Storia della letteratura italiana/Andrea Zanzotto: differenze tra le versioni

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===Il linguaggio come dimensione totale===
 
{{Nota|
<small>|contenuto="Ho raccolto la foglia di colore/e la ciliegia dimenticata/sul colle meno visibile;/infanzia raccolta acino ad acino,/infanzia sapido racimolo,/la formica ha consumato il gusto/mutato della ciliegia/l'acqua movenza timida/inizia radici" (da '''Dietro il paesaggio''')</small>}}
Negli anni Cinquanta uscirono le prime raccolte di Zanzotto e subito, da "Dietro il paesaggio" ([[1951]]) a "Elegia e altri versi" ([[1954]]) a "Vocativo" ([[1957]]), risultò chiara la tendenza del poeta a considerare il [[linguaggio]] una dimensione totale , l'unica in grado di garantire all'individuo e al mondo una vera consistenza e una reale esistenza.
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{{Nota|
<small left>"...dove il fiume sussulta/e tenta col vano meandro/liberarsi dal melmoso autunno,/più vicino al tuo volto/al tuo corpo embrione aspro del sole:/là mi riscuoto, là rovescio la vita/mia,sonno infetto di terra,/là sei, vera pietra e vera terra/che arresta e stringe al muro i paesaggi;/e la fuliggine delle alluvioni/invola contro monte il mezzodì" (da '''Elegia e altri versi''')</small left>}}
 
===La forma indipendente dal contenuto===
{{Nota|
In "Dietro il Paesaggio" e in "Elegia" il poeta sembra voler verificare le risorse del [[Lingua (idioma)|codice linguistico]] apportato dalla recente [[letteratura]] [[Europa|europea]]. Le due raccolte, sostanziate da notevoli contributi [[Surrealismo|surrealisti]] ed ermetici si collocano sul piano di una specie di letterarietà assoluta, dove la forma sembra tendere ad una decisa indipendenza dai contenuti, in grado di far risaltare la verità separata dal linguaggio.<br>
<small left>|contenuto="...dove il fiume sussulta/e tenta col vano meandro/liberarsi dal melmoso autunno,/più vicino al tuo volto/al tuo corpo embrione aspro del sole:/là mi riscuoto, là rovescio la vita/mia,sonno infetto di terra,/là sei, vera pietra e vera terra/che arresta e stringe al muro i paesaggi;/e la fuliggine delle alluvioni/invola contro monte il mezzodì" (da '''Elegia e altri versi''')</small left>}}
In "Dietro il Paesaggio" e in "Elegia" il poeta sembra voler verificare le risorse del [[Lingua (idioma)|codice linguistico]] apportato dalla recente [[letteratura]] [[Europa|europea]]. Le due raccolte, sostanziate da notevoli contributi [[Surrealismo|surrealisti]] ed ermetici si collocano sul piano di una specie di letterarietà assoluta, dove la forma sembra tendere ad una decisa indipendenza dai contenuti, in grado di far risaltare la verità separata dal linguaggio.<br>
 
{{Nota|
<small>"O grumi verdi, ostile/spessore d'erompenti pieghe,/terra _ passato di tomba -/donde la mia/ lingua disperando si districa/ e vacilla; vacilla se dal dorso/attonito del monte/smuove le sue lebbrose fronti il cielo./Ah paesaggio mio fervido, accorato/amoroso paesaggio.Vedo felci/avanzate e sciupate nelle nere/correnti, e tra vaganti/inferni, gorghi atomici, il pudore d'ortica/e il vino e il dolce lavoro di Dolle/deprimere il suo lume,/e la vite inclinarsi disossata/sventurata sulle case, e l'uva/chiudere il vento e il giorno". (da '''Vocativo''')}}
===I turbamenti della struttura sintattica===
{{Nota|
<small>|contenuto="O grumi verdi, ostile/spessore d'erompenti pieghe, / terra _ passato di tomba -/donde la mia / lingua disperando si districa/ e vacilla; vacilla se dal dorso / attonito del monte/smuove le sue lebbrose fronti il cielo./Ah paesaggio mio fervido, accorato / amoroso paesaggio.Vedo felci/avanzate e sciupate nelle nere/correnti, e tra vaganti / inferni, gorghi atomici, il pudore d'ortica/e il vino e il dolce lavoro di Dolle / deprimere il suo lume, / e la vite inclinarsi disossata/sventurata sulle case, e l'uva/chiudere il vento e il giorno". (da '''Vocativo''')}}
 
Ma il rapporto di questa verità con la verità del soggetto, che è poi l'intero punto dolente dell'intera [[opera]] di Zanzotto, inizia già in "Vocativo" a sfaldarsi mettendo in risalto i turbamenti della [[Sintassi|struttura sintattica]], le vertiginose astrazioni [[Concetto|concettuali]] e la complessità sempre maggiore nell'espressione che spesso si risolve con un rifiuto, a volte drastico, della [[logica]] del [[Parti del discorso|discorso]].
 
