Storia della letteratura italiana/Cesare Pavese: differenze tra le versioni

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== La vita ==
[[File:Cesare_pavese.jpg|thumb|left|Cesare Pavese]]
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Cesare Pavese nasce il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo (Cuneo) da Eugenio e Consolina Mestruini. Il padre muore nel 1914 per un tumore al cervello, ed è la madre deve farsi carico da sola dell'educazione dei figli.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | p=LXVII}}</ref> Nel 1926, conclusi gli studi al liceo classico Massimo D'Azeglio di Torino, si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia, dove si appassiona alle letterature classiche e a quella inglese, in particolare americana. Qui stringe amicizia con futuri intellettuali come Norberto Bobbio, Massimo Mila, Leone Ginzburg, Giulio Carlo Argan, Ludovico Geymonat, Giulio Einaudi. Al liceo aveva avuto inoltre come docente di italiano e latino lo scrittore Augusto Monti, crociano, amico di Piero Gobetti e ammiratore di Gramsci, attorno a cui si era formato un gruppo di studenti che comprendeva lo stesso Pavese.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | pp=LXIX-LXXV}}</ref>
 
Nel 1930, dopo la laurea con una tesi sull<nowiki>'</nowiki>''Interpretazione della poesia di Walt Whitman'', inizia a insegnare nelle scuole e a collaborare con alcune case editrici in qualità di traduttore dall'inglese: per Bemporad traduce ''Il nostro signor Wrenn'' di Sinclair Lewis (premio Nobel per la letteratura nel 1930). Sempre nello stesso anno scompare la madre.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | pp=LXXV-LXXVI}}</ref> L'anno dopo Federico Gentile gli commissiona la traduzione di ''Moby Dick'' di Herman Melville per la Treves-Treccani-Tumminelli, che però una volta ultimata nel 1932 sarà pubblicata dal torinese Carlo Frassinelli. Tra il 1931 e il 1932 scrive i racconti che confluiranno in ''Ciau Masino''. Nel 1933, su pressione della famiglia, si iscrive al Partito Nazionale Fascista (PNF), riuscendo così a ottenere una suplenza al liceo D'Azeglio; nello stesso anno legge ''Il Ramo d'oro'' di James G. Frazer, che influenzerà la sua riflessione sul mito.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | pp=LXXIX-LXXXI}}</ref> Negli anni trenta prosegue la sua attività di saggista e traduttore: pubblica saggi su Whitman, John Dos Passos, Dreiser, e le traduzioni del ''Dedalus'' di James Joyce e del ''49º parallelo'' di Dos Passos. Sempre nel 1933 Giulio Einaudi fonda la sua casa editrice, di cui Pavese sarà una delle colonne portanti.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | p=LXXX}}</ref>
 
Nel maggio 1934 diventa direttore di ''Cultura'' al posto di Leone Ginzburg, arrestato per attività sovversive insieme a Monti, Carlo Levi e Sion Segre, tutti membri della formazione antifascista Giustizia e Libertà.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | p=LXXIX}}</ref> Il 15 maggio 1935 tutta la redazione della rivista è arrestata per lo stesso motivo: condotto alle Carceri Nuove di Torino, è poi tradotto al Regina Coeli di Roma e infine condannato a tre anni di confino a Brancaleone Calabro, dove giunge in agosto.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | p=LXXXII}}</ref> A settembre è espulso dal PNF. Il 6 ottobre inizia a scrivere uno zibaldone che proseguirà fino alla morte, ''Il mestiere di vivere''.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | p=LXXXIII}}</ref> Intanto, nel 1936 per le edizioni di ''Solaria'' viene pubblicata la raccolta di poesie ''Lavorare stanca''. Nel marzo 1936 ottiene un condono del confino ma al ritorno a casa scopre che Battistina Pizzardo (Tina), la ragazza con cui aveva iniziato una relazione, si è fidanzata con un altro e si appresta a sposarlo. La notizia genera in Pavese una violenta crisi.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | p=LXXXIV}}</ref>
 
