Dati utili per wargamers/Cannoni controcarri: differenze tra le versioni

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Dal momento che i carri armati diventavano sempre più corazzati, e sopratutto, ben utilizzati tatticamente con attacchi in massa, contrastarli divenne sempre più difficile, richiedendo armi più potenti e di lunga gittata. Il guaio era che esse diventavano sempre più pesanti e costose, ed esigevano un equipaggio numeroso e mezzi di locomozione motorizzati di grande potenza. Se i cannoni da 37mm pesavano meno di 500 kg, ben presto le armi da 50-57mm arrivarono a circa 1000 e i cannoni da 75 o più mm a circa 2-3t. I tedeschi riuscirono, con il Pak 40, a produrre un cannone realmente eccellente, capace di perforare 154 mm a 500 m e di restare limitato al peso di circa 1500 kg. L'equivalente inglese 17pdr, anche se sensibilmente più potente pesava quasi 3t. Queste armi erano un po' troppo pesanti per essere agevolmente usate dalla fanteria con i vecchi procedimenti tattici, e così si decise di utilizzare affusti semoventi per migliorarne l'efficienza. Il passo logico era breve, perché già occorrevano mezzi meccanizzati per movimentarle, e sistemate sopra di essi con un affusto speciale queste armi non potevano che beneficiarne. Siccome le esigenze complessive aumentarono, ad un certo punto si progettarono dei cacciacarri specifici, piuttosto che adattamenti di mezzi obsoleti o non protetti. Questi cacciacarri avevano in genere la meccanica dei carri armati, ma cannoni di maggiore potenza. Per accomodarli, gli americani costruirono veicoli leggermente protetti che mantenevano la torretta girevole, ma a cielo aperto. I tedeschi, come anche i sovietici, si rivolsero ad una diversa concezione basata su di una spessa sovrastruttura a casamatta, come nel caso del Jadpanther, praticamene analoga a quella dei cannoni d'assalto. Erano veicoli ben corazzati, ma anche privi del brandeggio a 360 gradi del cannone. Di fatto, la differenza tra i cannoni controcarri e i carri armati si ridusse molto. Gli americani operarono con i semoventi controcarri come gli M10 e -18 in speciali battaglioni controcarro, che sostituivano i reparti di cannoni controcarro piuttosto che integrare i carri armati, eppure i loro veicoli erano davvero molto simili a quest'ultimi (addirittura, in alcuni casi la differenza era solo la torretta). Gli inglesi fecero un passo anche più logico, introducendo il Challenger. Si trattava del Cromwell con scafo allungato e corazza migliorata, con una grande torretta dotata di un cannone da 76 mm 17Pdr. Il veicolo non ebbe successo a causa del peso eccessivo, della torretta troppo alta e della lentezza di brandeggio, ma di fatto era una sorta di carro pesante specializzato nel ruolo cacciacarri. Infine, furono in grado di sistemare il 17Pdr dentro la torretta del carro Sherman, ottenendo il Firefly, praticamente un carro armato medio ben armato contro ogni mezzo nemico. Gli americani e gli inglesi introdussero anche proiettili migliorati come le granate inglesi decalibrate e le americane iperveloci (anche URSS e Germania fecero simili progressi, e in più utilizzarono le granate HEAT). In pratica, poco a poco si arrivò a stabilire che il carro armato, una volta armato a sufficienza, era il miglior sistema controcarro, giusto come i caccia lo erano rispetto ad altri caccia.
 
