Storia della letteratura italiana/Cesare Pavese: differenze tra le versioni

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{{Quote|''Arte è tecnica'' e tutti sanno che un prodotto della tecnica è qualcosa di artificiale, di approssimativo, che tende senza posa a perfezioni, a fondarsi su scoperte più esatte e puntuali. ''Arte'' è insomma ''artificio''.<ref>Cesare Pavese, ''Saggi letterari'' in Opere, [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]], 1968, pag. 48</ref>}}
===Il simbolo===
Come l'autore stesso scrive nel "Mestiere di vivere" in data [[10 dicembre]] [[1939]], si tratta di riuscire a rappresentare la realtà attraverso i [[simbolo|simboli]] perché
{{Quote|Il simbolo... è un legame fantastico che tende una trama sotto il discorso.<ref>da ''Il mestiere di vivere'', ''op. cit.'', pag. 165, 10 dicembre 1939</ref>}}
Pertanto ciò che interessa a Pavese veramente (e su questo argomento egli si sofferma più volte nel suo Mestiere di vivere) è quello di riuscire a rappresentare non tanto la realtà oggettiva delle cose ma quella che egli definisce la "''realtà simbolica''" <ref>Il riferimento si trova nello ''schema'' tracciato dallo stesso Pavese nel ''Mestiere di vivere'' il 26 novembre 1939</ref>, quella cioè che si nasconde al di sotto della esteriorità.
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Il [[17 novembre]] [[1949]], Pavese aveva stilato sul suo ''diario'' una classificazione delle opere fino a quel momento fatte basandosi su di un [[criterio]] [[storico]]-contenutistico
{{Quote|Hai concluso il ciclo storico del suo tempo: ''Carcere'' (antifascismo confinario), ''Compagno'' (antifascismo clandestino), ''Casa in collina'' (resistenza), ''Luna e i falò'' (post-resistenza). Fatti laterali: guerra '15-'18, guerra di Spagna, guerra di Libia. La saga è completa. Due giovani (''Carcere'' e ''Compagno'') due quarantenni (''Casa in collina'' e ''Luna e falò''). Due popolani (''Compagno'' e ''Luna e falò'') due intellettuali (''Carcere'' e ''Casa in collina'').<ref>da ''Il mestiere di vivere'', pag. 375</ref>}}
e il [[26 novembre]] dello stesso anno, evidentemente non soddisfatto dell'abbozzo precedente, dopo alcune righe di riflessione sui ricordi e sull'estasi del ricordo compila uno schema diverso dal quale lascia intendere che la costruzione narrativa si basa su precisi elementi che però da soli non rappresentano la realtà, ma, come scrive Marziano Guglielminetti,<ref>''op. cit.'', pag. 77</ref> "''Dal gioco di rapporti che tra loro si stabilisce deve scaturire una realtà ulteriore, oscura e ancestrale, alla quale i singoli elementi esteriori, immediatamente percepibili, rinviano in forma simbolica. In questa trama di corrispondenze, che strutturano in profondità il tessuto narrativo, consiste la particolare qualità del linguaggio metaforico di Pavese''".
 
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===Lo stile===
Nell'opera di Pavese lo [[stile]] si fonde con le situazioni attraverso la disposizione delle [[parola|parole]] che seguono lo stesso [[ritmo]] delle [[emozione|emozioni]] vissute nella realtà interiore. Il ritmo diventa pertanto il [[protagonista]] delle sue opere dove i [[personaggio immaginario|personaggi]] e gli episodi, non sono altro che un pretesto per raccontare. Un raccontare che rifugge dalle costruzioni complesse e che si basa su una [[sintassi]] essenziale fatta di [[cadenza|cadenze]] prese dal [[linguaggio]] [[dialetto|dialettale]], da [[cesura|cesure]] del [[periodo (grammatica)|periodo]] e dall'uso della [[paratassi]]. La scrittura di Pavese può dunque sembrare povera, ma è una povertà apparente perché essa corrisponde a un programma teorico ben delineato che si basa su un severo esercizio di stile e non è una scrittura naturalistica come scrive lo stesso autore nel suo diario l'[[11 settembre]] del [[1941]]
{{Quote|... il narrare non è fatto di realismo psicologico, né naturalistico, ma di un disegno autonomo di eventi, creati secondo uno stile che è la realtà di chi racconta, unico personaggio insostituibile.<ref>''op. cit.'', pag. 229</ref>}}