Storia della letteratura italiana/Rinascimento: differenze tra le versioni

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* il [[../Letteratura e Controriforma|manierismo]], che si afferma nella seconda metà del secolo e rappresenta la crisi del Rinascimento, preannunciando gli esiti della cultura secentesca.
 
In realtà bisogna tenere presente che le categorie letterarie non devono essere intese in maniera troppo rigida. Come è già stato ricordato in un [[..//Umanesimo civile|modulo precedente]], non c'è una cesura netta tra Umanesimo e Rinascimento. Piuttosto, si può dire che nel corso del Cinquecento il processo culturale iniziato nel secolo precedente giunge alla sua maturazione.
 
Per altro verso, anche la distinzione tra Rinascimento e manierismo è problematica. Il manierismo si afferma infatti a partire dagli anni trenta, esasperando i canoni del classicismo ed evidenziandone i caratteri artificiali. Tuttavia elementi manieristici si possono ritrovare già in opere rinascimentali, e viceversa alcuni autori vissuti nella seconda metà del Cinquecento sfuggono alla classificazione di manieristi.
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== Una nuova concezione dell'uomo ==
Il Rinascimento elabora nuovi modelli con cui guardare alla realtà. Gli sconvolgimenti politici e religiosi, oltre alla scoperta di nuovi continenti, fanno sorgere una nuova immagine dell'uomo. Non è ancora, però, una visione laica e razionale dell'uomo e dell'universo. Si tratta piuttosto di una concezione "naturalistica", in base alla quale c'è un rapporto organico tra gli aspetti della vita individuale, sociale e naturale.{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=251 }}
 
=== Il senso della morte ===
[[File:Triumph death clusone.jpg|thumb|"Il ''Trionfo della Morte"'' di Clusone, vicino a Bergamo]]
La vita concepita solo naturalisticamente porta con sé lo spettro della fine del piacere della vita. La morte appare ora come fine naturale di una vita tutta naturale. Negli uomini di questa età c'è un'angoscia che il mondo medioevale risolveva religiosamente: svalutando la vita corporea in vista dell'al di là, si svalutava anche la morte che diveniva un passaggio ad una vita migliore. Per i "moderni" la morte è invece la fine di tutto.<ref>{{cita libro | Alberto | Tenenti, ''| Il senso della morte e l'amore della vita nel Rinascimento: (Francia e Italia)'', ed.| G.1977 | Einaudi, 1977| Torino }}</ref>
 
Questo senso della morte così inteso lo ritroviamo nelle raffigurazioni pittoriche delle danze macabre. Qui vengono rappresentate tutte le classi sociali in ordine gerarchico e ciascuno dei ballerini dà la mano a uno scheletro e tutti insieme intrecciano una danza.<ref>{{cita libro | autore1=Pietro Vigo, | autore2=Astorre Pellegrini, ''| titolo=Le Danze macabre in Italia'', | anno=1901 | editore=Istituto italiano d'arti grafiche, 1901| città=Bergamo }}</ref> Questo non vuol dire semplicemente che la morte eguaglia tutti gli uomini senza tener conto della loro condizione sociale, ma vuole far intendere soprattutto che la vita è sullo stesso piano della morte. La vita e la morte si danno la mano e insieme ballano perché tutto è futile e senza senso come una danza dove si procede senza una meta precisa, senza uno scopo se non quello di danzare. La vita come un ballo, una giravolta vertiginosa che finisce quando la musica tace e si spengono le luci.
 
=== Al di là della morte, la gloria immortale ===
Questo mito della morte porta quindi ad un'altra caratteristica di quest'età: la ricerca della gloria con la quale si tenta di assicurarsi la sopravvivenza oltre la morte.<ref>Ph.{{cita libro | Philippe | Ariès, "| L'uomo e la morte dal medioevo a oggi", tr.| it.1980 | Laterza | Bari 1980.}}</ref> Una gloria che alcuni, ancora legati allo spirito cavalleresco medioevale, ricercano compiendo grandi imprese di guerra, altri invece, "uomini nuovi", fissano la loro grandezza nel marmo o nelle pareti affrescate.
 