Nel 1937 riprende la collaborazione con Einaudi, a cui si affianca il lavoro di traduttore per Mondadori (''Un mucchio di quattrini'' di Dos Passos) e Bompiani (''Uomini e topi'' di John Steinbeck).<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | p=LXXXV}}</ref> Dal 1938 è assunto regolarmente come traduttore e redattore per Einaudi; escono le sue versioni di: ''Fortune e sfortune della famosa Moll Franders'' di Daniel Defoe, ''Autobiografia di Alice Toklas'' e ''Tre esistenze'' di Getrude Stein, ''David Copperfield'' di Charles Dickens, ''Benito Cereno'' di Melville. Si dedica inoltre alla narrativa, concludendo i romanzi ''Memorie di due stagioni'' (pubblicato solo nel 1948 con il titolo ''Il carcere''), ''Paesi tuoi'' (1942), ''La tenda'' (1949, ''La bella estate'').<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | pp=LXXXVI-LXXXVII}}</ref>
 
Il nuovo allontanamento di Leone Ginzburg, mandato al confino a Pizzoli (L'Aquila) nel 1940, fa sì che Pavese assuma maggiori responsabilità in Einaudi, fino a diventarne di fatto il direttore editoriale; la sua posizione sarà però ufficializzata solo nel dopoguerra. Nell'estate del 1940 inizia un intenso scambio epistolare con [[../Elio Vittorini|Elio Vittorini]], insieme al quale traduce le opere dell'antologia ''Americana''. Vittorini diventerà poi collaboratore di Einaudi nel 1943. Negli stessi anni Pavese instaura una forte amicizia con Fernanda Pivano, sua allieva al D'Azeglio, la quale declinerà una sua proposta di matrimonio. Nel 1941 pubblica per la prima volta un romanzo, ''Paesi tuoi'', che ottiene un ampio consenso di pubblico e critica.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | pp=LXXXVII-LXXXIX}}</ref> Nella primavera 1943 si sposta nella sede romana dell'Einaudi, dove lavora con Mario Alicata, Antonio Giolitti e Carlo Muscetta sotto la direzione di Ginzburg, appena tornato dal confino. Dopo l'8 settembre la casa editrice viene commissariata dalla Repubblica Sociale e Pavese si rifugia a Serralunga di Crea, quindi si nasconde sotto il falso nome di Carlo de Ambrogio a Casale Monferrato, dove dà ripetizioni presso il collegio dei padri somaschi di Trevisio.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | pp=XCI-XCIII}}</ref>
 
Dopo la Liberazione torna a lavorare all'Einaudi come direttore editoriale (Ginzburg era morto in carcere durante la guerra), ruolo che lo impegna enormemente. Trasferitosi nella sede romana della casa editrice, dà vita a nuove collane e a nuove iniziative; avvia in particolare la collaborazione con Santorre Debenedetti per i classici italiani, Franco Venture per le scienze storiche, Ernesto De Martino per l'etnologia. Nell'autunno 1945 si iscrive al Partito Comunista, ma la politica avrà comunque un ruolo marginale nella sua vita interiore. Tornato a Torino, pubblica ''Feria d'agosto''.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | pp=XCV-XCVI}}</ref> Seguono i ''Dialoghi con Leucò'' e ''Il compagno'', entrambi del 1947. L'anno successivo viene varata la ''Collezione di studi religiosi, etnologici, e psicologici'' diretta da Pavese insieme a De Martino, che attirerà importanti studiosi di fama internazionale. Lo scrittore inizia inoltre a manifestare sintomi di disagio nei confronti del Partito.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | p=XCVIII}}</ref>
 
