Biografie cristologiche/Stereotipi giudaici: differenze tra le versioni

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{{q|'''''Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero.'''''|Matteo 11:25-30}}
 
La ricerca neotestamentaria corrente sta sempre più separando Gesù dall'Ebraismo. Mediante un'elegante apologetica che cerca di rendere Gesù particolarmente pertinente al ventunesimo secolo, i cristiani trovano in Gesù la risposta di quello che affligge il corpo politico, che sia guerra, etnocentrismo, una religione istituzionale intrecciata allo stato, o misoginia. Affinché Gesù possa asserire questo ruolo liberazionista, egli deve avere qualcosa di concreto da contestare. Il "sistema" cattivo allora viene assegnato, dalla ricerca e dal pulpito, all'Ebraismo del primo secolo.<ref name="Stereo">Questo capitolo si basa soprattutto sui concetti presentati dalle seguenti opere: [[w:Amy-Jill Levine|Amy-Jill Levine]], ''The Misunderstood Jew. The Church and the Scandal of the Jewish Jesus'', HarperOne, 2006, pp. 119-166; [[w:E.P. Sanders|E.P. Sanders]], ''Jesus and Judaism'', Fortress, 1987; [[w:Geza Vermes|Géza Vermès]], ''Jesus the Jew'', Fortress, 1973; ''id.'', ''The Gospel of Jesus the Jew'', University of Newcastle upon Tyne, 1983; ''id.'', ''Jesus and the World of Judaism'', SCM, 1983; ''id.'', ''The Religion of Jesus the Jew'', Fortress, 1993; James H. Charlesworth, ''Jesus within Judaism'', Doubleday, 1988; James H. Charlesworth (cur.), ''Jesus` Jewishness: Exploring the Place of Jesus in Early Judaism'', Crossroads, 1991; [[w:John Meier|John Meier]], ''A Marginal Jew'', 5 voll., 1991/2007 (trad. ital. ''Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico'', Queriniana, 2001/2009); Bernard Lee, ''The Galilean Jewishness of Jesus'', Paulist, 1988; Géza Vermès, ''Jesus in His Jewish Context'', Fortress, 2003; Donald A. Hagner, ''The Jewish Reclamation of Jesus'', Zondervan, 1984; [[w:Jacob Neusner|Jacob Neusner]], ''Judaism in the New Testament: Practices and Beliefs'', Routledge, 1995, pp. 4-9, 98-128; 129-158; Terence L. Donaldson, ''Jews and Anti-Judaism in the New Testament: Decision Points and Divergent Interpretations'', SPCK Publishing, 2010, pp. 12-29, 144-159 & ''passim''.</ref> Omelie e sermoni in chiesa, studio quotidiano della Bibbia, e persino monografie accademiche, raffigurano, sia esplicitamente che implicitamente, un Ebraismo monolitico, impantanato in minuzie legali, senza profondità spirituale, e comunque tutto ciò che (sperano) non è Cristianesimo. Pastori, sacerdoti ed educatori religiosi, cristiani ben consapevoli che il Nuovo Testamento è stato interpretato in una maniera antiebraica, finiscono ciononostante per perpetuare insegnamenti antiebraici.<ref name="Stereo"/>
 
==Il problema teologico==
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Se Gesù è soltanto un rabbino molto in gamba — cioè, uno i cui consigli si possono seguire senza compromettere le proprie convinzioni etiche, ed il cui messaggio e abilità nel raccontare parabole si può risontrare anche nei testi ebraici — allora nella migliore delle ipotesi egli è un bravo insegnante. Ma tale raffigurazione è insufficiente per coloro che si voglioni chiamare "cristiani". Se Gesù non è il Messia, "la via, la verità e la vita", o il "Figlio di Dio", allora non c'è ragione di seguirlo invece di, per esempio, [[w:Gandhi|Gandhi]], [[w:Buddha|Buddha]], [[w:Hillel|Hillel]] o qualsiasi altro grande maestro. Una volta che Gesù viene spogliato dal soprannaturale e dal trascendente, allora non c'è più ragione di recitare il credo, celebrare il Natale o la Pasqua, o affermare la remissione dei peccati mediante il battesimo o la risurrezione dei morti. Come Paolo dice alla sua congregazione di Corinto: "Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede... Se Cristo non è risorto, è vana la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati" (1 Cor. 14:14, 17).
 
Gli scettici cristiani hanno quindi un problema enorme. Perché rimanere cristiani se Gesù è uno dei tanti saggi individui con buone idee per il miglioramento sociale? La risposta più facile è sostenere che Gesù fa ciò che nessun altro ha mai fatto o potrebbe fare; è distinto, speciale, migliore. Questo processo significa raffigurare un Gesù che risalta come unico nel suo contesto ebraico; significa anche accrescere la sua distinzione, e ciò viene fatto dipingendo tale contesto ebraico con colori odiosi. Pertanto, oggigiorno una quantità di stereotipi dell'Ebraismo, basati molto tentativamente su un 'indagine storica, sostituisce una ricerca storica rigorosa. Il loro valore è utilitario, poiché permettono a Gesù di emergere come un insegnante etico speciale, che è in grado di troncare qualsiasi cosa che impedisca ad altri di vivere la vita al massimo.<ref name="Stereo"/> Questa necessità religiosa è ciò che, in gran parte, provoca la descrizione corrente dell'Ebraismo del primo secolo come insabbiata in minuzie legali che soffocano le esigenze individuali, promulgando una teologia bellicosa che non ha posto per la pace, ed è ossessionata da un sistema di purezza che mrginalizza le donne e promuove l'odio degli stranieri. Nell'ambito di tale contesto Gesù emerge quindi come un sindacalista, o membro di [[w:Greenpeace|Greenpeace]], dell'[[w:National Organization of Women|Organizzazione Nazionale delle Donne]], e delle [[w:Nazioni Unite|Nazioni Unite]], a dir poco.
 
