Storia della letteratura italiana/Cesare Pavese: differenze tra le versioni

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Pertanto ciò che interessa a Pavese veramente (e su questo argomento egli si sofferma più volte nel suo Mestiere di vivere) è quello di riuscire a rappresentare non tanto la realtà oggettiva delle cose ma quella che egli definisce la "''realtà simbolica''" <ref>Il riferimento si trova nello ''schema'' tracciato dallo stesso Pavese nel ''Mestiere di vivere'' il 26 novembre 1939</ref>, quella cioè che si nasconde al di sotto della esteriorità.
{{Quote|Ci vuole la ricchezza d'esperienze del realismo e la profondità di sensi del simbolismo. Tutta l'arte è un problema di equilibrio fra due opposti.<ref>da ''Il mestiere di vivere'', ''op. cit.'', pag. 166, 14 dicembre 1939</ref>}}
Occorre inoltre specificare che, come ha affermato il professor Guido Davico Bonino, Pavese unisce il concetto di simbolo con quello di '''mito'''. Quest'ultimo, stando alla filosofia pavesiana, si profila come l'obiettivo cui la poetica deve tendere, il mistero arcano, oscuro da svelare, il lato selvaggio, truculento da domare, riscoprendolo con un secondo apprendimento, quello della memoria. Infatti tutti noi apprendiamo il mito nel periodo dell'adolescenza, facendo le nostre esperienze, in quella fase paragonabile a un limbo tra innocenza e maturità, in cui ogni scoperta ha influssi simbolici, appunto, permanenti ed estremamente significativi. Ma la scoperta, lo scioglimento dell'enigma mitico rappresenta la fine dell'arte, un arresto incontrovertibile, in quanto - mediante questo processo - subentra la storia, la realtà, che domina il simbolo e lo chiarifica, estinguendolo, esaurendolo.
 
Il [[17 novembre]] [[1949]], Pavese aveva stilato sul suo ''diario'' una classificazione delle opere fino a quel momento fatte basandosi su di un [[criterio]] [[storico]]-contenutistico