Cyberbullismo/Casi significativi di cyberbullismo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Riga 14:
== Il caso di Padova ==
 
Un caso significativo è il caso di una ragazzina di Pordenone che si è buttata trenta metri più in basso lasciando solo una lettera di scuse per quell'orribile gesto, ai suoi genitori.
Chiedeva aiuto, ma nessuno l’ascoltava. Ha scritto, prima di commettere quell'orribile gesto, per non essere dimenticata, per chiedere scusa ai suoi genitori, per farsi perdonare. Poi si è gettata giù, trenta metri più in basso. No, non è stato un gesto improvviso. Era programmato da tempo. Aveva mostrato la sua disperazione più volte, anche con atti autolesionistici, ma nonostante questo, non veniva presa sul serio. Tra le parole mai dette e i fatti incompiuti lei si suicida, lasciandosi un immenso vuoto alle spalle. Muore buttandosi dalla terrazza sul tetto dell’ex hotel di Palace di Borgo Vicenza a Cittadella. Per spiegare ciò che ha provato e quell'eterno senso di solitudine che l’accompagnava, la quattordicenne lascia cinque lettere. Le lettere sono semplici, parole piene di significato emotivo. Due indirizzate ai genitori, una alla nonna e le ultime ai suoi amici. Preannunciava il gesto che avrebbe commesso. Pregava di non dimenticarsi di lei. E dava una spiegazione netta del gesto. Mentre ai genitori chiedeva enormemente scusa di averli delusi. L’adolescenza pian piano le sembrava una libertà ormai diventata una prigione da cui non poter più scontare la pena di essere fragile. Lo aveva confidato solo ai suoi amici più cari, che forse non l’avevano presa realmente sul serio. Su [[w:Ask.fm|Ask]] ricorrevano spesso parole come “uccidere”, riusciva a manifestare il suo dolore solo attraverso i social. Non sapeva più dov'era la felicità, non si ricordava più dov'era nascosta. E si stupiva quando sul suo volto riusciva ad accennarne uno. La felicità le sembrava ormai un sogno irraggiungibile. Pensava che essa era solo un periodo intermedio fra un male ed un altro. Cercava costantemente di nascondere la sua immagine priva di colore con la maschera di ragazza dark. Ask prima considerato come un rifugio, inseguito l’aveva tradita. Trovava da mesi domande e considerazioni di lei fredde e tremendamente detestanti. Si firmava con il nome di Amnesia. Le chiedevano continuamente foto dei suoi tagli dicendole ripetutamente di essere una persona insignificante. Un puntino trasparente che cerca, fumando e bevendo, di prendere colore. Pensava che l’unico modo per essere considerata dagli altri era imitarli. Inseguito alla sua morte, si espande gelo per tutte le case di Cittadella. La Procura di Padova apre un indagine dove non esiste un vero e proprio capo d’accusa , ma semplicemente degli indagati. Le accuse possono andare da maltrattamento minorile all'istigazione al suicidio.
 
Line 28 ⟶ 29:
== Il caso di Pordenone ==
 
 
In molti avranno sentito parlare dell'adolescente che ha cercato di suicidarsi a Galliano, scappando dalle offese dei suoi compagni di classe, che l'anno perseguitata per un lungo anno.
“Oggi una ragazza della mia città ha cercato di uccidersi. Ha preso e si è buttata dal secondo piano. No, non è morta. Ma la botta che ha preso ha rischiato di prenderle la spina dorsale. Per poco non le succedeva qualcosa di forse peggiore della morte: la condanna a restare tutta la vita immobile e senza poter comunicare con gli altri normalmente. “Adesso sarete contenti”, ha scritto. Parlava ai suoi compagni. Allora io adesso vi dico una cosa. E sarò un po’ duro, vi avverto. Ma c’ho ‘sta cosa dentro ed è difficile lasciarla lì. Quando la finirete? Quando finirete di mettervi in due, in tre, in cinque, in dieci contro uno? Quando finirete di far finta che le parole non siano importanti, che siano “solo parole”, che non abbiano conseguenze, e poi di mettervi lì a scrivere quei messaggi – li ho letti, sì, i messaggi che siete capaci di scrivere – tutte le vostre “troia di merda”, i vostri “figlio di puttana”, i vostri “devi morire”. Quando la finirete di dire “Ma sì, io scherzavo” dopo essere stati capaci di scrivere “non meriti di esistere”? Quando la finirete di ridere, e di ridere così forte, quando passa la ragazza grassa, quando la finirete di indicare col dito il ragazzo “che ha il professore di sostegno”, quando la finirete di dividere il mondo in fighi e sfigati? Che cosa deve ancora succedere, perché la finiate? Che cosa aspettate? Che tocchi al vostro compagno, alla vostra amica, a vostra sorella, a voi? E poi voi. Voi genitori, sì. Voi che i vostri figli sono quelli capaci di scrivere certi messaggi. O quelli che ridono così forte. Quando la finirete di chiudere un occhio? Quando la finirete di dire “Ma sì, ragazzate”? Quando la finirete di non avere idea di che diavolo ci fanno 8 ore al giorno i vostri figli con quel telefono? Quando la finirete di non leggere neanche le note e le comunicazioni che scriviamo sul libretto personale? Quando la finirete di venire da noi insegnanti una volta l’anno (se va bene)? Quando inizierete a spiegare ai vostri figli che la diversità non è una malattia, o un fatto da deridere, quando inizierete a non essere voi i primi a farlo, perché da sempre non sono le parole ma gli esempi, gli insegnamenti migliori? Perché quando una ragazzina di dodici anni prova a buttarsi di sotto, non è solo una ragazzina di dodici anni che lo sta facendo: siamo tutti noi. E se una ragazzina di quell'età decide di buttarsi, non lo sta facendo da sola: una piccola spinta arriva da tutti quelli che erano lì non hanno visto, non hanno fatto, non hanno detto. E tutti noi, proprio tutti, siamo quelli che quando succedono cose come questa devono vedere, fare, dire. Anzi urlare. Una parola, una sola, che è: “Basta”. “
Queste sono le parole che la professoressa Galliano rivolge ai suoi studenti, compagni di classe della ragazza che ha tentato il suicidio. In questo caso non si può parlare di cyberbullismo poiché l'adolescente non è stata perseguitata attraverso i social. Nelle chat archiviate la polizia ha trovato i discorsi fra lei e i suoi amici più fidati, dove la ragazza esplicitamente li implora ad aiutarla. Ma purtroppo i ragazzi, non prendendola realmente sul serio, cercano invano semplicemente di rassicurarla. Le tre parole pronunciate nell'ultimo periodo dalla ragazzina sono “bullismo, bullismo, bullismo”, quelle otto lettere pronunciate tre volte cercano il supporto di qualcuno e gridano aiuto. E poi quell'ultimo messaggio “adesso sarete contenti” . I genitori all'oscuro di tutto ricevono un duro colpo difficile da superare. Si interrogano su come per tutto questo tempo sono potuti essere così ciechi, da non vedere il dolore e la profonda tristezza della ragazza. Per lei è stata la vita reale, l’incontro con le persone, con quelli che per lei sono diventati mostri, a rovinarla.