Storia della letteratura italiana/Silvio Pellico: differenze tra le versioni

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Silvio Pellico e il romanzo autobiografico ''Le mie prigioni'' sono tra i più rappresentativi esempi del Romanticismo italiano nella prima metà dell'Ottocento. La sua opera è inoltre uno dei principali esempi della letteratura memorialistica che si affermòafferma durante il Risorgimento, genere che ebbeha grande importanza nella storia della cultura italiana perché contributìcontribuisce a difonderediffondere un tipo di prosa moderna, distante da quella di Foscolo o Leopardi, che sotto l'influsso della prosa manzoniana miravamira a intrattenere una comunicazione cordiale con il lettore.<ref>{{cita libro | Giuseppe | Petronio | L'attività letteraria in Italia | 1969 | Palumbo | Palermo | p=688}}</ref>
 
== La vita ==
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Silvio Pellico nasce a Saluzzo nel 1789 da una famiglia della piccola borghesia. Dopo gli studi a Pinerolo e a Torino, si reca a Lione per fare pratica nel settore commerciale. Al suo rientro in Italia nel 1809 si stabilisce a Milano; qui, giovane entusiasta della poesia neoclassica, frequenta [[../Vincenzo Monti|Vincenzo Monti]] e [[../Ugo Foscolo|Ugo Foscolo]]. Comincia allora a scrivere, specialmente per il teatro, tragedie in versi di impianto classico come ''Laodamia'' ed ''Eufemio di Messina''.
 
Nel 1814 diventa istitutore nella casa del conte Porro Lambertenghi. Stringe relazioni con personaggi della cultura europea, come Madame de StaelStaël e Friedrich von Schlegel, e italiana come Federico Confalonieri, Cesare Romagnosi e [[../Giovanni Berchet|Giovanni Berchet]]. In questi circoli venivano sviluppate idee tendenzialmente liberali e rivolte alle possibilità di indipendenza nazionale: in questo clima nel 1818 viene fondata la rivista ''Il Conciliatore'', di cui Pellico è redattore e direttore. Il 18 agosto 1815 a Milano viene rappresentata la sua tragedia ''Francesca da Rimini'', che reinterpreta il noto episodio dantesco alla luce delle influenze romantiche e risorgimentali del periodo lombardo.
 
Pellico e gran parte degli amici fanno parte della setta segreta di tipo carbonaro dei cosiddetti "Federati";, che questaperò viene scoperta dalla polizia austriaca:. ilIl 13 ottobre 1820, Pellico, Piero Maroncelli e altri vengono arrestati. Traslati da Milano alla prigione dei Piombi di Venezia, vi rimangono dal 20 febbraio 1821. Qui, il 21 febbraio gli venne letta la sentenza: «morte [...] commutata in quindici anni di carcere duro, da scontarsi nella fortezza di Spielberg». La notte fra il 25 ede il 26 marzo 1822 partono per destinazione finale: attraverso Udine e Lubiana giungono alla fortezza dello Spielberg a Brno, in Moravia.
Il 18 agosto 1815 a Milano viene rappresentata la sua tragedia ''Francesca da Rimini'', che reinterpreta il noto episodio dantesco alla luce delle influenze romantiche e risorgimentali del periodo lombardo.
 
La dura esperienza carceraria, che si conclude con la grazia imperiale e il rimpatrio nel 1830, costituisce il soggetto dell'opera autobiografica ''Le mie prigioni'', che ebbeha grande popolarità ed esercitòesercita notevole influenza sul movimento risorgimentale, anche se il suo tono dolente non si avvicinavaavvicina agli atteggiamenti dei patrioti più giovani. Metternich ammisein seguito ammetterà che il libro aveva danneggiato l'Austria più di una battaglia perduta. Va ricordato anche che scrisse un testo di ''Memorie dopo la scarcerazione'', andato perduto. Successivamente Pellico pubblica altre tragedie: ''Gismonda da Mendrisio'', ''Leoniero'', ''Erodiade'', ''Tommaso Moro'' e ''Corradino''. Pubblica anche il libro morale ''I doveri degli uomini'' (1834) e ''Poesie'' di genere romantico.
Pellico e gran parte degli amici fanno parte della setta segreta di tipo carbonaro dei cosiddetti "Federati"; questa viene scoperta dalla polizia austriaca: il 13 ottobre 1820, Pellico, Piero Maroncelli e altri vengono arrestati. Traslati da Milano alla prigione dei Piombi di Venezia, vi rimangono dal 20 febbraio 1821. Qui, il 21 febbraio gli venne letta la sentenza: «morte [...] commutata in quindici anni di carcere duro, da scontarsi nella fortezza di Spielberg». La notte fra il 25 ed il 26 marzo 1822 partono per destinazione finale: attraverso Udine e Lubiana giungono alla fortezza dello Spielberg a Brno in Moravia.
 
