Bivona/Religione a Bivona: differenze tra le versioni

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===Profilo storico generale===
[[Immagine:Roger I of Sicily.jpg|thumb|250px|Ruggero I di Sicilia]]
Per mancanza di fonti e di altro materiale [[Storia|storico]]-[[Archeologia|archeologico]], attualmente è impossibile conoscere il momento preciso in cui, nei primi secoli dopo [[Cristo]], il [[cristianesimo]] cominciò a diffondersi nelle comunità che popolavano l'attuale territorio di [[Bivona]]<ref name=nove>{{cita libro|Antonino| Marrone, | Storia delle Comunità Religiose e degli edifici sacri di Bivona|1997|Comune di Bivona|Bivona|cid=Antonino Marrone, 1997}} Pagp. 9.}}</ref>.
Nel [[III secolo]], una volta definita la struttura organizzativa della [[Chiesa]] [[Sicilia|siciliana]], queste comunità, che potrebbero verosimilmente corrispondere all'odierno comune di Bivona, molto probabilmente furono incluse nella diocesi di [[Caltabellotta|Triocala]]<ref>Triocala o Triokala, da alcuni venne localizzata nel sito di Sant'Anna, frazione di [[Caltabellotta]] (AG); altri la identificarono con l'antico abitato della stessa Caltabellotta.</ref>, ma non è da escludere un loro inserimento nella [[Arcidiocesi di Agrigento|diocesi di Agrigento]]<ref name=nove>{{cita libro|Antonino| Marrone | Storia delle Comunità Religiose e degli edifici sacri di Bivona|1997|Comune di Bivona|Bivona|cid=Antonino Marrone, 1997}} Pag. 9.</ref>.
 
La conquista dell'Isola da parte degli [[arabi]], iniziata nell'[[814]], causò sia una frattura all'interno del sistema gerarchico ecclesiale, sia una rapida [[Islam|islamizzazione]] soprattutto nelle regioni centro-meridionali della Sicilia<ref name=nove>{{cita libro|Antonino| Marrone, | Storia delle Comunità Religiose e degli edifici sacri di Bivona|1997|Comunep. di Bivona|Bivona|cid=Antonino Marrone, 19979}} Pag. 9.</ref>.
 
Questo processo venne interrotto tra il [[1060]] ed il [[1091]] grazie alla [[Storia della Sicilia normanna#La conquista normanna|conquista normanna]] della Sicilia messa in atto da [[Ruggero d'Altavilla]], con i buoni auspici di [[papa Urbano II]], che gli concesse il privilegio dell'[[Apostolica Legazia]]<ref name=nove>{{cita libro|Antonino| Marrone | Storia delle Comunità Religiose e degli edifici sacri di Bivona|1997|Comune di Bivona|Bivona|cid=Antonino Marrone, 1997}} Pag. 9.</ref>. Il Gran Conte favorì una nuova rifioritura del cristianesimo in Sicilia, valorizzò le comunità cristiane di rito greco, fondò nuove chiese e monasteri di rito latino, ricostruì la rete delle diocesi siciliane<ref name=nove>{{cita libro|Antonino| Marrone | Storia delle Comunità Religiose e degli edifici sacri di Bivona|1997|Comune di Bivona|Bivona|cid=Antonino Marrone, 1997}} Pag. 9.</ref>. Nel [[1093]] istituì la diocesi di Agrigento, sottoscrivendone il diploma di fondazione e definendone i confini<ref name=nove>{{cita libro|Antonino| Marrone | Storia delle Comunità Religiose e degli edifici sacri di Bivona|1997|Comune di Bivona|Bivona|cid=Antonino Marrone, 1997}} Pag. 9.</ref>: la nuova diocesi comprendeva tutta l'attuale [[provincia di Agrigento]], la maggior parte della [[provincia di Caltanissetta]] e buona parte della [[provincia di Palermo]], includendo anche [[Termini Imerese]] (meritandosi il titolo di "diocesi bimare")<ref>{{cita web|url=http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/pls/cci_dioc_new/v3_s2ew_consultazione.mostra_pagina?rifi=&rifp=&id_pagina=24013|titolo=Cenni storici sull'arcidiocesi di Agrigento|accesso=14-07-2009}}</ref>.
 
Il compito di organizzare ''ex novo'' la diocesi agrigentina spettò al [[vescovo]] [[San Gerlando|Gerlando di Besançon]], futuro [[santo patrono]] della città dei [[Valle dei templi|templi]]<ref name=dieci>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 10}}</ref>.
 