Il Gesù della giustizia sociale che promuove una sana interpretazione della [[w:Torah|Torah]], una risposta pacifica all'oppressione, la guarigione dei corpi delle donne, ed il riconoscimento che il Dio di Israele è il Dio dei Gentili, è grandemente attraente ed enormemente utile. L'immagine potrebbe anche essere sostanzialmente vera. Il problema emerge, tuttavia, quando queste osservazioni sono intensificate da una raffigurazione dell'Ebraismo che rigetta tali questioni. Gesù non fu l'unico ebreo a preoccuparsi di questi problemi; i suoi interessi di giustizia sociale lo fanno ebreo piuttosto che separarlo dall'Ebraismo. Oggi purtroppo, data la generale ignoranza dell'Ebraismo del I secolo, ci sono scarsi mezzi con cui il pastore o il prete possa venire a conoscerlo.<ref>[[w:Amy-Jill Levine|Amy-Jill Levine]], ''The Misunderstood Jew. The Church and the Scandal of the Jewish Jesus'', HarperOne, 2006, pp. 119-121.</ref>
 
==Il fallimento didattico==
Per la perpetuazione degli insegnamenti antiebraici, con peccati di commissione ed omissione, si devono biasimare principalmente i dipartimenti di religione, i seminari e le scuole di teologia presso università. Il clero cristiano ed i professori dei seminari in materie come l'Antico e Nuovo Testamento o storia della chiesa, teologia, etica e cura pastorale, non sono tipicamente formati in ''Judaica''. Quello che sanno dell'"Ebraismo" diventa pertanto un senso intuitivo derivante da letture selettive dei due Testamenti. La situazione è particolarmente problematica per i programmi di dottorato di ricerca ([[w:Ph.D.|Ph.D.]]) sul potocristianesimo o il Nuovo Testamento. Non tutti questi programmi richiedono ai candidati di studiare fonti ebraiche come [[w:Flavio Giuseppe|Flavio Giuseppe]] e [[w:Filone di Alessandria|Filone d'Alessandria]], i [[w:Rotoli del Mar Morto|i Rotoli del Mar Morto]], le opere [[w:Pseudoepigrafia|pseudoepigrafiche]] (libri che datano a ca. 300 [[w:e.v.|p.e.v.]]-100 [[w:e.v.|e.v.]], scritti usualmente sotto il nome di notabili antichi, come per es. [[w:Libro di Baruc|2 ''Baruc'']] o [[w:Libro di Enoch|1 ''Enoch'']]), o i testi rabbinici. Invece sono oggi popolari letture di metodologia. Piuttosto che introdurre gli studenti alle fonti primarie, la facoltà istruisce i propri accoliti su "come" leggerle. Il risultato è un candidato al dottorato che può applicare qualsiasi tipo di teoria critica (dal poststrutturale, postmoderno, postcoloniale, femminista, mujerista, Min-Jung, lettura ''queer'', e critica autobiografica, a quello che possa essere di più grande interesse alle riunioni delle facoltà. Indubbiamente queste e altre strategie di lettura sono importanti, ma non hanno valore se lo studente non ha idea del contenuto della [[w:Lettera agli Efesini|Lettera agli Efesini]], o delle ''[[w:Filone_di_Alessandria#Sulla_legge|Leggi Speciali]]'' di Filone, delle ''[[w:Antichità giudaiche|Antichità giudaiche]]'' di Flavio Giuseppe, o del Trattato ''[[w:Sanhedrin|Sanhedrin]]'' della [[w:Mishnah|Mishnah]]. L'aspetto triste di questa concentrazione sulla metodologia è che fra dieci anni la teoria critica-letteraria sarà sorpassata, come sarà sorpassato anche l'accademico che si concentra primariamente sulla teoria. Ancor peggio, una quantità di queste strategie, che cercano di dar voce a vedute che erano state precedentemente sconosciute agli studi accademici, preclude qualsiasi critica. La voce dai margini afferma la la superiorità morale, e tutti coloro che non appartengono al gruppo emarginato devono ascoltarla e, di solito, sentirsi colpevoli. Pertanto, la ricerca cade nel solipsismo, la collocazione sociale dell'interprete è l'unico fattore che determina il significato del testo, e la storia diventa irrilevante.<ref name="Stereo"/>
 
