Storia della letteratura italiana/La crisi del XIV secolo: differenze tra le versioni

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{{Storia della letteratura italiana|sezione=1}}
 
Nel secolo XIV secolo le tendenze sociali e politiche che si erano fatte sentire nel secolo precedente si esasperano fino a vedere la decadenza dell'Impero e della Chiesa. mentre siSi assiste poi all'affermarsi di una nuova spiritualità che, come scrive Mario Sansone<ref>{{cita libro | Mario | Sansone, ''| Storia della letteratura italiana'', | 1960 | Principato, | Milano, 1960,| pag.p=75 75}}</ref>,
 
{{quote|consiste nel senso sempre più energico degli interessi e dei valori mondani e terreni, non in contrapposizione a quelli religiosi e oltremondani, ma sciolti da quelli e viventi nella loro autonomia. Declinava il Medioevo in tutti i suoi aspetti: il papato e l'impero, espressioni eminenti di una particolare concezione e interpretazione della storia, tramontavano. Gli imperatori perdevano sempre più il senso della loro autorità universale, e i papi, in Avignone, avevano tolto vigore alla idea di Roma considerata solo come centro di cristianità, e sorgeva, per contro, sempre più viva l'idea di una missione laica di Roma, da ricongiungersi alla sua grandezza antica.}}
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Nasce così una nuova cultura che si baserà su uno studio attento e preciso dell'antichità classica, sempre più libera da preconcetti di carattere intellettualistico e intenzionata ad allargare ogni forma di pensiero.
 
== Il contesto storico ==
I due scrittori che in questo periodo "meglio testimoniano nelle loro opere la complessa fase di trasformazione culturale, sociale e politica del Trecento"<ref>Rosanna Bisacca, Maria Paolella, ''L'Altra Biblioteca'', volume triennale, Lattes, Torino, 2000, pag. 226</ref> e che rappresentano, nella letteratura italiana, un momento di passaggio tra l'età medievale e l'Umanesimo sono [[../Francesco Petrarca|Francesco Petrarca]] e [[../Giovanni Boccaccio|Giovanni Boccaccio]].
[[File:Burying Plague Victims of Tournai.jpg|thumb|left|Rappresentazione della peste bubbonica nelle cronache di Gilles Li Muisis (1272-1352), abate del monastero di San Martino dei giusti, conservata nella Biblioteca reale del Belgio]]
Nel Trecento l'intera Europa conosce un periodo di crisi economica e sociale. All'inizio del secolo la civiltà comunale aveva raggiunto il suo apice. Il suo sviluppo viene però interrotto da una crisi agricola: una serie di carestie impedisce a larghe fette della popolazione di accedere al cibo. Con il peggioramento dell'alimentazione si diffondo le epidemie, la peggiore delle quali è la peste nera del 1348-1351, che falcidia circa un terzo della popolazione. A questa segue una grave recessione economica che interessa tutto il continente. Molti terreni coltivabili vengono abbandonati e l'ulteriore calo della produzione agricola comporta una separazione sempre più netta tra i pochi potenti e i molti che vivono nella miseria. Nella seconda metà del XIV secolo si verificano nuove pestilenze, mentre lo scoppio della guerra dei cento anni (1337-1453) tra Inghilterra e Francia contribuisce ad aggravare il senso di insicurezza diffuso tra la popolazione.
 
I mercanti, seguendo una tendenza inaugurata nel Duecento, investono i loro capitali in latifondi, sfruttando il lavoro dei contadini. Lo sviluppo delle grandi banche porta inoltre all'affermazione di un'economia monetaria, basata sul movimento astratto del denaro. Il crollo del prezzo dei cereali, invece, comporta un calo dei compensi per la manodopera agricola. Da questa condizione di miseria scaturiscono rivolte contadine, che vengono represse nel sangue. I princìpi morali che avevano caratterizzato l'età precedente cessano di avere valore e vengono utilizzati a seconda della convenienza del momento.
== Gli scrittori minori ==
Come scrive Natalino Sapegno<ref>Natalino Sapegno, ''Introduzione ai Poeti minori del Trecento'', in ''Pagine di storia letteraria'', Palermo, Manfredi, 1960, pagg. 197-200</ref>
 
