Martin Heidegger, la vita e l'opera: differenze tra le versioni

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Il 1 maggio dello stesso anno, in quanto condizione prevista per assumere ufficialmente l'incarico, si iscrive al ''Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei'' (Nsdap, Partito nazista)<ref>Franco Volpi, ''Guida a Heidegger'', p. 36</ref>.
 
Il 27 maggio si insedia ufficialmente al rettorato, tenendo il famoso discorso ''Die Selbstbehauptung der deutschen Universität'' ("L'autoaffermazione dell'università tedesca")<ref>La traduzione italiana di Carlo Angelino è stata pubblicata dalla casa editrice Il melangolo di Genova nel 1988</ref>. Gli effetti di questo discorso furono molteplici e con valutazioni contrastanti, da una parte Heidegger lo ricorderà nel 1945 nel ''Das Rektorat 1933/1934. Tatsachen und Gedanken'' (Il rettorato 1933/1934. Fatti e pensieri)<ref>In GA 16 al n.180; traduzione italiana in ''Discorsi e altre testimonianze del cammino di una vita 1910-1976'' curato da Nicola Curcio, traduttore insieme a Carlo Angelino, Roberto Brusotti e Adriano Fabris, per la casa editrice Il melangolo di Genova, 2000, p. 338.</ref> sostenendo che già il giorno successivo se lo erano dimenticati tutti e che nulla cambiò; la stampa nazionalsocialista esulterà; i commentatori stranieri, tra cui Benedetto Croce che nella lettera a Karl Vossel del 9 settembre 1933 lo valuterà come inadeguato e opportunista, criticheranno il testo. Diversa la valutazione di Karl Jaspers che il 23 agosto 1933 invierà una lettera a Heidegger per complimentarsi, anche se successivamente spiegherà che voleva dare la migliore lettura possibile di quel discorso per mantenere con lui un dialogo aperto<ref>Cfr. Safranski, pp. 304-5; Safranski rileva, tuttavia, come Jaspers abbia plaudito alle riforme naziste delle università tedesche e, sempre nell'estate del 1933, abbia cercato di partecipare a tale processo di riforma, senza riuscirvi però, in quanto, coniugato con una ebrea, era appena tollerato dal regime.</ref>. Franco Volpi<ref>Cfr.''Guida a Heidegger'', p.36</ref> nota come il testo sia influenzato dal ''Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt'' (1932) <ref>Traduzione italiana in ''L'Operaio. Dominio e forma'', Milano, Longanesi 1984, Parma, Guanda 1991)</ref> di Ernst Jünger (1895-1998), questo per la sua suddivisione nel triplice compito: ''Arbeitsdienst'' (servizio del lavoro), ''Wehrdienst'' (servizio di difesa) e ''Wissensdienst'' (servizio del sapere) consegnando a quest'ultimo il ruolo primario.
 
Nel settembre 1933 vengono offerte a Heidegger due ambiziose candidature alle cattedre delle prestigiose università di Berlino e di Monaco. L'opposizione al suo nome proviene da due fronti: da una parte i professori conservatori, dall'altra diversi professori nazisti che non riconoscevano nella sua filosofia la ''Weltanschauung'' propria del partito<ref>Alla fine l'offerta a Heidegger venne effettivamente fatta, ma lui la rifiutò motivandola che c'era bisogno di lui a Friburgo.</ref>. In questa circostanza inizia a circolare un documento stilato dal filosofo e psicologo nazista Erich Rudolf Ferdinand Jaensch (1883-1940), già collega di Heidegger nel periodo di Marburgo, il quale lo descrive come «pericoloso schizofrenico», propugnatore di pensiero ebraico di genere «avvocatesco-talmudico» che, per questa ragione, secondo Jaensch, avrebbe attratto così tanti ebrei ai suoi corsi. In realtà, secondo lo psicologo nazista, la condotta di Heidegger era solo un abile adattamento della sua filosofia al nazionalsocialismo<ref>Safranski, p. 325.</ref>. L'anno successivo Heidegger torna ad essere in predicato per un incarico molto ambizioso: la direzione dell'Accademia dei docenti nazionalsocialisti. In quella occasione Jaensch rincara la dose con una nuova relazione indicando le idee di Heidegger come «ciance schizofreniche», «banalità con le sembianze di cose significative», idee di un autore pronto a cambiare nuovamente bandiera qualora la rivoluzione nazista si dovesse arrestare. In quella stessa circostanza, il filosofo nazista Ernst Krieck (1882-1947) che mirava alla medesima posizione di filosofo del partito, esce allo scoperto e, sulla "prestigiosa" rivista di pedagogia nazista, da lui curata, ''Volk im Werden'', appare un articolo del seguente tenore: