Storia della letteratura italiana/Verismo: differenze tra le versioni

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La caratteristica del verismo rispetto ad altre tecniche narrative è l'utilizzo del "principio dell'impersonalità", tecnica che, come mostrato da Verga, consente all'autore di porsi in un'ottica di distacco nei confronti dei personaggi e dell'intreccio del racconto. L'impersonalità narrativa è propria di una narrazione distaccata, rigorosamente in terza persona e, ovviamente, in chiave oggettiva, priva, cioè, di commenti o intrusioni d'autore che potrebbero, in qualche maniera, influenzare il pensiero che il lettore si crea a proposito di un determinato personaggio o di una determinata situazione. Il verismo, come si vede in Verga, si interessa molto delle questioni socio-culturali dell'epoca in cui vive e si sviluppa. In Giovanni Verga, per esempio, ritroviamo in molte opere la questione della situazione meridionale, dei costumi e delle usanze, del modo di vivere assai diverso rispetto a quelli del nord Italia. Secondo Verga, non è possibile che un personaggio di umili origini riesca in qualche modo, per quanto esso valga, a riemergere da quella condizione in cui è nato. Non è possibile che un povero diventi ricco. In questo caso vi è la consueta eccezione narrativa nella novella ''La roba'', in cui il povero e umile contadino Mazzarò riesce a divenire ricco, grazie al suo impegno. Ma anche giunto a una condizione relativamente benestante, o quanto meno comoda, il personaggio non potrà mai vivere tranquillamente, non potrà mai integrarsi in quello che si definisce l'ambiente alto-borghese, proprio perché egli non vi appartiene di nascita. Questo principio triste e sconsolante ha come soggetto narratori popolari, quasi sempre contadini o artigiani, che spiegano a modo loro la vicenda, talvolta usando espressioni gergali. Gli autori veristi, in particolare Verga, tendono ad usare un linguaggio non colto, che si caratterizza per l'assenza di segni grammaticali, celebre è anche l'artificio di regressione. È da citare, da ultimo, il principio della concatenazione e della concatenazione opposta; il primo consiste nel porre a poca distanza parole di significato analogo, il secondo di mettere una parola e subito dopo il suo contrario. Si termina con la ripetizione narrativa, la quale, come si capisce, privilegia le ripetizioni.
 
== AltriLuigi progettiCapuana ==
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[[File:Luigi Capuana.jpg|thumb|Luigi Capuana]]
Tra i narratori siciliani, Luigi Capuana occupa un posto di rilievo in quanto teorico del verismo. Come scrive Ferroni, è inoltre lo scrittore siciliano che «raggiunge i risultati meno estremi e radicali», recependo e mediando nell'ambiente culturale italiano le esperienze della letteratura realista europea dell'epoca.<ref name="Ferroni789">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 789}}</ref>
 
Capuana nacque a Mineo, in provincia di Catania, il 28 maggio 1839, da una famiglia di agiati possidenti terrieri. In gioventù si dedicò alla poesia romantica e al teatro, quindi si trasferì a Firenze, dove allacciò rapporti con gli ambienti letterari della città.<ref name="Ferroni789"/> Nella seconda metà degli anni sessanta collaborò con la rivista fiorentina ''La Nazione'' in qualità di critico teatrale. A partire dal 1968 visse tra Mineo, Milano e Roma. Tra il 1977 e il 1982 scrisse per il ''Corriere della Sera'' quindi, nel periodo 1982-1983, diresse a Roma ''Il Fanfulla della Domenica'', una delle più prestigiose riviste letterarie dell'epoca. Durante il soggiorno a Milano entrò in contatto con il naturalismo francese e collaborò con Giovanni Verga nello sviluppo della poetica verista. Si batté inoltre per la diffusione di una letteratura realista che fosse lontana dal ribellismo tipico della [[../Scapigliatura|Scapigliatura]], e contribuì a precisare il canone dell'impersonalità. Raccolse poi i suoi articoli su Zola, sui Goncourt e sullo stesso Verga in ''Studi sulla letteratura contemporanea'' (1980 e 1982).<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso |autore3= Mario Razetto | autore4=Giuseppe Zaccaria | opera=Moduli di storia della letteratura | titolo=La Scapigliatura, il Verismo, il Decadentismo | città=Torino |editore=Paravia | anno=2002 | p= 111}}</ref>
==Note==
 
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Contemporaneamente si dedicò alla narrativa. In ''Giacinta'' (apparsa una prima volta nel 1979) tentò di studiare scientificamente un caso di psicologia patologica, avendo come modelli Zola e la tecnica impersonale di Verga, alla luce della quale riscriverà l'opera, che verrà poi ripubblicata nel 1982. Il malessere della protagonista e il suo scontro con la società mediocre in cui vive, che la porterà al suicidio, vengono analizzati con lucidità, e la sua sconfitta viene quasi portata come la dimostrazione di una legge scientifica.<ref name="Ferroni790">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 2002 | Einaudi | Torino | p= 790}}</ref> Il risultato tradisce però l'obiettivo: invece di porsi come modello per la diffusione del romanzo naturalistico in Italia, l'opera risente ancora l'influsso della narrativa psicologica di età romantica. Seguirono il romanzo ''Profumo'' (1891), in cui descrive un caso di isteria, e varie novelle poi confluite nei volumi ''Appassionate'' (1893) e ''Paesane'' (1894). Le novelle in particolare sono suddivisibili in due gruppi: da un lato quelle che hanno per soggetto la vita e la realtà popolare siciliana, in cui è ravvisabile l'influenza verghiana, e dall'altro i testi dedicati all'analisi di casi patologici.<ref name="Baldi112">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso |autore3= Mario Razetto | autore4=Giuseppe Zaccaria | opera=Moduli di storia della letteratura | titolo=La Scapigliatura, il Verismo, il Decadentismo | città=Torino |editore=Paravia | anno=2002 | p= 112}}</ref> La prosa di Capuana si caratterizza per la naturalezza con cui descrive i fatti narrati, e i suoi risultati migliori sono individuabili nelle fiabe per bambini che scrisse a partire dalla tradizione popolare siciliana.<ref name="Ferroni789"/>
 
In seguito, Capuana si allontanò dal naturalismo e nel volume ''Per l'arte'' (1895) rifiutò nettamente il legame tra scienza e arte teorizzato da Zola; si fecero quindi strada in lui le suggestioni dovute al clima antipositivista di fine secolo (si veda in proposito il modulo dedicato al [[../Decadentismo|Decadentismo]]). Tuttavia, nel 1901 pubblicò un ultimo romanzo, ''Il marchese di Roccaverdina'', progettato vent'anni prima e più volte rimaneggiato. Questo presenta ancora una volta un quadro sociale siciliano ispirato alle opere di Verga e vi è ancora una certa attenzione per l'analisi psicopatologica dei personaggi; è però lontano dall'ottica scientifica che aveva caratterizzato le opere precedenti.<ref name="Baldi112"/> Intanto, nel 1890 Capuana fu chiamato a insegnare letteratura italiana all'Istituto superiore femminile di Magistero di Roma, lo stesso in cui più tardi avrebbe insegnato anche [[../Luigi Pirandello|Luigi Pirandello]].<ref name="Ferroni789"/> Negli ultimi anni Capuana proseguì l'attività di docente presso l'università di Catania, dove si trasferì nel 1902. Si dedicò anche al teatro, e in particolare collaborò con [[w:Nino Martoglio|Nino Martoglio]] a varie opere dialettali. Morì il 29 novembre 1915 a Catania, poco dopo l'ingresso dell'Italia nella prima guerra mondiale.
 
== Note ==
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