===Prime notizie sulla cristianizzazione di Bivona===
[[Immagine:Portalebivona1.jpg|thumb|250px|left|Il portale della [[Chiesa madre chiaramontana|chiesa madre "chiaramontana"]], realizzata tra il [[Duecento]] ed il [[Trecento]]]]
Bivona, la cui più antica fonte scritta rinvenuta risale al [[1160]]<ref>{{citaCita|Antonino Marrone, 1987|p. 49}}</ref>, venne definita dallo storico [[Tommaso Fazello]] ''pagus Saracenorum''<ref>{{citaCita|Antonino Marrone, 1987|p. 37}}</ref>, cioè un piccolo villaggio abitato da saraceni. La sua cristianizzazione fu dovuta al ''programma di evangelizzazione avviato dal vescovo Gerlando e dai suoi immediati successori nella cattedra agrigentina''<ref name=dieci>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 10}}</ref>.
 
Il luogo di culto cristiano più antico e la prima chiesa madre della comunità bivonese fu verosimilmente la chiesa di Sant'Andrea<ref name=dieci>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 10}}</ref>, probabilmente fondata verso la fine del [[XII secolo]]<ref name=sessantasette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 67}}</ref>. Un grande contributo alla cristianizzazione di Bivona venne dato anche dall'evangelizzazione avviata dai diversi priorati benedettini situati nella zona dei monti Rifesi (attuale territorio di [[Palazzo Adriano]]), ad ovest di Bivona<ref name=dieci>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 10}}</ref>; tale attività, tuttavia, venne interrotta a causa delle rivolte musulmane che coinvolsero nei primi decenni del [[XIII secolo]] le diocesi di [[Arcidiocesi di Agrigento|Agrigento]], [[Arcidiocesi di Palermo|Palermo]] e [[Arcidiocesi di Monreale|Monreale]]<ref name=dieci>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 10}}</ref> e che terminarono solamente nel [[1246]], quando l'imperatore [[Federico II di Svevia|Federico II]] espulse gli [[arabi]] dalla Sicilia<ref name=undici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 11}}</ref>.
 
Non si sa nulla sull'estensione e sui limiti della primitiva parrocchia (o cappellania) a cui apparteneva Bivona quando era un semplice casale<ref name=undici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 11}}</ref>; tuttavia, molto probabilmente una parrocchia autonoma venne istituita all'inizio della seconda metà del [[Duecento]], poiché Bivona veniva citata tra i centri più importanti dell'intera diocesi agrigentina<ref name=undici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 11}}</ref>.
 
La notevole crescita demografica dei decenni successivi favorì la costruzione di una nuova (e più grande) [[Chiesa madre chiaramontana|chiesa madre]]<ref name=undici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 11}}</ref>, che venne intitolata a Santa Maria: la costruzione si protrasse fino alla seconda metà del [[XIV secolo]]<ref name=undici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 11}}</ref>.
 
Nonostante le gravi crisi politico-militari che sconvolgevano la Sicilia (complici le discordie tra gli [[aragonesi]] di Sicilia e gli [[angioini]] di [[Napoli]], le continue rivolte baronali e le [[epidemie]] di [[peste]]), durante il [[Trecento]] e buona parte del [[Quattrocento]] Bivona crebbe ulteriormente d'importanza e in essa si stabilirono nuove istituzioni religiose<ref name=undici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 11}}</ref>: fu il periodo in cui i [[Chiaramonte]], signori feudali, fondarono le chiese di Sant'Agata e [[Chiesa di Santa Rosalia (Bivona)|Santa Rosalia]] e completarono la chiesa madre (successivamente chiamata anche "chiaramontana")<ref name=undici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 11}}</ref>, in cui si costruirono i primi conventi (dei [[carmelitani]], dei [[frati minori conventuali]] e dei [[domenicani]])<ref name=undici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 11}}</ref>, in cui nacquero le più antiche confraternite laicali (di Sant'Antonio, di San Bartolomeo e di Santa Rosalia)<ref name=undici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 11}}</ref>.
 
===L'arcipretura e il vicariato di Bivona===
[[Immagine:Chiesasanpaolobivona1.jpg|thumb|250px|right|La Chiesa di San Paolo di Bivona, anticamente annessa al monastero delle benedettine, fondato nel [[Quattrocento]]]]
Il titolo di arciprete venne conferito al parroco di Bivona tra il [[1393]] (anno in cui venne costituita la chiesa madre di Sciacca come chiesa arcipetrale, la prima nella diocesi) ed il [[1438]] (anno in cui si ha la prima notizia su un arciprete bivonese)<ref name=dodici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 12}}</ref>.
 
L'arciprete veniva nominato direttamente dal vescovo dopo aver superato un apposito concorso<ref name=dodici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 12}}</ref>. L'arciprete di Bivona, a capo del clero locale, godeva di privilegi e di oneri le cui prime notizie si trovano nelle due ''visitationes terre Bisbone'' (visite al feudo di Bivona) del [[1540]] e del [[1543]]<ref name=dodici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 12}}</ref>.
 
Bivona era anche sede di [[vicariato]]<ref name=tredici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 13}}</ref>: il vicario foraneo veniva nominato direttamente dal presule. Il suo compito era quello di controllare la disciplina ecclesiastica e di sovrintendere alla locale curia spirituale (formata da membri appartenenti al clero secolare: un giudice, un erario ed un mastro notaro), che legalizzava gli atti e i documenti ecclesiastici. Talvolta capitava che le due cariche (di arciprete e di vicario foraneo) coincidessero nella stessa persona<ref name=tredici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 13}}</ref>.
 