In sostanza sembrava che i cannoni controcarro non avessero più un futuro, e questo lasciava aperta una questione importante: nessun esercito poteva contare solo su truppe corazzate sia per costo che per esigenze tattiche, così con che cosa la fanteria sarebbe stata armata in funzione controcarri? I fuciloni erano troppo pesanti e poco potenti, i cannoni d'appoggio della fanteria erano stati rimpiazzati dai mortai, più leggeri ed efficaci ma privi di capacità di tiro diretto (i tedeschi, che avevano cannoni d'appoggio fanteria da 150 mm li rimpiazzarono per quanto poterono con i mortai sovietici da 120mm). Una soluzione parziale era quella dei lanciarazzi come i Bazooka, che dal 1943 diventarono sinonimo di potenza di fuoco portatile per i fanti. Ma i Bazooka, i Panzerfaust e tutti i loro 'figli' moderni sono armi imprecise oltre 100-200 metri. I cannoni senza rinculo, basati su di un principio del tutto diverso erano un'alternativa che durante la guerra divenne disponibile, e nel dopoguerra ebbero un notevole successo. Con una massa tra i 15 e i 200 kg potevano erogare un grande volume di fuoco, specialmente con granate HEAT controcarro. Un esempio tipico è l'M40, ma anche il più piccolo e quasi altrettanto micidiale SPG-9. Ma nemmeno queste armi erano perfette: pesavano troppo per il singolo fante, avevano una vampa eccessiva che impediva l'uso da ambienti interni e rivelava la posizione del lanciatore, specialmente considerando che il proiettile aveva gittata utile dell'ordine del km e non più. La soluzione, anch'essa abbozzata durante la guerra, aspettò altri 10 anni per cominciare a manifestarsi. Si trattava dei missili controcarro, ovvero proiettili guidati autopropulsi (e quindi non necessitanti di pesanti artiglierie) e muniti di carica cava. Armi come il Sagger e l'SS-11 potevano recapitare una testata HEAT con ragionevole precisione a 3 km di distanza distruggendo ogni carro armato, rimanendo piuttosto leggeri e piccoli anche per l'uso da elicotteri, che erano i nuovi cacciacarri. Nonostante questo, i sovietici continuarono nell'attività di produzione di cannoni controcarro quali gli MT-12 e ancora negli anni '90 producevano il nuovo Sprut da 125 mm, praticamente il cannone del T-72 in versione trainata, su affusto brandeggiabile per 360 gradi. Rumeni, cinesi e yugoslavi avevano anch'essi prodotto molti cannoni controcarro, cosa condivisa in campo occidentale solo dalla Svizzera con alcune armi da 75 mm.
 
La domanda che ci si può porre è sull'efficacia di queste armi: se sono adeguate perché in Occidente non hanno avuto seguito? E se non lo sono, perché all'Est sono state prodotte per decenni? Le caratteristiche degli MT-12 da 100 mm a canna liscia aiutano a capire almeno parzialmente la risposta. Esse sono armi pesanti 3 t ma capaci di essere trainate fino a 70 kmh e sopratutto di essere messe in posizione in circa 2 minuti e ritirate in altrettanti.
La loro cadenza di tiro arriva a 14 colpi al minuto, i proiettili da 15kg sono assai potenti, supersonici, 'fire and forget' ed insensibili alle contrumisure. La gittata utile arriva a 3 km ma in sovrappiù, come artiglierie da campagna, arrivano a 8 km scagliando proiettili HE. L'affusto di per sè ha una robusta scudatura per proteggere i serventi dal tiro di armi leggere e schegge, e la sagoma nondimeno è bassa e sfuggente.
 
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Come il successivo fatto d'arme a Bir Hakeim, altro punto della carta geografica molto vicino al nulla; questo desolato luogo fu teatro di un grande scontro tra mezzi corazzati, e in particolare fu la prima grande battaglia dell'Ariete. Qui gli italiani e gli inglesi si inflissero reciproche perdite, molto pesanti; ma alla fine furono gli inglesi a doversi ritirare perché gli italiani, di pochissimo, ma erano arrivati per primi e occupavano il territorio conteso. In sostanza, Rommel, nella previsione della sua avanzata verso Tobruk, aveva mandato in zona la 132° Divisione corazzata italiana, forte del 132° rgt carri sui battaglioni VII, VIII e IX; sul 32° rgt carri (che all'epoca erano ancora gli inutili L3), su I, II e III btg; sull'VIII rgt Bersaglieri s V, XII e III armid'accompagnamento, e sul 132 rgt (chissà quale confusione..) artiglieria su I e II gruppo da 75/27 mm e la I batteria e sezione B della Milmart, oltre ovviamente ai servizi. Il tutto venne organizzato, dal gen. Balotta (che per la prima volta avrebbe fatto combattere tutte le unità dell'Ariete insieme), erano 14 caposaldi presidiati dai Bersaglieri, con cannoni da 47 e mortai da 81 mm, dietro questi le artiglierie divisionali da 75 (a cui erano giunti da poco 200 proiettili EP, Effetto Pronto, ovvero HEAT). I cannoni della Milmart erano dietro ancora, al centro dello schieramento, e infine c'erano i carri armati. Il morale era ottimo nonostante le piogge abbondanti, che avevano se non altro ridotto il caldo del deserto.
 
