Storia della letteratura italiana/Vittorio Alfieri: differenze tra le versioni

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L'opera di Vittorio Alfieri è segnata dall'idea che la scelta della letteratura sia anche una scelta della libertà, dettata dall'aspirazione di rompere con i vincoli imposti dalla società assolutistica. La libertà è infatti ciò a cui tende l'uomo dal «forte sentire», ma per raggiungerla è necessario impegnarsi in uno scontro tragico con il potere assoluto. La politica e la critica della situazione vigente è quindi uno dei punti chiave di tutta l'opera alfieriana.
 
== La vita ==
[[File:VAlfieriFabre.jpg|thumb|left|Vittorio Alfieri ritratto da Francois-Xavier Fabre (1794)]]
Vittorio Amedeo Alfieri nacquenasce il 16 gennaio 1749 dal conte di Cortemiliada Antonio Amedeo Alfieri, conte di Cortemilia, e dalla savoiarda Monica Maillard de Tournon.<ref>V.{{cita Alfieri,libro|autore=Vittorio Alfieri|titolo=Vita, Epoca I}}</ref> Il padre morìmuore di polmonite neldurante primo anno di vita di Vittorio e la madre si risposòrisposa in terze nozze nel 1750 con il cavaliere Magliano, un parente del defunto marito.<ref name="Bonghi">[{{cita web|url=http://www.classicitaliani.it/alfieri/critica/bonghi_bioalfieri.htm |autore=Giuseppe Bonghi, ''|titolo=Biografia di Vittorio Alfieri'']|accesso=26 febbraio 2017}}</ref> VisseAlfieri vive fino all'età di nove anni e mezzo ad Asti a Palazzo Alfieri, affidato ad un precettore, senza alcuna compagnia.
 
Nel 1758, per volere del tutore, lo zio Pellegrino Alfieri, governatore di Cuneo e nel 1762 viceré di Sardegna, fuVittorio viene iscritto all'Accademia Reale di Torino.<ref name="VitaII">V.{{cita libro|autore=Vittorio Alfieri, ''|titolo=Vita'', Epoca II}}</ref> All'Accademia compì i suoi studi distudia grammatica, retorica, filosofia, legge. VenneEntra ain contatto con molti studenti stranieri,: i loro racconti e le loro esperienze lo stimolaronostimolano facendoglia sviluppare la passione per i viaggi.<ref>Alfieri, ''Vita'',name="VitaII" Epoca II</ref> EgliIn seguito definìdefinirà questi anni come "«otto anni di ineducazione"», in cui si sentivasente "«ingabbiato"».<ref name="Bonghi"/>
 
Dopo la morte dello zio, nel 1766 lasciòlascia l'Accademia nonsenza terminandoavere terminato il ciclo di studi che lo avrebberoavrebbe portato all'avvocatura. e siSi arruolòarruola nell'esercito, diventando "portinsegna" nel reggimento provinciale di Asti. RimaseRimane nell'esercito fino al 1774 e si congedòcongeda col grado di luogotenente.<ref name="Bonghi" />
 
Tra il 1766 e il 1772, Alfieri cominciòcomincia un lungo vagabondare in vari statiStati dell'Europa. VisitòVisita l'Italia da Milano a Napoli sostando a Firenze e a Roma, e nel 1767 giunsegiunge a Parigi dove conobbeconosce, tra gli altri, Luigi XV che gli parvepare un monarca tronfio e sprezzante. Deluso anche dalla città, a gennaio del 1768 giunsegiunge a Londra e, dopo un lungo giro nelle province inglesi, andòsi sposta in Olanda.<ref name="VitaIII">V.{{cita libro|autore=Vittorio Alfieri, ''|titolo=Vita'', epocaEpoca III}}</ref> A L'Aia vissevive il suo primo vero amore, conper la moglie del barone Imhof, Cristina. Costretto a separarsene per evitare uno scandalo, tentòtenta il suicidio, fallito per il pronto intervento di Francesco Elia, il suo fidato servo, che lo seguivasegue in tutti i suoi viaggi.<ref name="VitaIII" />
 
Tra il 1769 e il 1772, in compagnia del fidato Elia, compìcompie il secondo viaggio in Europa:. partendoPartendo da Vienna, passòpassa per Berlino, incontrandodove con fastidio e rabbia incontra Federico II,. toccòTocca poi la Svezia e la Finlandia, giungendo in Russia, dove non vollevuole neppure essere presentato a Caterina II, avendo sviluppato una profonda avversione alper il dispotismo.<ref name="VitaIII"/> RaggiunseRaggiunge Londra e, nell'inverno del 1771, conobbeconosce Penelope Pitt, moglie del visconte Edward Ligonier, conosciuta nella precedente visita, con la quale instauròinstaura una relazione amorosa. Lo scandalo che seguìsegue e il processo per adulterio pregiudicaronopregiudicano una possibile carriera diplomatica dell'di Alfieri, che in seguito a questi fatti fuè costretto a lasciare la donna e la terra d'Albione.<ref name="VitaIII" /> RipreseRiprende così il suo girovagare, prima in Olanda, poi in Francia, Spagna e infine in Portogallo,. dove aA Lisbona incontròincontra l'abate Tommaso Valperga di Caluso, che lo spronòsprona a proseguire la sua carriera letteraria. Nel 1772 cominciòcomincia il viaggio di ritorno.<ref name="VitaIII" />
 
Il ventiquattrenne Alfieri rientròrientra a Torino nel 1773 e si dedicòdedica allo studio della letteratura, rinnegando in tal modo «anni di viaggi e dissolutezze»;. presePrese una casa in piazza San Carlo, la ammobiliòammobilia sontuosamente, ritrovòritrova i suoi vecchi compagni di dell'Accademia militare e di gioventù.<ref name="VitaIII" /> Con loro istituìistituisce una piccola società che si riunivariunisce settimanalmente in casa sua per «banchettare e ragionare su ogni cosa», la ''Societé des Sansguignon'';. inIn questo periodo scrissescrive «cose miste di filosofia e d'impertinenza», per la maggior parte in lingua francese, tra cui l<nowiki>'</nowiki>''Esquisse de Jugement Universél'', ispirato agli scritti di Voltaire.<ref name="VitaIII" />
 
EbbeHa anche una relazione con la marchesa Gabriella Falletti di Villafalletto, moglie di Giovanni Antonio Turinetti marchese di Priero. Tra il 1774 e il 1775, mentre assisteva la suaassiste l'amica malata, portòporta a compimento la tragedia ''Antonio e Cleopatra'', rappresentata a giugno di quello stesso anno a Palazzo Carignano, con successo.<ref name="VitaIII" /> Nel 1775 troncòtronaò la ''liaison amorosa'' e studiòperfeziona ela perfezionòsua laconoscenza suadella grammatica italiana riscrivendo le tragedie ''Filippo'' e ''Polinice'', che in una prima stesura erano state composte in francese.<ref name="VitaIII" />
 
Nell'aprile dell'anno seguente si recòreca a Pisa e Firenze per il primo dei suoi "viaggi letterari", dove iniziòiniziando la stesura dell<nowiki>'</nowiki>''Antigone'' e del ''Don Garzia''. TornòTorna in Toscana nel 1777, in particolare a Siena, dove conobbeconosce quello che sarebbe diventato uno dei suoi più grandi amici, il mercante Francesco Gori Gandellini. Questi influenzòinfluenza notevolmente le sue scelte letterarie, convincendolo ad accostarsi alle opere di [[../Niccolò Machiavelli|Niccolò Machiavelli]]. Da queste nuove ispirazioni nacqueronascono ''La congiura de' Pazzi'', il trattato ''Della Tirannide'', l<nowiki>'</nowiki>''Agamennone'', l<nowiki>'</nowiki>''Oreste'' e la ''Virginia''.<ref name="VitaIII" /> Per dedicarsi solo ed esclusivamente alla letteratura per lungo tempo, arrivòarriva a farsi legare alla sedia da Elia, in un famosissimo episodio.<ref>{{cita libro | Lucio | D'Ambra, ''| Vittorio Alfieri. Il trageda legato alla sedia'', | 1938 | Zanichelli | Bologna }}</ref>
 
Nell'ottobre del 1777 Alfieri conobbeconosce Luisa di Stolberg-Gedern, contessa d'Albany, moglie di Carlo Edoardo Stuart, pretendente al trono d'Inghilterra. Nello stesso periodo si dedicòdedica alle opere di Virgilio e terminòtermina il trattato ''Del Principe e delle lettere'' e il poema in ottave ''L'Etruria vendicata''.<ref name="ReferenceAVitaIV">V.{{cita libro|autore=Vittorio Alfieri, ''|titolo=Vita'', ''Epoca quarta, capitolo V e seguenti''IV}}</ref> Lo Stuart però non si limitòlimita a far scoppiare uno scandalo o sfidare il poeta a duello. Il 30 novembre, l'alcolizzato Carlo Edoardo aggredisce fisicamente la moglie, tentando di ucciderla.<ref name="Bonghi" />
 
Dopo qualche tempo Alfieri, cheallo nelscopo frattempodi aveva«disvassallarsi» donato,(come condirà ilegli famoso atto definito da lui come "disvassallarsi"stesso) dalla monarchia assoluta dei Savoia, dona tutti i beni e le proprietà feudali alla sorella Giulia, riservandosi un vitalizio e una parte del capitale, oltre chee rinunciatorinuncia alla cittadinanza del Regno (divenendo apolide),. Raggiunge raggiunsequindi a Roma la contessa e si recòreca poi a Napoli, dove terminòtermina la stesura dell<nowiki>'</nowiki>''Ottavia'' ed entròentra nella loggia massonica della "Vittoria".<ref name="ReferenceAVitaIV"/> TornòTorna quindi a Roma, stabilendosi a Villa Strozzi presso le Terme di Diocleziano, con la contessa d'Albany.
 
