalla consapevolezza di amare Dio per se stesso (''intra nos'', "dentro di noi"). Nel terzo e ultimo stadio l'amore per Dio trasporta l'anima sopra di sé, fino a congiungerla con la divinità (''super nos'', "sopra di noi"). Allo stesso modo, quello per Beatrice è un amore superiore rispetto a quello cantato dai trovatori. Nella terza parte, l'amore per la donna non si limita a ingentilire l'animo del poeta, ma lo trascina verso l'alto fino a raggiungere Dio. In Guinizzelli e Cavalcanti, la donna era vista come un miracolo, ma l'amore era sempre caratterizzato da un percorso discendente, che da Dio portava alle cose terrene. Ne derivava che l'amore per la donna escludeva quello per Dio. In Dante questa contraddizione cessa di esistere: la donna diventa tramite verso Dio.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dante | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=4-5 }}</ref>
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=== Le rime giovanili: dai modi toscani allo stilnovo ===
[[File:Dante Gabriel Rossetti Beata Beatrix Pastel 1872.jpg|thumb|Dante Gabriel Rossetti, Beata Beatrix, dipinto a olio, 1872, Chicago Art Institute]]
Come si è visto, oltre a quelle confluite nella ''Vita nuova'', Dante compone in gioventù altre poesie. Alcune seguono i modi toscani, altre invece risentono dello stilnovismo. In una prima fase Dante si orienta infatti alla lirica d'amore di tipo cortese: riprende il linguaggio astruso, la psicologia e gli artifici già usati da Guittone. Una svolta avviene grazie all'incontro con Guido Cavalcanti e all'adozione di uno stile più leggiadro, in cui la sintassi è più scorrevole, il ritmo è più dolce e sono evitati gli artifici troppo intellettualistici. Nasce così quel gruppo elitario di anime elevate e affini per cui lo stesso Dante conia l'espressione di «dolce stilnovo». Il componimento più rappresentativo di questa fase è il sonetto ''Guido i' vorrei che tu e Lapo ed io'', in cui Dante immagina di fuggire in un mondo fuori dal tempo in compagnia di Cavalcanti, Lapo Gianni de' Ricevuti e alle loro tre amate.<ref name="Baldi3" />
 
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== Il ''De vulgari eloquentia'' ==
[[File:De vulgari eloquentia.tif|thumb|Una copia del 1577 del ''De vulgari eloquentia'']]
Nel ''De vulgari eloquentia'' Dante approfondisce le tematiche linguistiche e letterarie già presenti nel ''Convivio'', di cui è contemporaneo. Originariamente prevedeva quattro libri, ma ci sono giunti solo il primo, completo, e tredici capitoli del secondo, più parte del quattordicesimo. La lingua scelta è il latino, la più diffusa nell'ambiente dotto, cui l'opera è rivolta. Il primo libro è una trattazione sulle origini del linguaggio, a partire dalla frammentazione delle lingue in seguito alla costruzione della torre di Babele (narrata nella ''Genesi''). Dante distingue tre lingue romanze: la lingua d'oc, la lingua d'oil e la lingua del sì. A queste contrappone la ''gramatica'' latina, ormai rigidamente codificata.
 
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== Il ''De monarchia'' ==
{{vedi source|De monarchia|la}}
[[File:HenryLux.jpg|thumb|Incoronazione di Arrigo VII di Lussemburgo nel ''Codex Balduini Trevirensis'']]
Il ''De monarchia'' è una riflessione sul potere in cui il poeta individua la necessità di un impero universale a garanzia della pace e si propone di conciliare i due grandi poteri della sua epoca, l'impero e il papato. Entrambi sono autonomi in quanto derivano da Dio, da cui ricevono la loro dignità. All'impero in particolare spetta il compito di condurre l'uomo alla felicità terrena, il papato dovrà portare l'uomo alla felicità eterna. L'uno e l'altro, però, non si escludono a vicenda, ma sono piuttosto complementari: per raggiungere la salvezza indicata dal papa è prima necessario che gli uomini vivano secondo pace e giustizia, e quindi il papato ha bisogno dell'impero. D'altra parte, poiché il fine del papato è superiore a quello dell'impero, quest'ultimo gli deve riverenza. L'argomentazione, condotta secondo gli schemi tipici della logica medievale, si fonda sulla Bibbia, sull'autorità degli antichi e sull'esperienza comune. In generale, rispetto al ''Convivio'' e al ''De vulgari eloquentia'' mostra maggiore organicità ed è anche l'unica opera dottrinale di Dante a essere compiuta.
 
