Storia della letteratura italiana/Cesare Pavese: differenze tra le versioni

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Sempre nel "Mestiere di vivere" continuano infittendosi (soprattutto nel periodo del [[1942]] e l'inizio del [[1945]]) e con maggiore sicurezza, le note su come devono essere strutturate le [[immagine|immagini]], sulla necessità di utilizzare la [[commozione]], sull'importanza del [[grammatica italiana|tempo presente e del passato]] per un valore costruttivo da dare all'opera, come condensare il [[racconto]] attraverso il [[tono]], che cosa sia in realtà il tono ''"un ripensare avvenimenti più o meno illuminati"'' <ref>''op. cit.'', pag. 125</ref> oltre ad analizzare il tempo [[narrazione|narrativo]] e cercare il modo di renderlo più scorrevole accorciandolo e rallentandolo, come costruire un [[personaggio]] e come farlo parlare, come passare dalla semplice [[proposizione]] alla [[frase]], come ottenere un racconto ben equilibrato, l'importanza del punto di vista e ancora appunti sullo [[stile]], sulla [[linguaggio|lingua]] e sulla [[tecnica]].
Ĝ===La tecnica===
Se a quei tempi la parola tecnica era, nel clima letterario [[Benedetto Croce|crociano]], parola disprezzata, essa viene spesso menzionata da Pavese per il quale, certamente grazie all'influenza dovuta alla sua [[cultura]] [[Stati Uniti d'America|americana]], la tecnica è l'unico strumento in grado di decidere lo stile di un autore {{ Quote|La prova dell'essenziale composizione a freddo è lo stile, lucido, vitreo, anche se ogni tanto si colora di passionali scatti. Sono calcoli, ragionati, anche questi.<ref>''op. cit.'', pag. 58</ref>}}
 
Pavese parla spesso di [[arte]] intesa come "mestiere" e la tecnica gli serve come autodisciplina per sfuggire alle tentazioni del [[romanticismo]] con una scelta quindi che non intende solamente rispondere a canoni [[estetica|estetici]] ma soprattutto [[etica|etici]] e che l'aiutano ad evitare di lasciarsi andare ad un semplice piacere narrativo.
 
Pavese evita nelle sue opere tutte le forme romanzesche che si basano su costruzioni tradizionali come gli intrighi e i colpi di scena e costruisce storie che si basano su una [[Trama (narrativa)|trama]] narrativa quasi inesistente, tanto è vero che, come scrive [[Marziano Guglielminetti]] <ref>Marziano Guglielminetti-Giuseppe Zaccaria, ''Cesare Pavese'', [[Le Monnier]], [[Firenze]], 1982, pag. 73</ref> "''... è stato osservato che il termine "romanzo", riferito alla narrativa pavesiana, viene usato non senza qualche approssimazione e improprietà (lo stesso Pavese preferì del resto ricorrere alla formula di "romanzo breve")''".
 
Nell'esaminare le [[opera|opere]] di Pavese si osserva inoltre che la sua narrativa si rifà alla legge [[statica]] della [[ripetizione]] in quanto egli circoscrive il suo ambito tematico intorno a motivi fondamentali che non si cura di ampliare ma che al contrario cerca di ripetere con insistenza volutamente monotona, perché, come egli scrive
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Lo scrittore vuole così dimostrare che, per rappresentare la [[realtà]] interiore finalmente trovata, non è necessario cercare cose nuove ma che il più grande sforzo è da rivolgersi a come, tecnicamente, questa realtà verrà rappresentata
{{Quote|''Arte è tecnica'' e tutti sanno che un prodotto della tecnica è qualcosa di artificiale, di approssimativo, che tende senza posa a perfezioni, a fondarsi su scoperte più esatte e puntuali. ''Arte'' è insomma ''artificio''.<ref>Cesare Pavese, ''Saggi letterari'' in Opere, [[Giulio Einaudi Editore|Einaudi]], 1968, pag. 48</ref>}}
 
===Il simbolo===
Come l'autore stesso scrive nel "Mestiere di vivere" in data [[10 dicembre]] [[1939]], si tratta di riuscire a rappresentare la realtà attraverso i [[simbolo|simboli]] perché