Questa fu un' azione in cui i cannoni riuscirono a fissare un nemico mobile, che non era riuscito a prendere possesso per primo del territorio. Gli inglesi, che con la loro offensiva 'Crusader' per liberare Tobruk attaccarono iniziando proprio da questa parte, ma solo il 18 novembre, portarono all'attacco la 22nd Brigade con circa 150 carri Crusader nuovi di zecca. Mezzi molto apprezzati dagli Italiani, anche se in realtà non molto armati, protetti e, siccome poco affidabili, non così eccellenti nemmeno come mobilità. Nondimeno erano veicoli più avanzati di quelli italiani, ma se si riusciva a bloccarne la mobilità allora perdevano gran parte del valore. Per una battaglia frontale forse sarebbero stati meglio i Matilda e i Valentine, ma erano lenti e non era facile farli arrivare in tempo utile da qualche parte. Ma la 22nd Brigate era solo una parte della 7a Armoured Division (l'altra unità principale era la 7a). Sopratutto, nonostante ben 3 reggimenti carri, aveva solo una sezione controcarri da 40 mm, una batteria con 8 '25 libbre', e una compagnia di fucilieri, nonché una batteria di contraerea leggera.Come si vede, un'unità tutt'altro che equilibrata, un 'quasi tutto carri'. In ogni caso, la battaglia iniziò, dopo qualche scaramuccia, la mattina dopo. Così gli inglesi sapevano della presenza in zona dell'Ariete, ma credevano che si trattasse solo di un piccolo avamposto, con qualche carro e alcuni veicoli. Un primo scontro campale tra i Crusader e gli M della 3a cp., dei quali furono distrutti 3 carri e altri danneggiati sui 14 in tutto, costretti in quest'azione in campo aperto a ripiegare, dopo l'attacco dei mezzi inglesi. Poi, in seguito, altri 4 carri vennero distrutti, sorpresi in movimento mentre tentavano di supportare i bersaglieri, vennero sorpresi e distrutti. Ma i Bersaglieri e gli artiglieri, sparando da buche ad alzo zero, profondamente interrati, erano pressoché invisibili ai carristi inglesi che gli capitarono praticamente sopra senza accorgersene: mitragliere da 20, cannoni da 47 e da 75 colpirono duramente i primi che si fecero sotto, ignari di tutto, i Crusader del 2nd Regiment. Del resto le autoblindo inglesi in avanscoperta erano state più volte costrette a ripiegare e la ricognizione aerea non riuscì parimenti a capire dove fosse l'Ariete di preciso, pensandola km distante dalla posizione di Bir El Gobi. Dopo avere messo in crisi i bersaglieri con l'offensiva, iniziata verso le 10.30 del 19 novembre, i carri inglesi potevano travolgere le postazioni. Non c'erano riusciti fin'allora sopratutto per la sorpresa tattica e ancora di più, per la presenza dei cannoni da 102 della Milmart, che riuscirono a causare gravi danni agli attaccanti. A quel punto vennero lanciati 2 dei 3 battaglioni carri italiani sugli M13 (il terzo per riserva). Non erano più di una sessantina, ma il polverone e il fuoco dei cannoni da terra fecero credere agli inglesi che avessero a che fare con molti più mezzi. Vi furono due ore e mezzo di battaglia, tra esplosioni e folate di ghibli (che era particolarmente efficace nel nascondere la superficie del terreno, facendo il gioco degli artiglieri e bersaglieri), fino a che gli inglesi (almeno uno dei loro carri continuò a muoversi su di un solo cingolo, sparando all'impazzata) si ritirarono.
 
