Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 5: differenze tra le versioni

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*Semoventi da 20/65, 75/18, 75/34, 75/46, 90/53, 105/25 e 149/40 mm;
*Artiglierie trainate da 75, 90, 105, 149 e 203 mm.
 
 
===I primi carri===
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Un altro veicolo che rimase prototipo fu l'antenato dell'attuale SIDAM, e uno dei primi veri semoventi contraerei. Esso aveva scafo del carro M15 ma sulla sua sommità, protetti da una elaborata scudatura, c'erano -a mò di ZSU-23-4- di 4 cannoni Isotta Fraschini da 20 mm, in una torretta poligonale ma a cielo aperto. Esso era simile per il resto al carro armato M15, a parte la soppressione delle armi da 8 mm frontali. Avrebbero dovuto produrne addirittura uno per plotone carri, ma in realtà ne venne realizzato solo il prototipo, appena prima dell'Armistizio, confiscato subito dai Tedeschi che si studiarono il concetto. Era infatti un carro ben armato, con i serventi ben protetti dal fuoco nemico eccetto che direttamente nel settore superiore, differentemente da molti veicoli semoventi c.a dell'epoca. Stupisce poi che vi fossero ben 4 armi da 20 mm in uno scafo piuttosto piccolo come questo, nel Crusader contraero ce n'erano solo 2 per esempio.
[[Immagine:Autoblinda-AB-41-haugh-4.jpg|300px|right|thumb|L'AB.41 con cannone da 47 in postazione aperta]]
 
 
===Veicoli su ruote===
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Da ricordare i prototipi delle cingolette CVP. Gli Italiani, scarsamente mobili, erano rimasti impressionati dall'uso delle migliaia di cingolette Vickers, simili meccanicamente ai carri leggeri, con la funzione di piattaforme per mitragliatrici, mortai, lanciafiamme, e di mezzo da trasporto truppe generico. Già nel 1937-38 si era proposto per l'Ansaldo Mo. 36 (un antenato dell'M11) un tipo scoperto che trasportava, sia pure sacrificati, 7 persone pilota incluso, con una linea piuttosto alta rispetto alle cingolette; non ebbe seguito, ma dopo il 1940 vennero apprezzate le cingolette britanniche, che erano un prezioso supporto per la fanteria inglese e in missioni di ricognizione a breve raggio. Si provò a clonarle con la Fiat Cingoletta 2800 o CVP.4 (per il peso delle tonnellate), con motori di potenza non ben chiara, ma da 66-80 hp per oltre 60 kmh, con Breda Mod. 38 da 8 mm in casamatta anteriore; poi c'era il prototipo Ansaldo per la CVP.5 o L.40, da ben 5,5 t in quanto basata sullo scafo del carro leggero L.6/40 con un motore SPA da 88 hp: la velocità era ridotta a 50 kmh, ma c'era una 13,2 mm in casamatta e una 8 mm per la difesa anche contraerei: praticamente si trattava della versione scoperta dell'L6, soluzione piuttosto costosa anche se ben protetta rispetto alle cingolette vere e proprie per i maggiori spessori delle corazze. Ma questi prototipi del '42 non passeranno in produzione facilmente, essendo troppo bassa la priorità. Come facile da prevedere, il meno macchinoso tipo Fiat, praticamente una clonazione diretta del mezzo inglese, venne scelto per la produzione. Esso continuò con varie modifiche per accontentare le interminabili richieste dell'Esercito, ma nell'estate venne sospeso. Poi, pare che dopo l'armistizio vi sia stata una produzione (non si sa quante) per conto dei Tedeschi.
 