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{{vedi source|Divina Commedia}}
{{vedi libro|Divina Commedia}}
[[File:Domenico di Michelino - Dante and the Three Kingdoms - WGA06421.jpg|thumb|left|Dante e i tre regni in un affresco di Domenico di Michelino. 1465, Museo dell'Opera del Duomo, Firenze]]
La ''Divina Commedia'' è la principale opera di Dante, riflessione umana, esistenziale e morale sulla vita del poeta nonché specchio della società e della politica medievali, alle quali sono rivolte frequenti invettive. Il poema nasce infatti dal contrasto vissuto dal poeta nei confronti della realtà a lui contemporanea: l'imperatore non si preoccupa di far trionfare la pace e la giustizia, mentre il papa tralascia gli aspetti religiosi e si occupa prevalentemente di acquisire potere temporale. Come conseguenza, gli uomini si stanno allontanando dai retti valori che avevano guidato la società cortese (come la sobrietà, il senso della famiglia, il rispetto della tradizione). Dante tuttavia spera ancora che possa arrivare un '''Veltro''', cioè un riformatore in grado di guidare gli uomini attraverso un cammino di rinnovamento morale.
 
L'opera è costituita da tre cantiche: ''Inferno'', ''Purgatorio'' e ''Paradiso''. Ognuna è suddivisa in 33 canti, a eccezione dell<nowiki>'</nowiki>''Inferno'', che ne ha 34: il canto I, infatti, funge da prologo all'intero poema. I versi sono formati da terzine di endecasillabi in rima incatenata. Il poema narra in prima persona delil viaggio compiuto da Dante nell'Aldilà, guidanoguidato dapprima dal poeta latino Virgilio attraverso inferno e purgatorio, e poi, in paradiso, da Beatrice.
 
La sua stesura è collocata fra il 1304 e il 1321. In particolare, sembra che ''Inferno'' e ''Purgatorio'' siano stati pubblicati quando Dante era ancora in vita: il primo è apparso tra il 1313 e il 1314, mentre il secondo tra il 1315 e il 1316. Il ''Paradiso'', a cui il poeta ha lavorato sino agli ultimi giorni, è invece stato dato alle stampe postumo, anche se singoli canti erano stati diffusi mano a mano che venivano composti.<ref>{{cita libro | autore=Dante Alighieri | titolo=La Divina Commedia | editore=Bulgarini | città=Firenze | anno=2001 | curatore1=Mario Zoli | curatore2=Gilda Sbrilli | p=15 }}</ref>
 
=== Il genere e i modelli ===
Nell'epistola a Can Grande della Scala, signore di Verona, Dante si riferisce al suo poema con il titolo di ''Comedìa''. È lo stesso poeta a spiegarne i motivi: l'opera inizia da una situazione spaventosa (l'inferno) e termina in un luogo desiderabile e favorevole (il paradiso). Inoltre è scritto in volgare, con ununo stile piano e dimesso, più adatto a una commedia che a una tragedia. L'aggettivo ''Divina'' sarà aggiunto solo più tardi da [[../Giovanni Boccaccio|Boccaccio]], e comparirà nel frontespizio dell'edizione curata da Ludovico Dolce nel 1555.
 
Nella ''Divina Commedia'' è possibile riconoscere la coesistenza di vari generi. Con il suo poema Dante vuole infatti rappresentate la realtà in tutta la sua complessità, e per questo richiede il ricorsoricorre a generi letterari tra loro anche diversi. La ''Divina Commedia'' è quindi un poema didascalico e allegorico, ma è anche un'opera enciclopedica e presenta i caratteri della profezia apocalittica. In alcuni canti è poi possibile ritrovare elementi tratti dalla commedia, dalla tragedia e dall'epica. Non mancano poi satire, invettive e momenti di autentica liricalirici. Il carattere fondamentale dell'opera è però di tipo narrativo: è la struttura del racconto a unificare tutti questi diversi generi.
 