Alla fine, la carica degli ignari carristi inglesi fu del tutto futile. Non ebbero supporto da parte dell'aviazione; non ne ebbero sopratutto da parte della scarsissima artiglieria e della ancor più scarsa fanteria: la prima sparò per un certo periodo di tempo, la seconda praticamente non si mosse e non occupò le posizioni che i carri cominciavano a far arrendere, tanto che gli italiani poterono ritornare ai loro cannoni e sparare di nuovo contro gli inglesi. La mancanza di proiettili HE a bordo dei mezzi inglesi non aiutava certo a far fuori le posizioni italiane. Alcuni mezzi erano davvero danneggiati, da entrambe le parti: un carro inglese tornò con tutto l'equipaggio della torretta ucciso; ma il pilota portò il veicolo fuori dall'azione con il suo carico di caduti. I cannoni erano per lo più di piccolo calibro e così spesso erano necessari molti colpi per riuscire a mettere KO un carro, anche se se ne potevano perforare le corazze. Alla fine, vennero persi 30 carri dal solo 2° Reggimento con 11 morti, 19 feriti e 20 prigionieri; il 4° aveva perso 8 carri, con 22 prigionieri e 4 morti, non è chiaro il numero dei feriti; il 3° aveva avuto invece 4 carri distrutti o gravemente danneggiati, 6 morti e alcuni feriti. In tutto, quindi, sarebbero stati 42 i carri armati Crusader perduti. La forza del reggimento, a causa di queste perdite, dei carri che riuscirono a rientrare nelle loro linee anche se danneggiati, e di quelli vittime di guasti, praticamente si dimezzò. L'Ariete ebbe 34 carri fuori uso, 5 ufficiali e 11 truppe uccisi, più 50 feriti e 66 dispersi (prigionieri). L'8° Bersaglieri ebbe 9 morti, 18 feriti e 7 prigionieri, il 132° artiglieria solo 6 feriti, un cannone distrutto e 3 veicoli colpiti. Gli italiani dichiararono in tutto 40-50 carri colpiti e un centinaio di prigionieri, gli inglesi dichiararono 45 carri (non bisogna dimenticare che queste cifre sono parziali: per esempio c'erano anche alcuni carri L coinvolti nella battaglia, tanto che diversi vennero distrutti).
 
In tutto quindi, perdite comparabili anche in termini di numeri, peraltro incredibilmente bassi dato che per ore due grandi unità s'erano scontrate con centinaia di armi sparanti per ogni dove: gli italiani ebbero almeno 25 morti, 74 feriti e 73 prigionieri o dispersi; gli inglesi 21 morti, decine di feriti e 42 prigionieri.
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e capaci di riconoscere i tipi di carri nemici, dedicando le granate HE a quelli leggeri e quelle perforanti o HEAT (queste ultime appena consegnate, e sparate in circa 200 pezzi) ai carri armati medi. I carristi sovietici dal canto loro dimostrarono una notevole aggressività e coraggio. Spesso arrivavano talmente vicini, che letteralmente schiacciavano i cannoni controcarri italiani passandogli sopra con tutta la loro massa. Ma oltre a non essere numerosi in toto, attaccarono troppo isolati e scoordinati, così che non riuscirono a sfondare: ogni volta un numero tra uno e 4 carri si faceva sotto, e venivano presi sotto tiro da parte di numerosi cannoni schierati a difesa. I T-34 si dimostrarono molto tenaci: per averne ragione bisognò centrarli in punti deboli e non a grande distanza: la protezione frontale era quasi sempre capace di fermare i proiettili o minimizzarne l'effetto. Ma attaccavano senza sostegno dell'artiglieria e dell'aviazione; non avevano fanteria anche perché i bersaglieri sparavano sui fanti appollaiati sopra i mezzi costringendoli a saltare giù dai veicoli e quindi separandoli dai loro carri; e sopratutto non avevano apparentemente radio funzionanti. Avessero potuto coordinare l'attacco, lanciare anche solo una dozzina di mezzi in una sola carica, avrebbero travolto quasi per certo le linee italiane (specialmente vero in certi momenti e settori della battaglia). Anche così distrussero gran parte dei cannoni di alcune delle batterie italiane; ma un attacco isolato era troppo difficile e anche la forza bruta dei T-34 non bastava per resistere alle scariche di cannone che venivano sparate da intere batterie contro un singolo mezzo, trovando prima o poi il punto giusto per perforarne la corazzatura. In sostanza nessun attacco venne sferrato a livello superiore a quello di plotone, quando l'unità minima sarebbe stata con ogni evidenza la compagnia carri.
 
