Storia della letteratura italiana/Poesia del dopoguerra: differenze tra le versioni

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Nel corso del Novecento si è assistito allo sviluppo di una nuova poesia dialettale, che superando il modelli del [[../Verismo|verismo]] ha portato a risultati molto elevati. Si tratta per lo più di autori appartati, che verranno riscoperti e valorizzati negli anni cinquanta e sessanta grazie all'impulso dato da [[../Pier Paolo Pasolini|Pasolini]]. La scelta del dialetto è un modo per uscire dal movimento distruttivo della storia, dalla consunzione della lingua letteraria tradizionale, e di esprimere sentimenti autentici di cui la lingua comune non è più capace. La poesia dialettale consentiva quindi di recuperare il sublime attraverso una via diversa da quella battuta dalla lirica moderna.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 991}}</ref>
 
All'inizio del secolo i risultati più significativi arrivano dall'area della Venezia Giulia, grazia ad autori come [[w:Virgilio Giotti|Virgilio Giotti]] (pseudonimo di Virgilio Schönbeck, Trieste, 15 gennaio 1885 – Trieste, 21 settembre 1957) e Biagio Marin (Grado, 29 giugno 1891 – Grado, 24 dicembre 1985). Il milanese Delio Tessa (Milano, 18 novembre 1886 – Milano, 21 settembre 1939) nelle sue poesie parlalaparla della realtà nella città lombarda, dei suoi oggetti e delle sue atmosfere. I suo componimenti, raccolti nei volumi ''L'è el dí di mort, alegher!'' (1932) e ''De là del mur'' (1947, postuma), presentano una continua frammentazione di ritmo e linguaggio, un insieme di pezzi del mondo cittadino che finiscono per dare voce a una danza macabra. La poesia di Giacomo Noventa (pseudonimo di Giacomo Ca' Zorzi; Noventa di Piave, 31 marzo 1898 – Milano, 4 luglio 1960) ricorse al dialetto veneziano come forma di polemica contro la modernità, utilizzando come lingua nobile per esprimere riserve contro la sopravvalutazione delle scelte umane. Fu inoltre un intellettuale dotato di una vasta cultura internazionale, lontano dall'idealismo e dall'ermetismo; antifascista, fondò a Firenze ''La Riforma letteraria'' nel 1936.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 992}}</ref>
 
Anche nel secondo dopoguerra si registra il ritorno al dialetto come lingua poetica, incoraggiato, come già ricordato, da Pasolini. Il dialetto continua a rappresentare una fuga dalla modernità alla riscoperta di una realtà originaria pura, estranea alla trasformazioni dell'età industriale. In questo modo, però, il dialetto perde la sua funzione comunicativa per diventare una lingua astratta e artificiale. Tra gli autori inquadrabili in questo filone si ricordano [[w:Ignazio Buttitta|Ignazio Buttitta]] (Bagheria, 19 settembre 1899 – Bagheria, 5 aprile 1997), [[w:Tonino Guerra|Tonino Guerra]] (Santarcangelo di Romagna, 16 marzo 1920 – Santarcangelo di Romagna, 21 marzo 2012), [[w:Albino Pierro|Albino Pierro]] (Tursi, 19 novembre 1916 – Roma, 23 marzo 1995), [[w:Franco Loi|Franco Loi]] (Genova, 21 gennaio 1930).<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | pp= 1098-1099}}</ref>