Per ideare la struttura della sua grande opera Dante riprende i modelli diffusi nella cultura medievale. Certamente i primi riferimenti sono la Bibbia e il libro VI dell<nowiki>'</nowiki>''Eneide'' di Virgilio, in cui Enea discende agli inferi e riceve delle rivelazioni profetiche dalle ombre dei defunti. Per la ricostruzione dell'Aldilà ha probabilmente usato come fonti alcuni scritti mistici, come la ''Visione di San Paolo'', la ''Navigazione di San Brandano'', il ''Purgatorio di San Patrizio'', il ''Libro delle Tre Scritture'' di Bovesin De La Riva, il ''De Jerusalem coelesti'' e il ''De Babilonia civitate infernali'' (entrambi di Giacomino Veronese). A questi si possono aggiungere il ''Roman de la Rose'' e i due poemi didascalici di Brunetto Latini, il ''Tresor'' e il ''Tesoretto''.<ref>{{cita libro | autore=Dante Alighieri | titolo=La Divina Commedia | editore=Bulgarini | città=Firenze | anno=2001 | curatore1=Mario Zoli | curatore2=Gilda Sbrilli | pp=14-15 }}</ref>
 
=== Le basi filosofiche e culturali ===
La rappresentazione dantesca dei regni celesti trae spunto dalla concezione aristotelico-tolemaica del cosmo: la Terra si trova al centro dell'universo, avvolta dalle sfere dell'aria e del fuoco e dai nove cieli, mossi dall'amore per Dio, che si trova nell'empireo. Il pianeta è suddiviso nei due emisferi: al centro di quello boreale (compreso tra il Gange e le colonne d'Ercole) si trova Gerusalemme, ai suoi antipodi, nell'emisfero australe, è situata invece la montagna del purgatorio, col paradiso terrestre in cima; l'inferno è una cavità conica situata sotto Gerusalemme, all'opposto del purgatorio.
 
I fondamenti filosofici della ''Commedia'' derivano invece dalla scolastica, e in particolare dal pensiero di Tommaso d'Aquino, che nella sua ''Summa theologiae'' aveva compiuto una sintesi tra cristianesimo e aristotelismo. Oltre a questo filone che tenta di fondare la fede su basi razionali, sulla scorta di Aristotele, è però riconoscibile anche un afflato mistico ispirato ad Agostino d'Ippona. Il viaggio nell'Aldilà non è quindi solo un percorso intellettuale ma uno slancio mistico che porta ad annullarsi in Dio.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dante | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=11 }}</ref> Questo percorso è rimarcato dalla successione delle tre guide che Dante ha durante il viaggio. Nell'inferno e nel purgatorio è accompagnato da Virgilio, allegoria della ragione. Questa da sola non può raggiungere le vette della conoscenza divina e deve quindi lasciare il posto alla teologia, personificata da Beatrice. Per giungere alla fine a Dio è però necessario un afflato mistico: ecco quindi san Bernardo, che sostituisce Beatrice negli ultimi due canti del ''Paradiso''.
 
Sullo sfondo c'è l'incrollabile fede che Dante ha di possedere la verità. Secondo la visione tipicamente medievale del mondo, la conoscenza non è ricerca di sapere, poiché la Rivelazione ha già spiegato tutto. L'uomo non deve cercare nuove conoscenze, ma semplicemente adeguarsi a un bagaglio di nozioni che sono già date. È invece folle chi cerca di investigare, con la sola ragione, i misteri di Dio che sono di per sé inconoscibili. L'universo inoltre è retto da un ordine mirabile, in cui tutto trova la sua giustificazione e il suo fine nella volontà di Dio. Elementi tra di loro contrastanti esistono e hanno un senso proprio perché sono inseriti in questo ordine divino. Allo stesso modo il poema di Dante si pone come un'imitazione del «libro di Dio», e può registrare ogni aspetto della realtà, dai più bassi e umili ai più elevati e sublimi.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dante | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=11-12 }}</ref>
 
=== Trama e struttura dell<nowiki>'</nowiki>''Inferno'' ===
[[File:Gustave Doré - Dante Alighieri - Inferno - Plate 1 (I found myself within a forest dark...).jpg|thumb|Dante nella selva oscura (''Inferno'', Canto I), in un'illustrazione di Gustave Dorè (1857)]]
Passiamo ora ad analizzare trama e struttura di ciascuna cantica, a cominciare dall<nowiki>'</nowiki>''Inferno''.
 
Nel '''prologo''' del poema (''Inferno'', canto I) Dante, a 35 anni, si trova a vagare smarrito per una «selva oscura». Inizia a salireSale su un colle illuminato dal sole (immagine della salvezza eterna), ma lungoviene la stradabloccato incrociada tre fiere che rappresentano i tre grandi peccati che impediscono la salvezza dell'umanità: una lonza (allegoria della frode), un leone (la violenza) e una lupa (la cupidigia). A soccorrerlo arriva Virgilio (allegoria della ragione), dal quale apprende che per raggiungere la salvezza deve percorrere un cammino più lungo, che passa dall'inferno e dal purgatorio.
 
