L'invenzione della scienza: differenze tra le versioni

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Dopo la morte di Platone nel 348 [[w:e.v.|p.e.v.]],<ref>Questo testo usa il sistema con locuzione '''''era volgare''''' (abbreviata in "e.v."), contrapposta a '''''prima dell'era volgare''''' (o anche abbreviata in "p.e.v."), che indica il posizionamento temporale di una data relativamente al [[w:calendario gregoriano|calendario gregoriano]] (o [[w:calendario giuliano|giuliano]], se specificato). Sono indicati con tale locuzione gli anni 1 e successivi, e con p.e.v. gli anni precedenti. La locuzione deriva da ''Aera Vulgaris'', usata per la prima volta nel 1615 da [[w:Giovanni Keplero|Giovanni Keplero]], volendo indicare il concetto di "era secondo l'uso comune". Da notare che questa terminologia è stata adottata in diverse culture non-cristiane, da molti studiosi di studi religiosi e di altri settori accademici per non specificare il riferimento a Cristo, dal momento che la datazione sarebbe scorretta (Cristo sarebbe nato circa 7 anni prima, sotto [[w:Erode Antipa|Erode]], della data convenzionale) e da altri che desiderano utilizzare termini non-cristiani: con questa annotazione infatti, non si fanno esplicitamente uso del titolo religioso per Gesù (Cristo), che è utilizzato nella notazione "avanti Cristo" e "dopo Cristo". Quindi, per fare un esempio, 50 e.v. significa 50 anni dopo il convenzionale [[w:anno 0|anno zero]] dell'era cristiana, posizionato 754-753 anni dopo la leggendaria [[w:fondazione di Roma|fondazione di Roma]] secondo il computo ''[[w:ab Urbe condita|ab Urbe condita]]'' e quello del calendario giuliano. Cfr. [http://books.google.com/books?id=C2akvQfa-QMC&pg=PR11&dq=before+%22common+era%22+christian&lr=&sig=J5x3M_bx6EXYYxL57m08w5OYzWk ''History of the World Christian Movement''].<small>URL consultato 3 luglio 2015</small></ref> Aristotele lasciò Atene per andare nell'Anatolia occidentale, dove iniziò ricerche sul campo, basando i suoi studi biologici susseguenti su deduzioni fondate sull'osservazione. Nella ''Fisica'', aveva sostenuto che i principi di cambiamento erano teleologici, che tutte le cose nella natura si muovevano ad ottenere la perfezione dei rispettivi potenziali. La teologia è ancora là, nella ''Storia degli animali'' e negli altri scritti biologici, ma la novità sta nell'approccio empirico basato su dati ottenuti da molte fonti: non solo le proprie osservazioni e dissezioni, ma anche le relazioni di scrittori precedenti ed informazioni riportate da agricoltori, pescatori, marinai e viaggiatori. Nonostante il suo interesse nei principi del cambiamento e la sua consapevolezza della trasformazione, mutazione e deformità, la sua accettazione della "fissità della specie" significava che "Aristotele non fece mai il salto evolutivo."<ref name="Leroi"/>
 
Il punto cieco di Aristotele fu esageratamente ingrandito dai cristiani europei nel Medioevo. L'insistenza medievale sulla creazione divina e le specie immutabili eclissò la metodologia biologica innovativa di Aristotele, portando gli scienziati moderni a rifiutare o travisare le sue contribuzioni importanti. Gli studenti odierni del regno animale e vegetale, arricchiti dall'abbondanza sempre crescente di evidenza fossile e informati dalle teorie scientifiche di estinzione ed evoluzione, cercano di capire come si sia sviluppata ciascuna specie e poi sia svanita o evoluta nel corso degli eoni a diventare ciò che sono nel tempo e luogo presenti. Ma Aristotele si avvicinò di molto ad esprimere un principio evolutivo nel suo "linguaggio dinamico" sui quadrupedi in ''Parti di animali'' ed la sua "versione della selezione naturale" radicale.<ref name="Leroi"/> Ma le rocce e la terra che contiene la prova di forme di vita evoluta ed estinta, essendo oggetti inanimati, non avevano posto nella tipologia aristotelica degli esseri viventi.<ref>[http://www.emsf.rai.it/scripts/interviste.asp?d=475 Intervista a Wolfgang Kullmann: Aristotele filosofo della natura]; [http://www.filosofiatv.org/news_files2/132_Aristotele%20e%20Popper%20Ragione%20Intelletto.pdf Induzione, ragione e intuizione intellettuale in Aristotele].</ref>
 
