Filosofia dell'informatica/Storia dell'ipertesto: differenze tra le versioni

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==Vannevar Bush e il progetto Memex==
Licklider dedica il suo libro Libraries of the Future a Vannevar Bush (1890-1974), che nelnell'estate del 1945 aveva pubblicato su “Atlantic Monthly” l’articolo ''As we may think'' che, nella parte conclusiva, espone il progetto di una macchina per la gestione della conoscenza, il [[w:Memex|Memex]] e nel quale egli invita a ripensare radicalmente la modalità di trattamento dei documenti, superando la rigidità delle categorie di classificazione e catalogazione. Lo stesso Nelson concepirà l’ipertesto come un sistema che fa esplodere le categorie. In realtà il Memex, sia come macchina che come innovazione, fu un prodotto da collocarsi nel contesto tecnologico degli Anni Trenta.
Gli scritti di Bush sul Memex rappresentano la volontà di proporre una macchina reale, "sia come un corpo di saggi che esplorano le potenziali utilità e l'applicazione di nuove specie di macchine che gestiscono l'informazione e rappresentano la conoscenza" (<ref>J. Nice - P. Kahn, ''Una macchina per la mente: il Memex di Vannevar Bush'' in ''Da Memex a Hypertext'', Franco Muzzio, Roma 1992, 3).</ref>.
 
[[File:Vannevar Bush portrait.jpg|thumb|left|Vannevar Bush]]
 
Il progetto Memex rappresenta una possibile risposta al problema della rigidità delle categorie - per cui i documenti, una volta archiviati, si possono ritrovare solo in un punto di un determinato percorso logico e non in altri - attraverso il concetto di “percorsi associativi”, il nucleo fondante dell’ipertestualità. “La mente umana opera per associazioni ([)] La selezione per associazione, piuttosto che per indicizzazione, potrebbe forse essere meccanizzata” (Vannevar Bush). Il Memex è inteso come una “macchina della mente” - per localizzare e rappresentare la conoscenza - e imposta il recupero dell’informazione non basandosi su sistemi di classificazione, ma piuttosto mimando il processo associativo, saltando rapidamente da un’idea a un’altra, da un documento all’altro. Una volta accettata l’innovativa impostazione concettuale (una macchina che prende a modello la mente umana e non un catalogo o un indice), allora e solo allora si sarebbe poi tentato di creare i link in modo automatico. La descrizione del Memex "proviene dalla stessa metodologia che Bush usò per progettare altre sue opere, come il Selettore rapido: combinare tecnologie di basso livello entro un'unica macchina che funzioni ad alto livello [...] Bush predisse che gli utenti si sarebbero essi stessi adattati alle limitazioni delle abilità linguistiche della macchina, suggerendo persino che il linguaggio umano avrebbe dovuto cambiare per adattarsi meglio alla meccanizzazione"<ref>''Ivi'', 7-8.</ref>.
 
Per tentare di mimare la mente umana non erano ancora a disposizione gli strumenti adeguati, i computer, per cui Bush ripiegò su quello che al momento era disponibile: i microfilm: "negli anni Trenta molti credevano che il microfilm avrebbe potuto rendere l'informazione universalemnte accessibile e in questo modo scatenare una rivoluzione intellettuale. Bush, come i suoi contemporanei, esplorava le possibilità inerenti i microfilm nei suoi scritti e nei suoi laboratori al MIT"<ref>''Ivi'', 12.</ref>.Nella scrivania di legno un juke-box di microfilm azionabile con leve e bottoni, mentre sul piano tre schermi permettono la visione contemporanea e a salti di più microfilm, il percorso associativo. Il Memex è quindi un ibrido: una macchina costruita avvalendosi di vecchie tecnologie ma pensando a scenari del futuro. Tre schermi, quante sono le dimensioni minime per tracciare uno spazio: l’informazione ipertestuale è una rappresentazione spaziale, multilineare. Il Memex implica pertanto l’esperienza dello spazio in cui si estende la memoria e la conoscenza: l’ipertesto è un intreccio tridimensionale di soggetti e oggetti. Il Memex (''memory extension''), si basa sulla connessione tra due elementi e prevede anche la possibilità di registrare i percorsi di lettura. Così il microfilm prometteva la miniaturizzazione, fedeltà completa di riproduzione, accesso più libero ai materiali rari e originali, e conseguentemente trasportabilità.
 
Il Memex svincola il testo dal supporto cartaceo, così come farà poi l’ipertesto. Con Bush il pensiero si squaderna, la lettura si articola nelle componenti atomiche delle unità informative: ogni lettura è una ri-legaturarilegatura. La qualità innovativa del Memex non risiede dunque nell’aspetto tecnologico ma nell’impostazione concettuale: esso è ipotizzato per una fruizione diretta da parte di chi ha necessità di recuperare informazioni, senza l’ausilio di intermediatori esperti. Bush, che aveva già intuito il problema del sovraccarico informativo (information overload), sa che per fronteggiare l’impatto della crescente massa di pubblicazioni scientifiche occorrono strumenti per gestire automaticamente l’archiviazione e la distribuzione delle informazioni. Nel 1945 il microfilm stava già perdendo il primato in quanto tecnologia innovativa a favore del computer: dal punto di vista tecnologico Memex è obsoleto già al momento della pubblicazione.
 
Vannevar Bush inserisce il Memex all’interno del canone dei grandi nomi della scienza: cita le macchine progettate da Leibniz, da Babbage, rimaste irrealizzate proprio come il Memex. Eppure costoro avevano intuito il futuro, “come si poteva pensare” in modo assolutamente innovativo. Il Memex esiste solo nella rappresentazione narrativa, ma tale narrazione è necessaria per indicare nella gestione dell’informazione il futuro campo d’azione degli ingegneri elettronici e degli scienziati prestati all’impegno bellico sottolineando che tale unità dovrà continuare anche in tempo di pace per promuovendo lo sviluppo tecnologico. ''As we may think'': il "may" introduce una situazione condizionale, è un futuro narrativo, non è il presente del ragionamento pragmatico di John Dewey, autore di “Come pensiamo”, né il futuro semplice che userà Ted Nelson, autore di “Come penseremo”. Bush, che pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo assiste nel deserto del New Mexico all’esperimento conclusivo del progetto Manhattan (l’inizio dell’era atomica) sa che la guerra sta per finire e che occorre immaginare un futuro.