Nella seconda metà del 1948 scrive il romanzo ''Il diavolo sulle colline'', e negli articoli che pubblica in questo periodo si dedica all'indagine su temi come l'essenza della poesia, il mito, il rapporto tra letteratura e società. Nel 1949 vede la luce la trilogia ''La bella estate'' (vincitore del premio Strega nel 1950), che oltre al romanzo omonimo comprende ''Il diavolo sulle colline'' e ''Tra donne sole'' (da cui Michelangelo Antonioni nel 1955 trarrà il fil ''Le amiche''). Nel 1950 pubblica ''La luna e i falò'' e in maggio inizia la collaborazione con la rivista ''Cultura e Realtà'', malvista dalla direzione del PCI perché animata da intellettuali che avevano militato nella sinistra cristiana. Negli stessi mesi ha una nuova crisi sentimentale, dovuta al fallimento della relazione con l'attrice statunitense Constance Dowling, alla quale dedica molte poesie e per la quale prepara anche alcuni soggetti cinematografici. La notte del 26 agosto 1950 si suicida nell'albergo Roma di Torino.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro | autore1=Cesare Pavese | titolo=Tutti i romanzi | curatore=Marziano Guglielminetti | editore=Einaudi | città=Torino | anno=2000 | pp=C-CIII}}</ref>
 
== Poetica e stile ==
Nella prima parte dell'opera ''Il mestiere di vivere'' dal titolo ''Secretum Professionale (ott.-dic. 1935 e febb. 1936)'' Pavese annota le sue riflessioni sul modo di fare poesia e in generale di fare arte costruendo quella che si può definire la sua poetica e precedentemente, nell'''Appendice critica'' anteposta a Lavorare stanca intitolata ''Il mestiere di poeta'', il giovane scrittore riconosce allo studio su Walt Whitman (soggetto della sua tesi di laurea) e alla traduzione de "Il nostro signor Wrenn" di Sinclair Lewis, il merito di averlo reso libero dalla schiavitù dei metri tradizionali.
 
Sempre nel "''Mestiere di vivere"'' continuano infittendosi (soprattutto nel periodo del 1942 e l'inizio del 1945) e con maggiore sicurezza, le note su come devono essere strutturate le immagini, sulla necessità di utilizzare la commozione, sull'importanza del tempo presente e del passato per un valore costruttivo da dare all'opera, come condensare il racconto attraverso il tono, che cosa sia in realtà il tono ''"un ripensare avvenimenti più o meno illuminati"'' <ref>''op.{{cita cit.'',libro pag.| Cesare | Pavese | Il mestiere di vivere | 2000 | Einaudi | Torino | p=125 }}</ref> oltre ad analizzare il tempo narrativo e cercare il modo di renderlo più scorrevole accorciandolo e rallentandolo, come costruire un personaggio e come farlo parlare, come passare dalla semplice proposizione alla frase, come ottenere un racconto ben equilibrato, l'importanza del punto di vista e ancora appunti sullo stile, sulla lingua e sulla tecnica.
 
=== La tecnica ===
[[File:Cesare Pavese ritratto.jpg|thumb|Ritratto di Cesare Pavese]]
Se a quei tempi la parola tecnica era, nel clima letterario [[../Benedetto Croce|crociano]], parola disprezzata, essa viene spesso menzionata da Pavese per il quale, certamente grazie all'influenza dovuta alla sua cultura statunitense, la tecnica è l'unico strumento in grado di decidere lo stile di un autore
 
{{quote|La prova dell'essenziale composizione a freddo è lo stile, lucido, vitreo, anche se ogni tanto si colora di passionali scatti. Sono calcoli, ragionati, anche questi.<ref>''op.{{cita cit.'',libro pag.| Cesare | Pavese | Il mestiere di vivere | 2000 | Einaudi | Torino | p=58}}</ref>}}
 
Pavese parla spesso di arte intesa come "mestiere" e la tecnica gli serve come autodisciplina per sfuggire alle tentazioni del romanticismo con una scelta quindi che non intende solamente rispondere a canoni estetici ma soprattutto etici e che l'aiutano ad evitare di lasciarsi andare ad un semplice piacere narrativo.
 