La ritrattistica, fiorente in quest'età, ha appunto lo scopo di esaltare la persona e lasciarla viva nel ricordo dei posteri. Nell'opera d'arte vivranno di vita imperitura sia il ricco mecenate che ha voluto l'opera nella quale egli stesso raffigurato continuerà a vivere quasi fisicamente nei colori e nel marmo, sia, e soprattutto l'artista che vivrà per sempre nel bello che ha realizzato. L'uno si è assicurato il ricordo dei posteri con il suo denaro, l'altro con la sua arte.<ref>{{cita libro | Jacob | Burckhardt, ''| Il ritratto nella pittura italiana del Rinascimento'', | 1993 | Bulzoni ed.,| 1993Roma }}</ref> Ma tra tutte le forme d'arte quella che assicura una più lunga sopravvivenza è la poesia che come dice Petrarca, innalza monumenti più duraturi del bronzo.
 
== La politica: la nuova scienza naturale ==
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[[../Niccolò Machiavelli|Niccolò Machiavelli]] ha una visione tutta naturale dell'uomo nella sua concezione storicistica e naturalistica assieme della realtà umana. La storia umana è ciclica, si svolge lungo un cerchio dove tutto si ripete allo stesso modo come nella storia circolare della natura. Questa è l'originalità della nuova scienza politica, di cui Machiavelli è consapevole: egli tratta non del dover essere, come i politici del passato, ma dell'essere. Per questo la politica ha una sua logica naturale, cioè quella di considerare la realtà per quello che è, non quella che noi vorremmo che fosse, ed è quindi inutile cercare ottimisticamente di cambiare la condizione umana ma bisogna adattarsi realisticamente ad essa per conseguire l'utile. Il difficile compito del ''Principe'', tipica figura dell'individualismo titanico rinascimentale, sarà quello di utilizzare le sue doti realisticamente naturali di volpe e leone, non semplici metafore di astuzia e forza, per piegare la volontà degli uomini che, anch'essi, come gli esseri naturali, amano la libertà e, non perché moralmente malvagi, "sono ribelli e riottosi alle leggi", non tollerano cioè restrizioni alla loro egoistica ed istintiva libertà.
 
La ''virtus'' del sovrano medioevale, che governa per grazia di Dio e che a lui deve rispondere per la sua azione politica, era diretta anche a difendere i buoni e proteggere i deboli dalla malvagità. Nel ''Principe'' nessuna considerazione morale né religiosa dovrà inficiare la sua azione spregiudicata e forte che mette in atto la sua "aretè" tesa a mettere ordine là dov'è il caos della politica italiana del '500Cinquecento.<ref>Garin{{cita libro | Eugenio, "| Garin | L'umanesimo italiano. Filosofia e vita civile nel Rinascimento", Bari| 1993 | Laterza | Bari }}</ref>
 
== Leonardo e la ricerca della perfezione ==
[[File:Leonardo self.jpg|thumb|upright=0.7left|Autoritratto di Leonardo da Vinci, ca 1513, Torino, Biblioteca Reale]]
L'età rinascimentale non è comunque atea ma è pervasa da una religiosità naturale, Dio è nella natura che l'uomo vuole dominare ricorrendo al sapere o alla magia. Questo spiega l'ansia di perfezione nell'indagine della natura che ha Leonardo da Vinci, prototipo dell'uomo rinascimentale con tutte le sue contraddizioni.<ref>{{cita libro | Dimitri | Mereskovskij, ''| Leonardo da Vinci. La vita del più grande genio di tutti i tempi'', | 2005 | Giunti Editore| Firenze, 2005 p.34| epp=34ss sgg}}</ref>
 
Leonardo vuole trovare Dio e conoscerlo nella perfezione della natura e dell'arte che la imita meravigliosamente. Leonardo è affascinato dall'acqua e dall'aria, gli elementi mobilissimi e vitali da cui egli cerca di carpire il segreto vitale. Per lo stesso motivo è affascinato dal perfetto meccanismo del corpo umano che studia, disseziona e disegna per scoprirne gli ingranaggi vitali. Assiste alla morte senza sofferenze di un povero vecchio centenario nell'ospedale di Firenze, ma la sua umana pietà è sopraffatta dalla voglia di capire e subito dopo farà a pezzi quel corpo per scoprire i segreti di quella dolce morte. Non è mai sazio di sapere e approfondire, gli sfugge la totale e perfetta sapienza che ormai non appartiene più solo a Dio ma può essere anche dell'uomo:
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{{quote|dalla natura per suo miracolo esser produtto dire si puote: la quale non solo della bellezza del corpo, che molto bene gli concedette, volse dotarlo, ma di molte rare virtù volse anchora farlo maestro.<ref name="anonimo" />}}
 