L'inferno, dove si svolge il primo tratto del viaggio, è una voragine a forma di cono rovesciato, creatasi nel momento in cui Dio ha scagliato sulla terra l'angelo ribelle Lucifero. Per accedervi si deve passare attraverso una porta, che si trova nei pressi di Gerusalemme. Le pareti della voragine, inoltre, sono divise in nove cerchi concentrici, nei quali le anime dei dannati scontano la loro pena eterna a seconda delle colpe commesse in vita. Prima di iniziare il percorso, Dante cade nello sconforto e pensa che il viaggio che deve compiere sia contro le leggi divine. Viene però incoraggiato da Virgilio, che gli rivela come la sua missione in realtà sia voluta dallo stesso Dio.
 
Il confine dell'inferno è segnato dall'Acheronte, un fiume sotterraneo ripreso dalla mitologia greca. Al di qua del fiume, prima dell'inferno vero e proprio, Dante colloca le anime degli ignavi, cioè di coloro che non seppero scegliere né per il bene né per il male. Con essi ci sono anche gli angeli che, al momento della ribellione di Lucifero, non hanno preso parte né per Dio né per il diavolo. Oltre l'Archeronte, nel primo cerchio si trova il Limbo: qui vengono accolte le anime dei bambini morti prima di avere ricevuto il battesimo e quelle dei sapienti dell'antichità, vissuti prima della venuta di Cristo. Questi ultimi popolano un castello luminoso, che si stacca dall'oscurità che invece caratterizza il resto dell'inferno.
 
I dannati veri e propri sono divisi secondo uno schema ripreso da Aristotele e dalla sua dottrina sulle tre «male disposizioni» dell'animo: incontinenza, bestialità, malizia. Queste sono poste in progressione, dalla più lieve alla più grave. Bisogna però osservare che Dante utilizza questo schema con una certa libertà. Le prime variazioni riguardano l'aggiunta del Limbo per i non battezzati e dell'antinferno per gli ignavi, di cui si è detto. L'altra è l'inserimento degli eretici, che per ovvi motivi non erano previsti dal modello aristotelico.
 
Le anime dell'inferno sono infatti condannate a scontare una pena secondo la '''legge del contrappasso''' (dal latino ''contra patior'', cioè «soffro il contrario»). Questa può agire in quattro modi diversi:<ref>{{cita libro | autore=Dante Alighieri | titolo=La Divina Commedia | editore=Bulgarini | città=Firenze | anno=2001 | curatore1=Mario Zoli | curatore2=Gilda Sbrilli | p=26 }}</ref>
 
* il dannato può subire un'azione colelgata a quella che ha prodotto la colpa, oppure
* può essere costretto a fare ciò che non fece in vita e che quindi è stato causa della colpa, oppure
* può continuare a ripetere l'azione della propria colpa, oppure
* può trovarsi in un atteggiamento opposto a quello che aveva caratterizzato la colpa.
 
Nella prima sezione (cerchi II-V) si trovano i peccatori di incontinenza, cioè coloro che non hanno saputo frenare le proprie passioni, e cioè: lussuriosi, golosi, avari e prodighi, iracondi e accidiosi. Tra il V e il VI cerchio ci sono le mura della città infuocata di Dite, che vengono presidiate dai diavoli. Nel VI cerchio si trovano gli eretici e nel VII i violenti, a loro volta suddivisi in violenti contro il prossimo, violenti contro se stessi (suicidi) e violenti contro Dio (bestemmiatori), la natura (sodomiti) e l'arte (usurai).
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=== Trama e struttura del ''Purgatorio'' ===
[[File:Pur 24.jpg|thumb|Dante e Virgilio si congedano dalle anime dei golosi (''Purgatorio'', Canto XXIV), illustrazione di Gustave Dorè]]
Il purgatorio è un monte altissimo che si trova agli antipodi di Gerusalemme, nel mezzo dell'oceano. Ha un forma tronco-conica e si è formato dalla terra che si è spostata connel lamomento nascitain dellcui è nato l'inferno. Usciti all'aperto, Dante e Virgilio si ritrovano quindi sulla spiaggia ai piedi del monte. Nel purgatorio sono accolte le anime di chi necessita di una purificazione prima di poter raggiungere il paradiso. Queste vengono raccolte sulle rive del Tevere e portate al purgatorio da una navicella condotta da un angelo.
 
