Storia della letteratura italiana/Carlo Porta: differenze tra le versioni
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Considerato il maggiore poeta in milanese, Carlo Porta ha partecipato all'attività degli ambienti romantici milanesi, intervenendo con vari componimenti dialettali. Non per questo tuttavia, la sua produzione può essere definita propriamente romantica: le sue opere sono in realtà molto singolari e risentono fortemente della tradizione dialettale milanese.
== La
[[File:Carlo Porta.jpg|thumb|left|Carlo Porta]]
Carlo Porta
Dal 1804 alla morte,
La sua formazione
A soli quarantacinque anni e nel pieno della fama,
== L'attività letteraria ==
Benché sia probabile che la sua produzione poetica
Nel 1810, invece e seppure in forma anonima, esce il ''Brindes de Meneghin all'Ostaria'' scritto per il matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d'Asburgo-Lorena. Nel ''Brindes''
Le sue opere si possono dividere in tre filoni:
Le sue opere si possono dividere in tre filoni: il primo contro le superstizioni e l'ipocrisia religiosa del tempo; il secondo descrittivo di vivissime figure di popolani milanesi, il terzo infine più propriamente e strettamente politico. In quest'ultimo filone, Porta ha sempre tenuto a dichiararsi "apolitico", anche se le sue satire dimostrano che aveva le proprie idee e non esitava a mostrarle mediante sferzanti critiche alle classi dominanti che, durante la sua vita, si sono succedute. Un episodio è comunque tipico del suo essere parte integrante del sistema pur essendone critico impietoso: quando uscì, per vie non ufficiali, la ''Prineide'' (1815), una specie di apologo al linciaggio dei politici corrotti, tutti a Milano dissero che l'autore era il Porta. Il che fece davvero imbestialire il Nostro. In realtà l'autore era Tommaso Grossi, un giovane promettente poeta che divenne poi uno dei migliori amici del Porta.▼
* il primo contro le superstizioni e l'ipocrisia religiosa del tempo;
Del primo filone fanno parte, fra le altre: ''Fraa Zenever'' (1813), ''On Miracol'' (1813), ''Fraa Diodatt'' (1814), ''La mia povera nonna la gh'aveva'' (1810). In questo filone troviamo trascrizioni in tono di caricatura popolaresca di leggende della devozione medievale, con evidenti ascendenze illuministiche e volteriane nell'atteggiamento morale e sociale del poeta. Tali ascendenze sono pure evidenti nelle poesie satiriche che hanno come bersaglio l'aristocrazia reazionaria ed il basso clero ignorante, bigotto e parassita (si ricordano ''La preghiera'', satira della boria aristocratica mascherata da pio zelo religioso, e ''La nomina del Cappellan'', quadro spietato della vita dell'aristocrazia nera e del clero pù povero e affamato).<ref>Aldo Giudice, Giovanni Bruni, ''Problemi e scrittori della letteratura italiana'', tomo primo, vol. 3, ed. Paravia, 1973, pag. 484.</ref>▼
* il secondo descrittivo di vivissime figure di popolani milanesi;
* il terzo infine più propriamente e strettamente politico.
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▲Del primo filone fanno parte, fra le altre: ''Fraa Zenever'' (1813), ''On Miracol'' (1813), ''Fraa Diodatt'' (1814), ''La mia povera nonna la gh'aveva'' (1810). In questo filone troviamo trascrizioni in tono di caricatura popolaresca di leggende della devozione medievale, con evidenti ascendenze illuministiche e volteriane nell'atteggiamento morale e sociale del poeta. Tali ascendenze sono pure evidenti nelle poesie satiriche che hanno come bersaglio l'aristocrazia reazionaria ed il basso clero ignorante, bigotto e parassita (si ricordano ''La preghiera'', satira della boria aristocratica mascherata da pio zelo religioso, e ''La nomina del Cappellan'', quadro spietato della vita dell'aristocrazia nera e del clero pù povero e affamato).<ref>{{cita libro|autore1=Aldo Giudice
Al secondo filone appartengono quelle che sono forse le più grandi opere
▲Al secondo filone appartengono quelle che sono forse le più grandi opere del Porta: dopo le già citate ''Desgrazzi de Giovannin Bongee'' (1812), seguono ''Olter desgrazzi de Giovannin Bongee'' (1814), ''El lament del Marchionn di gamb'avert'' (1816) e quello che molti critici considerano il suo capolavoro, ''La Ninetta del Verzee'' (1815), la struggente confessione di una prostituta.
[[Image:Statua di Carlo Porta.png|thumb|Statua di Carlo Porta, al ''Verzee'' di Milano (Ivo Soli, bronzo, 1966)]]
Al filone politico appartengono soprattutto i sonetti: come ''Paracar che scappee de Lombardia'' (1814), ''E daj con sto chez-nous, ma sanguanon'' (1811), ''Marcanagg i politegh secca ball'' (1815), ''Quand vedessev on pubblegh funzionari'' (1812).
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Fra le poesie più propriamente umoristiche ricordiamo ''Dormiven dò tosann tutt dò attaccaa'' (1810) e la brevissima ''Epitaffi per on can d'ona sciora marchesa'' (1810).
La restaurazione Austriaca del 1815 deluse profondamente
Certamente però non rimpianse l'occupazione francese, come è chiaramente espresso in molti sonetti e nella chiusa di ''Paracar che scappée de Lombardia'':
{{quote|de podè nanca vess indifferent<br />sulla scerna del boja che ne scanna.}}
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Nella poesia degli ultimi anni si accentuano i caratteri antinobiliari contro la classe che inaspettatamente era tornata a dominare. Testimoni di questa fase "alla [[../Giuseppe Parini|Parini]]" sono ''La nomina del Cappellan'' (1819), una rielaborazione ancora più comico-satirica dell'episodio della "vergine cuccia" di pariniana memoria in cui stavolta il pretino arrivista si munisce di fette di salame per accattivarsi la cagnetta, ''Offerta a Dio'' (1820) e ''Meneghin biroeu di ex monegh'' (1820).
Nel 1816
▲A soli quarantacinque anni e nel pieno della fama, morì a Milano il 5 gennaio 1821 per un attacco di gotta. Fu sepolto a San Gregorio fuori Porta Orientale, ma la sua tomba andò dispersa. Nella cripta della chiesa di San Gregorio Magno in Milano (attuale Porta Venezia) è custodita la lapide funebre (insieme a quella di altri personaggi illustri) che era posta sul muro di cinta del cimitero di San Gregorio al Lazzaretto. In sua memoria l'amico Tommaso Grossi compose in milanese la poesia ''In morte di Carlo Porta''.
== Note ==
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