Le religioni e il sacro/Il sacro: differenze tra le versioni

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[[File:Mircea.eliade.jpg|150px|thumb|Mircea Eliade (1907-1986)]]
 
'''Sacro''' è un termine proprio della storia e della fenomenologia della religione che vuole indicare quella realtà che, "manifestandosi", si aggiunge, significandolo ulteriormenteprofondamente, a ciò che viene ordinariamente percepito, quest'ultimo indicato come "profano".
 
L'utilizzo del termine in questi ambiti è quindi moderno e corrisponde a una sua trasformazione da «aggettivo qualificante modalità e aspetti diversi del mondo religioso, in sostantivo designante una realtà ''sui generis''»<ref>Sergio Noja, ''Sacro'' in ''Dizionario delle religioni'' (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, 1993, p.663</ref>.
 
Seguendo lo studioso tedesco Rudolf Otto (1869-1937), si può notare come tale "realtà" ''sui generis'' corrisponda alla percezione e al vissuto di quel "mistero" (''mysterium'') che provoca "terrore" (''tremendum'') e, al contempo, "incanto" (''fascinans''), quando essa si manifesta. Ma il significato di questo "mistero" se
 
{{q|assunto nel suo valore universale e sbiadito significa solamente segreto, nel senso di straniero a noi, di incompreso, di inesplicato, e in quanto ''mysterium'' costituisce quel che è da noi considerato una pura nozione analogica, ricavata dall'ambito del naturale, senza che effettivamente attinga la realtà. In se stesso però, il misterioso religioso, l'autentico ''mirum'', è, se vogliamo coglierlo nell'essenza più tipica, il 'Totalmente altro', il ''tháteron'', l’<nowiki></nowiki>''anyad'', l’<nowiki></nowiki>''alienum'', l’<nowiki></nowiki>''aliud valde'', l'estraneo, e ciò che riempie di stupore, quello che è al di là della sfera usuale, del comprensibile, del familiare, e per questo "nascosto", assolutamente fuori dall'ordinario, e colmante quindi lo spirito di sbigottito stupore. |Rudolf Otto, ''Il sacro'', p. 41}}
Quindi per Rudolf Otto l'esperienza umana del "sacro" si qualifica come terrificante e irrazionale; un'esperienza indicata come ''mysterium tremendum'' davanti ad una "realtà" a cui viene attribuita una schiacciante superiorità e potenza. Ma che è anche una realtà dotata di ''mysterium fascinans'' in cui può realizzarsi la pienezza dell'essere. Otto identifica queste esperienze come "numinose" (esperienze del divino), di fronte al quale l'uomo si sente annichilito. Esse vengono ritenute al di là dell'umano e persino del cosmico. Il "sacro" va quindi sempre inteso come "totalmente Altro" (''gaz andereAndere'') rispetto all'ordinario, al profano. La peculiarità del "sacro" è inoltre, per Otto, riconducibile alla sua impossibilità ad essere spiegato o ricondotto ad un linguaggio pertinente per altri oggetti di ricerca.
 
Lo storico delle religioni svedese Nathan Söderblom (1866-1931) è stato il primo studioso a evidenziare come
questa esperienza del "sacro", inteso come mistero ''tremendum'' e ''fascinans'', sia al fondamento di tutte le religioni
{{q|Sacro è la parola fondamentale in campo religioso; è ancora più importante della nozione di Dio. Una religione può realmente esistere senza una concezione precisa della divinità, ma non esiste alcuna religione reale senza la distinzione tra sacro e profano.|''Holiness'' in ''Encyclopedia of Religion and Ethics'', Vol.VI. Edinburgh, Clark, 1913, pag. 731-41}}
 
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{{q|Nozione religiosa fondamentale che conferisce forza e valore a tutte le componenti della religione, senza essere riducibile a nessuna di queste presa singolarmente.|Fornari, vol. 10 p.10000}}
 
Uno dei primi studiosi della "Fenomenologia della religione", Gerardus van der Leeuw (1890-1950), autore didella prima ''Phanomenologie der Religion'', (1933, Fenomenologia della religione), ribadisceha ribadito la peculiarità dell'ambito della ricerca fenomenologica della religione, individuandone i temi ricorrenti nella storia e nelle differenti religioni, attraverso il presentarsi di strutture e forme tipiche come riti e credenze. A tal proposito van der Leeuw coniaha coniato l'espressione di ''homo religiosus'' per indicare quell'uomo che ha una condotta specifica in relazione con il "sacro".
{{q|Possiamo quindi intendere la definizione del giurista Masurio Sabino: "religiosus est, quod propter sanctitatem aliquam remotum ac sepistum a nobis est". Ecco precisamente in che cosa consiste il sacro. Usargli sempre debiti riguardi: è questo l'elemento principale della relazione fra l'uomo e lo straordinario. L'etimologia più verosimile fa derivare la parola ''religio'' da ''relegere'', osservare, stare attenti; ''homo religiosus'' è il contrario di ''homo negligens''.| Gerardus van der Leeuw. ''Phanomenologie der Religion'' (1933), ''Fenomenologia della religione''. Torino, Boringhieri, 2002, pag.30}}
 
Più recentemente, lo storico delle religioni rumeno, Mircea Eliade (1907-1986), in ''Le Sacré et le profane'' (''Il sacro e il profano'', 1956<ref>Il libro fu redatto da Eliade in francese ma fu pubblicato per la prima volta nel 1957 in tedesco nella collana ''Rowohlts Deutsche Enzykläpdie'' diretta da Ernesto Grassi con il titolo ''Das Heilige und das Profane''.</ref>), suggerisce al riguardo del "sacro" il termine "ierofania" inteso come "qualcosa di sacro ci si mostra".
 
{{q|L'uomo prende coscienza del sacro perché esso si manifesta come qualcosa del tutto diverso dal profano. Per tradurre l'atto di questa manifestazione del sacro abbiamo proposto il termine ''ierofania'', che è comodo, tanto più in quanto non implica alcuna precisazione supplementare: non esprime niente di più di quanto è intrinseco al suo contenuto etimologico, vale a dire che ''qualcosa di sacro ci si mostra''.|Mircea Eliade, ''Il sacro e il profano'', p. 14}}
 
Per Eliade la storia delle religioni, dalla preistoria ad oggi, è costituita dall'accumularsi di "ierofanie" ovvero dalla manifestazione di realtà "sacre". Il "sacro" non ha nulla a che fare con il nostro mondo, il "profano". Anche se tutto il mondo fisico può essere assunto, nella cultura umana, soprattutto arcaica, al rango di sacro. La pietra o l'albero possono essere investiti della potenza del sacro senza perdere le loro caratteristiche fisiche, "profane". Essendo "potenza" per le culture arcaiche il "sacro" assurge a massima realtà e risulta saturo d'essere. Per Eliade il Cosmo desacralizzato, ovvero considerato del tutto privo di quella potenza, è una scoperta recente dell'umanità. L'uomo moderno quindi, per Eliade, ha difficoltà a comprendere il rapporto dell'uomo arcaico con la "sacralità". "Sacro" e "profano" sono due modi di essere completamente diversi. Per l'uomo arcaico, ad esempio, molti atti del tutto fisiologici ("profani") per l'uomo moderno sono investiti di sacralità: l'alimentazione, la sessualità, ''etc.''