Alle pendici del monte è posto un antipurgatorio, in cui sostano le anime in attesa che iniziainizi il cammino di purificazione. Vi si trovano gli scomunicati, i pigri a pentirsi, i morti di morte violenta, i principi negligenti. La purificazione avviene nel purgatorio, a cui si accede dopo aver superato una porta custodita da angeli. Il monte è diviso in sette cornici, che ne percorrono i fianchi e corrispondono ai sette vizi capitali. Anche in purgatorio, come all'inferno, vale la legge del contrappasso. Le colpe in questo caso sono classificate secondo la dottrina dantesca dell'Amore, che distinge in:
 
* colpe «per malo obietto» (superbi, invidiosi, iracondi), cioè quando l'Amore è rivolto a un oggetto indegno, per esempio a se stessi;
* colpe «per poco vigore» (accidiosi), quando si ha un Amore verso Dio troppo tiepidodebole;
* colpe «per troppo vigore» (avari e prodighi, golosi, lussuriosi), quando si ha un Amore eccessivo verso i beni terreni.
 
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=== Trama e struttura del ''Paradiso'' ===
[[File:Paradiso Canto 31.jpg|thumb|Dante e Beatrice davanti alla Candida Rosa (''Paradiso'', Canto XIII), in un'illustrazione di Gustave Dorè]]
Nel paradiso si conclude il viaggio di Dante. SecondoNel lomondo schema descritto nelladella ''Commedia'', la terra ha forma sferica e occupa il centro del sistema. Sopra la sfera terrestre si trova la sfera del fuoco, che a sua volta è sovrastata da un sistema di nove sfere celesti. Ciascuna di esse è in movimento, è occupata da un pianeta o da una stelle ed è abitata da una diversa schiera di angeli. Tutte queste sfere sono circondate dall'Empireo, che è la sede di Dio e che imprime il movimento a tutti gli altri cieli.
 
L'Empireo è anche la sede delle anime beate: è un cielo spirituale che si trova aldilàal di là di quelli fisici. Tuttavia le anime accettano di scendere in uno dei vari cieli per incontrare Dante. Ciascuna anima appare in quello, tra i cieli, che corrisponde alla sua virtù principale, secondo questo schema:
 
{| class="wikitable"
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Nei primi tre si trovano le anime di quanti hannihanno praticato la virtù teologale della temperanza e che quindi hanno moderato le passionepassioni. I cieli dal IV al VI ospitano le virtù della prudenza, della fortezza e della giustizia. Nel VII cielo ci sono infine gli spiriti che si sono dedicati alla vita contemplativa. È importante sottolineare che questa distinzione non comporta gradi diversi di beatitudine. Ogni anima occupa la posizione voluta per lei da Dio, e quindi ognuna di esse è appagata in quanto partecipa della volontà di Diodivina.
 
Nel cielo delle Stelle fisse Dante assiste al trionfo di Cristo e di Maria, celebrato da tutti i santi,. eDeve deveanche sostenere un esame teologico su fede, speranza e carità da partecondotto deglidagli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni. Nel cielo del Primo Mobile, il più veloce, Dante vede Dio rappresentato come un punto luminoso, circondato da nove cerchi di luce, (che corrispondono alle nove schiere angeliche). Da qui il poeta passa all'Empireo, dove vede le anime come saranno dopo il giudizio universale:. vestiteVestite di bianco, siedono in un enorme anfiteatro, la «candida rosa», a cui centro c'è un raggio della luce divina riflessa dal Primo Mobile. Un coro di angeli fa la spola da Dio ai gradini della candida rosa, distribuendo la grazia divina.
 
Beatrice torna quindi a occupare il suo posto ed è sostituita da san Bernardo, che prega la Vergine di intercedere per Dante presso Dio. Seguendo la luce divina, il poeta si fonde con Dio e arriva a comprendere i suoi misteri.
 
=== IStruttura fondamenti filosoficiallegorica ===
Secondo un procedimento tipico della cultura medievale, la ''Commedia'' ha un impianto allegorico. Nel ''Convivio'' in particolare Dante distingue due tipi di allegoria:
La rappresentazione dantesca dei regni celesti trae spunto dalla concezione aristotelico-tolemaica del cosmo: la Terra si trova al centro dell'universo, avvolta dalle sfere dell'aria e del fuoco e dai nove cieli, mossi dall'amore per Dio, che si trova nell'empireo. Il pianeta è suddiviso nei due emisferi: al centro di quello boreale (compreso tra il Gange e le colonne d'Ercole) si trova Gerusalemme, ai suoi antipodi, nell'emisfero australe, è situata invece la montagna del purgatorio, col paradiso terrestre in cima; l'inferno è una cavità conica situata sotto Gerusalemme, all'opposto del purgatorio.
 