Tra la prima metà del [[Quattrocento]] ed i primi decenni del [[Cinquecento]] a Bivona (che nel [[1505]] raggiunse i 6.000 abitanti) si insediarono altre comunità religiose (tra cui le [[benedettine]] e i frati [[minori osservanti]]) e confraternite (intitolate a San Sebastiano e alla Madonna dell'Olio, venerata anche a [[Blufi]])<ref name=quindici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 15}}</ref>.
 
Sempre nello stesso periodo si insediò a Bivona una folta [[Giudecca di Bivona|comunità ebraica]], espulsa nel [[1492]] a causa dell'editto emanato da [[Ferdinando il Cattolico]]<ref name=quindici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 15}}</ref>.
 
===L'Inquisizione e la Bolla della Santa Crociata===
Nel [[1480]] venne istituita l'[[Inquisizione spagnola]]; nel [[1487]] la sua giurisdizione si estese anche sul [[regno di Sicilia]]. Il suo scopo primario era quello di salvaguardare la purezza della fede cattolica, e pertanto ebbe di mira sia i [[Neofita|neofiti]] [[ebrei]] sia i [[luterani]] o, più in generale, i [[protestanti]]<ref name=sedici>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 16}}</ref>.
 
Da alcuni documenti risulta che già nel [[1575]] in Bivona era stato istituito un Commisariato del S. Ufficio<ref name=diciassette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 17}}</ref>, che esercitava la propria giurisdizione anche su alcuni centri vicini ([[Santo Stefano Quisquina]], [[Alessandria della Rocca]], [[Cattolica Eraclea]], [[Prizzi]] e probabilmente anche [[Cianciana]] e [[Palazzo Adriano]])<ref name=diciassette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 17}}</ref>. Il commissario era un religioso secolare e aveva alle dipendenze dei laici (tra cui un mastro notaro, un portiere ed altri incaricati ''di raccogliere informazioni e di procedere ad eventuali arresti'')<ref name=diciassette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 17}}</ref>.
 
Alla fine del [[Seicento]] comparve anche nell'organigramma bivonese dell'Inquisizione la figura del capitano; nei primi anni del [[XVIII secolo]] si ebbe una progressiva decadenza dell'istituzione<ref name=diciassette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 17}}</ref>.
 
Un'altra istituzione insediatasi in Bivona fu quella della Bolla della Santa Crociata (fondata alla fine del [[Quattrocento]])<ref name=diciotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 18}}</ref>: la sua corte procommissariale garantiva i privilegi di cui acquisivano diritto gli acquirenti e i distributori delle ''Bolle della Crociata''<ref name=diciotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 18}}</ref>. La bolla ''offriva, contro pagamento di una somma determinata, l'indulgenza plenaria, l'assoluzione dei peccati riservati, la commutazione dei voti e l'omissione di censure, dell'interdetto, del digiuno''<ref name=trasselli>{{cita|Carmelo Trasselli, 1982|150 vol. I}}</ref>.
 
===Il periodo pretridentino===
[[Immagine:Chiesa Santa Maria di Gesù 2.JPG|thumb|left|250px|I ruderi di Santa Maria di Gesù, chiesa annessa al convento dei frati minori osservanti]]
Tra il [[XV secolo|XV]] ed il [[XVI secolo]] gli ordini religiosi presenti a Bivona cominciarono ad influenzare maggiormente la popolazione locale<ref name=diciannove>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 19}}</ref>, compresi gli stessi signori feudali (ad esempio [[Carlo de Luna|Carlo]], [[Sigismondo de Luna|Sigismondo]] e [[Giovanni Vincenzo de Luna]]) che incoraggiarono ed agevolarono la fondazione di nuovi conventi e soddisfacevano con generi alimentari ed altre provviste i frati e le monache<ref name=venti>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 20}}</ref>.
 
L'influenza esercitata dal clero regolare sulla cittadinanza è testimoniata anche da diverse disposizioni testamentarie, dalle quali si evince la volontà dei testatori di essere sepolti all'interno delle chiese conventuali<ref name=venti>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 20}}</ref>.
 
Il continuo sviluppo del clero regolare fece sì che esso, nella seconda metà del [[Cinquecento]], risultasse beneficiario di rendite molto superiori a quelle del clero secolare<ref name=venti>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 20}}</ref>: quest'ultimo fu impossibilitato, pertanto, a consentire gli interventi murari necessari per evitare il degrado delle chiese parrocchiali o delle mense vescovili; al contrario, le chiese conventuali e sedi di confraternita si presero degnamente cura della propria manutenzione<ref name=ventuno>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 21}}</ref>.
 