Travagliato da problemi familiari e fisici, negli ultimi anni della sua vita interruppeinterrompe la produzione letteraria e vissevive come segretario e bibliotecario di Juliette Colbert nel Castello dei Marchesi di Barolo. Muore a Torino il 31 gennaio 1854.
La dura esperienza carceraria, che si conclude con la grazia imperiale e il rimpatrio nel 1830, costituisce il soggetto dell'opera autobiografica ''Le mie prigioni'', che ebbe grande popolarità ed esercitò notevole influenza sul movimento risorgimentale, anche se il suo tono dolente non si avvicinava agli atteggiamenti dei patrioti più giovani. Metternich ammise che il libro aveva danneggiato l'Austria più di una battaglia perduta. Va ricordato anche che scrisse un testo di ''Memorie dopo la scarcerazione'' andato perduto.
 
Successivamente Pellico pubblicò altre tragedie: ''Gismonda da Mendrisio'', ''Leoniero'', ''Erodiade'', ''Tommaso Moro'' e ''Corradino''. Pubblicò anche il libro morale ''I doveri degli uomini'' (1834) e ''Poesie'' di genere romantico.
 
Travagliato da problemi familiari e fisici negli ultimi anni della sua vita interruppe la produzione letteraria e visse come segretario e bibliotecario di Juliette Colbert nel Castello dei Marchesi di Barolo. Muore a Torino il 1854.
 
== Le mie prigioni ==
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[[Immagine:Arresto di Silvio Pellico e Piero Maroncelli - Carlo Felice Biscarra.jpg|250px|right|thumb|L'arresto di Pellico e Maroncelli in una tela di Carlo Felice Biscarra, Museo Civico di Saluzzo]]
''Le mie prigioni'' è un testo autobiografico che si svolge in un arco di tempo che va dal 13 ottobre 1820, data in cui venne arrestato l'autore, al 17 settembre 1830, giorno del suo ritorno a casa. In essa Pellico descrive la sua esperienza di detenzione nel carcere dello Spielberg in seguito alla sua adesione ai moti carbonari. Pellico iniziòinizia la stesura dell'opera nel 1831, incoraggiato dal suo confessore, e la concluseconclude nel 1832. Grazie al ministro Barbaroux, in carica a quel tempo, il libro riuscìriesce a superare i problemi derivanti dalla censura e a essere pubblicatapubblicato dall'editore Bocca nel mese di novembre del 1832. Nel 1843 comparverocompaiono, nella traduzione francese, i capitoli aggiunti (redatti sempre nel 1832) che facevano parte di un'opera a carattere autobiografico di più ampio respiro - ma che lo scrittore non portòporta a termine - riguardanti il periodo immediatamente successivo alla sua liberazione.
 
L'eco del romanzo raggiunseraggiunge l'intera Europa: (all'epocain fuquegli anni è il libro italiano più letto nel vecchio continente),. mostrandoIn laparticolare l'attenzione dei lettori si concentra sulla durezza delle carceri austriache - nonostante dai propositi dell'autore fosse escluso quelloun dellaintento di denuncia. Pellico miravamira piuttosto a mostrare l'accettazione cristiana della sua sorte e a descrivere le proprie sofferenze come quelle di una vittima in mezzo ad altre vittime. Sono invece escluse le considerazioni politiche, mentre il libro vuole essere una storia di rinascita spirituale. La dura esperienza del carcere aveva infatti generato nello scrittore una crisi religiosa, che si concluseera conclusa con l'adesione al cattolicesimo più austero:. diDi fronte al male dominante, decisePellico decide di affidarsi completamente alla volontà divina. In seguito la posizionesua di Pellicoposizione si fecefarà via via più conservatrice, come risulta evidente dalle opere degli ultimi anni.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=622 }}</ref>
 
== Note ==