Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Al centro della rivoluzione: Russia: differenze tra le versioni

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Un racconto successivo, "Il francobollo egiziano" (''Египетская марка - Egipetskaja marka'', 1928), è visto principalmente attraverso gli occhi di uno dei personaggi che gode dello strano nome di Parnok, immaginato come pecora e uccello. Gira con "i suoi piccoli zoccoli di pecora", e parla alle donne "in un linguaggio selvaggio, ampolloso, ed esclusivamente di faccende elevate." Le immagini dell'autore sono trasferite per associazione ad una differente inquadratura, per esempio una visita dal dentista: "E Parnok filò come una trottola giù per le scale sdentate, lasciando lo stupito dentista con in mano il cobra addormentato del suo trapano." La scena richiama il tema. Ma chi parla? Poiché improvvisamente interviene il narratore in prima persona, che implora di essere distinto dal protagonista principale: "Dio mio, non farmi come Parnok! Dammi la forza di distinguermi da lui. Perché anche io sono stato in quella fila terrificante e paziente che striscia verso la finestra gialla del botteghino." Il pericolo che il narratore possa essere il suo protagonista primario viene confermato dopo, ma poi con sollievo: "Che piacere per il narratore passare dalla terza alla prima persona." Come aborriva il caos dell'ebraismo ne "Il rumore del tempo", così ora ne annota la tristezza: "Negli appartamenti ebraici regna un silenzio malinconico, peloso." E ciò che veramente spaventa l'implicito narratore è la possibilità di insensatezza arbitraria: "È tremendo pensare che la nostra vita sia un storia senza trama, o eroe, fatta di desolazione e vetro, che scaturisce dal farfugliare febbrile di divagazioni continue, dal delirio dell'influenza di Pietroburgo!" E cosa ne è della storia? Di certo i grandi eventi del 1917 devono essere registrati. Di ciò il narratore asserisce che ora scriviamo "prosa ferroviaria", e si incita: "Distruggi il tuo manoscritto, ma salva quello che hai scritto nei margini per noia, per sconforto, come dire, in sogno." Non valuta il resoconto consecutivo, standardizzato, ufficiale, pianificato, ma il subliminale e surreale che emerge dal fondo della mente e che inconsciamente controlla la penna.<ref name="OsipM"/>
 
La poesia afferma l'unicamente individuale e quindi lo squisitamente umano. Egli non può ignorare e quindi non ignora l'imposizione del truce sistema. Come ne "L'appartamento":
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Il romanzo racconta la storia di Živago, dalla sua prima infanzia fino alla sua morte prematura. Studia da medico in modo da poter essere indipendente e utile, ma la sua inclinazione naturale è per l'arte poetica: alcune sue poesie vengono presentate alla fine del romanzo. Il libro è un quadro del periodo visto con gli occhi di Živago, della sua famiglia, dei suoi amici e dell'amata Lara. Due cose emergono: una è l'importanza dell'era presente. La seconda è che la verità può solo essere colta dall'individuo. Lo zio Kolya di Živago, un intellettuale influente, fa tale affermazione che viene ripresa con forza dallo stesso Živago: "È sempre un segno di mediocrità quando la gente si raggruppa insieme, che la lealtà del gruppo sia per Soloyev o per Kant o per Marx. La verità viene ricercata solo dagli individui, e si separano da coloro che non la amano abbastanza."<ref name="Boris"/>
 
Tuttavia, una preoccupazione subliminale del romanzo è cosa significhi essere ebrei. Non che ciò sia visto in termini molto positivi. L'opinione dell'autore non viene dichiarata, né quella del protagonista principale: Živago agisce come cassa di risonanza per le opinioni degli altri. Le osserva, ascolta e registra, insieme allo stato generale delle cose. Ha un amico intimo, Misha Gordon (Gordon è un nome ebraico comune in Russia), che specula sulla questione ebraica persino all'età di undici anni: "Cosa significava essere un ebreo? Quale ne era lo scopo? Quale era la ricompensa o la giustificazione di questa sfida inerme che non portava altro che afflizione?" Che essere ebrei significhi soffrire è accettato come assiomatico da tutti gli osservatori. Živago stesso commenta con Lara la posizione degli ebrei durante gli eventi terribili della guerra civile: "Non ti puoi neanche immaginare cosa stia attraversando questa disgraziata popolazione ebraica in questa guerra. I combattimenti acade che siano nella Zona di Residenza e, come se le tassazioni punitive, la distruzione delle loro proprietà e tutte le loro altre sofferenze non fossero sufficienti, stanno ora subendo pogrom, insulti e l'accusa di mancanza di patriottismo."<ref name="Boris"/> In verità, le vedute di Živago, un non ebreo, sono più compassionevoli di quelle dell'ebreo Gordon. Non che però giustifichi questa persistente esistenza ebraica; ma compiange comunque la doppia porzione di sofferenze che subiscono, un aspetto notato anche da Nadezhda Mandelstam in ''Speranza abbandonata'': l'ebreo soffre sia come parte delle condizioni generali, sia per il fattore aggiunto di essere ebreo. Tuttavia, ciò che sembra sorprendere i protagonisti è il perché gli ebrei necessitino di esistere come nazione, se invero lo fanno volontariamente. Gordon si sta spostando verso una fase cristiana, e sostiene che i Vangeli predicano al di là delle nazioni ai singoli individui: "Perché costoro (cioè, i capi) non dicono loro (cioè, alla massa ebraica) 'basta, fermatevi ora. Non fissatevi sulla vostra identità, non continuate ad agire tutti insieme, in folla. Disperdetevi. State con tutti gli altri. Voi siete i primi e migliori cristiani del mondo.'" il cristianesimo ha rimpiazzato l'ebraismo, e l'ebreo che ha affrontato il processo di conversione ed evoluzione, nel senso storico, è nella posizione ottimale per essere un cristiano. Siccome è stato lui che ha portato in essere il cristianesimo, egli può quindi essere un miglior cristiano di qualsiasi altro non ebreo.<ref>Lazar Fleishman, ''Boris Pasternak: The Poet and His Politics, cit.'', pp. 112-115</ref><ref name="Boris"/>