===Il mondo rappresentato dal paesaggio===
In queste raccolte il mondo è rappresentato dal paesaggio di [[Pieve di Soligo]] dove è nato Zanzotto che dichiarerà in un intervento del [[1981]]:''"Nei miei primi [[Libro|libri]] io avevo addirittura cancellato la presenza umana, per una forma di "fastidio" causato dagli eventi storici; volevo solo parlare di paesaggi, ritornare a una natura in cui l'uomo non avesse operato. Era un riflesso psicologico alle devastazioni della [[guerra]]".''
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===La poesia indipendente dalla langue===
Nello stesso anno in cui Zanzotto prendeva le distanze dalla [[poetica]] e dalla pratica espressiva dei Novissimi, allora ai vertici della Neoavanguardia, esce la raccolta "IX Ecloghe" ([[1962]]) che per gran parte della critica rappresenta una funzione "traghettante" nella sua [[poesia]].<br> In essa si delinea con sufficiente chiarezza la maniera maggiore del poeta, quella in cui la poesia viene eletta come luogo di scavo nella materia linguistica per poterne isolare gli elementi di "autenticità" [[Antropologia|antropologica]] e [[Psicoanalisi|psicoanalitica]] indipendente dall'alienazione sociale che si manifesta con la ''[[Lingua (idioma)|langue]]''.
 
===La funzione primaria del significante===
Nelle Ecloghe la tradizione letteraria diventa oggetto di una tensione [[Metalinguismo|metalinguistica]] alla quale si associano i più disparati materiali verbali privi della minima gerarchia tra i vari registri linguistici, dove l'equivalenza [[semantica]] fa emergere la funzione primaria del significante.
 
===Il congedo dalla purezza verbale===
In Ecloghe il vocabolario della scrittura del poeta si apre maggiormente e, al monolinguismo delle raccolte precedenti, si instaura un repertorio [[Lessico|lessicale]] che accoglie termini diversi, dal [[Tecnologia|tecnologico]] a quello [[Scienza|scientifico]], dal [[gergo]] a quello quotidiano. <br> Contemporaneamente a questa apertura verbale Zanzotto adotta uno schema iperletterario come quello del genere [[Virgilio|virgiliano]] (idillico-pastorale) dell'ecloga e alla parola della realtà affianca quella della tradizione poetica, ricca di arcaismi, [[Dante Alighieri|dantismi]], citazioni [[Lingua greca|greche]] e [[Lingua latina|latine]], come a volersi congedare, in modo ironico, da qualsiasi [[mito]] di purezza verbale.
{{Nota|
<small>|contenuto="a-Eppure tra questa che seppi menzogna,/nella vita, rabbioso m'attardo./Ecco, è come se verso la brughiera/che è eletta dalla lepre/e che il pioppo circonda e vuole a /ombroso letto ai riposi/della sua corona che perisce/nei giorni, è come se/in questo andare che non ha ancora/senso, ma già rifiuta la paura/rifiuta il silenzio-ah, individuata/ e subito confusa legge, bruto/plasma, densissima lingua -/io sia colui che "io"/"io", più che la pietra, la foglia, il cielo, "io":/e in questo, essere indizio, dono,/dono tuo, agli altri donato" (da '''IX Ecloghe''').</small>}}
 
===Lo sdoppiamento del soggetto===
Il soggetto poetante si sdoppia e la ''persona -io'' si divide in più persone denominate a.b.c. e seppure non crollano completamente gli scorci idillici di Lorna e Dolle ("Soffia oro [[settembre]] nelle lente/giornate..."), il lirismo esasperato si dimostra più volte ("...Corpi e [[Occhio|occhi]] in scrigni e culle, corpi/candidi, [[Cellula|cellule]]/di attive nevi,/mobili corpi tenerezza/alla [[mano]], terrore/all'anima, fucate/fosforescenze su tormenti e faglie...") e le cose segnano l'inizio di una invincibile frustrazione.
 
===Il recupero del significato===
In Ecloghe la possibilità del sopravvivere del [[Soggetto]] si affida ad un territorio verbale dove sia possibile recuperare, anche se in misura minima, un [[significato]] in grado di esprimere la vera natura dell'io grazie ad un percorso a ritroso verso il primordiale dei [[Significante|significanti]].
 
