Storia della letteratura italiana/Pier Paolo Pasolini: differenze tra le versioni

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Le ''Poesie a Casarsa'' vengono pubblicate a [[Bologna]] nel 1942 e riscritte nel [[Lingua friulana|friulano]] istituzionale per la pubblicazione del volume ''La meglio gioventù'' nel quale verranno raccolte con la [[traduzione]] dello stesso autore in [[lingua italiana|italiano]]. La cultura letteraria dell'autore è la poesia [[provenza]]le di [[Peire Vidal]], l'[[Giuseppe Ungaretti|Ungaretti]] dalla parola essenziale, il [[Giacomo Leopardi|Leopardi]] dal [[ritmo]] dolente e gran parte della poesia [[Francia|francese]], [[Spagna|spagnola]] e [[Catalogna|catalana]], da [[Paul Verlaine|Verlaine]] a [[Stephane Mallarmé|Mallarmé]], da [[Juan Ramón Jiménez|Jiménez]] a [[Federico Garcia Lorca|Lorca]] e [[Antonio Machado|Machado]]
 
Consapevole della consunzione della [[lingua italiana]] del [[XX secolo|Novecento]], Pasolini adotta la [[dialetto|poesia dialettale]] per recuperare il valore [[Semantica|semantico]] e mitico della [[parola]] orale e non scritta rappresentativa di una [[comunità]] che nel [[dialetto]] riconosce se stessa.<br /> In questo rivendicare una poetica del [[Friuli|friulano]] come antidialetto e quindi [[Lingua (idioma)|lingua]], si avverte una inconscia [[ragione]] [[politica]] e cioè il rifiuto al centralismo livellatore del [[fascismo|regime fascista]]. <br />Utilizzando il friulano, il codice linguistico diventa [[stile|stilisticamente]] libero condizionando i contenuti.
<br />Semplici [[Paesaggio|paesaggi]] friulani fanno da sfondo alle "Poesie a Casarsa" immersi in un'atmosfera struggente che rende fragile la [[serenità]] di questo [[mondo]] arcaico sul quale incombe un presagio di [[morte]] e [[corruzione]].
Si affiancano temi e [[simbolo|simboli]] tipici della tradizione poetica [[Decadentismo|decadente]] con la figura centrale di [[Narciso (mitologia)|Narciso]] come simbolo sospeso tra la [[serenità]] dell'infanzia, l'[[adolescenza]] e la [[morte]] vista come l'unica possibilità per evitare la perdita nel [[mondo]] adulto dell'innocenza.
 
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{{Quote|Ah, noi che viviamo in una sola/ generazione/ vissuta qui, in queste terre ora/ umiliate, non abbiamo nozione/ vera di chi è partecipe alla storia/ solo per orale, magica esperienza;/ e vive puro, non oltre la memoria/ della generazione in cui presenza/ della vita è la sua vita perentoria.|
da ''Il Canto popolare'', Le ceneri di Gramsci,Garzanti, [[Milano]] [[1957]]}}
Con [[Le ceneri di Gramsci]], pubblicate nel [[1957]] da Garzanti, Pasolini presenta undici [[poema|poemetti]] quasi tutti scritti in [[terzina (metrica)|terzine]] e sul modello di quelli del Pascoli pur nella grande libertà dei singoli [[Verso|versi]].<br /> I poemetti che formano la raccolta sono stati scritti tutti tra il [[1951]] e il [[1956]], molti dei quali già pubblicati sparsi precedentemente.<br /> Protagonista delle Ceneri è la nuova realtà storica del [[Proletariato|sottoproletariato]] [[romano]] che il poeta vuole rappresentare così come è, perché la salvezza è quella di rimanere dentro a quell'[[inferno]] con la volontà di capirlo. Pasolini sa che di quel popolo lo attrae non la sua millenaria [[lotta]] ma la sua allegria e riconosce in se stesso una contraddizione, quella di amare un mondo che odia. <br /> I poemetti del 1956 sono più ricchi di problematica storica e il tema centrale è l'alternarsi di [[speranza]] e disperazione che alla fine, nel ''Pianto della scavatrice'' , diventa accettazione dolorosa delle [[Ferita|ferite]] provocate dai cambiamenti.<br />
Questa tematica produce continui mutamenti di tono che passano da momenti di conversazione dimessa a lunghi discorsi di forte eloquenza, descrizioni di una realtà più bassa che si alternano a squarci storici e mitici. La poetica delle Ceneri consiste nel proposito dichiarato dal poeta di riuscire a recuperare alla poesia i caratteri [[Logica|logici]], [[Storia|storici]] e [[Ragione|razionali]] utilizzando strumenti linguistici prenovecenteschi.
 