La descrizione della situazione è questa, in generale: la batteria da 75 mod.97/38 (ovvero i cannoni francesi di preda bellica da 75 mm trasformati in Pak, per lo più con granate HEAT capaci di perforare 75 mm ). Prima azione: 30 granate HEAT e 30 ordinarie, distruggendo 2 carri leggeri BT (o di altro tipo, non è sicuro che fossero per forza di questi modelli) con le HE, ingaggiati da 800 m, e un T-34 messo KO da una HEAT. Poi sono arrivati altri 3 carri, ingaggiati da appena 300 m con 20 HEAT: un T-34 venne messo KO colpito da parecchi colpi, dei quali solo due lo perforarono. Gli altri 2 si ritirarono, ingaggiati vanamente da 600 m con altre 10 granate HEAT. Ritornarono dopo circa mezz'ora, ingaggiati da alcuni colpi e respinti. Dopo poco tempo uno ritornò in azione, apparendo tra l'erba, e venne messo KO da appena 8 metri di distanza, con una delle 10 granate che colpì la torretta e uccise l'equipaggio del veicolo. Il secondo T-34 ritornò all'attacco da solo, e venne colpito da una HEAT delle 8 sparate, oltre che da un colpo perforante dei cannoni da 75/32 mm che si misero ad appoggiare la batteria controcarri. Il secondo giorno di offensiva (31 luglio) questa batteria ingagguò, verso le 13, dei carri T-34 che procedevano ad alta velocità da circa 600 m. Uno venne colpio in pieno e messo KO da una delle 15 granate HEAT, sul lato della torretta. Un altro venne colpito poi da una delle 14 granate HEAT, mentre altri due carri leggeri vennero messi KO da una ventina di HE. In tutto vennero accreditati a questa batteria 6 T-34 e 4 carri leggeri nei due giorni di combattimento. Il gruppo da 75/27 mm era schierato, il 30 luglio, ben più avanti delle altre artiglierie. Venne sorpreso da un gruppo di 4 carri leggeri che schiacciò 3 cannoni di una batteria e 2 di un'altra. Fu un'azione in cui i mezzi sovietici vennero distrutti dai cannoni superstiti, usando granate Mod. 32 senza innesco a mò di semi-perforanti. Ma differentemente dai cannoni da 75 della batteria controcarri, in questo caso i proiettili da 75 non avevano effetto sulla corazza anteriore nemmeno da 10 m: solo sui cingoli o sui lati entro i 100 m potevano essere efficaci, magari esplodendo e 'aprendo la corazza' per circa 20 cm dopo la penetrazione. Dopo due ore circa (alle 16) altri due carri leggeri irruppero nello schieramento d'artiglierie distruggendo altri due pezzi e venendo distrutti dai pochi cannoni superstiti. Dopo che uno di quelli distrutti venne rimesso in sesto durante la notte, i sei cannoni rimasti (quindi in tutto erano dodici, 4 per ciascuna batteria) affrontarono , verso le 13.30, 4 altri carri, che sbucarono da appena 150 m e stavolta c'erano anche 2 T-34. Distrussero ben 4 dei cannoni superstiti, poi proseguirono oltre e incendiarono 6 autocarri e 7 trattori d'artiglieria. I due cannoni rimasti spararono all'impazzata anche da 10 metri, e immobilizzarono ancora una volta i due carri leggeri, nonché uno dei T-34. In tutto vennero persi 10 cannoni contro 9 carri.
 
Il gruppo da 100 mm tentò l'ingaggio da 700-1000 m ma senza colpi a segno. Quello da 75/32 mm riuscì a perforare alcuni mezzi ma solo entro i 200-300 m, con proiettili perforanti. Non è chiaro quanti vennero colpiti. Un cannone da 105 mm colpì ai cingoli un T-34 immobilizzandolo, ma un secondo colpo a segno sulla parte superiore non ebbe nessun effetto. Le famose mitragliere Breda da 20 mm, con colpi semiperforanti si sono dimostrate poco efficaci contro i carri leggeri, nulle contro i T-34. Due carri leggeri hanno schiacciato altrettante mitragliere da 20 nonostante il tiro effettuato fino a 10 m di distanza.
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Alla fine della sola giornata del 30, i sovietici persero 14 carri dei 39 impiegati. La divisione celere italiana aveva perso 13 caduti , 54 feriti, un disperso, ma sopratutto 10 cannoni da 75 , 2 mitragliere da 20, 13 autocarri e 7 trattori. Alla battaglia parteciparono anche i tedeschi. In tutto, i combattimenti durarono fino al 14 agosto nell'ansa del Don. Ma Serafimovich, attaccata dagli italo-tedeschi e occupata entro l'inizio di agosto dopo due giorni di contrattacchi sovietici appoggiati da carri armati. In tutto i sovietici persero 47 carri e 2 blindo, e altri 12 gettati nel Don per evitarne la cattura. Gli Italiani eliminarono 31 carri e 2 blindo, in alcuni casi con bottiglie molotov da parte dei bersaglieri ma per lo più con i cannoni delle batterie del 120°.
 
