Filosofia dell'informatica/Internet e il web: differenze tra le versioni

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== Il Semantic Web ==
Perché passare dal WEB, strumento già di per sé potente ad una nuova entità, ovvero sia, il Semantic Web? Innanzitutto non si tratta di un vero e proprio passaggio bensì, di un’estensione necessaria a causa di una serie di limitazioni che caratterizzano il Web e che, solo un’analisi più accurata, consente di individuare. Ad esempio, diversi utenti utilizzano il Web per la ricerca di documenti seguendo due possibili strade: utilizzando link ipertestuali o attraverso i motori di ricerca. Il limite del primo processo riguarda il tempo, poiché, un utente che non sa bene da dove partire per ricercare ciò di cui ha bisogno, rischia di perdersi. Il limite del secondo procedimento riguarda l’elevato numero di risultati non utili che possono presentarsi all’utente, nel momento in cui inserisce nella barra bianca del motore di ricerca la sua parola chiave.
Il Web, ancora, nella ricerca delle informazioni non è in grado di integrare le parti d’informazioni contenute su siti differenti ed infine, la maggior parte dei siti web, non sono adibiti per fornire servizi ad altri servizi ma, sono solo, contenitori d’informazioni. Qui si colloca il Semantic Web che, parte dal presupposto di ridefinire e ristrutturare i dati sul Web in modo che il loro significato sia accessibile non solo, ad utenti umani ma, anche, a programmi che li utilizzano per manipolarli, integrarli e renderli fruibili da diverse applicazioni. Il termine Semantic assolve proprio questo compito: creare qualcosa che sia “significativo” per dei programmi di computer e, non solo per l’utente umano. I programmi scritti per il Semantic Web, devono avere un accesso al significato dei dati con cui lavorano per poter comprendere di cosa si stia parlando. Questo è possibile attraverso i metadati che sono letteralmente “dati che parlano di dati” e forniscono informazioni su quanto c’è da sapere su un certo insieme di elementi. L’espressione dei metadati è possibile attraverso degli strumenti tecnici, dei linguaggi di annotazione costruiti a partire da XML.
XML (Extensible Markup Language) è un metalinguaggio che consente, attraverso l’uso predefinito di regole standardizzate, di dare significato ai diversi dati contenuti in un documento.
L’obiettivo è di poter controllare i significati dei diversi componenti di un testo.
Una delle caratteristiche principali di XML è la sua versatilità, poiché, proprio grazie a questo metalinguaggio, è possibile utilizzare strumenti informatici in ambiti molto differenti, anche lì dove vi sono tecniche e teorie di rappresentazione della conoscenza radicate.
La sua omogeneità e duttilità porta a credere che si tratti di uno strumento neutro attraverso il quale rappresentare la conoscenza. In realtà, il suo carattere neutrale può essere preso in considerazione solo se ci si focalizza esclusivamente sul singolo dato e dunque sulla sua identità sostanziale senza però considerare le relazioni esistenti tra i diversi dati. Se si osserva il fenomeno da questa prospettiva, si può notare come il dato, solo apparentemente conservi il suo significato attraverso tale metalinguaggio poiché in realtà, sono le relazioni esistenti tra i singoli dati a fornire significato al singolo. La neutralità è, per questo, un attributo improprio da associare a questo strumento poiché è necessario definire una struttura con la quale rappresentare i diversi elementi. Difatti, è fondamentale considerare le regole attraverso le quali questi dati vengono messi in relazione tra loro altrimenti si rischia di cadere in errore alterando anche il significato del dato stesso. In definitiva, l’idea è che la rappresentazione della conoscenza attraverso strumenti informatici non possa essere considerata neutra.
L’elemento di forza di XML è la possibilità di definire, attraverso il sistema dei marcatori incorporati nel documento, i linguaggi con cui il documento stesso potrà essere successivamente letto e rappresentato e l’aspetto strutturale è descritto attraverso un DTD ( Document Type Definition).
