Biografie cristologiche/Vangeli e interpretazione ebraica: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 37:
Questo significa che l'impegno di scrivere un Vangelo accettabile è colmo di grandi difficoltà. Il rabbino e teologo Samuel Sandmel<ref name="SamSand">'''Samuel Sandmel''' ([[w:Dayton (Ohio)|Dayton]], 23 settembre 1911 - [[w:Cincinnati|Cincinnati]], 4 novembre 1979), laureatosi presso la [[w:Università del Missouri|Università del Missouri]], ottenne un dottorato di ricerca dal Collegio ''Hebrew Union College'' di Cincinnati, e fu ordinato rabbino nel 1937. Ottenne varie posizioni presso la Hebrew Benevolent Congregation di Atlanta, la Fondazione B'nai B'rith Hillel della [[w:Carolina del Nord|Carolina del Nord]] e le [[w:Università Duke|Università Duke]] negli anni 1939-1942. Fu inoltre cappellano durante la Secondo Guerra Mondiale, nel Pacifico presso la II Marine Division nel 1942. Ricevette un dottorato specialistico sul Nuovo Testamento dalla [[w:Yale University|Yale University]]. Divenne cattedratico di Studi Ebraici presso la [[w:Università Vanderbilt|Università Vanderbilt]] dal 1949 al 1952, per poi ritornare allo Hebrew Union College nel 1952 come Professore di Letteratura Biblica ed Ellenistica. Autore di 20 libri e numerosi saggi per enciclopedie e bollettini accademici, fu anche redattore generale della Oxford University Press Study Edition della Bibbia ''[[:en:w:New English Bible|New English Bible]]'', collaborandovi con un gruppo di 29 biblisti interconfessionali. Ricevette diverse onorificenze, premi e lauree ''honoris causa'' e fu presidente della ''Society of Biblical Literature'' nel 1961. Altre onorificenze inclusero il Premio ''Distinguished Citizen Award'' della University of Missouri, il premio letterario ''Jewish Book Council Award'' nel 1973 per la sua raccolta di saggi in titolata ''Two Living Traditions''; il premio ''National Media Brotherhood Award'' nel 1978 assegnatogli dalla Conferenza Nazionale di Cristiani ed Ebrei, e il premio ''Munk International Brotherhood Award'', datogli postumo nel 1979 dal Concilio Canadese di Cristiani ed Ebrei. Fu inoltre membro/socio delle seguenti istituzioni: ''American Association of University Professors, Archaeological Institute, American Academy of Jewish Research, American Society for the study of Religion, Association for Higher Education, American Oriental Society, Central Conference of American Rabbis e del Club Letterario di Cincinnati''. Cfr. ''int. al.'', il suo importante saggio [http://www.sbl-site.org/assets/pdfs/presidentialaddresses/JBL81_1_1Sandmel1961.pdf "Parallelomania", ''Journal of Biblical Literature'', Vol. 81, No. 1, 1962, pp. 1-13] (PDF).</ref> propone l'esistenza di un Quinto Vangelo, calcolato dal suo autore per evitare le difficoltà incontrate dai quattro vangeli esistenti (e da altri vangeli non più esistenti): tale quinto Vangelo sarebbe la ''[[w:Lettera agli Ebrei|Lettera agli Ebrei]]''. Questa teoria si basa su un passo di [[w:Lettera a Tito|Tito]] [https://www.biblegateway.com/passage/?search=tito+1%3A14&version=CEI;LND 1:14], che denuncia le "favole giudaiche", e un passo di [[w:Prima lettera a Timoteo|I Timoteo]] [https://www.biblegateway.com/passage/?search=1+timoteo+1%3A4&version=CEI;LND 1:4] che esorta a "non occuparsi di favole e di genealogie interminabili". Se per alcuni cristiani le genealogie erano futili, allora la prima cosa che viene in mente sono le genealogie di Matteo e di Luca! Quanto alle "favole", tali sembrano le trame e gli orditi dei Vangeli — venivano quindi etichettate "giudaiche" solo per disprezzarle. Sembra comunque ragionevole che i primi cristiani non approvassero ogni vangelo che veniva scritto, e sappiamo che in alcuni circoli Giovanni era disapprovato. Ciò che viene messo in dubbio, da studiosi ebrei come Sandmel, è se i Vangeli suscitino ammirazione per la loro forma e contenuto, o piuttosto per tutti quei secoli di adulazione dopo che quattro di essi divennero canonici. Nessuno degli aneddoti dei Vangeli riappare in Ebrei; invece, lì ci viene detto che il Cristo era "senza padre, senza madre, senza genealogia" (Ebrei 7:3). Inoltre, alcuni Padri della chiesa incontrarono delle difficoltà nei Vangeli canonici che riuscirono a risolvere solo con allegorie artificiali. Diversi biblisti ebrei asseriscono quindi che sia l'adulazione dei Vangeli che dura da circa diciotto secoli, ad investirli di un carattere che, secondo tali biblisti, i Vangeli non possiedono.<ref name="SamSand"/><ref name="Sand"/>
 