La "crisi" del clero secolare, tuttavia, era dovuta anche alla ''monstruosa inscitia'', al degrado morale e all'incuria verso i propri doveri che mostrarono tantissimi esponenti del clero di Bivona<ref name=ventuno>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 21}}</ref>, in linea con le usanze della maggior parte del clero pretridentino di Sicilia, definito ''incolto, simoniaco, attento pressoché esclusivamente a garantirsi le entrate necessarie che lo tengano fuori dal lavoro manuale''<ref>{{cita|Giuseppe Giarrizzo, 1978|62 vol. 6}}</ref>.
 
===La riforma protestante===
I primi decenni del [[XVI secolo]] furono caratterizzati da una frattura all'interno del mondo cattolico causata dalla [[riforma protestante]] ([[1517]]) avviata da [[Martin Lutero]], alla quale la [[chiesa romana]] rispose con la [[riforma cattolica|riforma]] (o [[controriforma]]) cattolica, definendo i suoi princìpi guida nel [[Concilio di Trento]] svoltosi tra il [[1545]] ed il [[1563]]<ref name=ventiquattro>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 24}}</ref>.
{{Nota
|allineamento = destra
|larghezza = 350px
|titolo = Le ''decime sacramentali''
|contenuto = Il primo documento che attesta l'importo delle ''[[Decime|decime sacramentali]]'' dovute dai bivonesi risale al [[1542]]<ref name=diciotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 18}}</ref>. Esse venivano riscosse in tutta la diocesi agrigentina ''sopra li frutti di frumenti, orzi, roccelli e frutti di mandra''<ref name=diciotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 18}}</ref> in base alle disposizioni emanate da [[Ruggero d'Altavilla]] nel [[1093]] in favore del vescovo Gerlando (e dei suoi successori)<ref name=diciotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 18}}</ref>. La riscossione della decima veniva data in appalto<ref name=diciannove>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 19}}</ref>; chi aspirava a poterla avere in [[gabella]], doveva far pervenire le rispettive offerte alla curia spirituale locale, che le pubblicava nella piazza nei mesi di [[aprile]], [[maggio]] e [[giugno]]<ref name=diciannove>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 19}}</ref>; alla fine di quest'ultimo mese, la [[curia vescovile]], informata delle più vantaggiose offerte, affidava alla curia locale il compito di assegnare la gabella e di stipulare il contratto per uno o più anni<ref name=diciannove>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 19}}</ref>.
}}
 
Nonostante il tentativo dei sovrani spagnoli di arginare la diffusione delle idee [[Protestantesimo|protestanti]], anche in Bivona diversi esponenti religiosi vennero coinvolti dalle nuove tematiche diffuse da Lutero<ref name=ventiquattro>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 24}}</ref>: tra essi, il carmelitano Leonardo Vasapollo, inquisito e condannato più di una volta nel corso degli [[Anni 1560|anni sessanta]] del [[Cinquecento]]<ref name=ventiquattro>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 24}}</ref>.
 
===La controriforma cattolica===
In Sicilia, a causa delle resistenze opposte dal proprio apparato socio-economico, la [[controriforma]] venne avviata in grave ritardo rispetto alla conclusione del concilio di Trento<ref name=ventiquattro>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 24}}</ref>.
 
Ad Agrigento, tra il [[1589]] ed il [[1655]], vennero costituiti quattro sinodi, che definirono ''la normativa e gli strumenti ritenuti più idonei al raggiungimento degli obiettivi conciliari''<ref name=ventiquattro>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 24}}</ref>. A Bivona tali obiettivi vennero raggiunti grazie all'azione incisiva dei [[Compagnia di Gesù|gesuiti]]<ref name=venticinque>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 25}}</ref>: nel [[1556]], infatti, la duchessa Aloisia de Luna convinse [[Ignazio di Loyola]] (restio alla fondazione di collegi gesuitici nei piccoli centri<ref name=trecentoquattro>{{Cita|Antonino Marrone, 1997|p. 304}}</ref>) ad istituire un collegio anche a Bivona<ref name=trecentocinque>{{Cita|Antonino Marrone, 1997|p. 305}}</ref>, che divenne così il [[Compagnia di Gesù#Primi collegi in Italia|primo piccolo paese]] ad ospitare questo nuovo ordine religioso.
 
L'attività dei gesuiti, impegnati in molteplici ambiti (religioso, sociale, culturale<ref name=venticinque>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 25}}</ref>), migliorò di gran lunga la religiosità bivonese, successivamente rinnovata dalla presenza di nuove congregazioni religiose: i [[frati cappuccini]] ([[1572]]), le [[suore clarisse]] ([[1585]]), gli [[Frati agostiniani|eremiti agostiniani]] ([[1614]])<ref name=ventisei>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 26}}</ref>.
 
