Martin Heidegger, la vita e l'opera: differenze tra le versioni

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In questo periodo la condotta di Heidegger nei confronti dei propri allievi e colleghi ebrei è ambivalente. Franco Volpi<ref>''Guida a Heidegger'', p. 319</ref> nota come in alcuni casi, come con Werner Brock, Eduard Fraenkel, Elisabeth Blochmann, Paul Kristeller, Georg von Hevesy egli si sia adoperato per trovare loro una sistemazione all'estero; ma in altri casi, come con Richard Hönigswald, Eduard Baumgarten, Jonas Cohn, Hermann Staudinger, si comportò diveramente, denunciandoli. Denunciò come «non nazionalsocialista» anche il suo allievo cattolico Max Müller (1906-1994) che per questa ragione perse la docenza.
 
{{nota|larghezza = 350px|contenuto=[[File:Jaspers-Heidegger.JPG|200px|center]] <br>Jaspers e Heidegger si incontrano per la prima volta l'8 aprile del 1920, alla festa di compleanno di Edmund Husserl. Jaspers è già un professore affermato, insegna filosofia presso la Ruprecht-Karls-Universität di Heidelberg, mentre Heidegger è l'assistente di Husserl. Ambedue condividono l'esigenza di riformare l'insegnamento accademico, ma il sodalizio ha un arresto quando Heidegger, dopo aver inviato una copia della sua opera capitale, ''Essere e tempo'' all'amico, che considera insieme a Rudolf Bultmann (1884-1976) l'unico in grado di comprenderne appieno i contenuti, scopre che questi si è limitato ad affidare a Dolf Sternberger (1907-1989) e a Hans Jonas (1903-1993) l'esecuzione di due seminari. In realtà sappiamo dagli appunti personali di Jaspers che il filosofo non lesse mai del tutto l'opera di Heidegger non essendosene appassionato. Il rapporto tra i due riprende comunque con entusiasmo quando Jaspers invia a Heidegger le sue due opere del 1931 ''Philosophie'' ("Filosofia") e ''Die geistige Situation der Zeit'' ("La situazione spirituale del nostro tempo"). Nel giugno del 1933, divenuto rettore a Friburgo e aderente al Partito nazista, Heidegger si reca a Heidelberg per una conferenza sull'università nel III Reich. In questa circostanza incontra, per l'ultima volta, Jaspers. Nelle sue memorie Jaspers ricorda questo incontro con Heidegger che affronta il tema del "complotto ebraico mondiale". Jaspers, sposato con Gertrud Mayer (1879-1974) di origini ebraiche, è decisamente preoccupato per il suo avvenire e per l'avvenire della Germania in mano ai nazisti. Ciononostante Jaspers rimane dell'idea di poter mantenere un contatto filosofico con Heidegger, questo almeno fino all'ultima sua lettera, datata 16 maggio 1936. Nel 1937 Jaspers viene costretto al pensionamento e, a partire dal 1938, gli viene impedito di pubblicare le sue opere. Il professore di Heidelberg si prepara quindi a un eventuale arresto da parte della Gestapo meditando, in questo caso, di avvelenarsi insieme alla moglie. I contatti tra i due riprendono solo nell'autunno del 1945 quando Jaspers invia a Heidegger una copia della rivista "Wandlung" di cui è collaboratore. Heidegger non gli risponde, ma sollecita la ''Commission d'Epuration'' che si sta occupando della denazificazione delle università tedesche e quindi del suo caso, di prendere contatto con Jaspers. La Commissione è inizialmente intenzionata a dare il via libera alla docenza per Heidegger, ma il duro intervento di Jaspers contro Heidegger, dove questi viene denunciato come nazista e dove viene auspicato il suo allontanamento dall'insegnamento, gli fa cambiare idea. Nel 1949 il rettore della Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo, Gerd