Nel 1783 Alfieri fuè accolto all'Accademia dell'Arcadia col nome di ''Filacrio Eratrastico''. Nello stesso anno terminòtermina anche l<nowiki>'</nowiki>''Abele''. Nell'aprile del 1784, la contessa d'Albany, per intercessione di Gustavo III di Svezia, ottenneottiene la separazione legale dal marito e il permesso di lasciare Roma e; si ricongiunsericongiunge all'Alfieri ad agosto, nel castello di Martinsbourg a Colmar. Qui Alfieri scrissescrive l<nowiki>'</nowiki>''Agide'', la ''Sofonisba'' e la ''Mirra''.<ref name="Bonghi" /> Costretti ad abbandonare l'Alsazia alla fine dell'anno, per l'obbligo della contessa di risiedere negli statiStati pontifici, Alfieri si sistemòsistema a Pisa e la Stolberg a Bologna.<ref>''Vita'', epoca IV<name="VitaIV"/ref>
 
[[File:Vittorio Alfieri tomb.jpg|thumb|Firenze, Basilica di Santa Croce: il monumento funebre scolpito da Canova, raffigurante l'Italia turrita afflitta per la morte del poeta, le maschere teatrali e il medaglione con il ritratto]]
Nel 1785 portò a termine le tragedie ''Bruto primo'' e ''Bruto secondo''. Nel dicembre del 1786, l'Alfieri e la Stolberg (che sarebbe divenuta vedova due anni dopo) si trasferirono a Parigi. Nel 1789, Alfieri e la sua compagna furono testimoni della rivoluzione francese. Gli avvenimenti in un primo tempo fecero comporre al poeta l'ode ''A Parigi sbastigliato'', che poi però rinnegò: l'entusiasmo si trasformò in odio verso la rivoluzione, esplicitato nelle rime del ''Misogallo''.<ref name="Bonghi" /> Nel 1792 l'arresto di Luigi XVI e le stragi del 10 agosto convinsero la coppia a lasciare definitivamente la città per tornare, passando attraverso Belgio, Germania e Svizzera, in Toscana. Tra il 1792 e il 1796 Alfieri, a Firenze, si immerse totalmente nello studio dei classici greci traducendo Euripide, Sofocle, Eschilo, Aristofane. Proprio da queste ispirazioni nel 1798 nacque l'ultima tragedia alfieriana: l<nowiki>'</nowiki>''Alceste seconda''.
 
Nel 1785 portò a terminetermina le tragedie ''Bruto primo'' e ''Bruto secondo''. Nel dicembre del 1786, l'Alfierisi etrasferisce laa Parigi insieme alla Stolberg (che sarebbe divenuta vedova due anni dopo) si trasferirono a Parigi. Nel 1789, Alfierii e la sua compagnadue furonosono testimoni della rivoluzione francese. Gli avvenimenti in un primo tempo fecerofanno comporre al poeta l'ode ''A Parigi sbastigliato'', che poi però rinnegòrinnegherà: l'entusiasmo si trasformòtrasforma in odio verso la rivoluzione, esplicitato nelle rime del ''Misogallo''.<ref name="Bonghi" /> Nel 1792 l'arresto di Luigi XVI e le stragi del 10 agosto convinseroconvincono la coppia a lasciare definitivamente la città per tornare in Toscana, passando attraverso Belgio, Germania e Svizzera, in Toscana. Tra il 1792 e il 1796 Alfieri, a Firenze, si immerseimmerge totalmente nello studio dei classici greci traducendo Euripide, Sofocle, Eschilo, Aristofane. Proprio da queste ispirazioni nel 1798 nacquenasce la sua l'ultima tragedia alfieriana: l<nowiki>'</nowiki>''Alceste seconda''.
Tra il 1799 e il 1801 le vittorie francesi sul suolo d'Italia costrinsero l'Alfieri a fuggire da Firenze per rifugiarsi in una villa presso Montughi. Tra il 1801 e il 1802, compose sei commedie: ''L'uno'', ''I pochi'' e ''I troppi'', tre testi sulla visione satirica dei governi dell'epoca; ''Tre veleni rimesta, avrai l'antidoto'', sulla soluzione ai mali politici (quasi un testamento politico, in cui Alfieri, "repubblicano", pare accettare una monarchia parlamentare in stile inglese), ''La finestrina'', ispirata ad Aristofane e ''Il divorzio'', in cui condanna i matrimoni nobiliari d'interesse, il cicisbeismo e tutti i cattivi costumi dell'Italia dei suoi tempi. Tra le originali iniziative di Alfieri nell'ultimo periodo, il progetto di una collana letteraria denominata "l'ordine di Omero", del quale si autonomina simbolicamente "cavaliere". Vittorio Alfieri si spense a Firenze l'8 ottobre 1803 all'età di 54 anni.
 