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Si può collocare [[La religione del mio tempo]] al confine tra il secondo e il terzo periodo, tra quello che era il [[mito]] del sottoproletario e la sua crisi e il mito dei popoli del [[terzo mondo]]. L'opera che esce nel 1961 da Garzanti comprende sei sezioni ed è organizzata in tre parti: ''La ricchezza'', ''A un ragazzo'' e ''La religione del mio tempo'' nella prima parte, ''Umiliato e offeso'', composto da epigrammi e ''Nuovi epigrammi'' nella seconda parte, mentre la sezione ''Poesie incivili'' costituisce da sola la terza parte.
 
Si sente in questa opera la crisi che impedisce a Pasolini di continuare con l'organica costruttività razionale e storica che lo aveva guidato nelle "Ceneri di Gramsci". Netta si affaccia la [[polemica]] contro il presente privo ormai di ogni spirito religioso e il poemetto lascia spesso il posto all'[[epigramma]] e alla [[Canzone (metrica)|canzone]] indirizzata per lo più a critici e dal taglio [[Morale|moralistico]]. Il piano stilistico ha minore rilevanza e gli strumenti espressivi diventano più funzionali. Si avverte da una parte la necessità di revisione, come ha detto Asor Rosa, e dall'altra una forma di distacco dal mondo del sottoproletariato. Il poeta ha preso pienamente conoscenza del mondo borghese e consapevolezza della diversità da esso, diversità che è anche rifiuto delle istituzioni. Crolla anche la fiducia nel sottoproletariato e quindi anche l'identificazione politica che Pasolini aveva con fatica raggiunto.
 
====Poesia in forma di rosa====
{{Quote|Quanto a me/ho lasciato il mio posto/di soldato non assoldato, di non voluto/volontario:il cinema, i viaggi, la vergogna.../Lo sapevo, lo sapevo già nel sogno:ma svegliandomi/mi son trovato ai margini. Altri protagonisti sono entrati/non volontari essi!, e, partite le rondini/sono loro a calcare il palcoscenico....}}''Poesia in forma di rosa'', che esce, sempre da Garzanti, nel [[1964]] è composta da componimenti che vanno dal [[1961|'61]] al [[1963|'63]], più un lungo poemetto in [[Appendice (letteratura)|appendice]] intitolato ''Vittoria'' ed è la più ampia delle raccolte di Pasolini.<br />
In essa Pasolini afferma in modo ossessivo la delusione per gli sviluppi della vicenda politica e intellettuale italiana e gli pare ormai inutile tutta la dialettica, piena di illusioni, degli [[anni 1950|anni cinquanta]]. Il poeta, deluso e amareggiato, abiura quel mondo di ideali giovanili che ritiene perduto per sempre.
<br /> Nasce con questa raccolta il mito della "Nuova [[Preistoria]]" "quando la Società ritornerà natura" dovuto alla delusione stessa della storia e dalla presa di coscienza che "la Rivoluzione non è più che un sentimento" e a fondarla saranno i barbari, cioè le [[Plebe|plebi]] meridionali e del [[Terzo Mondo]].
 