Confessioni cristiane che obbligano il proprio clero ad una formazione formale richiedono ai candidati al ministero di frequentare corsi sull'Antico Testamento. Con queste incursioni introduttorie, gli studenti iniziano a colmare la loro conoscenza dell'"Ebraismo" con ciò che apprendono riguardo ad Abramo o Davide. Spesso, le narrazioni sui patriarchi e la monarchia servono poi a fornire un quadro di ciò che facevano gli ebrei nel I secolo. Un sistema paragonabile sarebbe quello di un ebreo che leggesse la Lettera ai Galati di Paolo o il Vangelo di Marco e affermasse, su tale base, di conoscere ciò che fanno quotidianamente i membri della parrocchia cattolica locale. La Legge del [[w:Pentateuco|Pentateuco]], a parte i [[w:Dieci Comandamenti|Dieci Comandamenti]], tipicamente viene ignorata nella classi sull'Antico Testamento, poiché ingiunzioni riguardo a come si piantano i raccolti o si costruisce un tempio sono generalmente irrilevanti per la chiesa moderna e noiose per gli studenti cristiani. Tuttavia, questo materiale giuridico viene citato, selettivamente, in classi sul ''Nuovo Testamento'' e in libri sul Nuovo Testamento come fonte principale per comprendere il contesto ebraico di Gesù. Invece di esaminare gli scritti di Flavio Giuseppe o Filone, i Rotoli del Mar Morto, qualsiasi dei documenti non canonici scritti da ebrei nel primo secolo [[w:e.v.|p.e.v. ed e.v.]], o anche ricercare attentamente i testi rabbinici per trovare informazioni sulle pratiche del primo secolo, la scelta si dirige verso ciò che gli studenti hanno sottomano, cioè la propria copia dell'Antico Testamento. Che sia citato esplicitamente o ipotizzato implicitamente, i candidati al ministero suppongono che gli ebrei del I secolo seguissero la Legge biblica nella sua totalità. L'interpretazione normativa è che, se uno legge il [[w:Levitico|Levitico]], si presume di capire ciò che stessero facendo Pietro e tutti i suoi vicini di Cafarnao. Una volta che questa interpretazione levitica viene consolidata, i lettori cristiani arrivano al Nuovo Testamento aspettandosi che il contesto ebraico di Gesù sia demarcato dalle pratiche del codice legale. I lettori quindi, avendo implicitamente dissociato Gesù e Paolo dagli "ebrei", considerano gli "ebrei" come neurotici ossessivi che pagano "la decima della menta, dell'anèto e del cumìno", e trasgrediscono "le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà." (Mt 23:23) oppure come elitisti legalisti compiacenti che "si gloriano nella Legge" (Rom. 2:23).<ref name="Stereo"/>
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==Stereotipi misogini==
Più di trent'anni fa, la seconda ondata del pensiero femminista iniziò ad avere un impatto sugli studi biblici.<ref name="Miso">Questa sezione ha beneficiato soprattutto delle seguenti fonti secondarie: [[w:Amy-Jill Levine|Amy-Jill Levine]], ''The Misunderstood Jew. The Church and the Scandal of the Jewish Jesus'', HarperOne, 2006, pp. 131-143; [[w:Amy-Jill Levine|Amy-Jill Levine]] (cur.), ''A Feminist Companion to John'', Vol. I (di 2 voll.), Feminist Companion to the New Testament and Early Christian Writings, 4, Sheffield Academic Press, 2003, pp.98-125 (123-124); Charlotte Elisheva Fonrobert, "When Women Walk in the Ways of Their Fathers: On Gendering Rabbinic Claims for Authority", ''Journal of the History of Sexuality'' 10, 2001, pp. 398-415; [[w:E.P. Sanders|E.P. Sanders]], ''Jesus and Judaism'', Fortress, 1987; [[w:Geza Vermes|Géza Vermès]], ''Jesus and the World of Judaism'', SCM, 1983; ''id.'', ''The Religion of Jesus the Jew'', Fortress, 1993; James H. Charlesworth, ''Jesus within Judaism'', Doubleday, 1988; James H. Charlesworth (cur.), ''Jesus` Jewishness: Exploring the Place of Jesus in Early Judaism'', Crossroads, 1991.</ref> Cercando un Gesù che fornisse "immagini molto più positive per le donne di quanto la nostra formazione presso le varie chiese o i nostri studi accademici non ci avesse fatto credere",<ref>Joanna Dewey, "'Let them renounce themselves and take up their cross': A Feminist Reading of Mark 8:34 in Mark's Social and Narrative World", in Amy-Jill Levine (cur.), ''A Feminist Companion to Mark, cit.'', pp. 22-36.</ref> le donne cristiane cominciarono a guardare i Vangeli con nuove prospettive. Il problema qui era che mancavano prove dirette delle vedute speciali e progressiste di Gesù sulle donne. Invece le prove contrarie sembravano abbondare. Dalle pagine dei Vangeli Gesù emerge come un uomo del primo secolo che, in gran parte, sostiene i ruoli normativi dei sessi presenti nei contesti ebraici e pagani del suo tempo. Secondo lui, uomini e donne hanno ruoli separati da interpretare. Non nomina nessuna donna a far parte del suo stretto gruppo di dodici discepoli; colloca uomini e donne in ruoli determinati dal rispettivo sesso, di "fratello e sorella e madre" (Mc 3:34); parla della notte in cui "due si troveranno in un letto [o triclinio, divano del pasto]: l'uno verrà preso e l'altro lasciato; due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l'una verrà presa e l'altra lasciata" (Lc 17:35-36). Finché gli uomini mangiano e le donne cucinano, la liberazione è ancora lontana.<ref name="Miso"/>
 