Pavese evita nelle sue opere tutte le forme romanzesche che si basano su costruzioni tradizionali come gli intrighi e i colpi di scena e costruisce storie che si basano su una trama narrativa quasi inesistente, tanto è vero che, come scrive Marziano Guglielminetti ,<ref>{{cita libro | autore1=Marziano Guglielminetti- | autore2=Giuseppe Zaccaria, ''| titolo= Cesare Pavese'', | anno= 1982 | editore= Le Monnier, | città=Firenze, 1982,| pag.p=73 73}}</ref> "''...

{{quote|è stato osservato che il termine "romanzo", riferito alla narrativa pavesiana, viene usato non senza qualche approssimazione e improprietà (lo stesso Pavese preferì del resto ricorrere alla formula di "romanzo breve")''".}}
 
Nell'esaminare le opere di Pavese si osserva inoltre che la sua narrativa si rifà alla legge statica della ripetizione in quanto egli circoscrive il suo ambito tematico intorno a motivi fondamentali che non si cura di ampliare ma che al contrario cerca di ripetere con insistenza volutamente monotona, perché, come egli scrive
 
{{quote|Raccontare è sentire nella diversità del reale una cadenza significativa, una cifra irrisolta del mistero, la seduzione di una verità sempre sul punto di rivelarsi e sempre sfuggente. La monotonia è un pegno di sincerità.<ref>in{{cita ''libro | autore1=Cesare Pavese | opera=Saggi letterati | titolo=Raccontare è monotono'', ''Saggi| letterari'',anno= ''op.1968 cit.'',| pagg.editore=Einaudi | città=Torino | pp=307-308 }}</ref>}}
 
Lo scrittore vuole così dimostrare che, per rappresentare la realtà interiore finalmente trovata, non è necessario cercare cose nuove ma che il più grande sforzo è da rivolgersi a come, tecnicamente, questa realtà verrà rappresentata
 
{{quote|''Arte è tecnica'' e tutti sanno che un prodotto della tecnica è qualcosa di artificiale, di approssimativo, che tende senza posa a perfezioni, a fondarsi su scoperte più esatte e puntuali. ''Arte'' è insomma ''artificio''.<ref>{{cita libro | autore1=Cesare Pavese, ''| titolo=Saggi letterari''letterati in| ''Opere'',anno=1968 | editore=Einaudi, 1968,| pag.città=Torino | p=48 }}</ref>}}
 
=== Il simbolo ===
Come l'autore stesso scrive ne ''Il mestiere di vivere'' in data 10 dicembre 1939, si tratta di riuscire a rappresentare la realtà attraverso i simboli perché
 
{{quote|Il simbolo... è un legame fantastico che tende una trama sotto il discorso.<ref>da{{cita libro | Cesare | Pavese | ''Il mestiere di vivere'', ''op.| cit.'',2000 pag.| 165,Einaudi 10| dicembreTorino | p= 165 1939}}</ref>}}
 
Pertanto ciò che interessa a Pavese veramente (e su questo argomento egli si sofferma più volte nel suo Mestiere di vivere) è quello di riuscire a rappresentare non tanto la realtà oggettiva delle cose ma quella che egli definisce la "''realtà simbolica''" <ref>Il riferimento si trova nello ''schema'' tracciato dallo stesso Pavese nel ''Mestiere di vivere'' il 26 novembre 1939</ref>, quella cioè che si nasconde al di sotto della esteriorità.
 
