Guida maimonidea/Filosofia e concetti: differenze tra le versioni

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È importante stressare il punto seguente. La questione se l'esistenza di Dio debba essere provata sulla base di un movimento continuo della sfera o del fatto che il mondo fu creato non sia di per se stesso così cruciale. Ciò che le dà un enorme peso religioso è il fatto che le due prove generano immagini differenti della divinità. Chi vede la creazione del mondo come prova dell'esistenza di Dio intende Dio come una personalità sovrana compresa di volontà, mentre chi basa la prova sul movimento perpetuo della sfera e l'eternità del mondo intende la divinità come un essere dalla cui esistenza si genera il mondo. Tale essere non interviene intenzionalmente nella creazione eccetto come prima causa, ragione ultima dell'ordine con cui opera l'universo. Nella ''Guida'', Maimonide articola la tensione tra i due concetti di Dio come personalità o come essere equiparandola alla tensione tra volontà e saggezza. Sebbene, come maimonide afferma nella ''Guida'', egli abbia adottato questa prova del movimento eterno della sfera, solo come un'opzione tra due prove possibili, il fatto che abbia scelto l'eternità del mondo in piena consapevolezza delle sue implicazioni come opzione presentata nella ''Mishneh Torah'' è di grande importanza.<ref name="Divine">David Burrell, ''Knowing the Unknowable God: Ibn Sina, Maimonides, Aquinas'', Notre Dame, 1986, ''passim''; Carlos Fraenkel, "Maimonides’ God and Spinoza’s Deus sive Natura", ''Journal of the History of Philosophy'' 44, 2006, pp. 169–215; Kenneth Seeskin, ''Searching for a Distant God: The Legacy of Maimonides'', Oxford University Press, 2000, pp. 123-140.</ref>
 
La propensitàpropensione di Maimonide per l'eternità del mondo è evidente anche nell'assenza totale di qualsiasi riferimento alla storia nelle sue considerazioni su Dio ed il mondo, nei primi capitoli della ''Mishneh Torah''. Non basa l'esistenza di Dio o l'espressione diretta ed immediata della Sua presenza su fattori come l'Esodo dall'Egitto o i miracoli delle dieci piaghe o l'attraversamento del Mar Rosso. La visione di Dio prima di tutto come il Dio della storia, il Dio che dimostra la Sua esistenza con miracoli che spezzano i confini dell'ordine naturale, è una visione profondamente radicata e ampiamente accettata dalla tradizione ebraica. Il Dio biblico è spesso descritto come il Dio della storia: "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto" (Es. 20:2). Il commento di Nahmanide riguardo a questo versetto dimostra la centralità dell'esodo dall'Egitto nel pensiero ebraico sull'incontro col divino: "Egli ha detto ''che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto'' perché l'averlo fatto dimostra la Sua esistenza e la Sua volontà; poiché ne siamo usciti con la conoscenza e provvidenza [di Dio]. Dimostra inoltre la creazione ex nihilo, dato che l'esistenza eterna del mondo implicherebbe che nulla può cambiare nella natura; e dimostra la [Sua] potenza" (''Commentario di Nahmanide alla Torah'', Es. 20:2). Secondo questa interpretazione, una violazione delle leggi della natura occorsa mediante l'avvenimento di un miracolo costituisce la forma più basilare della rivelazione divina. Nahmanide aveva ragione a collegare la consapevolezza del Dio della storia alla negazione dell'eternità del mondo, poiché quest'ultimo concetto è fondato sul rifiuto dell'idea di una volontà divina che cambia l'ordine della creazione.<ref name="Divine"/>
 
Che i primi capitoli della ''Mishneh Torah'' non facciano riferimento alla storia è di grande importanza per gli annali del pensiero ebraico. L'omissione segue da quesiquesti capitoli intesi a forgiare una consapevolezza religiosa costruita esclusivamente sulla causalità della natura stessa, non su dipartite dal corso normale della natura attraverso l'intervento di una suprema volontà divina. La prova dell'esistenza di Dio si basa sul moto continuo e immutabile della sfera, connesso nella sua essenza all'ordine fisso espresso nell'esperienza. Per di più, l'amore di Dio ed il timore di Dio, che stanno all'apice dell'esperienza religiosa, sono connessi alla contemplazione dell'ordine naturale dell'universo e la saggezza che comporta. Non c'è da stupirsi che, quando Maimonide parla dell'autentificazione della profezia, egli rifiuti di considerare un miracolo come evento che rappresenti la presenza non mediata di Dio. Il Dio della ''Mishneh Torah'' propende più verso la saggezza piuttosto che la volontà. In uno sforzo senza precedenti a creare un sistema vincolante di fede per tutto Israele, Maimonide evita di includere il denominatore comune più fondamentale della tradizione. Al contrario, nei capitoli introduttivi del suo trattato, egli tenta di dirigere la consapevolezza religiosa verso un concetto specificamente filosofico della divinità.<ref name="Divine"/>
 
===Il Cosmo maimonideo===