L'uomo vitruviano è il simbolo di questa perfetta proporzione del corpo maschile ma rappresenta anche la solitudine dell'uomo nel cerchio del cosmo a cui aspira con tutto il suo corpo, quasi volendone toccarne gli estremi infiniti confini. L'uomo naturalisticamente finito che aspira al possesso dell'infinito. L'uomo che vuole farsi Dio. Questo è il dramma di Leonardo.<ref>{{cita libro | Milena | Magnano, ''| Leonardo'' (collana| ''I2007 Geni dell'arte''), Milano,| Mondadori Arte, 2007| Milano }}</ref> L'uomo microcosmo che si sovrappone al macrocosmo, il grande universo che agisce e influenza con i movimenti celesti la vita degli stessi uomini, come insegna la scienza occulta dell'astrologia.<ref>{{ cita libro| curatore=Annalisa Perissa Torrini (cur.),| ''titolo=Leonardo. L'Uomo vitruviano fra arte e scienza'', | editore=Marsilio, | anno=2009}}</ref>
 
== La nuova scienza: progressi e contraddizioni ==
[[File:Bernardino_Telesio.jpg|thumb|Bernardino Telesio]]
I fenomeni naturali dirà Bernardino Telesio vanno indagati e descritti non più con l'astrattezza dei principi logici aristotelici, ma ''iuxta propria principia'' (secondo i propri principi naturali). Nella scienza aristotelica, secondo Francesco Bacone, i filosofi sarebbero stati come ragni che tessevano da sé stessi la propria tela di parole in cui si avvolgevano.
 
La scienza rinascimentale si vuole quindi liberare dal passato ma va ancora alla ricerca, sia pure nell'ambito della naturalità, di una sostanza primigenia così com'era nei filosofi della natura presocratici. Così Telesio respinge la visione della natura aristotelica, ma nello stesso tempo ritiene che tutti gli esseri naturali abbiano a fondamento sostanziale un comune sostrato: la materia.
 
La nuova scienza vuole essere moderna. «Le premesse per un vigoroso sapere scientifico erano così poste, anche se per lo più nuovo e vecchio continuano a coesistere e le nuove scoperte tecniche e scientifiche si mescolano con concezioni magiche ed astrologiche».<ref>AA.VV.{{cita ''libro | autore1=Ugo | autore2=Annamaria Perone | autore3=Giovanni Ferretti | autore4=Claudio Ciancio | titolo=Storia del pensiero filosofico'', ed.| editore=SEI, | città=Torino | anno=1975, pag.| p=13}}</ref> Il clima scientifico culturale dominante nel secolo è molto più impregnato di magia e astrologia che non il medioevo cristiano.
 
Il sapere medioevale se da una parte non era esente da errori e superstizioni<ref>G.{{ cita libro| autore1=Giovanni Reale, D.| autore2=Dario Antiseri, ''| titolo=Il pensiero occidentale dalle origini ad oggi'' (| vol=vol. 1), | pp. =270 - 273 | editore=La Scuola | città=Brescia | anno=1983 }}</ref> dall'altra era enciclopedico, armonioso, coordinato e orientato verso Dio inteso come culmine della verità, quadro che tiene assieme i vari saperi. Ragione e fede procedevano assieme. Nel Medioevo il papato e l'impero costituivano dei punti di riferimento ben saldi, e per alcuni, come per [[../Dante Alighieri|Dante]], speranza d'ordine e di legalità universale. Dopo Guglielmo di Ockham filosofia e teologia divengono autonome e anzi si contrastano.
 
L'idea di costituire un impero universale cristiano è abbandonata; salta il quadro di riferimento religioso, la cornice che tiene assieme il mosaico del sapere e della vita. Si smarrisce il senso della stabilità culturale e politica. Le scienze diventano autonome e specialistiche, si perfezionano ma non comunicano più tra loro. Il sapere e il gusto del bello appartiene ora a un'"élite" di intellettuali che vivono alla corte del principe lontani da ogni contatto con la plebe rozza e ignorante alla quale, sostiene [[../Giordano Bruno|Bruno]], bisogna nascondere una verità che non potrà mai capire e che è rischioso elargire.
 