Ciononostante, questi primi movimenti femministi avevano un meccanismo preconfezionato per rendere Gesù uno dei loro: abbassare la barra del suo contesto ebraico. Peggio appariva l'Ebraismo e meglio sembrava Gesù al confronto. Se l'Ebraismo poteva esser visto come un sistema completamente repressivo, allora ogniqualvolta Gesù è descritto che parla ad una donna, guarisce il di lei corpo, o riceve il di lei supporto, egli diventa un portavoce della liberazione delle donne. Per esempio, commentatori insistono frequentemente che Gesù trasgredì la Legge Ebraica parlando alle donne, poiché "i rabbini" proibivano le conversazioni tra i sessi. Ancor più irregolare, permise a Maria di Betania di sedersi ai suoi piedi e ricevere ammaestramenti, mentre "i rabbini" proibivano alle donne di imparare la Torah. "Gesù è il solo rabbino che..." diventò una litania nei primi corsi di studio neotestamentari femministi, e rimane tuttora un luogo comune in sermoni e insegnamenti. L'argomento, al di là dall'assistere le donne nel ricoprire nuovi ruoli in chiesa, si basa su una ricerca storica superficiale e travisata. I commentatori cristiani interessati a promuovere un Gesù progressista sulle problematiche della donna fanno riferimento amateriali rabbinici selettivi per dimostrare come il loro Messia rifiutasse il misoginismo ebraico. Tra le citazioni preferite c'è ''[[w:Pirkei Avot|Pirkei Avot]]'' 1:5, in cui Rabbi Jose ben Jochanan di Gerusalemme afferma: "Che la tua porta stia spalancata, e lascia che i bisognosi siano la tua famiglia; e non prolungare la tua conversazione con la donna." La [[w:Mishnah|Mishnah]] poi aggiunge la glossa: "Significavano la propria moglie, ancor di meno la moglie del vicino. Pertanto i saggi dicono «Ogni volta che l'uomo prolunga la sua conversazione con la donna, egli si fa del male e abbandona le parole della Torah, e alla fine si prepara per la [[w:Geenna|Geenna]]»". È difficile affermare che i testi rabbinici siano uniformemente un tesoro di argomentazioni a favore dell'uguaglianza delle donne; ciò nondimeno, un' accostamento selettivo di citazioni rabbiniche negative con materiale estratto dai Vangeli distorce la discussione. "I rabbini" rappresentano centinaia di persone che scrissero nel corso di svariati secoli, ed i documenti che riportano i loro scritti postdatano il tempo di Gesù. Alcuni rabbini avevano tendenze misogine, come le avevano alcuni padri della chiesa contemporanei (per esempio, [[w:Tertulliano|Tertulliano]] [160-225 ca.], che afferma "Voi siete la porta del Diavolo!")<ref>''De cultu feminarum'' 1.1.2.</ref> Altre asserzioni rabbiniche sono progressiste riguardo alle donne, come lo sono altre dei padri della chiesa. Paragonare Gesù ai "rabbini" è come paragonare il grande maestro ebreo [[w:Hillel|Hillel]] ai "padri della chiesa".<ref name="Miso"/>
 
Né Gesù è un "rabbino" nel senso che gli autori della Mishnah e del Talmud sono rabbini. Gesù non passò il suo tempo a studiare l'interpretazione sistematica della Torah o a svilupparer un piano per la santificazione della vita quotidiana mediante la pratica e la preghiera. Piuttosto, affrontò i problemi quando gli si presentarono o quando gli venne chiesto specificamente. Egli è meglio raffigurato come un insegnante carismatico, un guaritore, un predicatore di saggezza tradizionale, piuttosto che come un rabbino che, nelle case di studio si concentrava a comprendere le parole della Torah e a determinare come potessero essere meglio applicate. Il paragone può soltanto peggiorare perché, come già detto, gli esperti neotestamentari usualmente mancano di formazione sulle fonti rabbiniche; è necessaria una formzione specialistica, poiché tali documenti sono spesso oscuri agli inesperti. Come succede oggigiorno per i documenti legali, le fonti rabbiniche presuppongono una conoscenza della storia dell'interpretazione e adottano un gergo "interno" frequentemente incomprensibile agli "esterni". Ancor peggio per gli inesperti dei testi, questi passano da materia a materia, inseriscono lunghe digressioni , e rifiutano di fornire date per le proprie affermazioni. Un passo mette insieme conversazioni di rabbini che sono vissuti centinaia di anni e centinaia di chilometri l'uno dall'altro. E per rendere la cosa più complicata, esistono due maggiori raccolte di materiale rabbinico, il [[w:Talmud palestinese|Talmud palestinese]] ed il [[w:Talmud babilonese|Talmud babilonese]], e non sempre sono d'accordo. Cosa deve quindi fare il povero studioso o predicatore che cerca di trovare un contesto per Gesù? La maggioranza si basa su fonti secondarie precedenti, che a loro volta si basano su stidi ancor più precedenti. In una versione accademica del gioco infantile del telefono, gli studiosi citano altri studiosi che citano altri studiosi che ad un certo punto fanno riferimento a fonti rabbiniche. Pochi vanno a controllare l'originale. Ancor più pochi si sforzano di controllare il contesto della citazione. Pochissimi cercano controprove.<ref name="Miso"/>
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Gesù parla con le donne in pubblico, come hanno fatto altri uomini ebrei: la cosa non è affatto anomala. Il Nuovo Testamento stesso descrive uomini e donne che parlano insieme. Secondo Luca, un ebreo anziano di nome Simeone parla direttamente a Maria nel Tempio di Gerusalemme (Lc 2:34); nessuno studioso se ne meraviglia. Ci furono certamente uomini tra gli ebrei che andarono a consolare Maria e Marta (Gv 11:19) alla notizia che Lazzaro era morto; non sarebbero stati fuori posto. Pietro parla a Saffira (Atti 5:8), e Paolo parla a Lidia (Atti 16:14-15). L'idea che Gesù sia anomalo nel parlare alle donne deriva da diversi fattori. Primo, poiché secondo il Vangelo di Giovanni i discepoli di Gesù "si meravigliarono che parlasse con una donna" (4:27), i commentatori presumono che i discepoli fossero ritornati alle loro basi ebraiche in cui gli uomini non parlavano con le donne. Si ignora l'altrettanto probabile idea che fossero meravigliati di trovare ''Gesù'' che parlava con una donna: egli era infatti stato meno che loquace con sua madre alle nozze di Cana, e inoltre non aveva designato nessuna donna a stare con lui come parte dei Dodici. Ulteriormente, i discepoli potevano essersi sorpresi anche del fatto che stesse parlando proprio con ''questa'' donna, una samaritana. Gesù non li aveva destinati a nessuna missione samaritana, ed i Vangeli Sinottici escludono una qualsiasi missione samaritana. Marco non cita samaritani; Luca riserva la missione samaritana ad un evento postpasquale (Atti 8); ed in Matteo Gesù istruisce i Dodici: "Non andate tra i gentili e non entrate in alcuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele" (10:5-6).<ref name="Miso"/>
 
