Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Esiste una letteratura ebraica francese?: differenze tra le versioni

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I Levy sono presenti alle espulsioni dalle varie nazioni europee — Inghilterra, Francia, Spagna, ecc. e soffrono nei pogrom. Nella Polonia del XIX secolo, a Mordecai Levy, nonno dell'"ultimo giusto" Ernie, viene chiesto perché il lamed-vav debba soffrire così tanto. La risposta è che egli "prende su se stesso la nostra sofferenza... e la eleva al cielo, e la pone ai piedi del Signore che perdona. Ecco perché il mondo continua... nonostante tutti i nostri peccati." Non deve compiere miracoli, perché egli é un miracolo. Poi la generazione successiva (Benjamin) si sposta a Varsavia, e quindi a Berlino, dove succede qualcosa di nuovo: Benjamin cessa di credere nella leggenda, anzi non vuole crederci. Il figlio di Benjamin Ernie, nella Germania di Hitler, dichiara: "Dio non è qua. Ci ha dimenticati." Quando Ernie sente parlare della leggenda, apprende anche che il soffrire del lamed-vav non cambierà nulla. I giusti possono "splendere", ma non accede niente. Mordecai crede che la sofferenza serva solo a glorificare il Nome, ma Ernie, ora arruolatosi in Francia nel 1938, "sentiva lo stesso antico stupore che non ci fosse rima o ragione nell'universo."<ref name="Bart"/> Questo è ciò che deduce, e lo dice. Ma la sua vita parla differentemente. Fuori dal pericolo a Marsiglia, sceglie di ritornare nella Parigi occupata, va nuovamente "tra le fiamme". Ma stranamente, in termini secolari, non si unisce ai gruppi della resistenza, perché "per lui sarebbe stata una morte di lusso. Non aveva desiderio di distinguersi, o staccarsi dalle umili processioni del popolo ebraico." Anche se avesse cessato di credere, si comportava comunque come un lamed-vav, rappresentando gli ebrei, contenendo in sé le loro sofferenze, interpretando il ruolo di martire. Questo è ciò che fece Gesù, secondo Ernie. Si presenta a Drancy, il campo di concentramento di Parigi, prima di esservi chiamato. Con questo, entra "nell'ultimo girone dell'inferno dei Levy". E procede oltre, deportato ad Auschwitz, entrando quello che è ormai diventato il "regno di Israele".<ref name="Bart"/>
 
''Le Dernier des Justes'' è un testo poetico lacerante, risonante di implicazioni. La leggenda è antica, ma l'allusione nel titolo è moderna. Siamo in un univeso postreligiosopost religioso, ma anche in un universo postolocaustopost olocausto. Il mondo non solo è stato spogliato di Dio, ma è stato spogliato anche dal senso morale residuo che possa rendere significativo il martirio silenzioso dei trentasei. Questa implicazione non vien resa esplicita nel romanzo, ma il canto dei nomi sterminati nei campi della morte mette fine non solo al romanzo. La convinzione di Mordecai che la sofferenza debba glorificare il Nome affinché abbioa un significato, può ora essere messa alla prova. È l'Olocausto quella sorta di martirio tradizionale, già a noi familiare dal Medioevo? È questo martirio una testimonianza volontaria data a Dio, e c'è nessuno che assista il testimone? Queste sono le domande sollevate dal libro nel suo titolo disturbante, nella degenerazione rapida della fede dei Levy nella propria missione, e nel senso della leggenda. Il mondo è cambiato per sempre, ed in questo mondo nuovo non c'è posto per il "giusto".<ref name="Bart"/>
 
