Biografie cristologiche/Vangeli e interpretazione ebraica: differenze tra le versioni

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{{q|'''''Non accettate nulla come verità che sia privo di amore. E non accettate nulla come amore che sia privo di verità! L’uno senza l’altra diventa una menzogna distruttiva.'''''|[[w:Edith Stein|Edith Stein]]}}
 
Una supposizione in molti corsi universitari che insegnano la "Bibbia come letteratura" è che le qualità letterarie, spesso di enorme realizzazione, siano inerenti alla scrittura biblica, e che tali qualità possano essere descritte. Per esempio, uno può sottolineare la poesia impareggiabile dei [[w:Salmi|Salmi]], la bellezza e profondità di [[w:Libro di Giobbe|Giobbe]], e l'abilità narrativa in libri come [[w:Libro di Genesi|Genesi]] e [[w:Libro di Rut|Rut]]. Spesso tutto ciò si riduce, spesso inconsciamente, ad assoggettare la Scrittura ad un tipo di critica letteraria, col critico che si mette su un piedistallo al di sopra della letteratura, e la giudica. In tali giudizi, come in tutta la critica letteraria, il cosiddetto critico enuncia partendo da premesse esplicite o tacite riguardo a ciò che è considerata letteratura buona e letteratura cattiva, ed il proprio gusto letterario entra inevitabilmente a far parte del giudizio.<ref name="Jewish">Per questa sezione si sono consultati principalmente i seguenti testi e fonti secondarie: Walter Jacob, ''Christianity through Jewish Eyes: The Quest for Common Ground'', KTAV Publishers, 1974; Pinchas lapideLapide, ''Israelis, Jews and Jesus'', trad di P. Heinegg, Doubleday, 1999; Jonathan Bruymberg-Kraus, "A Jewish Ideological Perspective on the Study of Christian Scripture", ''Jewish Social Studies'' N.S. 4:1, 1997, pp. 121-152; Shalom Ben Chorin, "The Image of Jesus in Modern Judaism", ''Journal of Ecumenical Studies'' 11, 1974, pp. 401-430; [[w:Geza Vermes|Géza Vermès]], ''Jesus and the World of Judaism'', SCM, 1983; ''id.'', ''The Religion of Jesus the Jew'', Fortress, 1993; James H. Charlesworth, ''Jesus within Judaism'', Doubleday, 1988; James H. Charlesworth (cur.), ''Jesus` Jewishness: Exploring the Place of Jesus in Early Judaism'', Crossroads, 1991; [[w:John Meier|John Meier]], ''A Marginal Jew'', 5 voll., 1991/2007 (trad. ital. ''Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico'', Queriniana, 2001/2009).</ref>
 
==La prospettiva ebraica==
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Esistono tre grandi temi su cui ruotano la letteratura ebraica, il Tanakh ed il Talmud. Tali temi sono il fulcro collettivo su cui ruota anche il Cristianesimo. Il primo è la domanda: esiste quella che viene chiamata la Volontà di Dio? La letteratura religiosa non pone mai questa domanda, assumendola invariabilmente come un dato di fatto, che tale Volontà esista. Che ci sia una Volontà di Dio è l'assioma dell'Ebraismo e del Cristianesimo; è l'assioma che Dio esiste e che ci sia un modo in cui Egli afferma e approva ed un modo in cui Egli disapprova. Questo tema è centrale nel Tanakh, nei [[w:Neviìm|Profeti]], ed è il motivo principale del [[w:Pentateuco|Pentateuco]]. È il cantico cantato dal [[w:Salmi|Salmista]], e la base dei tremendi problemi postulati nel [[w:Libro di Giobbe|Libro di Giobbe]]. È inoltre il tema che lega insieme i vari scritti del Nuovo Testamento, in cui una quantità di persone esprime questa convinzione comune in modi differenti. Questi scritti hanno tramandato all'età moderna inferenze in parte sovrapposte ed in parte discordanti estratte da convinzioni centrali. Le discordanze tuttavia, per quanto reali, tendono a diminuire di significato diventando semplici dettagli quando vengono soppesate alla luce delle convinzioni centrali. La convinzione riguardo alla Volontà di Dio si origina dall'Ebraismo ed è al centro di tutti gli antichi scritti ebraici — è anche al centro degli scritti cristiani.<ref name="SamSand"/><ref>Jonathan Bruymberg-Kraus, "A Jewish Ideological Perspective on the Study of Christian Scripture, ''cit.''", ''Jewish Social Studies'' N.S. 4:1, 1997, pp. 121-152.</ref>
 
Il secondo tema è la domanda: può l'essere umano conoscere la Volontà di Dio? Pare verosimile pensare, studiando la storia delle religioni, che tutte le religioni antiche fossero convinte di poter conoscere tale Volontà.<ref>[http://books.google.co.uk/books/about/A_History_of_God.html?id=_n3cCF2I2FUC Karen Armstrong, ''A History Of God''], Ballantine Books, 1994, pp. 9-51 & ''passim'' partic. Parte VI.</ref> La questione non è tanto un problema filosofico di sapere se la Volontà di Dio sia veramente conoscibile o meno — non è questo il luogo per discuterne: necessita un'altra occasione e contesto. Qui basti dire che ciò che è centrale nell'Ebraismo, e centralmente ebraico nel Cristianesimo, è la ferma convinzione che l'essere umano possa conoscere, e in verità conosca, la Volontà di Dio, perché Dio gliela ha rivelata. Gli scritti antichi ebraici e cristiani forniscono ampia testimonianza che l'affermazione di conoscere la volontà di Dio da parte di una persona risultava sgradita e incredibile alle altre persone — ecco quindi perché ci sono così frequenti allusioni ai falsi profeti e falsi maestri. Tuttavia la convinzione che l'essere umano possa conoscere la Volontà di Dio anima ogni singolo paragrafo degli scritti antichi, ebraici e cristiani. Infatti, questo movente è così essenzialmente ebraico che nella sua forma cristiana la volontà di Dio differisce da quella ebraica solo per il fatto che è la sua continuazione più recente e culminante. I testi cristiani<ref>Qui bisogna escludere i testi [[w:Gnosticismo|gnostici]], che la prima chiesa cristiana rifiutò in quanto lo Gnosticismo rifiutava la rivelazione ebraica. Cfr. ''int. al.'', Walter Jacob, ''Christianity through Jewish Eyes: The Quest for Common Ground'', KTAV Publishers, 1974, ''s.v.'' "Gnosticism"; [[w:Ernesto Buonaiuti|Ernesto Buonaiuti]], ''Lo gnosticismo. Storia di antiche lotte religiose'', I Dioscuri, Genova 1987, ''passim''.</ref> non solo non rifiutano il patrimonio religioso ebraico, ma l'affermano come proprio, fino al punto di privarne gli ebrei stessi!
Il secondo tema è la domanda: può l'essere umano conoscere la Volontà di Dio?
 
==Note==
<references/>
 
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