Tutto si risolve nel singolo, nella individualità. Non a caso si diffonde nel Rinascimento la pedagogia di Comenio, una nuova scienza che mira a dare al bambino uno sviluppo completo della sua personalità. Ogni uomo del Rinascimento tenderà a fare della sua vita un capolavoro, un pezzo unico, dalle proporzioni gigantesche come farà Michelangelo nella scultura e pittura, ''Il Principe'' di Machiavelli nella politica, Leonardo con il suo genio incompiuto.
 
== Classicismo e anticlassicismo ==
Durante il Rinascimento i letterati sono impegnati in un lavoro di adattamento dei modelli classici alla lingua volgare e al mondo a loro contemporaneo. Il classicismo tenta quindi di creare dei codici che consentano la comunicazione a tutte le classi colte della penisola italiana, superando le differenze culturali e linguistiche. Vengono proposte norme linguistiche generali, regole sull'uso dei generi letterari, ma anche indicazioni sul comportamento da tenere. L'evoluzione non è lineare ma è ricca di creatività, come si può osservare negli scritti di intellettuali come Pietro Bembo e Baldassarre Castiglione.
 
Tuttavia, non mancano tendenze che si oppongono al classicismo. Per indicarle si utilizzano termini come "anticlassicismo" o "antirinascimento". I modelli del classicismo vengono rifiutati e ci si rivolge, invece, al folklore e alle sperimentazioni linguistiche, ricorrendo al dialetto e a linguaggi marginali. Questo però non implica l'ignoranza dei classici, che vengono al contrario tenuti come punti di riferimento, spesso ironici. Tra i più rappresentativi autori dell'anticlassicismo ci sono [[../Teofilo Folengo|Teofilo Folengo]] e [[../Ruzante|Ruzante]].
 
Accanto a classicismo e anticlassicismo si può parlare anche di una cultura della contraddizione, a cui si possono ricondurre scrittori come Machiavelli, Ariosto e, fuori d'Italia, Erasmo da Rotterdam e François Rabelais. Questi autori, in genere nati prima dello scoppio delle guerre in Italia, mantengono forti legami con lo sperimentalismo letterario della fine del Quattrocento. Attraverso l'osservazione critica, viene mostrata l'ambivalenza che è insita in ogni comportamento, evidenziando come sia impossibile una visione unitaria della realtà e dell'uomo.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=257 }}</ref>
 
== Nascita del teatro moderno ==
Nel Cinquecento nascono anche le prime commedie in volgare. Già a partire dagli anni settanta del Quattrocento, in molti centri culturali italiani erano sorte nuove forme di spettacolo. Erano eventi organizzati dalle corti, diffusi soprattutto a Ferrara e Mantova, e si tenevano in ambienti chiusi. Per lo più venivano rappresentati drammi di soggetto mitologico, ma venivano portati sulle scene anche classici (come Plauto e Terenzio) tradotti in volgare. I luoghi adibiti a queste rappresentazioni erano generalmente le sale dei palazzi signorili, dove poteva trovare posto il pubblico. Gli attori invece di muovevano davanti a una parente della sala che veniva opportunamente dipinta, in modo che si potessero distinguere le diverse scene.
 
Al primo decennio del XVI secolo risalgono le prime commedie originali in volgare, che prendevano a modello Plauto e Terenzio. Nello sviluppo di un teatro moderno è stato molto importante è il contributo dato da Ariosto e dalla corte di Ferrara. Nasceva in questo modo il teatro moderno, inteso come rappresentazione di un testo drammatico in un luogo chiuso, con uno spazio scenico in cui gli eventi avvengono in luoghi e tempi diversi rispetto al reale. Le prime opere drammatiche a essere portate sulle scene sono le commedie, per lo più ambientate in città. La violenza e l'imprevedibilità dei luoghi urbani, difficili da controllare anche per i governanti, vengono lasciate fuori dal teatro. Nelle commedie anche la città diventa un organismo ordinato, che si può serenamente contemplare.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=261-262 }}</ref>
 
== Note ==