In Italia la recessione porta a una situazione di ristagno economico. Si susseguono guerre locali per il dominio dei territori, che portano alla nascita di un nuovo sistema di Stati regionali che manterrà una sostanziale stabilità fino alla fine del XVIII secolo. I Comuni dell'Italia centro-settentrionale, divenuti deboli con la crisi economica, crollano e si affermano le Signorie. Una data particolarmente importante è il 1378: in questo anno la sede papale torna da Avignone a Roma, si consuma lo scisma d'Occidente e avviene il tumulto dei Ciompi.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=126-127 }}</ref>
{{quote|Il Trecento è caratterizzato, a paragone del secolo precedente (in cui acquista un rilievo predominante l'esperienza della lirica d'amore, dai siciliani agli stilnovisti, riflessa in forma consapevole nella dottrina del De vulgari eloquentia), dalla straordinaria pluralità e varietà delle voci in cui si esprime il sentimento di una cultura letteraria assai più complessa e insieme più dispersiva e obbediente a molte sollecitazioni discordanti.}}
 
=== LaIl liricacontesto culturale ===
[[File:Avignon, Palais des Papes by JM Rosier.jpg|thumb|Il palazzo dei papi di Avignone]]
Il valore poetico della lirica prodotta in questo secolo, senza tenere ovviamente in considerazione il Petrarca, è assai scarso e, se pur si avverte lo sforzo di conservare lo stile del "Dolce stil novo", si avverte che essa è ''svuotata della sua sostanza più intima''<ref>Natalino Sapegno, ''Compendio di storia della letteratura italiana. Dalle origini alla fine del Quattrocento'', La Nuova Italia, Firenze, 1956, pag. 253</ref>.
I due scrittori che in questo periodo "«meglio testimoniano nelle loro opere la complessa fase di trasformazione culturale, sociale e politica del Trecento"»<ref>{{cita libro | autore1=Rosanna Bisacca, | autore2=Maria Paolella, ''| titolo=L'Altra Biblioteca'', volume| triennale,anno=2000 | editore=Lattes, | città=Torino, 2000,| pag.p=226 226}}</ref> e che rappresentano, nella letteratura italiana, un momento di passaggio tra l'età medievale e l'Umanesimo sono [[../Francesco Petrarca|Francesco Petrarca]] e [[../Giovanni Boccaccio|Giovanni Boccaccio]].
 
Peraltro, gli autori attivi durante il secolo sono moltissimi. Come scrive Natalino Sapegno<ref>{{cita libro | autore=Natalino Sapegno, ''| titolo=Introduzione ai Poeti minori del Trecento'', in| ''opera=Pagine di storia letteraria'', Palermo,| anno=1960 | editore=Manfredi, 1960,| pagg.città=Palermo | pp=197-200 }}</ref>
A distinguersi tra i numerosi rimatori aulici di questo periodo sono, ad inizio secolo il pisano Fazio degli Uberti per le canzoni politiche e soprattutto per le rime d'amore nelle quali si mescola l'influsso della poesia stilnovistica, provenzale, petrarchesca e di quella delle rime pietrose di dante; il padovano Matteo Correggiaio e, sul finire del secolo, il fiorentino Cino Rinuccini, la cui poesia risente dell'influsso di Dante, oltre che del modello petrarchesco.
 
{{quote|Il Trecento è caratterizzato, a paragone del secolo precedente (in cui acquista un rilievo predominante l'esperienza della lirica d'amore, dai siciliani agli stilnovisti, riflessa in forma consapevole nella dottrina del ''De vulgari eloquentia''), dalla straordinaria pluralità e varietà delle voci in cui si esprime il sentimento di una cultura letteraria assai più complessa e insieme più dispersiva e obbediente a molte sollecitazioni discordanti.}}
 
In questi anni si consolida il prestigio culturale di Firenze, mentre dimostrano grande vitalità intellettuale Napoli, Venezia, Verona e Padova. Particolare importanza come luogo di attrazione per letterati e artisti provenienti da varie parti d'Europa è la città di Avignone, sede del papato. Qui, partendo dallo studio dei classi, si afferma un nuovo uso letterario del latino, che ha in Petrarca il suo campione.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=130 }}</ref> Questo "ritorno all'antico" è uno dei primi segnali dell'Umanesimo, che si affermerà nel corso del XV secolo.
 
== La lirica ==
Il valore poetico della lirica prodotta in questo secolo, senza tenere ovviamente in considerazione il Petrarca, è assai scarso e, se pur si avverte lo sforzo di conservare lo stile del "Dolce[[../Lo stilnovo|dolce stil novo"]], si avverte che essa è ''«svuotata della sua sostanza più intima''».<ref>{{cita libro | Natalino | Sapegno, ''| Compendio di storia della letteratura italiana. Dalle origini alla fine del Quattrocento'', | 1956 | La Nuova Italia, | Firenze, 1956,| pag.p=253 253}}</ref>.
 