Per tutto il [[Seicento]] e buona parte del [[Settecento]], si andò affermando la "supremazia" (soprattutto economica) del clero regolare su quello secolare, tanto che in questo arco di tempo vennero ristrutturati ed ampliati solamente gli edifici religiosi dei regolari presenti a Bivona<ref name=ventisei>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 26}}</ref>. Di contro, era sempre più ridotto il numero di secolari presenti nella cittadina e la crisi finanziaria delle chiese parrocchiali ne determinò l'inagibilità nel corso del [[XVIII secolo]]<ref name=ventisette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 27}}</ref>.
 
Nel [[1624]], anno della scoperta dei resti di [[Santa Rosalia]] sul [[Monte Pellegrino]] di [[Palermo]] e della grotta in cui si rifugiava nella vicina Quisquina, la ''santuzza'', vissuta molti anni nel territorio bivonese, venne proclamata patrona di Bivona<ref name=trentaquattro>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 34}}</ref>.
 
Per quanto concerne l'ambito culturale, ai sacerdoti secolari incuranti dei patrimoni librari delle parrocchie<ref name=ventisette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 27}}</ref> si contrapponevano le numerose biblioteche degli ordini regolari<ref name=ventotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 28}}</ref>: la biblioteca della compagnia di Gesù, ad esempio, disponeva di 1677 volumi<ref name=ventotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 28}}</ref> scritti in [[Lingua italiana|italiano]], [[Lingua latina|latino]], [[Lingua greca|greco]] ed [[Lingua ebraica|ebraico]] di argomento [[Religione|religioso]] ([[teologia]], [[morale]], [[patristica]], [[Oratoria|oratoria sacra]], [[agiografia]]), [[Filosofia|filosofico]], [[Storia|storico]], [[Geografia|geografico]], [[Etnologia|etnologico]], oltre ad un'ampia raccolta di [[Letteratura latina|classici latini]] e [[Letteratura greca|greci]]<ref name=ventinove>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 29}}</ref>.
 
La controriforma, pertanto, non solo ebbe importanti riflessi nell'insegnamento scolastico, nell'espressione artistica e sulla libera circolazione degli scritti e delle idee, ma favorì inoltre un notevole risveglio del sentimento religioso nell'intera popolazione<ref name=trentadue>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 32}}</ref>. In questo periodo si moltiplicarono le vocazioni religiose, aumentarono le confraternite e le associazioni laiche e vissero personalità religiose di primissimo livello (su tutte, le suore Antonina De Micheli, morta in fama di santità, e la [[serva di Dio]] suor [[Maria Roccaforte]])<ref name=trentadue>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 32}}</ref>.
 
===Le riforme del Tanucci (1767) ed il Concordato (1818)===
[[Immagine:Tanucci Bernardo 01.jpg|thumb|left|200px|Bernardo Tanucci]]
Per ridimensionare i poteri ecclesiastici e feudali e per assicurare il monopolio dei tre poteri ([[Potere legislativo|legislativo]], [[Potere esecutivo|esecutivo]] e [[Potere giudiziario|giudiziario]]) allo Stato, nel periodo compreso tra il [[1767]] ed il [[1818]] vennero attuate diverse riforme<ref name=trentasette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 37}}</ref>. La prima fu quella di [[Bernardo Tanucci]] (Ministro della Giustizia, Ministro degli Affari esteri della Casa Reale e Primo Ministro del [[Regno di Napoli]]), che nel [[1767]] decretò l'espulsione dei gesuiti dal regno<ref name=trentasette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 37}}</ref>.
 
Dal [[1781]] vennero attuate le riforme del marchese [[Domenico Caracciolo]]<ref name=trentasette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 37}}</ref>, viceré di Sicilia: in tale anno venne abolita la [[manomorta]] ecclesiastica<ref name=trentasette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 37}}</ref> e venne sottratto alla chiesa il controllo delle opere pie laicali<ref name=trentotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 38}}</ref>; nel [[1782]] venne prescritta la censuazione dei beni ecclesiastici<ref name=trentasette>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 37}}</ref> e venne abolita l'[[Inquisizione]]<ref name=trentotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 38}}</ref>; nel [[1812]] la nuova [[Costituzione siciliana del 1812|costituzione siciliana]] abolì la pluralità dei fori giudiziari e l'antico privilegio che godevano gli ecclesiastici dell'esenzione delle gabelle civiche e regie<ref name=trentotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 38}}</ref>; infine, il [[Concordato]] del [[febbraio]] [[1818]] tra la [[Santa Sede]] e il [[Regno delle Due Sicilie]], che modificò il sistema di sostentamento delle parrocchie<ref name=trentotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 38}}</ref>.
 
L'espulsione della compagnia di Gesù causò a Bivona una crisi in campo economico, sociale e soprattutto religioso<ref name=trentotto>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 38}}</ref>: i locali dell'ex collegio gesuitico vennero occupati dal clero secolare che adibirono la chiesa a [[Chiesa madre Mater Salvatoris|nuova madrice]]<ref name=trentanove>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 39}}</ref>, ma tuttavia esso non riuscì ad assumere quel ruolo primario nella vita dei cittadini che fino a quel momento avevano ricoperto i padri gesuiti<ref name=trentanove>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 39}}</ref>. Tra il [[Settecento]] e l'[[Ottocento]] Bivona fu colpita da una crisi demografica ed economica che risultò devastante per tanti ordini religiosi locali: molti conventi entrarono in crisi, altri subirono una riduzione di religiosi, altri ancora vennero chiusi<ref name=trentanove>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 39}}</ref>.
 