La raccolta si presenta con una grande differenziazione sia [[tecnica]] che linguistica nella [[metrica]] e nello [[stile]]. I poemetti in [[terzina (metrica)|terzine]], nei quali il poeta esprime la volontà di costruire, si alternano alle sequenze di [[Endecasillabo|endecasillabi]] e ai [[Verso|versi]] tra le dieci e le tredici [[Sillaba|sillabe]] senza divisioni [[Strofa|strofiche]] ai quali si accostano brani di [[prosa]] [[Ritmo|ritmati]]. Ultimo l'espediente della disposizione [[grafica]] che appare nella ''Seconda poesia in forma di rosa,'' dove le [[Parola|parole]] sono disposte in modo da richiamare la forma di un [[petalo]] di [[Rosa (botanica)|rosa]].
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{{Quote|Smetto di essere poeta originale, che costa mancanza di libertà: un sistema stilistico è troppo esclusivo. Adotto schemi letterari collaudati, per essere più libero. Naturalmente per ragioni pratiche.}}
''Trasumanar e organizzar'' è l'ultima raccolta di versi di Pasolini. Uscita nel [[1971]] raccoglie le poesie scritte durante la lavorazione di ''[[Medea (film 1969)|Medea]]'' e alcuni versi precedentemente pubblicati sulla [[rivista]] "[[Nuovi Argomenti]]".
<br /> Come in "Poesia in forma di rosa" la raccolta accumula poesie di vario tipo non organizzate lungo una linea tematica e stilistica.
<br /> Con "Transumanar e organizzar" si chiude un ciclo ben preciso; dalla certezza che è impossibile per l'uomo adattarsi alla Società, alla convinzione che l'uomo non può vivere senza la Società.<br /> Nei versi di questa raccolta Pasolini si lascia andare all'[[oratoria]] con una denuncia aggressiva che riguarda la difficoltà di "trasumanar", cioè di uscire dalle condizioni umane date.
 
==Pasolini scrittore==
 
Se nella poesia Pasolini esprime il fondo più nascosto della propria presenza nel [[mondo]], nella [[narrativa]] egli entra nella [[realtà]] stessa per cogliere il senso concreto e le voci della [[vita]] collettiva. Mentre narra, egli cerca di cogliere il nucleo [[primitivo]] delle cose e, appropriandosi del valore di esse e delle persone, di entrare fisicamente in contatto con il mondo che ama e al quale partecipa con infinita spontaneità.<br /> L'azione e la [[Narratologia|costruzione narrativa]], non sono per Pasolini importanti, quello che conta è cercare di identificarsi con il mondo che rappresenta.
===I racconti autobiografici===
====Amado mio====
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====Il sogno di una cosa====
Un'altra opera che contiene elementi [[autobiografia|autobiografici]] e che si collega al [[neorealismo]], è il [[romanzo]] scritto tra il [[1948]] e il [[1949]], che originariamente portava il titolo ''I giorni del lodo De Gasperi'', ma che fu pubblicato solamente nel [[1962]] con il titolo ''Il sogno di una cosa'', titolo tratto da una citazione di [[Carlo Marx|Marx]]. La tematica principale è quella dei contadini e della [[lotta]]. Nelle esili [[Storia|storie]] che compongono il romanzo, viene rappresentata la vita dei giovani [[Friuli|friulani]] con gli ideali, le aspirazioni e le delusioni [[Politica|politiche]] provate alla fine della [[guerra]]. Il romanzo è scritto in un italiano uniforme ed è articolato con concretezza, i [[Dialogo|dialoghi]] hanno una forte oggettività e le descrizioni del [[paesaggio]] infondono una malinconica eleganza [[Decadentismo|decadente]].
 
