Le religioni e il sacro/Il sacro: differenze tra le versioni

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L'utilizzo del termine in questi ambiti è quindi moderno e corrisponde a una sua trasformazione da «aggettivo qualificante modalità e aspetti diversi del mondo religioso, in sostantivo designante una realtà ''sui generis''»<ref>Giovanni Filoramo, ''Sacro'' in ''Dizionario delle religioni'' (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, 1993, p.663.</ref>.
 
Lo storico delle religioni svedese '''Nathan Söderblom''' (1866-1931) è stato il primo studioso a evidenziare come
l'esperienza del "sacro" sia al fondamento di tutte le religioni
{{q|Sacro è la parola fondamentale in campo religioso; è ancora più importante della nozione di Dio. Una religione può realmente esistere senza una concezione precisa della divinità, ma non esiste alcuna religione reale senza la distinzione tra sacro e profano.|Nathan Söderblom, ''Holiness'' in ''Encyclopedia of Religion and Ethics'', Vol.VI. NY, Charles Scribner's Sons, 1914, p. 731|Holiness is the great word in religion; it is even more essential than the notion of God. Real religion may exist without a definite conception of divinity, but there is no real religion without a distinction between holy and profane.|lingua=en}}
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{{q|Nozione religiosa fondamentale che conferisce forza e valore a tutte le componenti della religione, senza essere riducibile a nessuna di queste presa singolarmente.|Giuseppe Fornari, ''Sacro'', in ''Enciclopedia filosofica'', vol. 10. Milano, Bompiani, 2006, p. 10000}}
 
Seguendo lo studioso tedesco '''Rudolf Otto''' (1869-1937), si può notare come, nelle descrizioni proprie dell'esperienza religiosa, tale "realtà" ''sui generis'' corrisponda alla percezione e al vissuto di quel "mistero" (''mysterium'') che provoca "terrore" (''tremendum'') e, al contempo, "incanto" (''fascinans''), quando si manifesta. Ma il significato di questo "mistero" se
 
{{q|assunto nel suo valore universale e sbiadito significa solamente segreto, nel senso di straniero a noi, di incompreso, di inesplicato, e in quanto ''mysterium'' costituisce quel che è da noi considerato una pura nozione analogica, ricavata dall'ambito del naturale, senza che effettivamente attinga la realtà. In se stesso però, il misterioso religioso, l'autentico ''mirum'', è, se vogliamo coglierlo nell'essenza più tipica, il 'Totalmente altro', il ''tháteron'', l’<nowiki></nowiki>''anyad'', l’<nowiki></nowiki>''alienum'', l’<nowiki></nowiki>''aliud valde'', l'estraneo, e ciò che riempie di stupore, quello che è al di là della sfera usuale, del comprensibile, del familiare, e per questo "nascosto", assolutamente fuori dall'ordinario, e colmante quindi lo spirito di sbigottito stupore. |Rudolf Otto, ''Il sacro'', (1917). Milano, SE, 2009, p. 41}}
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Quindi per Rudolf Otto l'esperienza umana del "sacro" si qualifica come terrificante e irrazionale; un'esperienza indicata come ''mysterium tremendum'' davanti a una "realtà" a cui viene attribuita una schiacciante superiorità e potenza. Ma che è anche una realtà dotata di ''mysterium fascinans'' in cui può realizzarsi la pienezza dell'essere. Otto identifica queste esperienze come "numinose" (esperienze del divino), di fronte al quale l'uomo si sente annichilito. Esse vengono ritenute al di là dell'umano e persino del cosmico. Il "sacro" va quindi sempre inteso come "totalmente Altro" (''ganz Anders'', ''das ganz Andere'') rispetto all'ordinario, al profano. La peculiarità del "sacro" è inoltre, per Otto, riconducibile alla sua impossibilità a essere spiegato o ricondotto a un linguaggio pertinente per altri oggetti di ricerca.
 
Uno dei primi studiosi della "Fenomenologia della religione", '''Gerardus van der Leeuw''' (1890-1950), autore della prima ''Phanomenologie der Religion'' (Fenomenologia della religione, 1933), ha ribadito la peculiarità dell'ambito della ricerca fenomenologica della religione, individuandone i temi ricorrenti nella storia e nelle differenti religioni, attraverso il presentarsi di strutture e forme tipiche come riti e credenze.
 
A tal proposito van der Leeuw ha coniato l'espressione di ''homo religiosus'' per indicare quell'uomo che ha una condotta specifica in relazione con il "sacro".
{{q|Possiamo quindi intendere la definizione del giurista Masurio Sabino: "religiosus est, quod propter sanctitatem aliquam remotum ac sepistum a nobis est". Ecco precisamente in che cosa consiste il sacro. Usargli sempre debiti riguardi: è questo l'elemento principale della relazione fra l'uomo e lo straordinario. L'etimologia più verosimile fa derivare la parola ''religio'' da ''relegere'', osservare, stare attenti; ''homo religiosus'' è il contrario di ''homo negligens''.| Gerardus van der Leeuw. ''Fenomenologia della religione'' (1933). Torino, Boringhieri, 2002, p.30}}
 
Più recentemente, lo storico delle religioni rumeno, '''Mircea Eliade''' (1907-1986), in ''Le Sacré et le profane'' (Il sacro e il profano, 1956<ref>Il libro fu redatto da Eliade in francese ma fu pubblicato per la prima volta nel 1957 in tedesco nella collana ''Rowohlts Deutsche Enzykläpdie'' diretta da Ernesto Grassi con il titolo ''Das Heilige und das Profane''.</ref>), suggerisce al riguardo del "sacro" il termine "ierofania" da intendere come "qualcosa di sacro ci si mostra".
 
{{q|L'uomo prende coscienza del sacro perché esso si manifesta come qualcosa del tutto diverso dal profano. Per tradurre l'atto di questa manifestazione del sacro abbiamo proposto il termine ''ierofania'', che è comodo, tanto più in quanto non implica alcuna precisazione supplementare: non esprime niente di più di quanto è intrinseco al suo contenuto etimologico, vale a dire che ''qualcosa di sacro ci si mostra''.|Mircea Eliade, ''Il sacro e il profano'' (1957). Torino, Boringhieri, 1984, p. 14}}