Il resoconto di Gesù e della donna samaritana da parte di Giovanni si presta a letture che offrono il modo interpretativo dell'"Ebraismo cattivo" verso il "Gesù buono", poiché si adatta alla veduta che Gesù abbatta le barriere tra uomini e donne, ebrei e gentili. In questo scenario, l'"Ebraismo" di nuovo diventa il sistema che erige e cerca di mantenere tali barriere, e la donna samaritana rappresenta l'"esterno" ultimo che trova, con Gesù, il proprio posto all'interno. Il biblista Jerome Neyrey riassume l'opinione prevalente: "Giovanni ha concentrato in questa figura particolare molte delle caratteristiche di persone marginali con cui Gesù tratta nei Vangeli Sinottici. Ella è un' amalgama di devianza culturale. In termini di stereotipi, è una non-ebrea, che è ritualmente impura; è una ''peccatrice'', una persona riconosciuta pubblicamente come ''spudorata''... Come donna spudorata, incorpora la maggior parte delle responsabilità sociali che la emarginerebbero dalla propria società."<ref>Jerome H. Neyrey, "What's Wrong with This Picture? John 4, Cultural Stereotypes of Women, and Public and Private Space", in Amy-Jill Levine (cur.), ''A Feminist Companion to John'', Vol. I, Feminist Companion to the New Testament and Early Christian Writings, 4, Sheffield Academic Press, 2003, pp. 98-125 (123-124). L'articolo è apparso originalmente in ''Biblical Theology Bulletin'' 24, 1994, pp. 77-91.</ref> Neyrey poi afferma che la donna samaritana "rappresenta l'inclusività del gruppo cristiano in una maniera del tutto radicale."<ref>Neyrey, "What's Wrong with This Picture? ''cit.''", p. 124.</ref>
 
Nella narrazione stessa, tuttavia, la donna non è un'"esterna" (estranea, quindi), ritualmente impura, una peccatrice, spudorata, o marginale. Nel contesto di Giovanni 4, è Gesù, l'ebreo nella zona samaritana, che è il vero "esterno", che si comporta in maniera spudorata, e che è al margine della comunità.<ref name="Feminist">Amy-Jill Levine (cur.), ''A Feminist Companion to John'', Vol. I, Feminist Companion to the New Testament and Early Christian Writings, 4, Sheffield Academic Press, 2003, pp. 98-125.</ref>
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L'argomento che l'arrivo della donna al pozzo a mezzogiorno indichi il suo ostracismo sociale, poiché le altre donne del villaggio avrebbero aspettato fino al fresco della sera, vacilla perché ignora l'arte letteraria di Giovanni. Il capo fariseo Nicodemo, introdotto nel precedente capitolo, viene da Gesù nel cuore della mezzanotte. La donna samaritana, a mezzogiorno, comprende la "luce" portata da Gesù;<ref name="Samaritana">Si vedano i vari articoli sulla donna samaritana, nel libro di Amy-Jill Levine (cur.), ''A Feminist Companion to the Gospel of John'', 2 Voll., Sheffield Academic Press, 2002.</ref> il fariseo rimane al buio. L'ambientazione è simbolica dell'interpretazione teologica, e non di un ostracismo sociale. Nicodemo, che aveva avuto una conversazione molto frustrante con Gesù sul "rinascere" (Gv 3:2-8), non otterrà mai veramente la fede. Piuttosto, secondo il Vangelo di Giovanni, egli e Giuseppe d'Arimatea seppelliranno Gesù sotto cento libbre di spezie (Gv 19:38-40) — che sono una grande quantità per un corpo che ci si aspetta risorga. La donna invece, è così ben integrata e accettata dal proprio villaggio samaritano che, come afferma Giovanni, "Molti Samaritani di quella città credettero in lui [Gesù] per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto»" (Gv 4:39). Gli abitanti della città non avrebbero certo creduto alla testimonianza di una peccatrice emarginata e spudorata!<ref name="Samaritana"/>
 
Comportamenti culturali generali separavano comunque ebrei e samaritani, un punto che Giovanni rinforza con l'osservazione che "i Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani" (Gv 4:9). La frase è, come nella maggioranza degli stereotipi, esaggerata. Sebben di certo non uno degli ebrei più osservanti, Erode il Grande aveva sposato una samaritana, [[w:Maltace|Maltace]]; era la madre di Erode Antipa ed Erode Archelao. Più problematica è l'impressione che gli studiosi neotestamentari danno in merito ai meccanismi con cui si sviluppava questa antipatia culturale. Seguendo il linguaggio giovanneo che "gli ebrei" sono quelli che non condividono le cose in comune con i samaritani, non afferrano l'inimicizia esistente tra i due gruppi — i samaritani nel complesso preferivano non avere a che fare con gli ebrei. Per esempio, durante il governatorato di Cumano (48-52), un samaritano uccise dei pellegrini ebrei che viaggiavano dalla Galilea a Gerusalemme. Quando Eliezer, un leader ebreo locale (o "bandito", a seconda di chi raccontava la storia), radunò un gruppo di galilei per un contrattacco, Cumano fece uscire le sue truppe. Intervenendo, il legato siriano Quadrato tentò di ripristinare la pace e mandò a Roma i capi ebrei e samaritani, e l'imperatore Claudio diede ragione agli ebrei.<ref name="Samaritana"/>
 
