Elettrotecnica/Campo magnetico: differenze tra le versioni

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:::::::<math>\ i=Q</math>.<br />
Esiste infine la possibilità di generare campi magnetici per mezzo di [[:w:magneti permanenti|magneti permanenti]]. Contrariamente a quanto può apparire a prima vista non vi è discordanza tra questo caso e la posizione generale, dianzi accennata, secondo la quale l'esistenza di un campo magnetico è sempre collegabile al moto di cariche elettriche.<br />
Può infatti elaborarsi unbauna teoria dei magneti permanenti che fa risalire il campo magnetico da essi generato alle correnti molecolari presenti nell'interno del magnete; teoria sulla quale sorvoliamo per necessità.<br />
Dobbiamo ora parlare più approfonditamente dei concatenamenti esistenti tra campi elettrici e campi magnetici. Limitandoci ora ai rapporti di tipo qualitativo, che esista un concatenamento tra campo elettrico e campo magnetico è gia indicato da una semplice esperienza che possiamo idealizzare al modo seguente:<br />
e campi magnetici.Limitandoci ora ai rapporti di tipo qualitativo, che esista un concatenamento tra campo elettrico e campo magnetico è gia indicato da una semplice esperienza che possiamo idealizzare al modo seguente:<br />
Prendiamo un [[:w:condensatore|condensatore]] piano carico. Il dielettrico del condensatore è allora sede di un campo elettrico uniforme. Immaginiamo ora di collegare con un circuito metallico le armature del condensatore; fluisce allora nel circuito metallico una corrente la quale perdura per tutto il tempo per il quale esiste ancora un campo elettrico tra le armature del condensatore. Il fluire della corrente coincide con l'insorgere attorno al conduttore di un campo magnetico, il quale perdura fin tanto che perdura la corrente o, che è lo stesso, fintantoché un campo elettrico permane tra le armature del condensatore.<br />
I concatenamenti esistenti tra i due tipi di campi sono peraltro assai più intimi: per giungere a quelle che ne sono le espressioni analitiche, vale a dire alle due leggi circuitali ed alle equazioni di Maxwell, è necessario seguire più da vicino i fenomeni di induzione.<br />
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Già Oersted aveva messo in evidenza il fatto che una corrente elettrica è in grado di deviare un ago magnetico posto nelle sue vicinanze. Successivamente Ampère e Arago avevano determinato le leggi che presiedono al movimento di circuiti elettrici percorsi da correnti ed immersi in un campo magnetico. Faraday affrontò, per così dire, il problema inverso immaginando che in un conduttore che si muovesse in un campo magnetico avrebbe dovuto generarsi una corrente elettrica.<br />
Una esperienza fondamentale ai fini del riconoscimento delle leggi dell'[[:w:induzione|induzione]] è quella che prende le mosse da una bobina primaria o inducente a mezzo della quale possa generarsi un campo magnetico e da una bobina secondaria o indotta immersa nel campo magnetico generato dalla prima e chiusa su di un voltmetro.<br />
I mezzi per variare il campo magnetico che, generato dalla bobina primaria, interessa o come si dice si concatena con la bobina secondaria sono molteplici. Può intanto variarsi il campo generato dalla bobina primaria variando la corrente che la percorre.<br />
Sempre mantenendo inalterata la posizione reciproca delle due bobine può introdursi nell'interno della bobina primaria un nucleo di ferro dolce, il che equivale a variare la configurazione del campo.<br />
Può infine, ruotando o allontanando una delle due bobine, variarsi la posizione reciproca delle bobine stesse, come pure può deformarsi la bobina secondaria alterandone la lunghezza o la sezione o la posizione relativa di alcuni tratti di conduttori.<br />
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::::::::<math>\ A_v=\int_{t_1}^{t_2}v\ dt</math><br />
che si manifesta ai capi della bobina secondaria in corrispondenza della variazione di concatenamento prodotta.<br />
Per definire analiticamente l'impulso '''A<sub>v</sub>''' si disponga ora di un solenoide nell'interno del quale si generi un campo magnetico uniforme in cui la forza magnetica sia '''H'''; e si alloghi nell'interno del solenoide una bobinetta esploratrice di numero di spire '''N'''; e sia '''S<sub>1</sub>''' la sezione del fascio di linee di forza magnetica abbracciata dalla sezione '''S<sub>2</sub>''' delle spire della bobina indotta. La bobina secondaria sia chiusa su di un [[:w:galvanometro balistico|galvanometro balistico]], che, come è noto, è lo strumento tipico per la misura di impulsi di tensione.<br />
Si vari ora con qualsiasi mezzo il campo magnetico che si concatena con la bobina rivelatrice. Si troverà che in ogni caso la entità dell'impulso di tensione misurato dal galvanometro balistico è proporzionale, secondo un coefficiente di proporzionalità, al prodotto della forza magnetica, del numero di spire secondarie, della superficie '''S''' dianzi definita, '''S''' che è in definitiva:<br />
::::::<math>\int_{}^{}v\ dt=\mu SNH</math><br />