A distinguersi tra i numerosi rimatori aulici di questo periodo sono, ada inizio secolo, il pisano Fazio degli Uberti - per le canzoni politiche e soprattutto per le rime d'amore nelle quali si mescola l'influsso della poesia stilnovistica, provenzale, petrarchesca e di quella delle rime pietrose di dante;Dante -, il padovano Matteo Correggiaio e, sul finire del secolo, il fiorentino Cino Rinuccini, la cui poesia risente dell'influsso di Dante, oltre che del modello petrarchesco.
 
Tra i vari rimatori di questo periodo molti sono i rimatori di corte, soprattutto nell'Italia settentrionale, che possiedono scarsa ispirazione e poca cultura, che errano da un signore all'altro mettendo al loro servizio la poesia non tanto corredata da sentimenti profondi ma da propositi di adulazione.
 
Tra questi rimatori si distingue Antonio Beccari di Ferrara, del quale ci sono giunte alcune rime di carattere amoroso e politico, tre frottole di stile giullaresco e alcune liriche di stile confessionale, e Francesco di Vannozzo di Padova che visse nella seconda metà del secolo presso alcune corti, come quella dei Carraresi, degli Scaligeri e dei Visconti e che ci ha lasciato tra le sue rime politiche otto sonetti sotto il nome di ''Cantilena pro comite Virtutum'', alcune rime autobiografiche a carattere di confessione, quattro frottole e alcuni sonetti d'amore che, pur riprendendo lo stile petrarchesco in modo grossolano, non mancano di freschezza di sentimenti.
 
=== La letteratura in prosa e in versi ===
Anche nella seconda metà del secolo XIV secolo Firenze rimane un centro di viva cultura dove fiorisce una letteratura in prosa e in versi più che altro di genere confessionale, fatto di riflessioni, di aneddoti e di ammonimenti. che ha traTra gli autori degni di essere menzionati c'è il campano Antonio Pucci che ci ha lasciato, in una metrica popolare e dal lessico brioso, una vasta e varia opera che comprende sonetti, serventesi quaternari, capitoli e cantari che possiedono «una vena ingenua e fresca di poesia e una certa attitudine a risentire e riprodurre i semplici affetti del popolo in mezzo al quale e per il quale scriveva».<ref>{{cita libro | Natalino | Sapegno, ''op.| cit.'',Compendio pagdi storia della letteratura italiana. Dalle origini alla fine del Quattrocento | 1956 | La Nuova Italia | Firenze | p=260 }}</ref>. NelIn Pucci si ravvisa l'influenza di Dante, il cui culto è ormai molto vivo in Toscana e non solo, come dimostrano i numerosi commentari alla ''Commedia'' che fioriscono in questo periodo.
 
Fiorisce anche in questo periodo e sempre a Firenze un nuovo genere di poesia per musica che si esprime nella forma della ballata, del madrigale e della caccia. allaA qualequesta si accosta l'opera di Ser Giovanni Fiorentino, che è stato identificato da Pasquale Stoppelli in un giullare, Giovanni di Firenze, con il nome di "Malizia Barattone".<ref>{{cita pubblicazione | nome=Pasquale | cognome=Stoppelli, | titolo=Malizia Barattone (Giovanni di Firenze) autore dell'opera ''Il Pecorone'', in| "rivista=Filologia e critica" | volume=II (|anno=1977), pagg.|mese= |pp=1-34 }}</ref> conLe lasue suaballate raccoltarappresentano dila ballateparte chepiù all'internoriuscita della sua opera intitolata '' Il Pecorone '', una raccolta di novelle di ispirazione boccaccesca, rappresentano la parte più riuscita.
 
Ma tra gli scrittori che si avvicinano in questi anni a questi due nuovi generi letterari, il più significativo è il fiorentino Franco Sacchetti tra le cui opere risaltano ''Il libro delle rime'' e ''Il Trecentonovelle'', «nel quale l'autore svela doti sicure di scrittore: abilità nello schizzare, se non "personaggi" a tutto tondo, almeno macchiette vivaci; sicurezza nel descrivere scene di folla, di confusione, di tumulto; scioltezza di una sintassi popolareggiante; compiacimento per una lingua quanto mai viva e sapida, colta felicemente da tutti gli strati linguistici».<ref>{{cita libro | Giuseppe | Petronio, | L''Compendioattività diletteraria storiain dellaItalia letteratura| italiana'',1969 | Palumbo, 1968,| pag.Palermo 99| p=170 }}</ref>.
 