Tra il 1799 e il 1801 le vittorie francesi sul suolo d'Italia costrinserocostringono l'Alfieri a fuggire da Firenze per rifugiarsi in una villa presso Montughi. Tra il 1801 e il 1802, composecompone sei commedie: ''L'uno'', ''I pochi'' e ''I troppi'', tre testi sullache danno visione satirica dei governi dell'epoca; ''Tre veleni rimesta, avrai l'antidoto'', sulla soluzione ai mali politici (quasi un testamento politico, in cui Alfieri, "repubblicano", pare accettare una monarchia parlamentare in stile inglese),; ''La finestrina'', ispirata ad Aristofane e; ''Il divorzio'', in cui condanna i matrimoni nobiliari d'interesse, il cicisbeismo e tutti i cattivi costumi dell'Italia dei suoi tempi. Tra le originali iniziative di Alfieri nell'ultimo periodo, il progetto di una collana letteraria denominata "lL'ordine di Omero", del quale si autonomina simbolicamente "cavaliere". Vittorio Alfieri siSi spensespegne a Firenze l'8 ottobre 1803 all'età di 54 anni.
 
== Il teatro ==
=== Le tragedie ===
Terminata l'Accademia militare a Torino, e dopo un lungo giovanile vagabondare in vari statiStati dell'Europa, nel 1775 (l'anno della ''conversione'') Alfieri rientra nel capoluogo piemontese e si dedica allo studio della letteratura, rinnegando in tal modo - secondo le sue stesse parole - anni di ''viaggi e dissolutezze'';. completaCompleta così la sua prima tragedia, ''Antonio e Cleopatra'', che registra un grande successo; seguiranno poi ''[[s:Antigone (Alfieri)|Antigone]]'', ''[[s:Filippo|Filippo]]'', ''[[s:Oreste (Alfieri)|Oreste]]'', ''[[s:Saul|Saul]]'', ''Maria Stuarda'', ''[[s:Mirra|Mirra]]''.
 
La fama delle sue tragedie è legata alla centralità del rapporto tra libertà- e potere e allal tema dell'affermazione dell'individuo sulla tirannia. Una profonda e sofferta riflessione sulla vita umana arricchisce la tematica quando il poeta si sofferma sui sentimenti più intimi e sulla società che lo circonda.
 
Le sue tragedie furono in gran parte rappresentate quando il poeta era ancora in vita ed ebbero un notevole successo nel periodo giacobino. Le tragedie più rappresentate nel triennio giacobino italiano (1796-99) furonosono la ''Virginia'' ede i due ''Bruti''. A Milano al Teatro Patriottico nel 1796, il 22 settembre dello stesso anno1796, Napoleone presenziò ada una replica della ''Virginia''.<ref>''{{cita libro | autore=Silvano Montaldo | titolo=Il Risorgimento nell'Astigiano nel Monferrato e nelle Lange'', (a| curaopera=Il mito risorgimentale di SilvanoAlfieri Montaldo),| curatore=Carla Forno, ''Il| mitoanno=2010 risorgimentale di Alfieri'', Asti| editore=Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, 2010,| pag.città=Asti | capitolo= | p=186 }}</ref>
 
Il ''[[s:Bruto Primo|Bruto primo]]'' fu replicato anche alla Scala e a Venezia, mentre a Bologna vennero rappresentate tra il 1796 e il 1798 ben quattro tragedie (''[[s:Bruto Secondo|Bruto secondo]]'', ''Saul'', ''Virginia'', ''Antigone'').
 
Negli anni successivi, molti attori ottocenteschi si specializzaronospecializzeranno nelle opere alfieriane: da Antonio Morrocchesi al teatro Carignano di Torino, a Paolo Belli Blanes a Firenze o a Milano. Le tragedie sono ventidue, compresa la ''Cleopatra'' (o Antonio e Cleopatra) poi in seguito da lui ripudiata. L'Alfieri le scrive in endecasillabi sciolti, seguendo il concettoprincipio didelle unità aristotelica. La stesura del testo prevedeva tratre fasi: ideare (trovare il soggetto, inventare trame e battute, caratterizzare i personaggi), stendere (fissare il testo in prosa, nelle varie scene e atti), verseggiare (trasporre tutto in endecasillabi sciolti).<ref name="ReferenceBSambugar-Salà">{{cita libro | autore1=Marta Sambugar, | autore2=Gabriella Salà, ''| titolo=Letteratura modulare'',Modulare vol| 1,anno=2008 introduzione| allaeditore=La ''VitaNuova scrittaItalia da| esso''città= diFirenze V.| Alfierivolume=1 }}</ref>
 
Alfieri volle coniugare il melodramma, molto in auge in quel periodo, con i temi più ostici della tragedia. Nacque così l<nowiki>'</nowiki>''Abele'' (1786), un'opera che egli stesso definì ''«tramelogedia''».
=== Tramelogedia ===
 