Anche le chiese parrocchiali vissero un periodo di crisi economica<ref name=quaranta>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 40}}</ref>: ciò era dovuto anche al ridottissimo numero di abitanti (circa 2.000 nel [[1806]])<ref name=quaranta>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 40}}</ref>; l'assestamento del bilancio delle parrocchie si ebbe solamente grazie al succitato concordato stipulato nel [[1818]] ma entrato in vigore solamente a partire dal [[1822]], dopo gli anni dei [[Indipendentismo siciliano|moti rivoluzionari]] del [[1820]]-[[1821]]<ref name=quaranta>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 40}}</ref>.
 
===Dal Risorgimento all'Unità d'Italia===
[[Immagine:Portapia.jpg|thumb|300px|right|La [[breccia di Porta Pia]], [[20 settembre]] [[1870]]]]
L'[[Ottocento]] siciliano fu caratterizzato dal passaggio dalla [[Storia della Sicilia borbonica|restaurazione borbonica]] al [[Risorgimento italiano|risorgimento nazionale]] e all'[[unità d'Italia]], avvenuta nel [[1861]]<ref name=quarantuno>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 41}}</ref>. Questo periodo risultò cruciale anche dal punto di vista ecclesiastico e religioso, in quanto la Sicilia subì il passaggio dallo stato confessionale dei Borboni allo stato laico sabaudo, in cui venne notevolmente ridimensionato il ruolo sociale, economico e politico del clero<ref name=quarantuno>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 41}}</ref>.
 
Pertanto il clero secolare siciliano, dopo avere sostenuto l'unità della nazione, negli [[Anni 1860|anni sessanta]] dell'[[Ottocento]] assunse un atteggiamento critico verso il governo, accusato di [[anticlericalismo]], soprattutto perché esso intendeva sopprimere le corporazioni religiose e conquistare [[Roma]] e lo [[Stato Pontificio]]<ref name=quarantuno>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 41}}</ref>.
 
Il [[10 giugno]] [[1865]] i religiosi bivonesi stilarono una convenzione reciproca tra il clero secolare e le comunità degli ordini religiosi ancora esistenti a Bivona, con la quale essi garantivano la propria ''assistenza ai funerali e la celebrazione dei divini uffici''<ref name=quarantuno>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 41}}</ref> e la propria cura nei riguardi dei sacerdoti secolari e regolari defunti<ref name=quarantadue>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 42}}</ref>.
 
La definitiva rottura tra il clero di Bivona e il governo italiano si ebbe il [[28 settembre]] [[1866]], quando venne rese esecutiva anche in Sicilia la legge di soppressione delle corporazioni religiose<ref name=quarantadue>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 42}}</ref>: in seguito a tale provvedimento, il clero bivonese reagì manifestando contro i progetti governativi che minacciavano l'autorità papale, e quando questi vennero realizzati (il [[20 settembre]] [[1870]] con la [[breccia di Porta Pia]]), i religiosi di Bivona decisero di isolare ed estromettere dalle cariche quei pochi sacerdoti che un decennio prima favorirono politicamente l'unità nazionale<ref name=quarantadue>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 42}}</ref>.
 
Tuttavia, il clero e le organizzazioni cattoliche di Bivona non riuscirono ad evitare il diffondersi nella società di una mentalità laica e talvolta anticlericale<ref name=quarantacinque>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 45}}</ref>, soprattutto tra le nuovi generazioni del ceto borghese ed operaio, educate al credo [[Positivismo|positivista]] o avverse alla figura di [[papa Pio IX]] o sensibili alle istanze della questione sociale su cui la Chiesa non aveva ancora elaborato alcuna dottrina ufficiale<ref name=quarantacinque>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 45}}</ref>.
 
===La dottrina sociale della Chiesa===
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===Chiese Cristiane Riformate===
L'[[Inquisizione]] evitò, nel [[Cinquecento]], l'affermazione in Sicilia della riforma protestante che, tuttavia, ebbe i suoi seguaci anche nell'Isola. La mancanza di documenti ci impedisce di sapere se a Bivona ci fossero proseliti del [[protestantesimo]]; abbiamo comunque notizia dell'inquisizione di due frati bivonesi, fra Leonardo Vasapollo (maestro di teologia, carcerato nel [[gennaio]] [[1561]]) e fra Benedetto (messo in carcere, evase con due compagni e fece perdere le sue tracce), entrambi inquisiti, probabilmente, per le loro idee luteraneggianti. Soltanto dopo l'Unità d'Italia si concesse ampia libertà anche alle comunità protestanti<ref>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 405}}.</ref>.
 