Né il Vangelo di Giovanni dice niente della donna samaritana che sia "ritualmente impura" o di Gesù che ignora le leggi della purezza. Alcuni studiosi neotestamentari citano la Mishnah, ''[[w:Niddah|Niddah]]'' 4:1, quale prova che Gesù, parlando alla samaritana, stia ignorando e quindi annullando le interpretazioni ebraiche sulla purezza femminile. Il versetto dice: "La figlie dei Samaritani sono [riconosciute impure come] mestruanti sin dalla culla." Ciò che questi studiosi mancano di citare è quello che segue nella Mishnah: "Le figlie dei sadducei, se seguono le vie dei padri, vengono considerate come le donne dei samaritani" (''Niddah'' 4:2). I passi riflettono la visione del mondo dei rispettivi compositori e non i sentimenti di tutti gli ebrei, e certamente non le opinioni dei sadducei. Gli studiosi inoltre evitano di fare un secondo passo e vedere come le fonti successive interpretano le affermazioni mishnaiche. Poiché la Mishnah prosegue poi a descrivere come le donne samaritane ''osservino'' le leggi della purezza famigliare, i rabbini si chiedono come possano esse essere impure (Talmud babilonese ''Niddah'' 31b). La [[w:Tosefta|Tosefta]] (''Terumah'' 4:12) specifica: "Un samaritano è come un non-ebreo, secondo l'opinione di Rabbi [cioè, [[w:Judah haNasi|Judah haNasi]], il codificatore della Mishnah, ca. 200]. Rabbi Shimeon ben Gamliel [suo padre] dice «Un samaritano è come Israele in tutti i rispetti.»"<ref>Charlotte Elisheva Fonrobert, "When Women Walk in the Ways of Their Fathers: On Gendering Rabbinic Claims for Authority", ''Journal of the History of Sexuality'' 10, 2001, pp. 398-415 (404).</ref> Alla fine, gli studiosi neotestamentari riducono l''ambivalenza'' rabbinica sui samaritani ad un odio singolare, xenofobico, misogino degli ebrei e poi riportano tale immagine al contesto del primo secolo, al tempo di Gesù. E l'unico ebreo che sfugge alla trasposizione è Gesù, naturalmente. Lo stereotipo è molto più facile da ripetere dell'andare a scartabellare tra testi legali arcani ebraici.
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Forse per i primi seguaci di Gesù le ingiunzioni non furono onerose. Se credevano che il regno dei cieli stesse per arrivare in terra e, una volta successo, essi sarebbero tutti stati come "angeli nei cieli" che "né si ammoglieranno nè si mariteranno" (Marco 12:25), allora non ci sarebbe stato bisogno di intraprendere il procedimento legale per ottenere il divorzio. Avevano inoltre l'opzione di restare sposati ma vivere separatamente. La moglie di Zebedeo segue i suoi figli che si associano al movimento, ma Zebedeo rimane presso il Mare di Galilea con le sue barche (Matt. 20:20-22; 27:56); Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, entra nella comunità, ma Cusa non si presenta (Lc 8:3); Pietro certamente ha una moglie, poiché Gesù guarisce sua suocera (Mc 1:30-31), ma la moglie non appare nei Vangeli.
 
L'opzione di rimanere sposato ma separato, senza opportunità di risposarsi, potrebbe aver soddisfatto un certo numero dei seguaci immediati di Gesù, e potrebbe esser stata cosa gradita per coloro che nella prima chiesa promuovevano il celibato. Ma per molti cristiani d'oggi l'opzione è spesso impossibile economicamente, spiritualmente e personalmente. In circoli cristiani molto conservatori, mogli maltrattate vengono tuttora consigliate di "sottomettersi benignamente" ai propri mariti e di esser loro obbedienti. Efesini comanda: "Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti come al Signore, poiché il marito è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa" (5:22-23); Colossesi esorta: "Mogli, siate sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore" (3:18), 1 Pietro ordina alle mogli di "accettare l'autorità" dei propri mariti, "affinché, anche se ve ne sono alcuni che non ubbidiscono alla parola, siano guadagnati senza parola dalla condotta delle loro mogli" (3:1). Queste ingiunzioni ''non dovrebbero'' essere lette come se garantissero ai mariti un ruolo dispotico in famiglia; al contrario, il marito deve servire la moglie e amarla. Ma quando il marito rifiuta di adempiere alla propria parte dell'ingiunzione, la moglie soffre. Per le donne che si trovano in rapporti ingiuriosi, è disperatamente necessaria una via d'uscita. Il modo più facile di sovvertire il comando di Gesù contro il divorzio è di far ricorso alla vecchia modalità, lo "sfondo misogino ebraico". Secondo questa argomentazione, Gesù non condanna le donne a situazioni coniugali impossibili, ma si adopera in ristrutturazioni sociali per il loro bene. Un'introduzione protestante evangelica popolare afferma, per esempio, che Gesù "condannò le pratiche di divorzio casuali in cui gli uomini sfruttavano le proprie mogli (Mt 19:4-6)"<ref>Walter A. Elwell & Robert W. Yarbrough, ''Encountering the New Testament: A Historical and Theological Survey'', Baker, 1998, p. 341.</ref> Sebbene né Matteo né Marco dicano nulla circa "pratiche di divorzio casuali" o uomini che sfruttano le proprie mogli, l'argomento evangelico ha un valore pratico: se si riesce a dimostrare che Gesù proibì il divorzio per poter proteggere le mogli dall'essere sbattute fuori di casa, in situazioni che l'avrebbero costrette a prostituirsi o a mendicare, allora il suo comandamento oggi potrebbe essere ignorato, date le leggi che proteggono le donne. Nuovamente, citazioni rabbiniche selettive supportano l'apologia. La citazione standard è nella Mishnah, ''[[w:Gittin|Gittin]]'' 9:10: "La Casa di Hillel dice [che egli può divorziare sua moglie] anche se ella ha soltanto rovinato il suo pranzo... Rabbi Akiva dice, [egli può divorziarla] anche se egli trova un'altra donna più bella di lei." Pertanto, concludono gli studiosi, le ingiunzioni di Gesù contro il divorzio proteggono i diritti delle donne limitando il privilegio patriarcale ebraico.<ref name="Divorzio"/>
 