Alfieri volle coniugare il melodramma, molto in auge in quel periodo, con i temi più ostici della tragedia. Nacque così l'''Abele'' (1786), un'opera che egli stesso definì ''tramelogedia''.
=== Caratteri della tragedia alfieriana ===
Alfieri concepisce la tragedia come gesto assoluto, collocato nello spazio chiuso di un teatro vuoto dove sono le parole, con la loro energia, a creare le azioni e i conflitti. Il destino tragico non deriva da impedimenti politici, sociali o di altro tipo, ma piuttosto scaturisce dalla volontà degli stessi eroi alfieriani. Questa assoluta concentrazione viene ribadita dal ritmo del tempo, che viene scandito dall'alternanza del giorno e della notte. I riferimenti sul rischiaramento dell'alba e sul discendere delle tenebre non sono mai meramente descrittivi, ma evocano le forme della natura «come segni indeterminati degli impulsi che trascinano i personaggi».<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | p=534 }}</ref> Alfieri rifiuta la razionalità tipica del classicismo settecentesco; ricorre piuttosto la spezzatura e la difficoltà, alla ricerca di un linguaggio classico assoluto e tutto concentrato in sé.
 
Lo schema ricorrente nella tragedia alfieriana può essere individuato nella contrapposizione tra eroi positivi ed eroi negativi. Mentre i primi incarnano virtù come giustizia o la dolcezza, gli eroi negativi sono mossi dalla brama di potere e calpestano ogni valore. Nelle tragedie politiche lo scontro è tra l'uomo libero e il tiranno, a cui si aggiungono vari personaggi secondari. Tra questi non mancano i collaboratori dei tiranni, esseri meschini che contribuiscono alla realizzazione di crudeltà. Il tiranno e l'uomo libero, però, si staccano per la loro grandezza sulle altre figure presenti nel dramma. Spesso inoltre i due personaggi principali possono essere legati da vincoli familiari, un rapporto che contribuisce a complicare la vicenda. Si potrebbe vedere in questo un elemento autobiografico: gli eventi sanguinosi che travolgono le famiglie nel finale delle tragedie potrebbero quindi essere interpretati come un segnale di malessere. In questo senso, le tragedie potrebbero essere considerate come frammenti di un'unica grande opera autobiografica, un'ipotesi che viene giustificata con l'attenzione messa dallo stesso Alfieri nell'ordinare i suoi drammi in un corpus unitario.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2001 | Einaudi | Torino | pp=534-536 }}</ref>
 
=== Le commedie ===
Alfieri scrissescrive anche sei commedie: ''L'uno'', ''I pochi'', ''I troppi'', ''L'antidoto'', ''La finestrina'', ''Il divorzio''. Le prime quattro costituiscono una specie di tetralogia politica, ''La finestrina'' è un'opera a carattere etico universale, mentre ''Il divorzio'' tratta dei costumi italiani contemporanei. Furono scritte nell'ultima parte della vita dell'Alfieri, intorno al 1800, anche se l'idea di produrre commedie fu concepita alcuni anni prima. Lo stesso Alfieri racconta nella ''Vita'' di essersi ispirato a Terenzio per creare un proprio stile di autore comico:
 
{{quote|Pigliai anche a tradurre il Terenzio da capo; aggiuntovi lo scopo di tentare su quel purissimo modello di crearmi un verso comico, per poi scrivere (come da gran tempo disegnava) delle commedie di mio; e comparire anche in quelle con uno stile originale e ben mio, come mi pareva di aver fatto nelle tragedie.|da ''Vita'' di V. Alfieri, ''Epoca quarta'', ''1790'', ''capitolo XX''}}
 
I giudizi sulle commedie dell'di Alfieri sono in genere assai negativi. Uno studio su queste composizioni è quello di Francesco Novati,<ref>{{cita libro| autore=Francesco Novati, ''| capitolo=L'Alfieri poeta comico'', in| ''[opera=Studi critici e letterari| editore=Loescher | città=Torino | anno=1889 | url=http://www.archive.org/details/studicriticielet00novauoft Studi critici e letterari]'', Ermanno Loescher, Torino, 1889}}</ref> il quale, pur considerandole «un importante documento, una pagina notevolissima della storia della letteratura», principalmente perché le ritiene «un tentativo originale, nuovo, ardito», le definisce nel complesso «opere imperfette, in parte rifatte, emendate, limate» e ne elenca numerosi difetti: la lingua in cui sono scritte «è un faticoso miscuglio di vocaboli e modi famigliari, popolari talvolta, anzi prettamente fiorentini, e di forme auliche, lontanissime dall'uso comune», e il dialogo che ne consegue «manca di vivacità, scioltezza e spontaneità»; il verso «è riuscito duro, stentato, fiacco, cadente, senza suono, senza carattere»; in generale sono «ideate e condotte secondo teoriche sull'indole e sullo scopo del teatro comico che non si possono approvare».
 