L'addestramento era stato fatto con dovizia di sforzi per rendere le batterie adatte alla battaglia contro i carri sovietici. Un BT-7 impantanato venne recuperato e sottoposto alla prova contro le sue corazze laterali da 15 mm. I proiettili da 8 mm sparati da una Fiat Mod.35, senza risultati apprezzabili; semiperforanti da 20 mm, che resero possibile la perforazione della torretta e scafo nettamente ma a soli 150 m (in pratica, almeno la parte anteriore era invulnerabile: forse avrebbe avuto la peggio contro proiettili perforanti 'puri', ma non c'erano). Cannone da 47/32 mm, con perforazione netta dello scafo e danni sul lato opposto, sempre da 150 m; proiettili da 75/27 spolettati, senza effetto, e senza spoletta, sfondando lo scafo da 150 m almeno; cannoni da 100/17 mm, da 450 mm, con granate spolettate, perforando torre e scafo; molotov, senza provocare incendi, 6 bombe a mano insieme, spezzando i cingoli e sfondando il tetto dello scafo; 2 bombe legate attorno al cannone, ovalizzandone leggeremente la canna.
 
Tra i tanti altri fatti d'arme non può mancare Medenine della primavera '43: il 6 marzo Rommel attaccò con oltre 150 carri armati e i panzergranatiere le linee inglesi, ma non si rese conto che gli inglesi avevano schierato un gran numero di cannoni controcarri, per lo più da 57 mm, ma anche vecchi 40 mm (sempre meglio di niente) e sopratutto alcuni dei nuovi e segretissimi pezzi da 76 mm. L'effetto, nonostante che i tedeschi schierassero alcuni Tiger, fu devastante e alla fine della giornata Rommel dovette ammettere la sconfitta: si ritirò lasciando 53 carri e centinaia di morti sul campo di battaglia.
 
 
===Il problema della perforazione delle corazze: le innumerevoli variabili e soluzioni===
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Ma i proiettili perforanti monoblocco non erano l'optimum per garantire la perforazione delle corazze: c'era la necessità di applicare la maggior pressione possibile nel più piccolo spazio possibile: così vennero ideati vari tipi di munizioni che rivoluzionavano la tecnologia della lotta controcarri. Una fu la munizione APCR, e la simile HVAP: si tratta di una munizione con un nucleo molto pesante in tungsteno, rivestita da un involucro in alluminio: il tutto pesava meno del colpo a pieno calibro in acciaio, per cui a parità di carica (quando non era anche superiore), superava la velocità del tipo precedente, passando per esempio da 6 kg/700 ms a 3 kg/1000 ms. Così il proiettile perforava di più, e aveva una traiettoria più tesa: ma la resistenza aerodinamica era elevata con lo stesso calibro e metà peso, per cui la gittata utile era minore (sia pure con traiettoria tesa). Quando arrivava sul bersaglio l'involucro si fondeva e il nucleo penetrava nell'acciaio. Era meglio usare i proiettili decalibrati, che potevano essere sparati da cannoni di maggior calibro. Inizialmente si usarono cannoni con calibro decrescente, come fecero i tedeschi, ma questo proibiva l'uso di munizioni HE e sopratutto HEAT dato che il calibro dell'HEAT è fondamentale per le capacità di perforazione. Così vennero usati i cannoni normali, ma con i 'sabot' che adattavano il proiettile al cannone, per poi distaccarsi. Così può accadere che un proiettile del genere sia sparato con un'energia enorme. Dai primi proiettili di questo tipo, ideati dagli inglesi, il rapporto calibro-lunghezza della munizione è passato da 3:1 a 10:1, fino ad oltre 20:1 attuali. Facciamo l'esempio: un proiettile da 120 mm con proiettile moderno, a freccia balistica (per via delle alette poste in coda), è sparato da un cannone di questo calibro, che per aumentare ulteriormente la pressione d'esercizio (e quindi la capacità di perforazione) senza un cannone dalla canna molto lunga, ha assunto nuovamente la canna liscia come le artiglierie di 200 anni fa: la stabilità dei proiettili è stata assicurata dalle alette, che imprimono un moto rotatorio di stabilizzazione alla munizione anche senza la rigatura.
 