Nel primo secolo non c'era però nessuna regola generale riguardo le motivazioni per cui uno poteva ottenere il divorzio. Le affermazioni della Mishnah sono prescrittive piuttosto che descrittive: propongono quello che, in un mondo ideale immaginato dai rabbini, la gente dovrebbe e potrebbe fare piuttosto che descrivere quello che la gente faceva veramente. Nel caso del divorzio, l'argomento di ''Gittin'' 9 riguarda ciò che alcuni rabbini riscontravano fosse legalmente possibile, e non necessariamente ciò che consideravano fosse desiderabile o anche sancito socialmente. Inoltre, questa citazione mishnaica particolare è tanto troncata e quindi parimenti distorta quanto quella usata a dimostrare come gli "ebrei" considerassero impure le donne samaritane. Il passo mishnaico in verità inizia con una citazione della scuola di [[w:Shammai|Shammai]], [[w:Dispute talmudiche tra Bet Shammai e Bet Hillel|rivale di quella di Hillel]], e che inequivocabilmente afferma: "Un uomo non deve divorziare sua moglie a meno che l'abbia trovata colpevole di condotta indecorosa". Questa versione della Legge deriva dal Deuteronomio 24:1: "Quando un uomo prende una donna e la sposa, se poi avviene che essa non gli è piú gradita perché ha trovato in lei qualcosa di vergognoso, scriva per lei un libello di divorzio." Quasi mai viene menzionato in contesti di apologetica cristiana il commentario talmudico della Mishnah, ''Gittin'' 90b, che cita Rabbi Eleazar: "Se un uomo divorzia sua moglie, anche l'altare versa lacrime." Parimenti taciute sono le pratiche rabbiniche e persino prerabbiniche che riguardano la [[w:Ketubah|''ketubah'' (ebr. כְּתוּבָּה - "documento")]], il contratto di matrimonio, che garantiva alle donne una qualche stabilità finanziaria in caso di divorzio.<ref name="Divorzio"/>
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Infine, se Gesù è così stupito che il Tempio incoraggi la vedova a contribuire tutto ciò che possiede — anche dopo aver detto ai suoi seguaci per ben dieci capitoli di fare lo stesso — allora diventa inspiegabile il fatto che non la fermi dal donare le sue monete. Condannare la pratica come ingiusta e lasciare che continui è da ipocriti. Se Gesù è in grado di ribaltare i tavoli dei cambiavalute e scacciare la gente dal Tempio, come ha fatto in Marco 11, di certo avrebbe potuto sussurrare qualcosa alla vedova. Non c'è da pensare che la polizia della purezza rituale lo avrebbe rimproverato.<ref name="Tempio"/>
 
Oltre al menzionare scribi rapaci, la perturbazione della attività templari da parte di Gesù (Mc 11:15-17; Mt 21:12-13; Lc 19:45-46; Gv 2:14-16) è spesso vista come una protesta contro lo sfruttamento del Tempio. La nota su Giovanni 2:15-16 riportata nello ''New Oxford Annotated Bible'' (III ed.) riassume questa posizione interpretativa: "Una dimostrazione pubblica contro il materialismo che era diventato parte dei servizi cultici del Tempio. L'indignazione di Gesù non era verso coloro che stavano adorando, ma coloro che ne stavano pregiudicando tale adorazione."<ref>Obery M. Hendricks Jr., "John", in Michael D. Coogan ''et al.'' (curatori), ''New Oxford Annotated Bible'', 3<sup>a</sup> ed., OUP, 2001, p. 150 (Sez. "New Testament").</ref> Tuttavia, il sacrificio faceva parte del culto templare, e quindi la distinzione superficiale tra "coloro che stavano adorando" e "coloro che ne stavano pregiudicando" non funziona affatto. Né il culto veniva svolto nello stesso posto dove si trattavano gli affari (si potrebbe pensare, sebbene l'analogia non sia esatta, ad un negozio di souvenir della chiesa rispetto al santuario stesso). Le annotazioni sul vangelo di Marco nello stesso volume identificano correttamente il contesto della "purificazione" come la "Corte dei Gentili" e notano che il "commercio, tra cui il cambio di valute, era necessario in connessione con i sacrifici e le offerte in un'economia semimonetizzata."<ref>Richard Horsely, "Mark", in Coogan ''et al.'' (curatori), ''New Oxford Annotated Bible, cit.'', p. 79.</ref> Ma anche queste note impongono un'interpretazione non giustificata chiaramente. Viene asserito che "''spelonca di ladri'' è meglio tradotto con ''covo di banditi'', per rendere più strettamente il senso originale di Geremia [7:11] che i dominatori saccheggiano il popolo come banditi e poi cercano rifugio nel Tempio." Marco tuttavia parla sia di compratori che di venditori e di gente che porta cose, cosicché il modello del saccheggio non si adatta completamente. Il [https://www.biblegateway.com/passage/?search=mARCO+11%3A15-17&version=CEI;LND resoconto di Marco], che quasi sicuramente ha fornito la base di Matteo e Luca e forse anche di Giovanni, riporta:
{{q|Gesú, entrato nel Tempio, cominciò a scacciare quelli che nel Tempio vendevano e compravano e rovesciò le tavole dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombi. E non permetteva ad alcuno di portare oggetti attraverso il Tempio. E insegnava, dicendo loro: "Non è scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi, invece, ne avete fatto un covo di ladroni!"|Lc 11:15-17}}
 