I trasporto truppa furono per lo più realizzati con soluzioni come la SPA con apposito telaio, o altri tipi secondari. La SPA 37 era il sostituto di fatto degli autocarri leggeri, le Autocarrette OM Mod. 32, 25 e 37, o dei Lancia SPA CL.39, che potevano essere anche armati di mitragliatrici. Ma dal '38 ci si rese conto che ci sarebbero voluti anche dei mezzi blindati. Nel gennaio 1941 si ordinarono 200 autoprotetti S.37 su scafo SPA TL.37, un trattore d'artiglieria. C'erano anche altri prototipi, però scartati a favore di questa soluzione abbastanza piccola e semplice. I semicingolati in futuro avrebbero dovuto essere i Fiat 727 e Breda 61, mezzi tedeschi prodotti su licenza. Ma per i mezzi da trasporto truppe c'era l'esigenza di 2.699 esemplari, i primi 200 per l'appunto del tipo S.37. La produzione di questi durò fino al '42. La meccanica era quella del trattore TL.37, ma per ottenere prestazioni adeguate venne poi quella, sugli esemplari di serie, dell'autocarro AS.37, per una velocità massima dell'ordine dei 50 kmh con un motore SPA da 52 hp, e le ruote sia motrici che sterzanti. La blindatura era di 6-8 mm, ma il cielo del mezzo era aperto. I soldati trasportati erano al massimo 7. L'armamento comprendeva una Breda da 8 mm. Era certo un mezzo per impieghi secondari, non esattamente di prima linea; potremmo definirlo una specie di VTL Lince d'annata. Era possibile anche munirlo di lanciafiamme Mod. 35, e spesso fece parte delle colonne anti-partigiani in Iugoslavia. Ma spesso era usato come mezzo ambulanza, trasporto materiali, unità comando. Ne vennero derivati anche l'autoblindo ABS.37 con la torretta da 8 mm binata dell'AB.40, ma rimase senza esito. Anzi, l'unico prototipo approntato aveva una mitragliera da 20 mm Breda, e venne inviato, stante la carenza di autoblindo, in 'valutazione' in Africa nell'estate del' 41. A dicembre venne catturato a Sidi Rezegh e qui finì la storia, anche se poi l'allettamento dato da un mezzo tanto economico come blindo fu tale che la Viberti, ai tempi della RSI, costruì una blindo leggera simile ma con torre da 20 mm, anche se realizzata solo in due esemplari. Durante la guerra le pur poche S.37 vennero usate ampiamente nei Balcani come mezzi di scorta convogli, operando con carristi, bersaglieri e motociclisti. I Tedeschi catturarono dopo l'armistizio 37 veicoli, gli W g S 37 (i), mezzi da trasporto truppe ruotati. I partigiani iugoslavi anche, e forse pure quelli italiani ne ebbero, mentre nella RSI tale mezzo continuò ad essere ampiamente usato, per la relativa sicurezza che dava, come mezzo antipartigiani.
 
*Dimensioni: lunghezza 4,95 m, larghezza 1,92 m, altezza 2,13 m
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I lavori di progettazione continuarono con ben tre ipotesi costruttive: l'armaguerra Mod. 39 (prescelto per la produzione in serie) in cal. 6,5x52 o 7,35x51, i progetti Scotti Mod. X (1932) e Mod. IX (1931)in cal 6,5 (impiegati in operazione in Etiopia in alcune decine d'esemplari, del Mod. X furono prodotti circa 250 esemplari) e il Breda mod. 1935 PG in cal. 6,5 (esportato, 450 esemplari, in cal 7x57 Muaser al Costarica nella versione completamente automatica), vi furono poi due prototipi Beretta in cal 6,5 il F.A. (fucile automaticco) modello 31 e il F.A. modello 37.
 