Lo stesso Novati riporta altri giudizi ancora più severi, come quello di Vincenzo Monti, che giudicava «insopportabili» tutte le opere postume di Alfieri, o di Ugo Foscolo, che dissedefinì le commedie «modelli di stravaganza». In un altro studio sulle commedie di Alfieri<ref>Ignazio Ciampi, ''Vittorio Alfieri autore comico'', in ''[http://www.archive.org/details/lacommediaitalia00ciam La commedia italiana: studi storici, estetici e biografici]'', Roma, Galeati, 1880</ref>, Ignazio Ciampi sostiene che l'autore «dimostra non aver troppo ben pensato sullo scopo e sulla utilità della commedia quando insegna un po' troppo assolutamente che in questa non si debbono dipingere i costumi del tempo in cui si scrive, ma l'uomo in generale», individuando tuttavia in queste opere alcuni «pregi d'invenzione e di esecuzione».<ref>{{cita libro | autore=Ignazio Ciampi | capitolo=Vittorio Alfieri autore comico | url=http://www.archive.org/details/lacommediaitalia00ciam | opera=La commedia italiana: studi storici, estetici e biografici | editore=Galeati | città=Roma | anno=1880}}</ref>
 
== Scritti politici ==
=== Le prose politiche ===
L'odio per la tirannia e l'amore viscerale per la libertà, vennero sviluppati in varie opere di argomento politico:
 
* ''Della tirannide'' (1777-1790), di tema interamente politico, scritto durante il suo soggiorno a Siena dove conobbe il suo più grande amico, il mercante Francesco Gori Gandellini. L'Alfieri fa una disamina del dispotismo, considerandolo la rappresentazione più mostruosa di tutti i tipi di governo. La tirannide è basata, per Alfieri, sul sovrano, sull'esercito, sulla Chiesa che costituiscono le basi di questo Stato.<ref>Vittorio Alfieri, ''Trattati politici''</ref>
* ''Del principe e delle lettere'' (1778-1786), di tema politico-letterario, dove l'Alfieri giunge alla conclusione che il binomio monarchia e lettere sia dannoso per lo sviluppo di queste ultime. Il poeta prende in esame anche le opere di Virgilio, Orazio, [[Storia della letteratura italiana../Ludovico Ariosto|Ariosto]], Racine, nate con il benestare di principi o monarchi munifici e le considera il frutto di uomini "mediocri", contrapponendoli a Dante.
* ''Panegirico di Plinio a Trajano'' (1787), personale rivisitazione dell'omonimo panegirico di Plinio il Giovane (''Panegirico a Traiano'').
* ''La Virtù sconosciuta'' (1789), il poeta in un dialogo immaginario con l'amico defunto Gori Gandellini, lo paragona a fulgido esempio di virtù cittadina ed indipendenza morale.
 
=== Le odi politiche ===
''L'Etruria vendicata'', poema in quattro canti e in ottave progettato nel maggio 1778, inizialmente con il titolo ''Il Tirannicidio'', narra l'uccisione di Alessandro de' Medici ada opera di Lorenzino, che l'Alfieri celebra come un eroe didella libertà. ''L'America libera'' è un componimento di cinque odi, in cui si esalta la generosità disinteressata di La Fayette, che aiutò i ribelli e celebra l'eroismo di George Washington, che Alfieri paragona a quello degli antichi eroi. ''Parigi sbastigliato'', è infine un'ode composta da Alfieri dopo la distruzione della Bastiglia. Fu rinnegata dopo la fuga dalla Francia.
 
=== L'odio antirivoluzionario: il ''Misogallo'' ===
[[File:Charles Thévenin - La prise de la Bastille.jpg|thumb|Charles Thévenin, ''La presa della Bastiglia'', 1793. Musée Carnavalet, Parigi]]
Il ''Misogallo'' (dal greco ''miseìn'' che significa odiare, e "gallo" che sta ada indicare i francesi) è un'opera che aggrega generi diversi: prose (sia discorsive sia in forma di dialogo tra personaggi), sonetti, epigrammi ede un'ode. Questi componimenti si riferiscono al periodo compreso tra l'insurrezione di Parigi neldel luglio 1789 e l'occupazione francese di Roma neldel febbraio 1798.
 
È una feroce critica di Alfieri, sullaalla Francia e sullaalla Rivoluzionerivoluzione, ma eglil'autore rivolge l'invettiva anche verso il quadro politico e sociale europeo, verso i molti tiranni antichi e recenti, che dominarono e continuavano a dominare l'Europa. Per l'Alfieri, «i francesi non possono essere liberi, ma potranno esserlo gli italiani», mitizzando così un'ipotetica Italia futura, «virtuosa, magnanima, libera ed una».<ref>V.{{cita libro|autore=Vittorio Alfieri, ''|titolo=Misogallo'', |volume=parte I}}</ref>
 
Alfieri è quindi un controrivoluzionario e un aristocratico (anche se la "nobiltà" non è per lui "di nascita", prova ne sia il disprezzo per la sua stessa classe sociale, ma quella dell<nowiki>' </nowiki>''animo forte'', dotato del "forte sentire") anche se non si può certo definire un reazionario, essendo un uomo che esaltava sempre e solo il valore della libertà individuale, che ritenne potesse essere preservata dalla nuova Italia che sarebbe nata.<ref>[[s:L'ideale politico di Vittorio Alfieri|Mario Rapisardi, ''L'ideale politico di Vittorio Alfieri]]</ref>
 