=== La letteratura devota ===
[[File:Domenico Beccafumi 025.jpg|thumb|''Stimmate di Santa Caterina da Siena'', Domenico Beccafumi, 1515 circa]]
Durante tutto il Trecento fiorìfiorisce anche un'abbondante letteratura di carattere religiosoreligiosa che si esprime sotto forma di prediche, trattati, lettere devote, laude, sacre rappresentazioni e opere di carattere agiografico. Molti di questi testi vengono scritti in Toscana, con una lingua semplice e lineare.
 
In questo periodo vengono pubblicati molti volgarizzamenti di opere religiose e morali in latino, che consentono a un pubblico più ampio di accedere a questi testi. I concetti religiosi vengono inoltre semplificati e ridotti all'essenziale. Lo scopo di questi volgarizzamenti non era infatti ridurre il distacco tra cultura ecclesiastica e religiosità popolare, ma piuttosto di accentuarla, relegando ai fedeli una materia semplificata basata sull'esteriorità e sulla paura dell'aldilà.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=137 }}</ref>
Durante tutto il Trecento fiorì anche un'abbondante letteratura di carattere religioso che si esprime sotto forma di prediche, trattati, lettere devote, laude, sacre rappresentazioni e opere di carattere agiografico.
 
=== La letteratura domenicana e francescana ===
Tra gli scrittori religiosi del Trecento si ricordano nell'ambito della tradizione domenicana il frate Jacopo Passavanti, che raccolse in un trattato dal titolo ''Specchio di vera penitenza'' tutte le prediche che aveva tenuto nel 1354 durante il periodo della quaresima, e Domenico Cavalca autore delle ''Vite dei Santi Padri'' e di numerosi testi latini, oltre che di sonetti, laude e serventesi.
 
In ambito francescano si trovano i ''I Fioretti di San Francesco'', composti da un autore toscano anonimo. che consisteConsiste in una raccolta di leggende che riguardano la vita del santo tradotte e ridotte i termini di favole dal carattere popolare da un testo latino redatto nelle Marche risalente alla fine del secolo XIII secolo dal titolo ''Actus beati francisci et sociorum eius''.
 
=== Caterina da Siena ===
Sempre nel Trecento unUn posto significativo occupa Caterina Benincasada Siena (Siena 1347 - Roma 1380), suora terziaria domenicana, della quale ci sono pervenute 381 "''Lettere"'' e il ''Dialogo della Divina Provvidenza'', che furono scrittescritti dai suoi discepoli sotto dettatura con unauno scritturastile che ''«coniuga i modi dello stile biblico e della letteratura sacra con l'immediatezza e l'impressionismo di un linguaggio popolare''».<ref>{{cita libro | autore=Roberto Mercuri, ''| titolo=La letteratura del Trecento in Toscana'' in| ''opera=Letteratura italiana'', | anno=2007 | editore=Einaudi, Firenze,| 2007,città=Torino pag.| p=570 }}</ref>. Nell'ambito della produzione laudistica trecentesca, si distingue Bianco da Siena, contemporaneo e concittadino di Caterina da Siena, e autore di numerose laude.
 
Di temperamento mistico, Caterina ha svolto un'intensa attività di assistenza tra i poveri e si è impegnata anche sul piano politico. In particolare, si è battuta per la riforma della Chiesa e per il ritorno del papa a Roma. È stata inoltre al centro di un gruppo di allievi e letterati, per i quali ha rappresentato un punto di riferimento.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=L'età cortese e comunale | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=83 }}</ref>
=== La storiografia ===
 
La storiografia in volgare rispecchia i caratteri principali della civiltà del Trecento con le sue storie o cronache che «escono fuori dai confini angusti e aridi della cronachistica medievale, dove così scarsi sono la comprensione e la scelta dei fatti, la cura dei nessi logici, il rilievo dei caratteri individuali... lucido specchio d'una civiltà, nella quale la lotta politica è più varia, mobile e appassionata, le relazioni commerciali più intense, la cultura sempre più ampia ed aperta»<ref>Natalino Sapegno, Compendio di Storia della letteratura italiana, La Nuova Italia, Firenze, 1956, pag. 282</ref>.
Nell'ambito della produzione laudistica trecentesca, si distingue Bianco da Siena, contemporaneo e concittadino di Caterina da Siena, e autore di numerose laude.
 