* '''allegoria dei poeti''', cioè una menzogna letteraria nata per nascondere la verità;
* '''allegoria dei teologi''', un evento storico e reale che serve per rivelare la verità.
 
Quest'ultimo era il modo con cui, nel Medioevo, si interpretavano le Sacre Scrittura: eventi reali che, nelle intenzioni di Dio, hanno lo scopo di rivelare la verità. Più nello specifico, venivano individuati quattro livelli o sensi:
 
* '''letterale''', cioè i fatti;
* '''allegorico''', cioè le verità dottrinali;
* '''morale''', cioè gli insegnamenti utili alla condotta dell'uomo;
* '''anagogico''', cioè il fine superiore e divino verso cui tendere.
 
Lo stesso Dante precisa che, mentre quella del ''Convivio'' e un'allegoria «dei poeti», nella ''Commedia'' ricorre all'allegoria «dei teologi». Il poema, in altre parole, deve essere interpretato come la Sacra Scrittura: non è una finzione letteraria ma una realtà storica. Per comprendere questo passaggio bisogna tenere presente la '''concezione figurale''' che caratterizza tutto il pensiero cristiano medievale. Gli eventi storici erano considerati in stretta continuità con il piano divino: in questo disegno, ogni avvenimento acquisiva un senso poteva essere visto come un'anticipazione di qualcosa che sarebbe successo dopo.
Secondo Dante gli uomini hanno il libero arbitrio di scegliere tra bene e male e vengono, se necessario, puniti seguendo la legge del contrappasso, secondo la quale la punizione viene assegnata per analogia col peccato in questione (ad esempio gli ignavi non vengono considerati da nessuno).
 
Applicando questa concezione alla ''Commedia'', i personaggi storici nella loro vita reale terrena erano la «figura» della loro vita dopo la morte. Se la vita terrena è qualcosa di transitorio e imperfetto, la vita nell'Oltretomba è un perfezionamento di ciò che si era prima. Le anime dei personaggi storici incontrati da Dante mantengono il loro carattere anche nell'Aldilà, ma questo viene amplificato e vengono resi evidenti i lati fondamentali del loro modo di agire. Quest'ultimo aspetto viene sottolineato anche dal fatto che ciascuna anima è collocata per l'eternità in un ben determinato posto. In questo modo Dante porta, anche nell'Aldilà, le passioni che caratterizzano la concreta storicità terrena.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dante | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=12-13 }}</ref>
=== Le tecniche narrative: Dante ''auctor'' e Dante ''agens'' ===
La ''Commedia'' è un'opera narrativa, narra in prima persona da Dante (è quindi un racconto autodiegetico). Del poema Dante è nel contempo autore (''auctor'') e protagonista (''agens''), investito della missione di ammonire i suoi contemporanei riferendo ciò che solo lui, consapevole di questo suo compito, ha avuto il privilegio di vedere.
 
=== Tecniche narrative ===
È importante sottolineare che il Dante ''auctor'' non corrisponde con il Dante ''agens''. La narrazione avviene infatti a un certo tempo di distanza dagli avvenimenti, quando l'esperienza è ormai conclusa, e quindi l<nowiki>'</nowiki>''auctor'' ha una conoscenza superiore rispetto all<nowiki>'</nowiki>''agens'', che invece vive la vicenda nel momento in cui è raccontata. Di conseguenza, il Dante ''auctor'' interviene all'interno della narrazione commentando o spiegando gli eventi, facendo anticipazioni e rivolgendosi direttamente al lettore. Talvolta però la focalizzazione si sposta sul personaggio. In questo caso c'è una restrizione del punto di vista: l<nowiki>'</nowiki>''agens'' non sa in anticipo che cosa gli sta per succedere, non lo intuisce subito cosa e in certi casi fatica anche a capirlo. Questo produce un effetto di sospensione, che dà maggiore forza dinamica alla narrazione. Il lettore viene così spostato all'interno della narrazione, facendo vivere il sentimento di ricerca che caratterizza il pellegrinaggio di Dante.
[[File:Gustave Dore Inferno2.jpg|thumb|Virgilio affronta i diavoli nella quinta bolgia dell'ottavo cerchio (''Inferno'', Canto XXI), illustrazione di Gustave Dorè]]
La ''Commedia'' è un'opera narrativa, narraraccontata in prima persona da Dante (è quindi un racconto autodiegetico). Del poema Dante è nelallo contempostesso tempo autore (''auctor'') e protagonista dell'azione (''agens''), ed è investito della missione di ammonire i suoi contemporanei riferendo ciò che solo lui, consapevole di questo suo compito, ha avuto il privilegio di vedere.
 