Tellenbach (1903-1999), si rivolge tuttavia nuovamente a Jaspers per un parere su un eventuale ritorno di Heidegger all'insegnamento. Questa la risposta di Jaspers: {{q|Magnifico Rettore, Con quel che ha fatto in filosofia, Heidegger è riconosciuto in tutto il mondo come uno dei filosofi più importanti del nostro tempo. In Germania non c'è nessuno che lo superi. Il suo modo di fare filosofia, sensibile alle questioni più profonde e riconoscibile solo indirettamente nei suoi scritti, fa di lui oggi, in un mondo filosoficamente povero, una figura unica. [...]| In M. Heidegger-K. Jaspers, ''Briefwechsel 1920-1963'' (a cura di W. Biemel e H. Saner) Francoforte, Monaco, Zurigo, Klostermann, Piper, 1990, p.p. 275.6; Cit. in Volpi ''Guida a Heidegger'', p.43}} La relazione tra i due filosofi riprende, ma il rifiuto di Heidegger di fare autocritica sul suo trascorso nazista fa nuovamente sprofondare il rapporto. Nella sua lettera del 22 settembre 1959 Jaspers chiarisce ad Heidegger che «Dal 1933 in poi si è interposto tra noi un deserto che, dopo quanto è accaduto ed è stato detto in seguito, appare sempre più inattraversabile». <br>
Il 26 febbraio 1969 Karl Jaspers muore, sul suo scrittoio rimane aperto un faldone di 300 pagine manoscritte il cui ultimo appunto è un addio a Heidegger:
{{q|Da sempre - scrive Jaspers- i filosofi tra loro contemporanei si incontrano in alta montagna, sopra un vasto altopiano roccioso. Da lassù lo sguardo spazia sulle montagne nevose e ancora più in basso sulle valli abitate dagli uomini e sull'orizzonte lontano e in ogni dove sotto il cielo. Là, il sole e le stelle sono più lucenti che in qualsiasi altra parte. E l’aria è talmente pura che dissolve ogni opacità, talmente fredda che non lascia levarsi alcun fumo, talmente limpida che uno slancio del pensiero si diffonde in spazi immensi. [...] Oggi sembra che su questo altopiano non ci sia nessuno da incontrare. Ho avuto l’impressione [...] di incontrarne uno soltanto e – tranne lui – nessun altro. Quest’uomo però è stato un mio cavalleresco avversario: le potenze che noi servivamo, infatti, erano irriducibili tra loro. Presto apparve evidente che noi non potevamo affatto parlare uno con l'altro. E così la gioia si trasformò in dolore, un dolore particolarmente inconsolabile, come se si fosse perduta una possibilità che sembrava prossima, a portata di mano. Così è andata tra me e Heidegger. Per questo trovo insopportabili, senza alcuna eccezione, tutte le critiche che egli ha subito: lassù, infatti, su quell'altopiano, non avrebbero trovato posto. Per questo vado alla ricerca della critica che diventa reale nella sostanza del pensiero stesso, alla ricerca della lotta che rompe l’assenza di comunicazione dell'inconciliabile, della solidarietà che lassù – trattandosi di filosofia – è ancora possibile anche tra chi è più estraneo. Una critica e una lotta intese in questo senso sono forse possibili, eppure vorrei, per così dire, tentare di catturarne l’ombra|K. Jaspers, ''Notizen zu Martin Heidegger''. Monaco, Zurigo, Piper, 1978, pp. 263-4. Cit. in Volpi ''Guida a Heidegger'', p.45}}}}
 
In sintesi Heidegger aderì con entusiasmo alla "rivoluzione nazionalsocialista", interpretata da lui come storica possibilità per la risorgenza dell'essere, e con altrettanto entusiasmo si adoperò, durante il suo rettorato, per la nazificazione della sua università. Diede le dimissioni quando ebbe contezza che il nazismo stava rinunciando alle sue premesse "rivoluzionarie" per mediare con gli interessi "borghesi".