===Il linguaggio nella sua totalità===
Se il paesaggio e neppure la convenzione letteraria garantiscono un riparo dalla storia, Zanzotto assume, per uscire da questa crisi, il linguaggio nella sua totalità e - come dice l'[[Stefano Agosti|Agosti]] - "come luogo dell'autentico e dell'inautentico".
Così, nella raccolta "La Beltà", il poeta si immerge totalmente in quel "plasma" della "densissima lingua", operazione necessaria perché il Soggetto poetico possa riappropriarsi del sé.<br>
Ne nasce un dirompente lavoro sul linguaggio con [[Allitterazione|allitterazioni]], doppi sensi, giochi etimologici, [[Neologismo|neologismi]] accentuando l'attività del significante e delle sue imprevedibili associazioni foniche.
{{Nota|
<small> |contenuto="Là origini - Mai c'è stata origine./Ma perché allora in finezza e albore tu situi/la non scrivibile e inevitata elegia in petèl?/"Mama e nona te dà ate e cuco e pepi e memela./Bono ti, ca, co nona, Béi bumba bona, É fet foa e upi."/Nessuno si è qui soffermato - Anzi moltissimi." (da '''La Beltà''')</small>}}
 
===L'origine del senso===
"La Beltà", che può considerarsi la raccolta centrale nella carriera letteraria di Zanzotto, rappresenta il punto più profondo del suo percorso poetico nella quale il poeta trova il senso assoluto del significante. <br> La scoperta che viene fatta in Beltà è quella dell'origine del senso, un luogo che si pone prima dell'individuo e della [[storia]].<br> Esso viene prefigurato nel linguaggio con il quale gli adulti vezzeggiano i bambini e che imita l'articolazione quasi puramente [[Fonema|fonetica]] della prima verbalità infantile, cioè quello che nel dialetto [[Veneto|veneto]] si chiama ''petèl''.
 
===La labilità dell'io e del processo storico===
In Beltà Zanzotto utilizza accostamenti fonici e pseudo-[[Etimologia|etimologici]] paradossali, usa [[Sillaba|sillabazioni]] che non hanno connessioni e forme grammaticali inaudite, come quella dell'[[articolo (grammatica)|articolo]], dell'[[interiezione]] o di [[Prefisso (linguistica)|prefissi]] e [[Suffisso|suffissi]].<br> Si tratta però di manifestazioni labili, come labile e balbettante è il principio dell'io quanto il processo storico.
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==La poesia degli [[Anni 1970|anni Settanta]] ==
===Il ritorno al significato===
{{Nota|
<small>|contenuto="Il centro di Lettura./Distinguere un poco raccogliere mettere da parte/per dirne bene: in tutto:/rigirando bene tutto sotto la lampada.../Qui si somministra la dolcissima linfa del sapere/anche ad ore impensate/e i fanciulli e i vecchi suggono/è certo che apprendono al Centro di Lettura:/e si imparte e comparte la vivanda/si tira l'orecchio al distratto/si premia e castiga con frutto/usando onniveggenza..." (da '''Pasque''')}}
Quella labilità sembra approfondita in alcune composizioni di "Pasque" (1973) , ma per la maggior parte della raccolta si osserva un inatteso ritorno ad un registro discorsivo in cui viene evidenziato il significato enfatizzato dal contesto [[Pedagogia|pedagogico]] che occupa la prima sezione.
 
===Creatività linguistica a qualsiasi livello===
<br> Da ciò si fa evidente ancora una volta come sia un errore voler forzare la produzione di Zanzotto in scansioni o fasi o superamenti, perché il poeta , dopo quanto ha scoperto in Beltà, ci suggerisce con la sua poesia che si può esercitare la [[creatività]] [[linguistica]] allo stesso tempo in qualsiasi direzione e a qualsiasi livello anche lontani e differenti tra di loro.<br>
In questo quadro si inserisce la parentesi dialettale di "Filò" e la trilogia costituita da "Il Galateo in Bosco", "Fosfeni" e "Idioma", in cui l'elemento comune è l'identificarsi del senso originario che può inglobare indifferentemente i vari modi del discorso basandosi sulla casualità offerta dagli incontri tra i significanti.
 
===Le pendici del Montello===
<br>"Il Galateo in Bosco" che è forse, insieme a Beltà, il vertice della poesia zanzottiana, è un'opera di grande compattezza nella quale si fondono e convergono elementi differenti.
Il luogo centrale del libro sono le pendici del Montello che rappresentano allo stesso tempo il luogo naturale, come paesaggio primario dell'autore, il luogo storico, perché segnato dagli [[Conseguenze della prima guerra mondiale|ossari]] dei caduti della [[prima guerra mondiale]], e il luogo letterario, perché il Galateo fu scritto da [[Giovanni della Casa]] e un'ode rustica, elogio del Montello, fu scritta nel [[1863]] da [[Nicolò Zotti]].
 
