Guida maimonidea/Medicina e composizione: differenze tra le versioni
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La situazione di Maimonide cambiò radicalmente a causa della tragedia che capitò a suo fratello. Durante un viaggio d'affari in India nel 1177, David naufragò nell'Oceano Indiano, affondando con tutti i beni di famiglia; lasciò moglie e una giovane figlia che divennero responsabilità di Maimonide. La crisi che ne derivò viene descritta da Maimonide nella sua lettera a Japheth: "Ma il più grande colpo, che mi causò più dolore di qualsiasi altra cosa io abbia mai passato fino ad oggi, fa la morte dell'uomo più santo che abbia mai conosciuto, che affogò mentre era in viaggio nell'Oceano Indiano. Con lui affondò una grande fortuna che apparteneva a noi e ad altri. La sua piccola figlia e la sua vedova furono lasciate a me." (''ibid.'', p. 72). Maimonide aveva dimestichezza con i metodi del commercio ed era coinvolto negli affari di suo fratello, ma era sempre stato preoccupato di tragitti verso l'India. In una lettera di commiato a suo fratello, prima che facesse uno di tali viaggi, scrisse: "Dio, che sempre sia glorificato, sa il dispiacere e la desolazione che provo alla partenza di mio fratello e mio amato amico. Che Dio mi protegga da sventure che possano capitargli e riunirmi con lui in Egitto" (''Iggerot'', p. 76).
Un prezioso documento rinvenuto da Goitein nella Geniza del Cairo è una lettera da parte di David a suo fratello, scritta nel 1171, sei anni prima della sua morte nel naufragio.<ref name="Goitein1">Shlomo Dov Goitein, "Moses Maimonides, Man of Action: A Revision of the Master's Biography in Light of Geniza Documents", ''Hommage a Geroges Vajda'', Peeters Press, 1980, pp. 155-167.</ref> Fu inviata da
Più avanti nella propria lettera a Japheth il ''dayyan'', Maimonide descrive lo stato mentale addolorato e suicida nel quale deteriorò dopo la morte del fratello: "Per quasi un anno dopo aver ricevuto la triste notizia, mi ranicchiavo sul divano, colpito dalla febbre, dalla disperazione e sull'orlo della distruzione" (''Lettere di Maimonide'', p. 74). Questa depressione, che ammutolì Maimonide per quasi un anno, appare ancora peggiore alla luce della discussione sul lutto nella ''Mishneh Torah'': "Uno non dovrebbe indulgere in eccessiva afflizione sulla morte di un proprio caro, poiché si dice: ''Non piangete sul morto e non fate lamenti per lui'' ([[w:Libro di Geremia|Geremia]] 22:10), cioè (non piangete su di
{{q|Quasi otto anni sono passati e ancora piango per lui, e non c'è consolazione. Cosa mi può confortare? Mi crebbe sulle ginocchia, fu mio fratello, mio allievo. Andò all'estero per commerciare in modo che io potessi restare a casa e continuare i miei studi. Egli ben conosceva il Talmud ed era un esperto grammatico. La mia più grande gioia era vederlo. Ora ogni gioia si è spenta. È partito per la vita eterna e mi ha lasciato confuso in terra straniera. Ogni volta che mi capita di vedere la sua scrittura su uno dei miei libri, il cuore mi manca ed il mio dolore si risveglia.|''Lettere di Maimonide'', p. 73}}
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Non fu Maimonide ad avviare la spedizione della ''Guida'' in Provenza. Piuttosto, egli rispose alla richiesta di R. Jonathan Hakohen, che ebbe sentore del trattato dopo che insieme ai colleghi aveva già ottenuto copie della ''Mishneh Torah'': "[Ti chiediamo]] di farci il favore di inviarci anche il libro ''Moreh Nevukhim [la Guida]'', della cui reputazione abbiamo sentito e che è rinomata in terra d'Egitto." E ancora: "Ti veniamo a chiedere di favorirci in merito anche ai tuoi altri libri, com'è vero che il nostro popolo vive ed i nostri defunti risorgeranno, e ci prostriamo in ammirazione davanti a tali opere. Quando le avremo, avremo tutto" (''Iggerot'', p.492).
Verso il 1197 Maimonide, che ormai non
{{q|Hai aumentato la nostra saggezza e benessere, poiché ci hai inviato il libro ''Moreh Nevukhim''... ma sarebbe per noi stato come una pietra nel mortaio, una rosa tra le spine, un libro dato ad analfabeti, se il nostro Creatore non avesse causato che ci fosse tra noi un saggio, dotto in tutta la saggezza, erudito da suo padre nella letteratura e lingua di Arabia, il figlio del glorioso saggio e famoso medico, il rabbino R. Judah Ibn Tibbon, lo Spagnolo.|''Iggerot'', p. 493}}
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La seconda opera inviata al Principe al-Afdal fu ''Sulle cause dei sintomi''. Il principe stava facendo pressioni affinché Maimonide lo andasse a curare personalmente, e Maimonide, coerente con la tradizione di lusingare i potenti, gli disse che nulla lo avrebbe deliziato di più che mettersi in viaggio e andare a curarlo. Purtroppo però, la vecchiaia e la difficoltà del tragitto gli impedivano di farlo. Invece di andare da lui personalmente, Maimoniode inviò al principe un trattato medico. È evidente da tale trattato che a Maimonide venne chiesto, tra le altre cose, di valutare i consigli medici forniti dai dottori della corte del principe. Le decisioni di Maimonide in merito ai disaccordi tra gli altri dottori rivelano un aspetto importante del suo pensiero medico. Era del parere che l'intervento medico potesse spesso essere pericoloso se basato solamente su congetture e speculazione. In tali casi, era preferibile permettere alla natura di fare il suo decorso. Ciò era vero nel caso del principe, dato che Maimonide capiva che i suoi problemi erano di ordinaria amministrazione e un intervento frettoloso avrebbe provocato effetti collaterali. Oltre ai problemi ordinari del principe, questi soffriva di emorroidi e irregolarità cardiache, e Maimonide raccomandò un elisir escogitato dalla scuola di [[w:Avicenna|Ibn Sina (Avicenna)]]. Raccomandò al principe — che pare essere stato un vero ipocondriaco — di seguire un regime quotidiano fisso, che includesse amici piacevoli, letture, musica e riposo, tutte cose che gli avrebbero lenito la depressione.<ref name="Davidson"/>
Un altro trattato scritto da Maimonide per un nobile mussulmano è intitolato ''Trattato sulla coabitazione''. Il nobiluomo, non identificato, chiese l'aiuto di Maimonide perché era preoccupato circa un abbassamento delle prestazioni sessuali. Maimonide credeva che un
Su richiesta del suo più grande patrono alla corte del Sultano, il visir al-Faḍil, Maimonide scrisse un libro intitolato ''Trattato sui veleni e i loro antidoti''. Inteso per un vasto pubblico, il libro dettaglia, tra le altre cose, i modi di prevenire e curare i morsi di serpente. Fu scritto durante il [[w:Ramadan|Ramadan]], come atto di carità elargito dal sovrano ai propri sudditi.<ref name="Davidson"/>
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