===I Pentecostali e "L'Assemblea di Dio in Italia" (ADI)===
Nel [[1925]] il bivonese Giuseppe Giacinto Falcone, convertitosi al culto pentecostale durante un soggiorno in [[America]], fondò una comunità evangelica a Bivona. La piccola comunità tre anni dopo si dotò di un luogo di culto, e dovette affrontare tante difficoltà, sia per l'ostilità dei cattolici locali, sia per i [[Patti Lateranensi]] del [[1929]], con cui si tolleravano sempre meno i culti evangelici. I pentecostali furono così costretti, per qualche anno, ad incontrarsi segretamente. La comunità evangelica riprese la piena attività nel [[secondo dopoguerra]], ma la sua esperienza durò fino agli [[anni Sessanta]]. La comunità pentecostale di Bivona fu ricostruita nuovamente nel [[1981]] e appartiene all'A.D.I. (Assemblea di Dio in Italia). Ancora oggi continua la propria attività ed è in stretti rapporti con le comunità dei paesi limitrofi<ref>{{cita|Antonino Marrone, 1997|pp. 405-406}}.</ref>.
===Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova===
Dalla fine degli [[anni Settanta]] alcuni bivonesi hanno aderito alla confessione religiosa dei [[Testimoni di Geova]]. I membri di Bivona fanno parte di una ''Congregazione'' insieme ai membri di Santo Stefano Quisquina, Alessandria della Rocca e Cianciana. Questa Congregazione è diretta da due ''Anziani'', ed ha la propria ''Sala del Regno'' in un ampio locale ad Alessandria della Rocca. La Congregazione fa parte di una grande Circoscrizione (la ''Sicilia 4''), coordinata da un ''Sorvegliante'' e comprendente parte delle province di [[Provincia di Trapani|Trapani]] ed Agrigento. I Testimoni di Geova della Sicilia Occidentale si riuniscono nella Grande Sala dell'Assemblea di Caltanissetta<ref>{{citaCita|Antonino Marrone, 1997|p. 407}}.</ref>.
 
==Edifici sacri di Bivona==
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Legata alla città di Bivona, seppur per poco tempo, fu la figura di [[papa Leone X]], Giovanni di Lorenzo de' Medici, figlio di [[Lorenzo de' Medici]], passato alla storia soprattutto per avere causato la [[riforma protestante]] di [[Martin Lutero]].
 
Nel [[1520]] egli favorì le nozze tra una sua nipote, la fiorentina Luisa Salviati, con Sigismondo de Luna, figlio di Gianvincenzo, signore di Bivona<ref name=leox>{{citaCita|Antonino Marrone, 1987|p. 94}}</ref>.
 
Nel mese di [[maggio]] del [[1520]] Gianvincenzo de Luna chiese l'autorizzazione al viceré di [[Sicilia]] per recarsi a [[Roma]]; una volta ottenuta, egli si recò nella città eterna per andare in visita ufficiale da papa Leone X<ref>{{citaCita|Antonino Marrone, 1987|p. 140}}.</ref>.
 
Giunto a Roma, si recò presso i palazzi pontifici per stringere i vincoli matrimoniali tra il suo primogenito, Sigismondo, e la nipote del pontefice, figlia di [[Lucrezia de' Medici]] (nipote del Papa e sorella del cardinale [[Giulio de' Medici]], futuro [[Clemente VII]]).
 
Il contratto matrimoniale venne siglato nella città di Roma il [[14 dicembre]] [[1520]]<ref name=sig>{{cita|Antonino Marrone, 1987|vol I|, p. 141}}.</ref>.
 
Le nozze si celebrarono a Roma tre anni dopo, nel [[1523]], quando papa Leone X era già morto da circa due anni.
 
Il matrimonio celebrato con gran pompa tra Sigismondo e Luisa Salviati fu una delle cause della grave crisi economica che colpì il signore di Bivona Gianvincenzo de Luna<ref name=leox>{{citaCita|Antonino Marrone, 1987|p. 94}}</ref>.
 
[[Immagine:Clement VII. Sebastiano del Piombo. c.1531..jpg|thumb|250px|right|Papa Clemente VII]]
Il matrimonio tra il de Luna e la Salviati venne celebrato nello stesso anno in cui terminò il breve pontificato di [[papa Adriano VI]] ed iniziò quello di [[papa Clemente VII]], cioè nel [[1523]].
 
Clemente VII, zio di Luisa Salviati in quanto fratello di sua madre Lucrezia de' Medici, entrò negli affari di Sigismondo e del di lui padre, Gianvincenzo de Luna, signore di Bivona, a partire proprio dal succitato matrimonio, che ebbe ''certamente una motivazione politica''<ref name=sig>{{citaCita|Antonino Marrone, 1987|p. 141}}.</ref> e che fu gradito e favorito persino dallo stesso [[Carlo V del Sacro Romano Impero|Carlo V]].
 