=== La storiografia ===
La storiografia in volgare rispecchia i caratteri principali della civiltà del Trecento con le sue storie o cronache che<ref>{{cita libro | Natalino | Sapegno | Compendio di storia della letteratura italiana. Dalle origini alla fine del Quattrocento | 1956 | La Nuova Italia | Firenze | p=282 }}</ref>
 
La storiografia in volgare rispecchia i caratteri principali della civiltà del Trecento con le sue storie o cronache che «{{quote|escono fuori dai confini angusti e aridi della cronachistica medievale, dove così scarsi sono la comprensione e la scelta dei fatti, la cura dei nessi logici, il rilievo dei caratteri individuali... lucido specchio d'una civiltà, nella quale la lotta politica è più varia, mobile e appassionata, le relazioni commerciali più intense, la cultura sempre più ampia ed aperta»<ref>Natalino Sapegno, Compendio di Storia della letteratura italiana, La Nuova Italia, Firenze, 1956, pag. 282</ref>.}}
 
I più noti cronisti in volgare di questo periodo sono i due scrittori fiorentini Dino Compagni e Giovanni Villani rispettivamente autori, il primo, della ''Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi'', dove racconta le vicende a partire dal 1280 fino al 1312 e il secondo di una ''Nova Cronica'' divisa in dodici libri di cui i primi sei vanno dalla torre di Babele alla discesa in Italia di Carlo d'Angiò e gli altri sei dal 1265 al 1348.
 
=== Dino Compagni ===
==Note==
{{vedi source|Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi}}
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Degna di nota è la ''Cronica della cose occorrenti ai tempi suoi'' di Dino Compagni, nel quale vengono narrati gli avvenimenti di Firenze tra il 1280 e il 1312.
 
Nato a Firenze prima del 1260 e morto nel 1324, Dino Compagni ha partecipato intensamente alla vita politica della città, ricoprendo più volte la carica di priore. Dopo la venuta di Carlo di Valois e la vittoria del Neri ha tenuto una posizione defilata, pur continuando a far sentire la sua voce. A lui si devono alcune rime di scarso valore e soprattutto la ''Cronica'', scritta dopo il 1310, dopo la caduta dei Bianchi e l'arrivo in Italia di Arrigo VII.
 
Nel narrare gli avvenimenti storici Compagni dimostra la sua grande passione politica. Il racconto non esclude però elementi moralistici: come Dante, anch'egli considera la travagliata situazione della città come una punizione divina e una conseguenza delle malefatte dei suoi cittadini.<ref>{{cita libro | Giuseppe | Petronio | L'attività letteraria in Italia | 1969 | Palumbo | Palermo | p=66}}</ref>
 
=== Giovanni Villani ===
{{vedi source|Nuova Cronica}}
[[File:Loggia del mercato nuovo, giovanni villani.JPG|thumb|Statua dedicata a Giovanni Villani nella Loggia del Mercato Nuovo a Firenze]]
Oltre a Compagni, un altro importante autore di cronache del periodo è Giovanni Villani. Nato a Firenze alla fine del XIII secolo e morto di peste nel 1348, guelfo di parte Nero, ricopre vari incarichi pubblici. La decisione di scrivere la sua ''Cronaca'' viene fatta risalire a un viaggio a Roma in occasione del Giubile del 1300: rimasto impressionato dalla grandiosità della città eterna, Villani concepisce il proposito di scrivere una cronaca di Firenze, considerata «figlia prediletta di Roma». Il lavoro inizierà nel 1308 e durerà fino alla morte dell'autore. A proseguire l'opera saranno il fratello Matteo e, dopo la sua morte nel 1363, il nipote Filippo.
 
La ''Cronaca'' di Villani segue un modello medievale: inizia dalla torre di Babele e prosegue con vari episodi tratti dalla Bibbia e dai classici, fino ad arrivare ai suoi giorni. Mano a mano che la narrazione tocca fatti contemporanei all'autore, il discorso diventa più concreto e ricco di dettagli sulla vita di quei tempi. Questo fa della sua ''Cronaca'' un esempio di commistione tra il modello antico e quello nuovo: la visione provvidenziale, tipica del Medioevo, si unisce con gli spunti provenienti dalla civiltà comunale.<ref>{{cita libro | Giuseppe | Petronio | L'attività letteraria in Italia | 1969 | Palumbo | Palermo | pp=66-67 }}</ref>
 
== Note ==
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