==La laguna lesbica==
[[File:Blaue Lagune Syv..JPG|right|300px|Laguna greca]]
In Atene, Aristotele avrebbe infine fondato la [[w:Scuola peripatetica|Scuola Peripatetica di Filosofia (gr. Περιπατητική Σχολή, ''Peripatetiké Skolé'')]]), in cui camminare e pensare - meditare nel passeggiare - erano strettamente intrecciati. Ma prima di questo, la maggior parte delle sue camminate avvenne intorno a Kolpos [[w:Kalloni|Kalloni (Καλλονή)]], una vasta laguna nell'entroterra collegata col [[w:Mar Egeo|Mar Egeo]] sulla verde isola di [[w:Lesbo|Lesbo]]. Sarebbe quindi interessante ripercorrere qui il suo tragitto da Atene ad Assos sulla costa turca, e da lì attraverso lo stretto fino a Lesbo dove la calma laguna ricca di sostanze nutritive ospitava un'abbondanza di pesce d'acqua dolce e salata, anguille, molluschi ed altre creature marine, con le coste paludose piene di uccelli, rane e insetti. La vita che fioriva in questo bacino fu un grande vantaggio per la decisione di Aristotele di favorire l'osservazione piuttosto che la speculazione astratta proposta da Platone, e ispirò la sua importante impresa di catalogare, descrivere e spiegare il mondo biologico come lo vedeva.<ref>{{en}}[http://press.princeton.edu/titles/5967.html ''Complete Works of Aristotle'', Volume 1]: trad. riveduta e curata da Jonathan Barnes, Princeton University Press, 1984.</ref>
 