Alfieri fu contrario alla pubblicazione che fu fatta in Francia dei suoi trattati giovanili in cui esprimeva le sue idee anti-tiranniche in maniera decisa, lasciando trasparire anche un certo anticlericalismo, come il trattato ''Della tirannide''; tuttavia anche dopo la pubblicazione del ''Misogallo'' non ci fu in lui un rinnegamento di queste posizioni, quanto la scelta del male minore, ovvero il sostegno verso chiunque si opponesse al governo rivoluzionario, che lo faceva inorridire per lo spargimento di sangue del regime del Terrore - sia contro nobili e antirivoluzionari, che contro rivoluzionari non club dei giacobini (i girondini) - e per aver portato la guerra in Italia; secondo Mario Rapisardi<ref>M. Rapisardi, ''La religione di Vittorio Alfieri''</ref> egli, che non era anti-riformista (purché il rinnovamento venisse dall'alto, dal legislatore, e non dalla pressione e dalla violenza popolare), aveva paura di essere confuso con i "demagoghi francesi", che incitavano la "plebe". Così si espresse nel trattato sopracitato a proposito della religione cattolica, che egli giudica un mezzo di controllo sul popolo meno istruito (anche se, in fondo, dannoso anche per l'attitudine "da schiavo" che induce in esso), poco valido per un letterato o un filosofo<ref>''ibidem''</ref>: "Il Papa, la Inquisizione, il Purgatorio, il sacramento della Confessione, il Matrimonio indissolubile per Sacramento e il Celibato dei preti, sono queste le sei anella della sacra catena" e "un popolo che rimane cattolico deve necessariamente, per via del papa e della Inquisizione, divenire ignorantissimo, servissimo e stupidissimo".<ref>V. Alfieri, ''Della tirannide'', pag. 76 e seguenti</ref>
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In una lettera all'abate di Caluso del 1802, Alfieri ribadisce privatamente le sue tesi giovanili (che quasi rinnegava invece pubblicamente, nel ''Misogallo'' e nelle ''Satire'')<ref>M. Rapisardi, ''ibidem''</ref>: "Il motore di codesti libri fu l'impeto di gioventù, l'odio dell'oppressione, l'amore del vero o di quello che io credeva tale. Lo scopo fu la gloria di dire il vero, di dirlo con forza e novità, di dirlo credendo giovare.(...) Il raziocinio di codesti libri mi pare incatenato e dedotto, e quanto più v'ho pensato dopo, tanto più sempre mi è sembrato verace e fondato; e interrogato su tali punti tornerei sempre a dire lo stesso, ovvero tacerei.(...) In due parole, io ''approvo solennemente tutto quanto quasi è in quei libri''; ma condanno senza misericordia chi li ha fatti e i libri medesimi, perché non c'era bisogno che ci fossero, e il danno può essere maggiore assai dell'utile".<ref>Lettera all'abate di Caluso del gennaio 1802</ref>
 
=== PoesiaLe ''Satire'' ===
=== Le satire ===
Pensate fin dal 1777 e riprese più volte nell'arco della sua vita, sono componimenti sui "mali" che afflissero l'epoca del poeta. Sono diciassette:
 
* ''Prologo: Il cavalier servente veterano'', ridicolizzazioneridicolizza deii cicisbei.
* ''I re'', sulla monarchia assoluta.
* ''I grandi'', in cui sono presi di mira i grandi di corte.
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* ''La sesquiplebe'', che tratta della ricca borghesia cittadina.
* ''Le leggi'', con una critica sul poco rispetto delle leggi in Italia.
* ''L'educazione'', sull'istruzione.
* ''L'antireligioneria'', ispirata alle idee di Machiavelli, sulla religione come ''instrumentum regni'' (ovvero mezzo politico e non spirituale), è una caustica e durissima condanna di Voltaire e dei suoi epigoni, che nell'aver empiamente dileggiato e superficializzato il cristianesimo e la religione in generale, hanno di fatto gettate le basi per i disastri della rivoluzione francese. Secondo Alfieri è molto pericoloso distruggere un sistema di pensiero religioso, senza prima averlo sostituito con uno nuovo e altrettanto capace di essere compreso dal popolo, verso cui l'autore non nutre alcuna fiducia, e funzionare da garante di ordine.<ref>Mario Rapisardi, ''La religione di Vittorio Alfieri''</ref> In realtà, cosa che Alfieri sembra qua ignorare, è lo stesso Voltaire, bersagliato dalla satira, che ritiene che la religione possa, quando non è dannosa, fare da strumento di ordine per il popolo.<ref>Voltaire, ''Trattato sulla tolleranza'', cap XX, "Se sia utile mantenere il popolo nella superstizione"</ref>
* ''I pedanti'', contro la critica letteraria.
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* ''Le donne'', in cui l'Alfieri considera il "gentil sesso" sostanzialmente migliore degli uomini, ma imitatore dei loro difetti.
 