È importante sottolineare che il Dante ''auctor'' non corrisponde con il Dante ''agens''. La narrazione avviene infatti a undistanza certodi tempo di distanza dagli avvenimenti, quando l'esperienza è ormai conclusa, e quindi l<nowiki>'</nowiki>''auctor'' ha una conoscenza superiore rispetto all<nowiki>'</nowiki>''agens'', che invece vive la vicenda nel momento in cui è raccontata. Di conseguenza, il Dante ''auctor'' interviene all'interno della narrazione commentando o spiegando gli eventi, facendo anticipazioni e rivolgendosi direttamente al lettore. Talvolta però la focalizzazione si sposta sul personaggio. In questo caso c'è una restrizione del punto di vista: l<nowiki>'</nowiki>''agens'' non sa in anticipo che cosa gli sta per succedere, non lo intuisce subito cosa e in certi casi fatica anchepersino a capirlocapire gli eventi a cui assiste. Questo produce un effetto di sospensione, che rende maggiorela forzanarrazione dinamicapiù alla narrazionedinamica. Il lettore viene così spostato all'interno della narrazione, facendo vivere il sentimento di ricerca che caratterizza il pellegrinaggio di Dante.
A conferire maggiore dinamicità alla narrazione contribuiscono anche altri elementi. Uno di questi è l'adozione di una descrizione dinamica: Dante arriva a una rappresentazione di un quadro o di un paesaggio fornendo singoli dettagli via via che la narrazione procede. Sono poi presenti narrazioni di secondo grado, con personaggi che, interrogati da Dante o da Virgilio, narrano in prima persona la loro storia. È questo per esempio il caso Ulisse, di Ugolino o di Francesca. La realtà vissuta viene quindi narrata, oltre che attraverso molteplici generi e molteplici lingue (vedi oltre), anche attraverso molteplici punti di vista. Tutte queste narrazioni, inoltre, utilizzano la tecnica dello scorcio e dell'ellissi: i personaggi non raccontano per esteso la loro storia, dall'inizio alla fine, ma solo il nodo centrale. Questa diventa la caratteristica del racconto di Dante, che condensa la narrazione in poche battute e in alcuni dettagli significativi, ottenendo risultati di grande intensità.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dante | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=15-17 }}</ref>
 
ADante conferireperò maggiore dinamicità alla narrazione contribuisconoutilizza anche altri elementiespedienti narrativi. Uno di questi è l'adozione di una descrizione dinamica: Dante arriva a una rappresentazione di un quadro o di un paesaggio vengono rappresentati fornendo singoli dettagli via via che la narrazione procede. Sono poi presenti narrazioni di secondo grado, con personaggi che, interrogati da Dante o da Virgilio, narrano in prima persona la loro storia. È questo per esempio il caso Ulisse, di Ugolino o di Francesca da Rimini. La realtà vissuta viene quindi narrata, oltre che attraverso molteplici generi e molteplici lingue (vedi oltre), anche attraverso molteplici punti di vista. Tutte queste narrazioni, inoltre, utilizzano la tecnica dello scorcio e dell'ellissi: i personaggi non raccontano per esteso la loro storia, dall'inizio alla fine, ma solo illa nodoparte centrale. Questa diventaè launa caratteristica del racconto di Dante, che condensa la narrazione in poche battute e in alcuni dettagli significativi, ottenendo risultati di grande intensità.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dante | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=15-17 }}</ref>
=== Figure e allegorie ===
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=== Spazio e tempo nella ''Commedia'' ===
Spazio e tempo hanno un particolare significato nella ''Commedia'': corrispondono a elementi reali, ma allo stesso tempo assumoassumono un valore simbolico strettamente collegato all'eccezionale esperienza del poeta. I tre spazi dell'Aldilà corrispondono ad altrettante fasi dell'itinerario di Dante verso Dio. La «selva oscura» in cui si trova Dante all'inizio dell<nowiki>'</nowiki>''Inferno'' segna un momento di smarrimento, mentre il colle illuminato dal sole è una speranza di redenzione. Anche i diversi ambienti dell'inferno trovano corrispondenza con i peccati commessi dai dannati. Allo stesso modo anche la montagna del purgatorio è un'immagine della vita umana, di chi diventa consapevole delle proprie colpe e inizia un percorso di penitenza. Il paradiso, infine, è un luogo non fisico e rappresenta la condizione dell'anima che, trasfigurata, arriva alla visione di Dio.
 