L'arma migliore tra questa era probabilmente la prima, che entrò anche in produzione in poche centiania d'esemplari, senza giungere sul fronte prima dell'armistizio. Il prototipo Breda era decisamente pesante e complesso per un fucile automatico, e per questo venne scartato dal regio esercito, ma era un'arma molto moderna per vari versi, in particolare nella versione da esportazione (significamente migliore di quella richiesta dal Regio Esercito e proprosto in calibro 7x57 Mauser) che fu una delle prime armi a poter far fuoco sia in automatico che con raffiche controllate di 4 colpi. Il Mod. x Scotti era ottimo in poligono e in condizioni normali molto efficente, ma richiedeva continue lubrificazioni, anche se il lubrificante era semplice, spartano ed autarchico olio d'oliva gli Alpini si preoccuparano molto perché in condizioni di grande freddo si rivelava estremamente suscettibile all'inceppamento o addirittura al congelamento dell'olio. Inoltre alcune parti dell'otturatore erano molto attratttive per il fango, come già nel Mondragon e nel francese RSC 17 cui si ispirava. Il vincitore del concorso del 1939 per l'adozione di un fucile automatico fu, come già anticipato, l'Armaguerra Mod. 39 della Società Anonime Revelli Manifatture Armaguerra di Genova, arma molto complessa meccanicamente (e costosa) ma relativamente affidabile, fu però un 'arma "vittima" della decisione di passare dal vecchio (e superato, poichè contemporaneamente molto usurante per la canna e la meccanica dell'arma e poco performante e letale) calibro 6,5x52 Carcano al 7,35x51, un calibro molto moderno ed efficiente. Però questa decisione, presa a ridosso dell'ingresso in guerra (1938-1939) comportò dei problemi porgettuali notevoli e sopratutto spaventò l'alto comando italiano per le problematiche legate alla logistica. Fu quindi stabilitò di rimanere al calibro 6,5, dopo però tutta una serie di tentennamenti e discussioni che paralizzarono il rinnovamento delle armi da fanteria italiane, dove dominavano ormai i pirincipi quantitativi. Furono prodotti circa 2.000 armaguerra mod. 39 in cal. 7,35 che rimasero in magazzino, mentre ne furono ordinati solamente 10.000 in cal. 6,5, di cui poche centinaia furono prodotti prima dell'8 settembre 1943 (non venendo distribuiti) e poi altri dopo tale data (che videro un utilizzo modesto da parte della R.S.I.). Era un'arma efficente, abbastanza precisa (sopratutto in cl. 7,35), di facile utilizzo, ma formata da numerosissimi pezzi, similmente al Pedersen (il concorrente battuto dall'M1 Garand nel concorso interno dell'US Army); questo fattore ne complicava sia la produzione, sia la manutenzione per le truppe, rendendo compelssa la pulizia e costituendo un elemento di fragilità intrinseca.
Va anche notato che l'Italia era dotata di troppi calibri differenti, addirittura due 9x19 diversi (il parabellum depotenziato per le pistole e quello potenziato per i MAB), e un calibro difforme per le mitragliatrici medie e i fucili, contrariamente alla norma vigente nelle altre potenze. Il problema della proliferazione dei calibri era reale e creava grossi problemi alla logistica.
 
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A livello superiore c'erano un lotto di fuciloni controcarri Solothurn svizzeri (detti anche Soletta, dal nome italiano del cantone in cui erano prodotti), di cui 179 vennero reperiti dai Tedeschi anche a seguito dell'armistizio. Essi erano capaci di perforare (nelle prime versioni) 30 mm a 500 m, ma erano anche pesanti 50 kg, per cui spesso venivano usati con automezzi vari o carri leggeri L3. Anche se la capacità di perforazione era piuttosto limitata, il proiettile poteva essere esplosivo-perforante, quindi a differenza della maggior parte dei fucili anticarro se il colpo passava poteva realmente mettere combattimento il carro colpito.
Un altro fucile anticarro che trovò un certo impiego nell'esercito italiano fu il wz 35 (kb ppanc wz 35 per i polacchi, fucile controcarro 35(P) per il regio esercito), un'arma anticarro leggera, dal rinculo modesto (aveva un calibro di 7,92) e di facile utilizzo. Dopo la resa della Polonia sia i tedeschi che i sovietici li riutilizzarono, mentre alcuni furono inviati in Fillandia (forse) e almeno 800 furono girati al regio esercito. Era (giustamente) considerato eccellente dall'esercito polacco, che riponeva in quest'arma la maggiore fiducia, tanto da considerarlo un segreto di stato, questa coltre di segretezza rese difficile l'addestramento dei soldati polacchi, e molti fucili rimasero inscatolati mentre le divisioni tedesche avanzavano su Varsavia. Utilizzando il suo particolare proiettile perforante 7,92x 131,2 DS era capace di bucare 15 mm a 30° di inclinazione a circa 300 metri, oppure 33 mm a 100 metri, oppure 40 mm a meno di 40 metri.
La Scotti nel 1941 tentò di riprodurlo in un modello migliorato, in calibro 8x112mm (o 8x132mm, pare che entrambi i calibri furono studiati, ma solo il primo venne realizzato in protipo), dalle prestazioni gorssomodo identiche. Si trattava di un 'arma più che discreta, ma nel 1942 stavano entrando in servizio negli eserciti alleati carri armati dotati di corazzature a prova di fucile contro carro, quindi lo Soctti fu abbandonato dopo aver costruito solo pochi prototipi. Curioso era anche il tipo di munizionamento, accanto a normali proiettili perforanti e esplosivi-incendiari (pensati per i veicoli non corazzati), e a quelli che, similmente ad alcuni studiati per il wz 35, dovevano causare il distacco di parti interne delle corazzatura (che così si sarebbero trasformate in proiettili all'interno dell'abitacolo), vi era un macchinoso (ed inefficiente) proiettile perforante-lacrimogeno. Il concetto era far penetrare il proiettile nel carro nemico, dove, emettendo una (in verità molto limitata) carica lacrimogena avrebbe costretto gli occupanti ad uscire dalla protezione del mezzo.
 