Una visione molto differente del trascorso mondo ebraico in un nuovo contesto europeo ci viene presentato da ''Le Livre de ma Mère'' di '''[[w:Albert Cohen (scrittore)|Albert Cohen]]''' (1895-1981), commovente rapsodia della madre morta.<ref name="Cohen">Albert Cohen, ebreo d'origine greca, naturalizzato svizzero-francese, funzionario della ''[[w:Società delle Nazioni|Società delle Nazioni]]'' (poi ''[[w:Nazioni Unite|Nazioni Unite]]''), proveniente da una famiglia ebrea di industriali del sapone. Nel 1900 i suoi genitori (Albert aveva solo 5 anni) emigrarono a Marsiglia per sfuggire alle persecuzioni razziali. Qui si diedero al commercio di olio d'oliva e poi di uova, mandando dapprima il figlio a scuola presso un istituto privato cattolico, poi al liceo Thiers, dove tra i compagni di scuola diventò amico di [[w:Marcel Pagnol|Marcel Pagnol]]. Si diplomò nel 1913 e l'anno successivo si trasferì a Ginevra, dove studiò diritto e letteratura. L'attività letteraria di Cohen cominciò nel 1921, con la pubblicazione della raccolta di poesie ''Paroles juives''. In seguito pubblicò il romanzo ''Solal'' (1930), che intendeva parte di un ciclo su una famiglia ebrea i cui membri erano coraggiosi combattenti di buonumore contro le ingiustizie sociali. In qualche modo autobiografico (come in fondo tutti i suoi scritti), il protagonista era un giovane greco che si affacciava ai primi amori sull'isola di [[w:Cefalonia|Cefalonia]] affascinato dall'avventura e dalla morte. La reazione della critica fu ottima e il libro ebbe un grande successo. Nel 1938 uscì ''Mangeclous'', un romanzo attorno all'ipocrisia e ai tentativi di scavalcarla da parte di cinque amici, anche loro greci, tra educazione sentimentale e politica. Dopo 16 anni, Cohen diede alle stampe ''Le Livre de ma mère'' (1954), un ritratto affettuoso dal tono tenero considerato d'ottima misura da parte dei critici. Nel 1968 uscì il suo libro più famoso, ''Belle du Seigneur''. Premiato con il [[w:Grand Prix du roman de l'Académie française|Grand Prix du roman de l'Académie française]], il romanzo riprende i personaggi di Solal del libro omonimo e di ''Mangeclous'' come fosse una sorta di trilogia. Alcune sue scene, tagliate su richiesta dell'editore [[w:Gaston Gallimard|Gaston Gallimard]], vennero pubblicate a parte l'anno successivo con il titolo ''Les Valeureux''. Da qualcuno considerato come il migliore "inno alla donna" del XX secolo, il libro è tuttora venduto in molte copie come una delle più affascinanti e liriche storie d'amore della letteratura francese. Opere: ''Paroles juives'' (1921); ''Solal'' (1930 e, corretta, 1969), trad. Elena Tessadri, ''Solal'', Rusconi, 1982; trad. Giovanni Bogliolo, Milano: Rizzoli, 1994; ''Mangeclous'' (1938 e, corretta, 1969); ''Le Livre de ma mère'' (1954), trad. Giovanni Bogliolo, ''Il libro di mia madre'', Rizzoli, 1992; ''Ezéchiel'' (teatro) (ed. definitiva 1956); ''Belle du Seigneur'' (1968), trad. Eugenio Rizzi, ''Bella del Signore'', Rizzoli, 1991; ''Les Valeureux'' (1969); ''Ô vous, frères humains'' (1972), trad. Carla Coletti, ''A voi fratelli umani'', Marietti, 1990; ''Carnets 1978'' (1979), trad. [[w:Dianella Selvatico Estense|D.S. Estense]], ''Diario'', Rizzoli, 1995. Per biografia e critica letteraria si vedano Bella Cohen, ''Albert Cohen, mythe et réalité'', Gallimard, 1991; [http://books.google.fr/books?id=QwGg54-ukBIC Alain Schaffner, Philippe Zard, ''Albert Cohen dans son siècle''], Le Manuscrit, 2003; Maxime Decout, ''Albert Cohen : les fictions de la judéité'', Classiques-Garnier, 2011.</ref> Che le possa dedicare un tale libro appassionato pare quasi incestuoso: chiaramente la madre rappresenta la propria giovinezza, il proprio passato, un mondo trascorso. E la sua morte è per lui la morte della sua giovinezza. "Compiangere tua madre è compiangere la tua gioventù." Con la sua morte "la mia morte si avvicina". La sua morte è per lui un richiamo alla propria mortalità. Lo riempie inoltre di rimorsi, sentendo di non averla apprezzata sufficientemente. Forse anche di essere stato lontano da lei nei suoi ultimi momenti, a Londra. Ora sono entrambi condannati alla solitudine: "Tutto finito, tutto finito, niente più mamma, mai più. Siamo entrambi veramente soli, tu sottoterra, io nella mia stanza. Io, quasi morto tra i viventi, tu quasi viva tra i morti."<ref name="Cohen"/>