===I romanzi delle borgate romane===
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{{vedi anche|Ragazzi di vita}}
{{Quote|Cominciava a schiarire. Sopra i tetti delle case si vedevano striscioni di nubi, sfregati e pestati dal vento, che, lassù, doveva soffiare libero come aveva soffiato al principio del mondo. In basso, invece, non faceva che cianciare qualche pezzo di manifesto penzolante dai muri o alzare qualche carta, facendola strusciare contro il marciapiede scrostato o sui binari del tram. Come le case si allargavano, in qualche piazza, su qualche cavalcavia, silenzioso come un camposanto, in qualche terreno lottizzato dove non c'erano che cantieri con le armature alte fino al quinto piano e praticelli zellosi, allora si scorgeva tutto il cielo.}}
''[[Ragazzi di vita]]'', pubblicato nel 1955 ha un carattere [[esperimento|sperimentale]]. Il romanzo è formato di otto capitoli che raccontano le giornate di un gruppo di giovanissimi [[Proletariato|sottoproletari]] che, malgrado la loro voglia di vivere, sono destinati alla [[prigione]], alla [[prostituzione]] o alla [[morte]] precoce tranne Riccetto, più che protagonista elemento che aggrega i numerosi personaggi, che trova un lavoro e riesce ad integrarsi nella [[Società (sociologia)|società]] [[Consumismo|consumistica]].<br />
Il [[paesaggio]] tipico del romanzo è quello delle borgate ai margini di una periferia sporca e misera sul quale, tranne in alcuni paesaggi notturni dal tono [[Crepuscolarismo|crepuscolare]], spicca un sole ossessivo. Alcuni di questi paesaggi sembrano anticipare certe caratteristiche del [[cinema]] di Pasolini, mentre altri elementi avvicinano il romanzo al alcuni dei [[Mito|miti]] del periodo friulano.
Il tema di spicco è quello di una pura condizione dell'infanzia e dell'[[adolescenza]] contrapposta a quella corrotta del mondo degli adulti.
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{{vedi anche|Una vita violenta}}
{{Quote|Io ho voluto descrivere, con la massima fedeltà e precisione possibile, una sezione del mondo: un mondo penoso, atroce, malgrado la solare vitalità che lo pervade. Un mondo che va modificato e recuperato. La strada per farlo è quella indicata in una ''Vita violenta'', ossia la coscienza politica di classe. Ciò esclude qualsiasi nostalgia di esso.}}
Nel 1959 viene pubblicato il romanzo ''[[Una vita violenta]]'' che si basa invece sulle vicende di un giovane che, dopo numerose gesta [[Teppismo|teppistiche]], giunge ad una coscienza politica ma morirà per un atto di [[eroismo]]. In questo romanzo si ha pertanto il ritorno dell'intreccio e del personaggio protagonista che viene presentato come un [[eroe]] positivo.<br />
L'intento di Pasolini è quello di far conoscere il percorso di vita di un ragazzo dall'[[inferno]] delle borgate verso la salvezza di una coscienza politica, intento documentato da una dichiarazione da lui fatta nel [[1959]] in seguito ad una inchiesta sul romanzo e pubblicata in "Nuovi Argomenti".
====Alì dagli occhi azzurri====
''Alì dagli occhi azzurri'' esce nel [[1965]] e comprende tutti i lavori di Pasolini datati tra il [[1950]] e l'anno della pubblicazione. In esso pertanto si possono individuare tutte le fasi precedenti, dal primo incontro con Roma al nascere del mito del sottoproletario e alla sua crisi, fino alla formazione del mito del Terzo Mondo e della Nuova Preistoria.
<br /> Nel volume sono raccolti venti brani di cui ben cinque appartengono al primo anno romano, il 1950, tre compiuti o iniziati nel 1951 e cinque scritti dal [[1961]] in poi. Appartengono quindi all'opera i testi letterari che corrispondono ai film omonimi di ''Accattone'', ''Mamma Roma'' e ''La ricotta'' oltre al progetto di un romanzo intitolato ''Il rio della grana'', mai scritto, del quale rimangono poche pagine costituite da appunti e schemi stilati tra il [[1955]] e il [[1959]]. Dalla [[lettura]] dei cinque brani datati '50, che sono più che altro degli studi di carattere sperimentale, si osserva inoltre come la scelta stilistica non sia avvenuta con facilità ma come dietro ad essa ci sia stato uno studio profondo.
====Teorema====
Teorema viene pubblicato nel [[1968]] e può essere considerato (tralasciando ''Petrolio'' che, non concluso, verrà pubblicato postumo) l'ultimo lavoro narrativo di Pasolini essendo l'unico testo [[Letteratura|letterario]] presentato come opera a parte e non come [[sceneggiatura]]. I personaggi appartengono per la prima volta alla [[borghesia]] e il testo ha una [[struttura]] particolare perché alterna capitoli in [[prosa]] a versi che gli conferiscono, rispetto al film omonimo, una pienezza e validità maggiore.
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===Le sceneggiature===
{{vedi anche|Pier Paolo Pasolini (cineasta)}}
Pubblicate da Garzanti in volume sono le quattro sceneggiature corrispondenti a ''Il Vangelo secondo Matteo'' del [[1964]], ''Uccellacci e uccellini'' del [[1965]], ''Edipo re'' del [[1967]] e ''Medea'' del [[1970]].<br /> Uccellaci e uccellini e Medea sono particolarmente importanti perché permettono di ricostruire tutto il retroterra [[cultura]]le e letterario dell'opera [[cinema]]tografica di Pasolini. <br />Il rapporto tra [[film]] e sceneggiatura e le numerose fasi della lavorazione vengono chiarite negli appunti premessi a "Uccellacci e uccellini" sotto il titolo di ''Confessioni tecniche'' e nella accurata documentazione delle varie fasi di "Medea" raccolte con il titolo ''Visioni della Medea (trattamento).'' Queste ultime indicazioni sono già organizzate e numerate con tutte le indicazioni [[Tecnica|tecniche]] del film da girare. Il volume riguardante la Medea raccoglie anche l'intervista fatta alla [[Maria Callas|Callas]], che interpreta il film, oltre le [[Poesia|poesie]] scritte dall'autore durante la lavorazione del film stesso.
 