Le mitragliere Breda da 20 mm erano armi diffuse ed apprezzate, usate anche dal nemico quando le poteva catturare; meno diffuse ed apprezzate, seppure più economiche, le Scotti paricalibro. La loro affidabilità meccanica era probabilmente inferiore, come accadeva con le armi d'impiego aeronautico. Queste mitragliere erano state pensate per l'impiego anti aereo, ma risultarono molto utili anche per l'impiego anti carro, specie a corto raggio, perché impiegavano il medesimo proiettile dei Soletta/Solothurn svizzeri, uno dei più pesanti pensati per armi 20 mm nella seconda guerra mondiale. Il difetto di questa scelta era un volume di fuoco limitato, anche se pochi colpi a segno potevano bastare per far precipitare un apparecchio nemico.
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In ogni caso questi cannoni fecero del loro meglio e furono armi efficaci, anche se il munizionamento non le valorizzava come doveva. Spesso il tiro era eseguito con una centralina di tiro c.a. con la batteria al completo sia contro aerei che contro i carri armati<ref>Del Rosso A: ''Gli Autocannoni in A.S.'' Storia militare Dic 2005</ref>. Il Mod 41, derivato dai pezzi da 90/50 navali precedenti, sostituiva il meno potente Ansaldo Mod 34, arma moderna ma un po' superata al tempo stesso. Questo era nato nel '34, ma stranamente, pur avendo esattamente le stesse caratteristiche dimensionali del Pak 40 tedesco, mai venne adottato a compiti campali veri e propri. Solo pochi erano in servizio allo scoppio della guerra, pur con una rispettabile gittata di 8.500 m antiaerea, che superava quella dei vecchi cannoni da 75, 76 e 102 mm largamente usati. Nel '42 non ce n'erano che 226 e altri 45 del Mod. 40 da postazione fissa. Venne usato anche dai Tedeschi dopo l'Armistizio, nonché dagli Alleati. Ma nel frattempo era il Mod 41, del 1941, ad essere diventato il cannone più importante, tanto che circa 200 erano disponibili nel '42 e sopratutto 539 lo erano nel settembre del '43, a parte i 29 per autocarri e qualche superstite dei semoventi da 90. Le munizioni pesavano in tutto 17,7-18,7 kg l'una, e almeno 315 vennero usati dai Tedeschi come Flak 41(i) o con altre denominazioni. Dal' 52 in Italia cominciò a cedere il passo all'M1 americano, maggiormente automatizzato, mentre dal 1950 non era più in servizio l'88 tedesco, penalizzato dalla scarsità delle munizioni in quel calibro (ma in Yugoslavia l'arma è rimasta in servizio per decenni). L'esperimento del 90/70 mm postbellico non ebbe esito pratico ed operativo, anche se balisticamente era notevole, come del resto lo erano i precedenti 90/70 americano e 88/71 tedesco. Tra l'altro le granate di 90 mm erano accusate di frammentarsi in pezzi troppo piccoli per essere efficaci quanto dovevano contro i bombardieri pesanti e per questo venne pensata, per il 90/70, un "marchingengo infernale", ovvero una granata che conteneva al suo interno una sorta di mini cannoen a canne multiple da 30mm, quando la granata esplodeva i proiettili esplosivi da 30 mm venivano diretti in tutte le direzioni.
 