Attraverso i suddetti marcatori è possibile definire l’aspetto strutturale del documento e questi sono organizzati in una sorta di gerarchia caratterizzata da categorie più generali (i marcatori così detti generici) e più specifiche (marcatori speciali).
Una struttura che viene costruita sulla base di questo principio, si avvicina all’idea di Porfirio che nell’opera Isagoge tenta in qualche modo di definire una rappresentazione della conoscenza. Questi, partendo dalla dottrina aristotelica e dunque dalle categorie, sviluppa una sorta di albero gerarchico per cui vi è un elemento di partenza, una categoria, che viene spiegata facendo ricorso ad elementi via via sempre più specifici fino a giungere all’ultimo che non è caratterizzato da nessuna sotto specificazione. I marcatori utilizzati rappresentano questi nodi e la regola sottostante è che non vi sia alcuna sovrapposizione tra questi e dunque, ognuno dei marcatori deve essere considerato al di là degli altri.
Anche il mondo digitale si pone problemi ontologici, si chiede quali predicati possano definire un soggetto e la sua essenza.
Se la metafisica ricerca le cause ultime della realtà e quindi l’essenza, la ricerca ontologica in ambito informatico pretende di non avere implicazioni semantiche al di fuori dei termini usati per i marcatori.
Porfirio struttura la conoscenza di modo che i diversi componenti dell’albero assumano un significato che prescinda dall’esperienza, estrapolandoli dalla realtà per adattarli in modo indifferente ai diversi ambiti ma questo tentativo risulta fallace. La struttura Porfiriana pretende di raggiungere una definizione frutto di una somma di differenze che coincidono esattamente con l’oggetto che si intende descrivere e questo, non coincide con l’obiettivo di XML. Quest’ultimo invece, associa ai marcatori dei nomi che sono puramente convenzionali. Il problema è che l’aspetto semantico e quello strutturale non possono prescindere l’uno dall’altro poiché, le componenti semantiche sono inevitabili per comprendere le subordinazioni che specificano i marcatori.
L’idea è, dunque, che la conoscenza debba essere rappresentata attraverso una gerarchia di concetti e un insieme di attributi attraverso i quali specificarli. Il problema è che il modello ad albero non riesce a raggiungere questo scopo poiché, non vengono specificate delle regole attraverso le quali interpretare le relazioni tra questi concetti. E così anche il metalinguaggio XML pecca in questo.
Le relazioni tra concetti ammesse dalla struttura albero non prevedono se non relazioni gerarchiche mentre si ritiene necessario uno strumento che consideri anche altri tipi di relazioni. Dunque, il limite più grande di questi strumenti è l’incapacità di fornire delle regole di interpretazione.
La necessità è quella di superare questo modello per utilizzarne uno che, non solo sia in grado di rappresentare la conoscenza ma, che fornisca anche un insieme di regole che ne definiscono la coerenza. Un tentativo seppur lontano dalla logica predicativa, di raggiungere questo scopo è stato operato da Roberto Grossatesta attraverso la cosiddetta resolutio-compositio. Anche questo autore, al pari di Porfirio, è partito da Aristotele nello sviluppo del suo metodo.
Attraverso il primo procedimento, Grossatesta mostra come estrapolare gli attributi di un fenomeno per somiglianza e differenza (definizione nominale), mentre attraverso il secondo procedimento, quello della compositio, ordina le proposizioni in modo gerarchico ma considerandole in un rapporto causale.
Le logiche predicative successive a Grossatesta renderanno centrale, anche nella rappresentazione della conoscenza, la logica deduttiva affrontata in parte dal suddetto autore. Di questi formalismi logico-deduttivi si avvale anche il “Semantic Web” nel quale si supera il limite del modello porfiriano, proponendo regole di applicabilità alle diverse relazioni.
La struttura non è più quella di un albero ma piuttosto quella di una rete con delle relazioni.
 
==Note==