Il buddhismo cinese/I testi: il Canone buddhista cinese/Lùnjíbù: differenze tra le versioni

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'''Lùnjíbù''' (論集部) (T.D. vol. 32, sezione dal n. 1628 al n. 1692) è la sezione del Canone buddhista cinese che raccoglie i commentari e dei trattati (''sastra''). Contiene 194 testi, tra gli altri:
*''Śikṣā-samuccaya'' (大乘集菩薩學論 pinyin: ''Dàchéng jí púsà xuélùn'', giapp. ''Daijō shū bosatsu gakuron'') la tradizione cinese lo attribuisce a Dharmakīrti ma quella tibetana a Śāntideva. Tradotto da Dharmarakṣa (法護)<ref>Da non confondersi con 竺法護 il traduttore del III-IV secolo. 法護 giunge infatti in Cina durante la dinastia Song.</ref> e Richeng in 25 fascicoli tra il 1058 e il 1072 (T.D. 1636), tratta delle paramita e del percorso del bodhisattva verso l'''illuminazione''.
*''Tattvasiddhi-śāstra'' (成實論 pinyin: ''Chéngshí lùn'', giapp. ''Jōjitsuron'') di Harivarman tradotto da Kumārajīva in 16 fascicoli. È un testo sulla ''vacuità'' di provenienza Mahāyāna. (T.D. 1646.32.239-375)
*''Nāgasenabhiksusūtra'' (那先比丘經 pinyin: ''Nàxiānbǐqiūjīng'' giapp. ''Nasenbikukyō'') che corrisponde alla prima parte del ''Miliṇḍapañha'' (pāli ''Milinda-paṅha'') inserito nel Canone pāli. Composto in due fascicoli, (T.D. 1670), questo testo tratta del dialogo tra un maestro Sarvāstivāda, Nāgasena (那先, pinyin ''Nàxiān''), e il re greco Menandro (sanscrito ''Miliṇḍa'', Lingua cinese|cinese 弥蘭 pinyin ''Mílán''). Curioso è il fatto che nonostante il testo sia di derivazione Sarvāstivāda sia lo stesso considerato, anche se tra le scritture extracanoniche<ref>Fatto salvo nel Canone pāli edito in Myanmar dove è invece inserito nel ''Khuddaka Nikāya'' del ''Sutta Piṭaka''.</ref>, dalla scuola Theravāda di probabile discendenza Vibhajyavāda.