È facile immaginarsi che la laguna di Lesbo, e la bella immagine di Platone raffigurante i greci raggruppati intorno al Mar Egeo "come rane o formiche intorno allo stagno", non erano distanti nella mente di Aristotele quando applicava le sue abilità tassonomiche ed esplicative agli esseri umani, gli animali più ''politici''. I concetti aristotelici di comportamento sociale vantaggioso anticipano la sociobiologia moderna. "La ''Politica'' è inevitabilmente scienza politica scritta da un biologo", afferma uno scienziato.<ref name="Leroi"/> Ma la storia della scienza deve andare un po' indietro, a prima di Aristotele, per comprendere il suo processo mentale e "fisico". Bisogna andare alle scoperte e interpretazioni greche dei reperti pietrificati di creature da tempo estinte che una volta popolavano il mondo mediterraneo. Questo complesso di "indizi" non costituisce naturalmente una scienza formale, ma i numerosi resoconti antichi di fossili vegetali ed animali dimostrano veramente un'osservazione e misurazione molto attente, e tentativi razionali di interpretare l'evidenza come essa si accumula nel tempo - tutti ingredienti cruciali di ricerca scientifica. Un rompicapo paleontologico risolto dagli antichi è quello della presenza di conchiglie fossilizzate e scheletri di pesci sulle montagne e nei deserti lontani dal mare. Poiché questi fossili marini somigliavano a specie conosciute e viventi, la spiegazione non richiedeva l'intervento di forze soprannaturali o divine, o i difficili concetti di estinzione o evoluzione. C'era solo bisogno di una visione della terra sommersa in passato dall'oceano per spiegare come le creature marine potessero trovarsi incagliate così tanto tempo fa da trasformarsi in pietre. Nel sesto secolo p.e.v. il filosofo naturale [[w:Senofane|Senofane]] fu il primo ad articolare l'idea che le impronte di conchiglie, pesci e alghe osservate su rocce dell'Italia, di Malta e sull'isola egea di [[w:Paro (Grecia)|Paro]] erano rimaste intrappolate dal fango che si era rappreso nel passato remoto. [[w:Xanto Lidio|Xanto Lidio]] (quinto secolo p.e.v.) giunse alla stessa conclusione per spiegare i molluschi bivalvi e altre conchiglie trovate nell'entroterra, in Asia Minore, Armenia ed Iran. Arrivati al tempo di [[w:Erodoto|Erodoto]], questa comprensione di conchiglie e pesci arenati a causa di mari recedenti era divenuta conoscenza generale.<ref>[[w:Jonathan Lear|Jonathan Lear]], ''Aristotle: the desire to understand'', Cambridge University Press, 1988, pp. 101-138 & ''passim''.</ref>
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==Teofrasto==
[[File:Theophrastus - Historia plantarum, 1549 - 3034262.tif|right|300px|"Historia plantarum" di Teofrasto]]
Il silenzio di Aristotele su tutto questo è sconcertante, ma ancor più sorprendente è il suo non prender nota dei fossili vegetali che abbondavano a Lesbo. Come potè trscurare la vasta foresta pietrificata sparsa per tutta l'isola? Sulle colline alcuni chilometri a ovest della laguna, c'è una foresta pietrificata del Miocene. Ci sono grandi tronchi di palma e alberi di sequoia, molti ancora dritti, con pigne e radici. Forse una spiegazione del silenzio aristotelico riguardo ai fossili delle piante la si può trovare prendendo in considerazione un amico e successore di Aristotele, il [[w:botanico|botanico]] [[w:Teofrasto|Teofrasto]] (ca. 372-287 p.e.v.). Nato a Lesbo, Teofrasto era cresciuto nel bel mezzo della foresta pietrificata ed i suoi scritti descrivono zanne fossili screziate scavate dalla terra, canne pietrificate dell'India, la mineralizzazione di oggetti organici, e pesci incorporati in rocce vicino al Mar Nero. Alcune delle sue opere sopravvivono - scrisse ''Storia delle piante'' (Περὶ Φυτῶν Ιστορίας) ed il trattato ''Sulle rocce'' - ma altre sono frammentarie. Forse la risposta la si trova nei testi mancanti? Forse Aristotele lasciò da parte i fossili perché il suo amico Teofrasto aveva già esaminato sia i fossili vegetali che quelli animali in scritti non sopravvissuti? Tale fu l'impressione di [[w:Diogene Laerzio|Diogene Laerzio]], biografo del terzo secolo dell'era volgare. Ma un supporto ancor più forte per tale nozione lo si trova in precedenza, nel primo secolo. Secondo [[w:Gaio Plinio Secondo|Plinio]], Teofrasto scrisse in merito a "rocce a forma di ossa che si trovano nella terra" in un trattato in due volumi intitolato ''Sulla pietrificazione'', perduto dopo il tempo di Plinio.<ref>William Fortenbaugh (et al.) a cura di, ''Theophrastus of Eresus. Sources for his life, writings, thought and influence'', Leiden, Brill, 1992 (due volumi).</ref>
 
C'è chi asserisce che la fede di Aristotele nell'eterna immutabilità delle forme di vita organica lo portarono a scartare le evidenze fossili. Ma la questione necessita di un esame più approfondito, specialmente da parte di moderni storici di biologia evolutiva. Cosa fu che fece negare ad Aristotele un posto nella sua visione del mondo ai reperti organici fossilizzati di creature sconosciute di sorprendenti dimensioni, che trascurò senza fare commenti? Il sistema di Aristotele si basava su specie viventi correnti, senza posto per anomalie, "errori della natura", forme non più esistenti o creature che si opponevano alla categorizzazione, come i tipi bizzarrti di mostri marini visti da pescatori e marinai. Aristotele chiamava mostruose tali rarità, non pertinenti alle sue ricerche perché violavano i principi di "ordine e fine". Non era l'unico filosofo naturale che ignorasse la "scienza popolare" dei fossili. Sebbene le interpretazioni popolari di ossa pietrificate fossero basate sull'osservazione e producessero concetti coerenti che anticipavano le teorie moderne di "tempo profondo", [[w:Geomorfologia|geomorfologia]] ed estinzione per catastrofe, le intuizioni venivano spesso espresse in termini mitologici, che i filosofi naturali tendevano ad evitare.<ref>{{en}}[http://english.fossiel.net/sites/geology_site.php?plaats=12 "I fossili a Lesbo"], sito geologico informativo di ''fossiel.net''</ref>