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Passando dall'evidenza interna di scribi e purificazioni e all'evidenza esterna delle proteste per il Tempio, il teologo [[w:Marcus Borg|Marcus Borg]] cerca di provare che il sistema sfruttatore si basava sulle attività generali svolte nel Tempio. Afferma: "È Gerusalemme, naturalmente, non come centro dell'Ebraismo, ma Gerusalemme come centro del sistema dominatore locale (ingl. ''"native"''), di quel sistema sfruttatore economicamente e oppressivo politicamente che impoveriva i contadini e li costringeva ad un'esistenza di miseria e persino di disperazione. Gesù viene ucciso a causa delle sue ardenti critiche di quel sistema e del suo patrocinio del Regno di Dio."<ref>[http://www.explorefaith.org/LentenHomily03.15.01.html "Taking Jesus Seriously"], di Marcus Borg su ''explorefaith.org'' <small>URL consultato 06/05/2015.</small></ref> In questa caricatura, il Tempio è primariamente un'istituzione elitista che impone richieste impossibili al popolo, da una tassazione estrema a pratiche rituali che solo i più ricchi possono permettersi. Tali trattazioni non forniscono molta direzione ai lettori per distinguere tra "centro dell'Ebraismo" e "centro del sistema dominatore locale". L'asserzione che Gesù viene ucciso perché aveva criticato il "sistema dominatore locale" suona come se Roma non centrasse nulla con lo sfruttamento economico; solo il sistema "locale" (cioè il Tempio ebraico) deve essere incolpato. Né la maggioranza di tali studi accademici sul Tempio di Gerusalemme fornisce prova di come esso "sfruttasse i contadini".<ref name="Tempio"/>
 
Il Tempio era la banca nazionale; raccoglieva le decime, e gli uomini ebrei oltre i vent'anni pagavano la tassa templare. Ma non c'è prova che la gente scegliesse di non partecipare perché rifiutavano il concetto stesso del Tempio. Alcuni ebrei del primo secolo rigettavano la legittimità del sacerdozio; l'analogia di questa convinzione potrebbe essere: "Rispetto l'ufficio (cioè la posizione di vescovo, presidente, giudice), ma non la persona che al momento lo rappresenta." Altri potevano essere d'accordo con l'affermazione, attribuita a Gesù, che il Tempio fosse diventato un "covo di ladroni" (Mc 11:17), cioè un luogo dove i ladri depositavano i propri bottini, ma non un luogo dove i ladri rubavano. L'analogia qui è l'idea che mettere denaro nel cassetta delle elemosine di domenica cancella qualsiasi preoccupazione a riguardo di affari loschi. Documenti rabbinici scritti dopo la distruzione del Tempio non riportano nulla in merito ad uno sfruttamento sistematico continuativo da parte del Tempio o un rifiuto popolare di tale sfruttamento. I templi nell'antichità potevano anche essere "sistemi dispotici", ma non è affatto certo che Gesù pensasse che il Tempio di Gerusalemme fosse uno di tali sistemi.<ref name="Tempio"/>
 
Sia il Nuovo Testamento e sia le fonti esterne indicano che la popolazione ebrea in generale nonconsiderasse il Tempio un "sistema dispotico" bensì la "dimora di Dio". I Vangeli e gli Atti rappresentano Gesù, la sua famiglia ed i suoi seguaci in adorazione nel Tempio e partecipi del sistema sacrificale del Tempio stesso. Apparentemente, non passava loro per la testa che fosse un "sistema dispotico". Né apparentemnte passava per la testa del padre di Giovanni il Battista, che serviva come sacerdote al Tempio, o di Simeone e Anna, i due ebrei anziani che, secondo il Vangelo di Luca (Lc 2), salutarono là il bambino Gesù. Se Zaccaria, Simeone e Anna siano invenzioni di Luca o vere figure storiche non ha importanza per questa conclusione; le loro storie almeno implicano che il Terzo Evangelista non reputava il Tempio un sistema dominante sfruttatore. Non solo Gesù e la sua famiglia (come registrato da Luca), ma anche centinaia di migliaia, se non anche milioni, di pellegrini ebrei si affollavano verso il Tempio durante le tre [[w:festività ebraiche|festività]] di pellegrinaggio — [[w:Pesach|Pesach]] (Pasqua), [[w:Shavuot|Shavuot (Settimane)]] e [[w:Sukkot|Sukkot]]. Il libro degli Atti riporta che i primi seguaci di Gesù continuarono a radunarsi presso il Tempio, che divenne il luogo di vari miracoli. Atti 3:1-10 narra:
{{q|Un giorno Pietro e Giovanni salivano al Tempio per la preghiera verso le tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita e lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta "Bella" a chiedere l'elemosina a coloro che entravano nel tempio. Questi, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel Tempio, domandò loro l'elemosina. Allora Pietro fissò lo sguardo su di lui insieme a Giovanni e disse: "Guarda verso di noi". Ed egli si volse verso di loro, aspettandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro gli disse: "Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!". E, presolo per la mano destra, lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e balzato in piedi camminava; ed entrò con loro nel Tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era quello che sedeva a chiedere l'elemosina alla porta Bella del Tempio ed erano meravigliati e stupiti per quello che gli era accaduto.}}
La gente si stupisce per la guarigione e l'uomo loda Dio. Nessuno si lamenta del sistema ''dominatore''.