{{quote|Ci vuole la ricchezza d'esperienze del realismo e la profondità di sensi del simbolismo. Tutta l'arte è un problema di equilibrio fra due opposti.<ref>da{{cita libro | Cesare | Pavese | ''Il mestiere di vivere'', ''op.| cit.'',2000 pag.| 166,Einaudi 14| dicembreTorino | p=166 1939}}</ref>}}
 
Occorre inoltre specificare che, come ha affermato il professor Guido D. Bonino, Pavese unisce il concetto di simbolo con quello di ''mito''. Quest'ultimo, stando alla filosofia pavesiana, si profila come l'obiettivo cui la poetica deve tendere, il mistero arcano, oscuro da svelare, il lato selvaggio, truculento da domare, riscoprendolo con un secondo apprendimento, quello della memoria. Infatti tutti noi apprendiamo il mito nel periodo dell'adolescenza, facendo le nostre esperienze, in quella fase paragonabile a un limbo tra innocenza e maturità, in cui ogni scoperta ha influssi simbolici, appunto, permanenti ed estremamente significativi. Ma la scoperta, lo scioglimento dell'enigma mitico rappresenta la fine dell'arte, un arresto incontrovertibile, in quanto - mediante questo processo - subentra la storia, la realtà, che domina il simbolo e lo chiarifica, estinguendolo, esaurendolo.
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Il 17 novembre 1949, Pavese aveva stilato sul suo ''diario'' una classificazione delle opere fino a quel momento fatte basandosi su di un criterio storico-contenutistico
 
{{quote|Hai concluso il ciclo storico del suo tempo: ''Carcere'' (antifascismo confinario), ''Compagno'' (antifascismo clandestino), ''Casa in collina'' (resistenza), ''Luna e i falò'' (post-resistenza). Fatti laterali: guerra '15-'18, guerra di Spagna, guerra di Libia. La saga è completa. Due giovani (''Carcere'' e ''Compagno'') due quarantenni (''Casa in collina'' e ''Luna e falò''). Due popolani (''Compagno'' e ''Luna e falò'') due intellettuali (''Carcere'' e ''Casa in collina'').<ref>da{{cita libro | Cesare | Pavese | ''Il mestiere di vivere'', pag.| 2000 | Einaudi | Torino | p= 375}}</ref>}}
 
e il 26 novembre dello stesso anno, evidentemente non soddisfatto dell'abbozzo precedente, dopo alcune righe di riflessione sui ricordi e sull'estasi del ricordo compila uno schema diverso dal quale lascia intendere che la costruzione narrativa si basa su precisi elementi che però da soli non rappresentano la realtà, ma, come scrive Marziano Guglielminetti,<ref>{{cita libro | Cesare | Pavese | Il mestiere di vivere | 2000 | Einaudi | Torino | p= 77 }}</ref>
 
e il 26 novembre dello stesso anno, evidentemente non soddisfatto dell'abbozzo precedente, dopo alcune righe di riflessione sui ricordi e sull'estasi del ricordo compila uno schema diverso dal quale lascia intendere che la costruzione narrativa si basa su precisi elementi che però da soli non rappresentano la realtà, ma, come scrive Marziano Guglielminetti,<ref>''op. cit.'', pag. 77</ref> "''{{quote|Dal gioco di rapporti che tra loro si stabilisce deve scaturire una realtà ulteriore, oscura e ancestrale, alla quale i singoli elementi esteriori, immediatamente percepibili, rinviano in forma simbolica. In questa trama di corrispondenze, che strutturano in profondità il tessuto narrativo, consiste la particolare qualità del linguaggio metaforico di Pavese''".}}
 