====Lo spazio====
Lo spazio descritto sedimenta i segni della storia individuale dell'autore, le ossa dei soldati, i segni del ciclo naturale del [[bosco]], gli scritti di poeti e letterati e , oggi, i rifiuti dei villeggianti della [[domenica]].Per descrivere i "vuoti di memoria" collettivi e personali e per illustrare in che modo le [[Collina|colline]] [[Treviso|trevigiane]] sono state insanguinate e distrutte dalla storia, Zanzotto mette a confronto le regole del vivere civile (il Galateo) e la primitiva vitalità della natura (il bosco).
 
====La lingua====
La lingua utilizzata è qui meno aggressiva che in passato anche se punteggiata da continui riferimenti filosofici, da effetti [[Grafica| grafici]] e da vari [[Icona|iconismi]].
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===Il rapporto d'unità con la parola===
In "Fosfeni" la scrittura, che abbandona la prospettiva bassa e boschiva per tendere al sublime, si libera dal peso della letterarietà e fa prevalere l'elemento [[Metafisica|metafisico]] e [[Filosofia|filosofeggiante]] in un impensato e liricamente stupito rapporto d'unità con la parola'':"L'albata e variata nudezza dell'essere/mimerò presto, e il tocco infimo, la vibratile nota,/negato io nel gelo/ contaminazione e chiarore ciliato appena al di qua".''
 
===La possibilità di una lingua più comunicativa===
Nel leggere i versi di Fosfeni, la contemplazione della [[luce]] e delle altitudini sembrava preludere ad un passaggio verso astrazioni assolute, ma invece nel terzo atto della trilogia, in "Idioma", la direzione cambia. <br> Zanzotto propone la possibilità di una lingua più comunicativa riavvicinandosi così al terreno comune dell'esperienza umana.<br>
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===Il paesaggio invasivo===
Con "Meteo" Zanzotto sembra ritornare all'antica descrizione del paesaggio sempre più contaminato che, a differenza del passato, è un "paesaggio invasivo" con le sue [[Plantae|piante]] ( [[Papavero|papaveri]], [[topinambúr]], [[taràssico]] e le "disfatte [[Vitalba|vitalbe]]") e i suoi colori che sembrano appartenere ad una natura che lascia il soggetto al di fuori dei suoi confini e gli permette solamente l'ascolto del suo "''ticchettio''".
 
===L'io passivo===
L'io, che è sempre stato il complemento del paesaggio, si trova, a causa della devastazione dell'ambiente e delle coscienze, ridotto ad un elemento passivo, attonito e spaesato anche di fronte all'"''alta mutezza''" dei prati e delle colline. "Non si sa quanto verde/sia sepolto sotto questo verde/né quanta [[pioggia]] sotto questa pioggia".
 
===L'incontro di soggetto, natura e storia===
In "Meteo" Zanzotto registra il ritmo dei mutamenti delle [[Stagione|stagioni]] con i suoi turbamenti e le sue deformazioni e osserva come l'instabilità del [[clima]] sia legato ai sistemi di comunicazione umana e al succedersi continuo delle previsioni. A tutto questo egli aggiunge l'osservazione della dimensione soggettiva, quella che chiamiamo [[meteoropatia]], quel sentire dentro di sé gli effetti del clima, facendo così incontrare il soggetto, la natura e la storia.
===La parola nel suo disgregarsi===
{{Nota|
<Small>''|contenuto=Sangue e pus, dovunque le sperflue/superfluenti vitalbe che parassitano gli occhi;/un teleschermo, fuori tempo massimo,/Dirette erutta a Balocchi'' ''Live'', da [[Meteo]]</small>}}
 
In "Meteo" Zanzotto segue anche il trasformarsi della natura per effetto dell'[[inquinamento]] che non è solamente materiale ma è anche e soprattutto mentale e linguistico.
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==La poesia del [[2000]]==
{{Nota|
<small> |contenuto="No, tu non mi hai tradito,[paesaggio]/su te ho/riversato tutto ciò che tu/infinito assente, infinito accoglimento/non puoi avere: il nero del fato/nuvola/avversa o della colpa, del gorgo implosivo./...tu forse ormai [[scheletro]] con pochi brandelli/ma che un raggio di [[sole]] basta a far rinvenire/ continui a darmi [[famiglia (società)|famiglia]] (da '''Sovrimpressioni''')</small>}}
Certo è presto per apportare una critica alle ultime opere di Zanzotto, ma è certo che nella sua ultima raccolta di poesie dal titolo "Sovrimpressioni" il poeta, nella distruzione del paesaggio e nella trasformazione dell'ambiente, vede sì i segni del degrado della propria [[terra]] ma vive ancora momenti di apertura affettuosi e ricchi di speranza.