Un cannone da 120 mm spara munizioni da 4 kg a circa 1.600 ms, per un totale di diversi MJ di energia: eppure le munizioni moderne tendono ad essere di un calibro paragonabile a 20-30 mm: questo significa concentrare un'energia immane in un punto solo, che nessun proiettile da 20-30 mm potrebbe realizzare (arrivando a circa 200-300 kJ) pesando 100-300 gr con una velocità di circa 1000 ms. Per questo è possibile perforare anche 1 metro d'acciaio. Ma per riuscire nella perforazione è anche possibile sfruttare il principio HEAT, che consente di realizzare proiettili esplosivi (alle volte misti HE-HEAT) relativamente multiruolo, privi della necessità di essere sparati da armi di grande potenza (esistono persino bombe a mano HEAT..), e possono perforare diverse volte il calibro dell'ogiva: da circa 1-1,5 della II GM, a _7-8 volte adesso. Per giunta esistono persino testate in tandem per perforare forti spessori d'acciaio anche senza ogive molto grandi e pesanti (oltre che per affrontare corazze ERA). Il principio è simile ad una lente d'ingrandimento che concentri i raggi del sole, o alla fiamma di una candela (avete notato a che distanza è ancora in grado di bruciare ma solo se sull'asse longitudinale?), per cui praticando una cavità nell'esplosivo, e rinforzandola con un 'liner' di metallo (rame o addirittura uranio), da dissolvere dal 'fuoco' dell'esplosione e rendere un getto di particelle ad altissima energia, che esercitano anche oltre 1.000 t per cm2 di pressione. Un procedimento ancora più micidiale è la formazione, partendo dal suddetto piattello, di una vera e propria munizione perforante, si chiama 'proiettile autoforgiante' e viene sparato dalla carica cava come se fosse un cannone ad altissima velocità: è capace di perforare, pur essendo di materiale malleabile, diversi cm di acciaio e in genere viene usato per munizioni che esplodono sopra il tetto dei carri armati. Esiste poi anche la granata HESH o HEP, che ha un'ogiva a schiacciamento. Molto apprezzata dagli inglesi, trasmette un'onda d'urto che frantuma la faccia interna della corazza, staccando un 'discoide' che si proietta come schegge all'interno a circa 200 ms. I proiettili HE, con spoletta a scoppio ritardato, i semiperforanti o i proiettili HE senza spoletta sono tutti proiettili usati per compiti controcarri. Le granate HE da 88 mm erano più che sufficienti per distruggere i carri armati fino a diversi km di distanza, durante la II GM, e questo nonostante che non vi fossero certo i sistemi di telemetria moderni, con relativi computer e affini per la direzione del tiro.
 
Ma le corazze, sopratutto quelle frontali dei carri sono una notevole incognita, specie nei tempi moderni.
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Chiaramente lo spessore delle corazze deve far fronte anche al fatto che i carri moderni non colpiscono più in maniera aleatoria i bersagli, ma quasi con precisione scientifica. Per questo sul campo di battaglia moderno (se per moderno non s'intende l'attuale 'lotta al Terrorismo'..) i mezzi leggeri non trovano posto: nascondersi ed evitare i colpi è diventato difficilissmo, e questo in un raggio di 4 km. Un mezzo come la blindo Centauro potrà sembrare imponente e per la sua categoria lo è: ma quando si leggono i rapporti di guerra, in cui nel '91 i carristi americani trapassavano i T-62 anche da 4 km (nonostante le corazze da 100/60° anteriori, il motore diesel e la corazza posteriore), è chiaro che l'assunto secondo cui un veicolo del genere possa rimpiazzare un carro (di cui costa parimenti) è erroneo, e non casualmente il successo di questo mezo è rimasto piuttosto circoscritto, mentre i programmi d'aggiornamento dei carri armati, anche di vecchio tipo, hanno continuato a fiorire e a prosperare. Un carro M1 può reggere il suo munizionamento a distanza ravvicinata (sulla torretta praticamente a bruciapelo), quello stesso munizionamento trapasserebbe mezzi ben più protetti della blindo in parola anche a 4 km di distanza. Il motore anteriore=protezione qui si dimostra di validità molto limitata, e al più è credibile quando è applicato al Mervaka da 62 t.
 
 
===L'importanza della manovra, e il senso della 'corazza'===
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