Torah per sempre/Riepilogo della Parte I: differenze tra le versioni

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[[File:Jews Byzantine Greek Alexander Manuscript (cropped).JPG|650px850px|centerleft|Miniatura bizantina con Alessandro Magno e gli ebrei (Venezia)]]
 
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In questa Parte abbiamo tracciato l'evoluzione del concetto di "Torah" fino alla fine del Medioevo.
 
Agli inizi la Torah significava generalmente apprendimento o normativa di guida, oppure una legge specifica o un gruppo di leggi, non necessariamete rivelate da Dio. "Torah di Mosè", nell'uso biblico successivo, poteva riferirsi in parte o in tutto al Deuteronomio.
 
Non più tardi del secondo secolo dell'Era Volgare, forse anche prima, il termine era giunto a denotare il Pentateuco, o Cinque Libri di Mosè. Se i Cinque Libri vengono letti nella maniera semplice sembrano contenere una quantità di "oracoli", come li chiamava Filone, in cui è registrata la sostanza delle istruzioni divine.
 
Nel periodo rabbinico si dava per scontato che i Cinque Libri nella loro interezza fossero stati dettati parola per parola da Dio a Mosè.
 
Quando la tradizione dell'interpretazione si era sviluppata al punto in cui c'era un corpo importante di testo a complementare ed interpretare la Scrittura, forse agli inizi del terzo secolo E.V., emerse il concetto della Duplice Torah — Orale e Scritta. Dio non aveva soltanto dettato il testo scritto, ma aveva anche affidato a Mosè del materiale integrativo da trasmettere oralmente.
 
In considerazione sia del dissenso interno sia di sfide da gruppi rivali, come quelli cristiani che si accaparravano l'autorità delle Scritture, le regole di interpretazione furono formulate ed incorporate nella struttura della Torah. Perfezione, libertà da ridondanza e completezza finirono per essere presupposte.
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[[Categoria:Torah per sempre|Riepilogo della Parte I]]