Un altro cannone che doveva sostituire, completando una vera e propria gamma, era il pezzo da 105/40, della OTO, approntato dopo lunghe e tribolate fasi di sviluppo, senza molta priorità. Esso era pesante, nella sua configurazione iniziale, circa 3.700 kg e tirava un proiettile da 17,5 kg a 16,5 km, ma soffriva di una rapida usura, solo nel 42-43 arrivarono miglioramenti tali da produrre una batteria sperimentale, e di questo elegante cannone, più volte rivisto, vennero ordinati ben 620 pezzi. Ma l'Armistizio pose fine alla speranza di averli, e nessuno della batteria sperimentale sopravvisse. Era un cannone dall'aria simile a quella dei pezzi tedeschi, con un freno di volata a spargisale, ruote stampate, canna piuttosto lunga. Piuttosto pesante per tirare, sia pure a 720 m.sec, una granata relativamente leggera (ma non per il calibro), analogamente a simili progetti tedeschi, non suscitò l'entusiasmo generale, se i primi, approntati nel '36, non avevano dato 7 anni dopo ancora luogo alla produzione in serie. Così il cannone di corpo d'armata rimase il vecchio 105/28 di progettazione francese, valida ma oramai piuttosto vecchia arma, ora se non altro affiancata dal pezzo OTO da 149 mm, che era ben superiore al vecchio obice da 149/13. Del 105/28 in Italia ce n'erano all'inizio della guerra oltre 900, ma la cifra è incerta. Ce n'erano quasi 600 (tra cui forse anche quelli di preda bellica francese e greca) nel tardo '42 e 27 gruppi d'artiglieria ancora nel giugno del '43, che equipaggiavano tutti i Corpi d'Armata, mentre altri erano usati come cannoni controcarri con granate EP. Le munizioni delle artiglierie italiane, grazie alla generazione Mod. 32 consentirono molti miglioramenti rispetto a quanto possibile con le vecchie armi, per esempio la Mod. 32 per il 105/28 arrivava a oltre 13,6 km con 2,3 kg di HE, anche se poi il tipo più usato arrivava a circa 12,8 km. Sempre meglio di quelli di vecchio tipo, ancora largamente in uso, da meno di 11 km. La granata perforante da 105/28 Mod. 43 EP pesava 14 kg, v.iniziale 602 m.sec, gittata max. teorica 12.360 m, 100 mm di corazza con impatto a 30°, per velocità inferiori a 500 m.sec. La direzione di appena 14 gradi, e la cadenza di appena 1-2 c.min, oltre al peso di quasi 2,2 t rendevano tuttavia piuttosto aleatorio l'uso dell'arma contro i carri armati nemici<ref>Pignato N: ''Il 105/28 nel Regio Esercito'', Storia militare nov 2008</ref>.
 
===Mortai===
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I mortai vennero usati anche come armi contraeree di sbarramento, con almeno 30 batterie costituite nel '42. Esse avevano 2 plotoni, 8 sezioni, 16 mortai l'una. Ma durarono poco, quasi tutte vennero ricostituite con i cannoni Breda da 37/54 mm (5 batterie) o i pezzi da 88 tedeschi (11). Avevano munizioni che esplodevano a mezz'aria, oppure quelle speciali con una quota di 800 m o poco oltre, dispiegavano il paracadute, scendevano a 5-6 ms, con un cavo d'acciaio di 4 mm di 100 m attaccati ad una carica esplosiva o incendiaria, su cui andava a sbattere l'aereo che incontrava l'arma nella sua discesa. Non si sa se ebbero mai successo o anche impiego, ma questo impiego era fattibile con migliore efficacia dai razzi come quelli usati dagli inglesi in batterie multiple, anche da navi (erano gli U.P. da 51 o 76 mm). Erano previsti compiti del genere anche per i pezzi da 120 mm, ma questi non pare siano mai entrati in servizio<ref>i mortai: Cappellano F. Mortai del Regio esercito'' Storia militare agosto 1997</ref>.
 
 
===Varie===