Storia della letteratura italiana/Giovan Battista Marino: differenze tra le versioni

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In vita, Marino godette di grandissima fama. Il suo merito fu di rompere completamente con il gusto rinascimentale per creare una tradizione che, attraverso Tasso e [[../Battista Guarini|Guarini]], si ricollegava ai poeti latini dell'età imperiale, venendo incontro alle richieste del pubblico a cui si rivolgeva. Primo modello di Marino è infatti Ovidio, che insieme ad altri poeti latini rappresentava un ricco repertorio di motivi, favole, espressioni preziose e rare da cui attingere per comporre le sue opere.<ref name="Petronio397">Giuseppe Petronio, ''L'attività letteraria in Italia'', Palermo, Palumbo, 1972, p. 397.</ref> I classici per Marino non sono quindi un insieme di forme e modelli da imitare, ma sono una fonte da cui trarre situazioni e figure imprevedibili, mescolando immagini note e meno note prese dal mito e dalla letteratura.<ref name="Ferroni408">Giulio Ferroni, ''Profilo storico della letteratura italiana'', Torino, Einaudi, p. 408.</ref> Oltre che dai classici, Marino attingeva poi anche dagli autori moderni, sia italiani sia stranieri. Per descrivere questa operazione il poeta dice di «leggere con il rampino», cioè di raccogliere materiali dalle varie opere letterarie per manipolarli e ricavarne nuovi e soprendenti significati attraverso il processo della «variazione ingegnosa». Da questo emergono quindi due aspetti del lavoro di Marino: da un lato la libertà di manovra che il poeta rivendica per sé e per il proprio ingegno, dall'altro il carattere eminentemente letterario dell'operazione poetica.<ref>Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razzetti, Giuseppe Zaccaria, ''Moduli di letteratura'', ''Il Barocco, l'Arcadia e l'Illuminismo'', Torino, Paravia, 2001, p. 15.</ref>
 
Nelle pagine di Marino trova posto l'interà realtà, descritta nei suoi svariati aspetti grazie alla sua sicurezza di gusto e al patrimonio inventivo e linguistico di cui disponeva.<ref name="Petronio397"/> Dimostra in particolare una certa preferenza per temi come l'amore, la voluttà, la donna e tutto ciò che è splendente e lussuoso. Ogni immagine e figura viene svuotata di ogni carattere etico e variata fino allo strenuo attraverso i metodi dell'''amplificatio'' e della ''replicatio'': l'argomento viene amplificato mediante aggiunte, digressioni ed enumerazioni, diluito e variato con luci e colori, effetti musicali, giochi retorici, preziose descrizioni.<ref name="Ferroni408" /><ref name="Petronio397">Giuseppe Petronio, ''L'attività letteraria in Italia'', Palermo, Palumbo, 1972, p. 398.</ref> Come scrive Ferroni, «la poesia del Marino è invadente, avvolgente, sempre pronta a eccedere, a far proliferare dalla realtà una quantità infinita di figure, di aspetti, di segni».<ref name="Ferroni407"/> Questo viene raggiunto attraverso un raffinato gioco di concetti, che porta a sorprendenti composizioni di figure.
 
Marino innovò inoltre la tradizione metrica, continuando a utilizzare il sonetto ma ricorrendo anche alle forme aperte che si erano diffuse nella seconda metà del Cinquecento: il madrigale, le alternanze libere di endecasillabi e settenari, le stanze di canzone variati nei modi dell'ode (quindi sciolte dalla struttura petrarchesca), le strofette ronsardiane. Si afferma così – con Tasso, Marino e i lirici del Seicento – una nuova tradizione metrica e di linguaggio che avrà larga fortuna, proseguirà per tutto il Settecento e arriverà fino alle soglie del [[../Romanticismo|Romanticismo]].<ref>Giuseppe Petronio, ''L'attività letteraria in Italia'', Palumbo, Palermo, 1972, p. 399.</ref>