Le Lettere di Paolo non riportano gli aneddoti piacevoli dei Vangeli. Per quanto poco congeniali possano essere alcuni dei suoi scritti (per esempio, quelli sul matrimonio e le relazioni sessuali), Paolo ha una mente arguta, un'intuizione profondamente sensibile, una penna poetica e fluente, e quindi da molti viene giudicato superiore ai testi di Matteo, Marco, Luca o Giovanni.<ref name="SamSand"/> Sicuramente gli scritti paolini sono alquanto differenti dai Vangeli; tuttaviae, pur riconoscendo la diversità di forma, è difficile porre i Vangeli allo stesso alto livello ''letterario'' delle Lettere di Paolo.<ref name="Sand"/><ref name="Jewish"/> Ma la scuola ebraica non è l'unica a riscontrare problemi nei Vangeli. Il grande studioso neotestamentario tedesco, [[w:Rudolf Bultmann|Rudolf Bultmann]] (1884–1976), è uno dei rappresentanti principali del movimento teologico che fa capo alla "scuola demitizzante". Secondo il giudizio di Bultmann, il messaggio basilare cristiano è sostenibile e appropriato; tuttavia, egli afferma che, poiché tale messaggio è espresso dal Nuovo testamento, è talmente imbevuto di "mitologia" originantesi dal mondo greco-romano di duemila anni fa, da essere sia "incomprensibile che inaccettabile da parte dell'uomo moderno." Pertanto Bultmann sostiene che sia il compito del Cristianesimo "riformulare il proprio messaggio in modo che possa catturare la mente e la fedeltà dell'uomo moderno."<ref>[http://digilander.libero.it/moses/bultmann.html ''Il teologo della demitizzazione''] da ''Moses. La filosofia del Novecento''. <small>URL consultato 23 aprile 2015</small>; cfr. anche [http://www.treccani.it/enciclopedia/rudolf-bultmann/ "Bultmann ‹bùltman›, Rudolf"], voce della ''Enciclopedia Italiana'', ed. online, sito ''treccani.it'' <small>URL consultato 23 aprile 2015</small></ref>
 
==Formulazioni e riformulazioni==
Documenti religiosi necessitano comunque di una valutazione alquanto differente dal meramente letterario, ed esiste il pericolo anche tra studiosi che una preoccupazione analitica eccessiva possa oscurare il tenore intrinseco di un dato documento. Fermarsi al letterale è grave ostacolo ad una comprensione corretta dei contenuti, poiché la persona che legge gli scritti religiosi deve sforzarsi di comprendere l'intento alla base del documento. Per esempio, la letteratura rabbinica al suo apice non raggiunge mai le altezze dei capolavori letterari del ''[[w:Tanakh|Tanakh]]'', come Giobbe, i Salmi, ed i Profeti maggiori. Ci sono tuttavia innumerevoli passi dove la letteratura rabbinica possiede una percettività ed una sublimità che può stare alla pari col ''Tanakh''. Colui che giudica la letteratura rabbinica solo sulla sua forma esteriore, o sul suo legalismo, non afferra ciò che la letteratura rabbinica vuole veramente esprimere, poiché la sua eloquenza giace in lampi di intuizione ove il contenuto trionfa sulla forma. Inoltre, l'interprete corretto non perde mai di vista la domanda: a chi/cosa si rivolge la letteratura rabbinica? Cosa cerca di dirci? La letteratura religiosa è sempre un tentativo di dare espressione a ciò che è usualmente difficile esprimere, poiché nella letteratura religiosa le persone tentano di esprimere idee ed intuizioni che spesso non riescono ad essere articolate con parole distinte. L'emozione religiosa si avvicina alla poesia e non alla prosa, e lo studente di letteratura religiosa dovrebbe sempre cercare di percepire la poesia latente in un qualsiasi scritto religioso. Ebrei e cristiani hanno l'obbligo di considerare l'intento latente della letteratura pagana, o maomettana, o buddhista, anche quando si sentono estranei alla tradizione che ha prodotto tale letteratura.<ref name="Jewish"/>
 
 
 
==Note==