Come lo spazio, anche il tempo ha una particolare importanza nella struttura della ''Commedia''. Inferno e paradiso sono inseriti in una dimensione di eternità: i dannati e i beati rimarranno in questa condizione per sempre. Il purgatorio invece, trovandosi su un'isola in mezzo all'oceano, è inserito nel tempo. Anche qui c'è però sottesa una motivazione teologica: le anime dei penitenti si trovano infatti in una condizione transitoria, eche temporanea,deve essere superata per destinatepotere alla fine a raggiungere il paradiso.
 
Dante tuttavia fornisce indicazioni cronologiche molto precise, che conferiscono alla narrazione un valore di realtà. NelIl poematempo èdel infattipoema presenteè un tempo soggettivo, quello del pellegrino che compie un viaggio alla ricerca di Dio. Tutta la storia si svolge nell'anno 1300, durante il primo Giubileo. Secondo le ipotesi degli interpreti, il viaggio inizia l'8 aprile, venerdì santo. La sera del 9 aprile, sabato santo, Dante lascia l'inferno e, all'alba di Pasqua inizia il suo cammino per ilin purgatorio, che termina a mezzogiorno del mercoledì successivo. L'esperienza del paradiso si conclude infine in un unico giorno, giovedì 14 aprile.
 
LeBisogna osservare che le indicazioni cronologiche non creano un contrasto con la dimensione dell'eternità che caratterizza l'oltretomba. Per i medievali, infatti, la realtà è qualcosa di provvisorio, che trova compimento nell'eternità. La storia, quindiintesa come ciò che temporaneo, rivela il suo vero valore solo dalla prospettiva di ciò che è eterno.<ref>{{cita libro | autore=Dante Alighieri | titolo=La Divina Commedia | editore=Bulgarini | città=Firenze | anno=2001 | curatore1=Mario Zoli | curatore2=Gilda Sbrilli | pp=24-25 }}</ref>
 
=== Il plurilinguismo ===
Secondo la teoria medievale degli stili, dal poeta enunciata nel ''De vulgari eloquentia'', in tutta la ''Commedia'' il lessico, lo stile e il registro usati non sono uniformi, ma adattati ada ogni situazione, scegliendo per ognuna il più consono; questo prende il nome di plurilinguismo.
 
Alla pluralità dei generi e dei punti di vista corrisponde anche una pluralità linguistica. In particolare, la lingua e lo stile si innalzano mano a mano che Dante viaggia dall'inferno al paradiso. Nella prima cantica abbondano i termini bassi e popolari, mentre nel ''Purgatorio'' vengono preferite parole più auliche e letterarie. Nel ''Paradiso'', infine, il lessico si innalza ulteriormente, e vengono utilizzati anche dei latinismi e neologismi.
 
Tuttavia, anche all'interno di ciascuna cantica il livello linguistico non è mai uniforme. Nell<nowiki>'</nowiki>''Inferno'', per esempio, Dante utilizza spesso toni aspri e termini tratti dal linguaggio scurrile quando deve narrare la realtà degradata. Tuttavia,Non ancherinuncia nellaperò primaa cantica ricorre ausare termini elevati quando l'argomento lo richiede, per esempio nel racconto di Francesca (canto V), dove riprende lo stile della poesia cortese. Non mancano poi termini tratti dalla quotidianità oppure dal lessico tecnico. In alcuni passi vengono inoltre usati linguaggi astrusi o inventati, dall'apparenza barbarica (si pensi al celebre «Pape Satàn, Pape Satàn aleppe» pronunciato da Pluto nel canto VII).
 
Il linguaggio si eleva nel ''Purgatorio'', anche se non mancano momenti in cui viene utilizzato un lessico più basso oppure più aulico, a seconda dei casi. L'apparizione di Beatrice è infine accompagnata da frasi in latino. Nel ''Paradiso'', con l'acquisizione di una conoscenza sempre più profonda, anche il linguaggio si innalza ulteriormente. Troviamo quindi latinismi, provenzalismi, francesismi e addirittura neologismi moltodi arditisua invenzione. Quando però si abbandona a violente invettive si ritorna ai toni bassiaspri egià plebeiincontrati.
 
Dante persegue questo pluralismoplurilinguismo in tutta l'opera e inaugura un filone destinato a larga fortuna nella storia della letteratura italiana, e che sarà contrapposto al monolinguismo ispirato alla poesia di Petrarca.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dante | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=14-15 }}</ref>
 
== Note ==
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[[Categoria:Storia della letteratura italiana|Dante Alighieri]]
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