Biografie cristologiche/Spirito e Insegnamento: differenze tra le versioni

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Nei modi che contavano Pilato aveva ragione. Con Gesù morto, la città tornò nella normalità, sotto il suo controllo. Le folle turbolente delle festività pasquali cessarono di agitarsi e aspettarsi l'arrivo del Regno e la rivelazione imminente di Gesù come Suo Messia. Castigati e demoralizzati, si calmarono nuovamente. Il resto della Pesach probabilmente si concluse senza incidenti.
 
Tuttavia, per i seguaci più intimi di Gesù era diverso. Spaventati dal suo arresto, la maggioranza era scappata. Ciò che successe dopo non lo sappiamo per certo, perché fonti differenti narrano differenti storie: solo le grandi linee sono chiare. Certi che Gesù fosse morto, alcuni membri di questo piccolo gruppo iniziarono a percepire, e poi a proclamare, che Gesù viveva di nuovo. Dio, dissero, l'ha risuscitato dai morti. Ciò che questi discepoli videro o provarono veramente è ora impossibile da dire. Paolo, la cui testimonianza è tarda (circa vent'anni dopo questi fatti) e certamente di seconda mano ("Infatti vi ho prima di tutto trasmesso ciò che ho anch'io ricevuto", 1 Cor. 15:3) insegna che il Cristo Risorto gli apparve in un ''pneumatikon sōma'', un "corpo spirituale" (1 Cor. 15:44). Sia quello che sia, Paolo insiste che comunque tale corpo ''non'' fosse di carne ed ossa. "Questo vi dico, o fratelli: ''la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio'', né ciò che è corruttibile può ereditare l'incorruttibilità" (1 Cor. 15:50). Tradizioni ancora più successive in Luca e Giovanni dicono il contrario: " Guardate le mie mani e i miei piedi," dice in Luca il Cristo Risorto, esortando i suoi discepoli meravigliati di guardargli le ferite ancora presenti, "Sono proprio io! Toccatemi e guardate, perché ''uno spirito non ha carne e ossa, come vedete che ho io''" (Lc 24:39-40). "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani," ordina il Cristo Risorto di Giovanni a Tommaso che dubita, "stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!" (Gv 20:27). A rigor di termini, questi resoconti non ci dicono nulla di Gesù di Nazaret. La sua storia finisce su una croce romana, e queste storie ci offrono ben poco di quello che i discepoli potrebbero aver visto. Scritti considerabilmente dopo i fatti di quella Pasqua, differiscono notevolmente tra di loro.<ref>[[w:Geza Vermes|Géza Vermès]], ''Jesus the Jew: A Historian's Reading of the Gospels, cit.'', 1973, pp. 192-212; Paula Fredriksen, ''Jesus of Nazaret, King of the Jews'', MacMillan, 2000, pp. 241-259.</ref>
 
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