{| class="wikitable" align=center
|+ '''Quadro sinottico dello svolgimento dell'opera pavesiana.''' <ref>da{{cita libro | Cesare | Pavese | ''Il mestiere di vivere'', ''op.| cit.'',2000 pag.| 377,Einaudi 26| novembreTorino | p= 377 1949}}</ref>
|''Lavorare stanca''|| 1930 1933 1936 1938 1940|| parola sensazioni||
|-
|''Il carcere'' - ''Paesi tuoi'' - ''La bella estate'' - ''La spiaggia''||1938, 1939, 1940, 1941|| naturalismo
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|''Feria d'agosto'' ||1941, 1942, 1943, 1944||poesia in prosa e consapevolezza dei miti
|-
|''La terra e la morte'', ''Verrà la morte e avrà i tuoi occhi''||1945, 1947 ||
|-
|''Dialoghi con Leucò''||1945 ||
|-
|''Il compagno'' || 1946 || gli estremi: naturalismo e simbolo staccati
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Nell'opera di Pavese lo stile si fonde con le situazioni attraverso la disposizione delle parole che seguono lo stesso ritmo delle emozioni vissute nella realtà interiore. Il ritmo diventa pertanto il protagonista delle sue opere dove i personaggi e gli episodi non sono altro che un pretesto per raccontare. Un raccontare che rifugge dalle costruzioni complesse e che si basa su una sintassi essenziale fatta di cadenze prese dal linguaggio dialettale, da cesure del periodo e dall'uso della paratassi. La scrittura di Pavese può dunque sembrare povera, ma è una povertà apparente perché essa corrisponde a un programma teorico ben delineato che si basa su un severo esercizio di stile e non è una scrittura naturalistica come scrive lo stesso autore nel suo diario l'11 settembre del 1941
 
{{quote|... il narrare non è fatto di realismo psicologico, né naturalistico, ma di un disegno autonomo di eventi, creati secondo uno stile che è la realtà di chi racconta, unico personaggio insostituibile.<ref>''op.{{cita cit.'',libro pag.| Cesare | Pavese | Il mestiere di vivere | 2000 | Einaudi | Torino | p= 229}}</ref>}}
 
== La poesia ==
=== La poesia-racconto di ''Lavorare stanca'' ===
{{quote|Poesia è ''ora'', lo sforzo di afferrare la superstizione - il selvaggio - il nefando - e dargli un nome, cioè conoscerlo, farlo innocuo. Ecco perché l'arte vera è tragica - è uno sforzo. La poesia partecipa di ogni cosa proibita dalla coscienza - ebbrezza, amore - passione, peccato - ma tutto riscatta con la sua esigenza contemplativa, cioè conoscitiva.<ref>{{cita libro | Cesare | Pavese, | Il mestiere di vivere, Einaudi, Torino,| 2000, pag.,| 291,Einaudi 2| settembreTorino | p=291 1944.}}</ref>}}
 
Lo sperimentalismo tecnico e metrico di Pavese viene applicato alla raccolta di ''Lavorare stanca'', isolando la stessa dalla tipologia della produzione poetica contemporanea. La sua vuole essere una ''poesia-racconto'', priva di immagini retoriche e basata sui fatti essenziali, il più possibile basata sulla chiarezza, sulla semplicità e sull'oggettività in contrapposizione alla poesia astratta degli ermetici.
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== La narrativa ==
{{quote|Non è soltanto una similitudine il parallelo tra una vita di abbandono voluttuoso e il fare poesie isolate, piccole, una ogni tanto, senza responsabilità di insieme. Ciò abitua a vivere a scatti, senza sviluppo e senza principi. La lezione è questa: costruire in arte e costruire nella vita, essere tragicamente.<ref>''op.{{cita cit.'',libro pag.| Cesare | Pavese | Il mestiere di vivere | 2000 | Einaudi | Torino | p=34}}</ref>}}
 
Gli anni 1935-1936, quelli del confino a Brancaleone Calabro, se da una parte significano l'abbandono dei sogni giovanili, dall'altra segnano "l'inizio di un ripensamento estetico e morale che schiuderà la via alla prosa".<ref>{{cita libro | Lorenzo | Mondo, ''| Cesare Pavese'', Mursia,| 1970, pag.| Mursia | Milano | p=40. }}</ref>.
 
La prima testimonianza di Pavese narratore si trova nei racconti scritti tra il 1936 e il 1938 che verranno pubblicati postumi nel 1953 con il titolo ''Notte di festa'' e nel romanzo ''Il carcere'' (1939), mentre le poesie vanno lentamente diminuendo.