=== RimeOpere autobiografiche ===
=== Le satire''Rime'' ===
{{vedi source|Rime (Alfieri)}}
[[File:Ritratto di Alfieri François-Xavier Fabre.jpg|thumb|Vittorio Alfieri in un altro ritratto di François Xavier Pascal Fabre]]
Alfieri scrissecompone le ''Rime'' tra il 1776 ed il 1799. StampòStampa le prime (quelle scritte fino al 1789) a Kehl, tra il 1788 e il 1790. Preparò a Firenze nel 1799 la stampa della seconda parte, che costituì l'undicesimo volume delle ''Opere Postume'', pubblicato per la prima volta a Firenze nel 1804 per l'editore Piatti.<ref>le Opere Postume uscirono con la falsa indicazione della pubblicazione a Londra</ref>
 
Le Rime di Vittorio Alfieri sono circa 400 e hanno un carattere fortemente autobiografico: difattiinfatti costituiscono una sorta di diario in poesia e nascono da impressioni su luoghi e vicende concrete o come sfogo legato a particolari occasioni amorose, e questa qualità si evince anche dal fatto che ogni poesia di norma reca l'indicazione di una data o di un luogo. Si tratta soprattutto di sonetti, forma poetica assai cara all'autore, poiché gli permettevano di esprimere i suoi sentimenti e le sue idee con una grande concentrazione concettuale.<ref name="Alfieri e Petrarca">[http://www.150.provincia.asti.it/index.php?option=com_content&view=article&id=107:alfieri-e-petrarca&catid=15:annunci&Itemid=29 Alfieri e Petrarca]</ref>
 
Le ''Rime'' si ispirano soprattutto alla poesia di Francesco Petrarca sia nelle situazioni sentimentali sia nel ricorrere di parole, formule e frasi, spesso tratte dal Canzoniere. Ma Alfieri, diversamente dal petrarchismo settecentesco degli arcadi, trae da Petrarca l'immagine di un io diviso tra forze opposte, portando il dissidio interiore ad una tensione violenta ed esasperata. Alfieri poi si ispira al linguaggio musicale e melodico dell'autore del Canzoniere, ma solo esteriormente: infatti il suo è un linguaggio aspro, antimusicale, caratterizzato da un ritmo spezzato da pause, inversioni ardite, violente inarcature degli enjambements, scontri di consonanti e formule concise e lapidarie. Un linguaggio simile a quello delle tragedie dunque, che deve rendere lo stato d'animo inquieto e lacerato del poeta: infatti la poesia per Alfieri deve puntare all'intensificazione espressiva delle proprie angosce e sofferenze.<ref name="Alfieri e Petrarca"/>
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Alfieri poi delinea un ritratto idealizzato di sé: difatti si presenta come letterato-eroe e negli atteggiamenti titanici e fieri dei protagonisti delle sue tragedie. È l'ideale di un uomo in cui domina più il sentimento (il "Forte sentire") che la ragione.<ref>[https://docs.google.com/document/d/1ONkDOkWdKX2kDiaKK-gxvcL3bKR1nW53hXiVNbT_77M/edit?pli=1 Vittorio Alfieri, ''Il forte sentire e la tragedia'']</ref>
 
Compare poi nelle Rime la tematica pessimistica che costituisce il limite della tensione eroica di Alfieri. Sempre presenti sono in lui "Ira" e "Malinconia", da una parte il generoso sdegno di un'anima superiore verso una realtà vile, dall'altra un senso di disillusione e di vuoto, di noia, di vanità. La morte diventa dunque un tema ricorrente e viene vista dal poeta come l'unica possibilità di liberazione e anche come l'ultima prova davanti alla quale bisogna confermare la saldezza magnanima dell'io. Questo pessimismo porta quindi all'amore per i paesaggi aspri, selvaggi, tempestosi e orridi, ma anche deserti e silenziosi: l'io del poeta vuole infatti intorno una natura simile a sé, una proiezione del proprio animo e questo è un motivo già tipicamente romantico.<ref name="ReferenceBSambugar-Salà"/>
 
=== La ''Vita scritta da esso'' ===
[[File:Ritratto di Alfieri François-Xavier Fabre.jpg|thumb|Vittorio Alfieri in un altro ritratto di François Xavier Pascal Fabre]]
Alfieri cominciò a scrivere la propria biografia (la "Vita scritta da esso" ) dopo la pubblicazione delle sue tragedie. La prima parte fu scritta tra il 3 aprile ed il 27 maggio 1790 e giunge fino a quell'anno, la seconda fu scritta tra il 4 maggio ed il 14 maggio 1803 (anno della sua morte).<ref name="ReferenceC">Autori Vari, I classici del pensiero italiano, biblioteca Treccani 2006 Trebaseleghe (Padova)</ref>