===Il teatro===
La produzione [[teatro|teatrale]] di Pasolini avviene contemporaneamente all'elaborazione di "Teorema". Nel [[1967]] appare sul n. 7-8 di "Nuovi Argomenti" ''Piliade'' e nel [[1969]] sul n. 15 ''Affabulazione''. Sempre su questa rivista era apparso nel '68 il ''Manifesto per un nuovo teatro'' dove Pasolini sosteneva la necessità di un teatro libero da formalismi e ricco di contenuti, un "teatro di parola" da opporsi al "teatro della Chiacchiera e al teatro del Gesto e dell'Urlo, che sono ricondotti a una sostanziale unità:
#dallo stesso [[pubblico]] (che il primo diverte, il secondo scandalizza);
#dal comune [[odio (sentimento)|odio]] per la [[parola]] (ipocrita il primo, irrazionalistico il secondo").
 
Questo teatro avrebbe dovuto rivolgersi alla classe [[Operaio|operaia]] ed essendo "Teatro di Parola" doveva scrivere testi nell'italiano scritto e letto ed essere un "rito culturale".
<br /> Il teatro, per Pasolini, doveva essere un teatro che, pur ponendosi dei problemi e dibattendo delle [[Idea|idee]], non doveva necessariamente proporre delle soluzioni.
====Piliade====
Si tratta di un'opera di transizione dove i protagonisti rispecchiano una forte componente autobiografica e nella quale il mito classico e il mito personale, l'[[ideologia]] marxista e la [[psicanalisi]] si s'intrecciano.
====Affabulazione====
{{vedi anche|Affabulazione}}
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====La Divina Mimesis====
{{Quote|La Divina Mimesis: do alle stampe oggi queste pagine come un "documento", ma anche per far dispetto ai miei nemici: infatti, offrendo loro una ragione di più per disprezzarmi, offro loro una ragione di più per andare all'Inferno.}}
L'opera, pubblicata subito dopo la sua morte, è volutamente incompiuta, frammentaria e piena di presagi. La Divina Mimesis è la confessione di un immenso vuoto d'[[amore]] e [[dialogo]] smarrito con se stesso. Essa rivela una grande [[solitudine (società)|solitudine]] in un [[mondo]] dominato dalla forza del [[male]], del [[potere]], della [[violenza]] e della degradazione.
Ripercorrendo i primi gironi del viaggio dantesco, nell'inferno del mondo moderno, giudica la società contemporanea e amplia le punizioni per le nuove categorie di peccatori.