La religione greca/La religione greca nel periodo arcaico e classico/Il culto: differenze tra le versioni

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'''Il luogo.'''''
 
«Il luogo privilegiato in cui la divinità incontra l'uomo è il santuario.»
L'area del culto greco, il santuario, consiste in un terreno adibito a luogo sacro indicato con il nome di''témenos''
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'''Sacerdote e sacerdotessa.'''
 
La religione greca potrebbe essere senz'altro definita come una religione senza sacerdoti: non esiste un ceto sacerdotale come gruppo chiuso, con una tradizione, educazione, consacrazione e gerarchie fisse; persino nei culti più consolidati non esiste una "dottrina", ''disciplina'', ma solo un "costume".La Grecia ignorava caste sacerdotali e clero; i suoi sacerdoti non svolgevano le loro funzioni a vita, salvo eccezione, ma durante un periodo determinato, spesso di un anno. Senza aver ricevuto una formazione particolare, erano, secondi i casi, designati per diritto di eredità (come a Eleusi), oppure per estrazione a sorte, o per elezione, o su raccomandazione di un oracolo o perfino, in Asia minore, dopo aver pagato per una carica messa all'asta. Ovviamente nel caso di cerimonie importanti l'incarico di offrire libagioni, pronunciare preghiere a nome della collettività e dirigere il rito era compito di una personalità importante dotata anche dei mezzi economici per ricoprire questo ruolo. Tale personalità poteva essere, a seconda dei casi, il capofamiglia, il magistrato, il ''basileús''. Ne consegue anche che la proprietà del santuario è del dio e non quindi dei sacerdoti officianti, i quali raramente lo abitano anche se, comunque, sono coloro a cui è affidato il compito di gestirlo. Il sacerdote e il suo corrispettivo femminile, la sacerdotessa, sono coloro che seguono l'andamento di un santuario dedicato a un dio, sono quindi sacerdoti di quel "dio" e non di un altro, anche se è possibile che un singolo sacerdote possa assumere su di sé più incarichi. Al sacerdote spettano comunque delle concessioni, soprattutto in termini di cibo. A lui, in quanto rappresentante del dio, viene consegnato il "privilegio della carne" ovvero alcune precise parti del corpo della vittima sacrificale come le cosce o anche il rene grigliato all'inizio del sacrificio. Anche la pelle della vittima è spesso assegnata al sacerdote celebrante come ciò che fu essa. Successivamente, i premi in denaro consegnati per un sacrificio vengono depositati nel "fondo" proprio del santuario. Quindi se il sacerdozio nella religione della Grecia antica non è una scelta o una tipo di vita, resta una carica che porta grandi onori, risultando l'uomo o la donna che vi si affidano dei "consacrati". "Consacrazione" che emerge anche dal loro abito particolare, generalmente bianco o porpora, e dal fatto, ad esempio, di lasciarsi crescere i capelli e di portare una fascia intorno al capo o, ancora, di indossare una corona. Resta per costoro necessario seguire una condotta di purezza, ad esempio evitare il contatto con i morti, con le partorienti ed eventualmente regolare la propria attività sessuale o l'alimentazione. Generalmente la sacerdotessa ha cura di divinità femminile, mentre il sacerdote accudisce quelle maschili, ma non mancano notevoli eccezioni.
 
'''La preghiera.'''
 
Il termine greco antico che indica l'atto di preghiera è ''euchomai''. ''Modi di comunicazione con il divino: la preghiera, la divinazione e il sacrificio nella civiltà greca'', "gettare un grido di trionfo". Le preghiere di domanda, che sono in totale, le più rappresentate dalla tradizione, oltrepassano il principio del ''do ut des'' e rivelano, nelle loro diverse forme, un'autentica esperienza religiosa in cui il fatto di rivolgersi agli dèi, anche per un motivo modesto, intensifica e approfondisce la relazione con gli dèi stessi.»; nel secondo caso essa indica piuttosto l'invocazione del sacerdote durante il sacrificio pronunciato a nome della comunità sacrificante.
La preghiera "greca" era pronunciata in piedi, con i palmi e lo sguardo rivolti verso il cielo, quindi assumendo una postura di origine indoeuropea.