Quando nell'[[estate]] del [[1529]] scoppiò la guerra tra la famiglia de Luna e i Perollo di Sciacca (il cosiddetto ''secondo caso di Sciacca''), Sigismondo, avvisato del fatto che più di duemila armati fossero in marcia verso Bivona per tentare l'assalto al suo [[Castello di Bivona|castello]], decise di fuggire con la famiglia alla volta di [[Roma]], per trovare rifugio presso lo zio, il pontefice Clemente VII<ref>{{citaCita|Antonino Marrone, 1987|p. 146}}.</ref>. Di seguito viene riportato il racconto dello storico Francesco Savasta sulla fuga a Roma di Sigismondo e il suo incontro con il Papa<ref>{{cita|Francesco Savasta, 1726|342}}</ref>:
{{quote|Partito dal mare della Verdura il conte Sigismondo, dopo un lungo e disastroso viaggio approdò alla fine colla moglie e coi figli in Roma. Paventava per l'orridezza degli eccessi esecrandi commessi di comparire alla presenza del sommo Pontefice Clemente VII suo zio: nulladimeno animato dalla contessa sua moglie, si portò insieme con essa innanzi al vicario di Cristo, e si pose a suoi piedi genuflesso: e furono allora sì grandi i lamenti, le lagrime e i singhiozzi del conte, e della contessa, che impietosirono l'interno delle viscere di Clemente. Costui da tanta tenerezza vinto, dopo aver aspramente inveito contro di Sigismondo, gli promise di chiedere alla benigna grandezza dell'Imperatore Carlo V per grazia la sua liberatoria, allora però che lo dovea coronare, lo che sarebbe stato fra pochi mesi. Respirò l'afflittissimo conte alle promesse del sommo Pontefice, e confortato da una tale speranza, incominciò da indi in poi lieto a frequentare i congressi de' nobili di quella gran città che è capo del mondo}}
L'occasione propizia per ottenere il perdono da parte di Carlo V si presentò il [[24 febbraio]] [[1530]], giorno in cui questi venne incoronato Imperatore da papa Clemente VII. Ciononostante, Carlo V non si mostrò benevole nei confronti di Sigismondo, e non gli concesse il perdono<ref name=sigism>{{citaCita|Antonino Marrone, 1987|p. 148}}.</ref>. Grazie all'insistenza di Clemente VII, Carlo V decretò che gli Stati paterni venissero reintegrati agli eredi di Sigismondo; quest'ultimo, in preda alla disperazione per non avere ricevuto il perdono dall'imperatore, decise di suicidarsi annegando nelle acque del fiume [[Tevere]], a Roma<ref name=sigism2>{{citaCita|Antonino Marrone, 1987|p. 149}}.</ref>.
 
===Damaso Pio De Bono===
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==Bibliografia==
*{{cita libro|Alessandro|De Bono| Damaso Pio De Bono e Luigi Sturzo| 2003| Istituto di Sociologia "Luigi Sturzo"| Caltagirone}}
*{{cita libro|Giuseppe|Giarrizzo| La Sicilia dal Viceregno al Regno| 1978| Società Editrice Storia di Napoli e della Sicilia| Napoli|cid= Giuseppe Giarrizzo, 1978}}
*{{cita libro|Antonino|Marrone| Bivona città feudale voll. I-II| 1987| Salvatore Sciascia Editore| Caltanissetta-Roma|cid= Antonino Marrone, 1987}}
*{{cita libro|Antonino| Marrone | Il Distretto, il Circondario ed il Collegio Elettorale di Bivona (1812-1880)| 1996 | Comune di Bivona | Bivona}}
*{{cita libro|Antonino| Marrone | Storia delle Comunità Religiose e degli edifici sacri di Bivona|1997|Comune di Bivona|Bivona|cid=Marrone, 1997}}
*{{cita libro|Antonino| Marrone | Ebrei e Giudaismo a Bivona (1428-1547)|2000| Circolo Leonardo da Vinci - Bivona | Bivona}}
*{{cita libro|Antonino| Marrone | Bivona dal 1812 al 1881|2001| Comune di Bivona | Bivona|cid=Marrone, 2001}}
*{{cita libro|Francesco|Savasta|Il famoso caso di Sciacca|1726||Palermo|cid=Francesco Savasta, 1726}}
*{{cita libro|Giovan Battista | Sedita | Cenno storico-politico-etnografico di Bivona| 1909 || Bivona}}
*{{cita libro|Salvatore|Tornatore |Il culto di S. Rosalia a Bivona. La Chiesa e il Fercolo| 2009| Comune di Bivona| Bivona}}
*{{cita libro|Carmelo|Trasselli|Da Fernando il Cattolico a Carlo V: l'esperienza siciliana, 1475-1525| 1982| Rubbettino|Soveria Mannelli|cid=Carmelo Trasselli, 1982}}
 
==Voci correlate==