Le religioni e il sacro/Il sacro: differenze tra le versioni

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L'utilizzo del termine in questi ambiti è quindi moderno e corrisponde a una sua trasformazione da «aggettivo qualificante modalità e aspetti diversi del mondo religioso, in sostantivo designante una realtà ''sui generis''»<ref>Sergio Noja, ''Sacro'' in ''Dizionario delle religioni'' (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, 1993, p.663</ref>.
 
* Seguendo lo studioso tedesco Rudolf Otto (1869-1937), si può notare come tale "realtà" corrisponda alla percezione e al vissuto di "mistero" (''mysterium'') che provoca "terrore" (''tremendum'') e, al contempo, "incanto" (''fascinans''), quando essa si manifesta. Ma il significato di questo "mistero" se
 
{{q|assunto nel suo valore universale e sbiadito significa solamente segreto, nel senso di straniero a noi, di incompreso, di inesplicato, e in quanto ''mysterium'' costituisce quel che è da noi considerato una pura nozione analogica, ricavata dall'ambito del naturale, senza che effettivamente attinga la realtà. In se stesso però, il misterioso religioso, l'autentico ''mirum'', è, se vogliamo coglierlo nell'essenza più tipica, il 'Totalmente altro', il ''tháteron'', l’<nowiki></nowiki>''anyad'', l’<nowiki></nowiki>''alienum'', l’<nowiki></nowiki>''aliud valde'', l'estraneo, e ciò che riempie di stupore, quello che è al di là della sfera usuale, del comprensibile, del familiare, e per questo "nascosto", assolutamente fuori dall'ordinario, e colmante quindi lo spirito di sbigottito stupore. |Rudolf Otto, ''Il sacro'', p. 41}}
Quindi per Rudolf Otto l'esperienza umana del "sacro" si qualifica come terrificante e irrazionale; un'esperienza indicata come ''mysterium tremendum'' davanti ad una "realtà" a cui viene attribuita una schiacciante superiorità e potenza. Ma che è anche una realtà dotata di ''mysterium fascinans'' in cui può realizzarsi la pienezza dell'essere. Otto identifica queste esperienze come "numinose" (esperienze del divino), di fronte al quale l'uomo si sente annichilito. Esse vengono ritenute al di là dell'umano e persino del cosmico. Il "sacro" va quindi sempre inteso come "totalmente Altro" (''gaz andere'') rispetto all'ordinario, al profano. La peculiarità del "sacro" è inoltre, per Otto, riconducibile alla sua impossibilità ad essere spiegato o ricondotto ad un linguaggio pertinente per altri oggetti di ricerca.
 
* Lo storico delle religioni svedese Nathan Söderblom (1866-1931) è stato il primo studioso a evidenziare come
questa esperienza del "sacro" sia al fondamento di tutte le religioni
{{q|Sacro è la parola fondamentale in campo religioso; è ancora più importante della nozione di Dio. Una religione può realmente esistere senza una concezione precisa della divinità, ma non esiste alcuna religione reale senza la distinzione tra sacro e profano<ref>''Holiness'' in ''Encyclopedia of Religion and Ethics'', Vol.VI. Edinburgh, Clark, 1913, pag. 731-41.</ref>}}
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{{q|Nozione religiosa fondamentale che conferisce forza e valore a tutte le componenti della religione, senza essere riducibile a nessuna di queste presa singolarmente.|Fornari, vol. 10 p.10000}}
 
* Uno dei primi studiosi della "Fenomenologia della religione", Gerardus van der Leeuw (1890-1950), autore di ''Phanomenologie der Religion'', (1933, Fenomenologia della religione), ribadisce la peculiarità dell'ambito della ricerca fenomenologica della religione, individuandone i temi ricorrenti nella storia e nelle differenti religioni attraverso il presentarsi di strutture e forme tipiche come riti e credenze. A tal proposito van der Leeuw conia l'espressione di ''homo religiosus'' per indicare quell'uomo che ha una condotta specifica in relazione con il "sacro".
 
* Più recentemente lo storico delle religioni rumeno, Mircea Eliade (1907-1986), in ''Le Sacré et le profane'' (''Il sacro e il profano'', 1956<ref>Il libro fu redatto da Eliade in francese ma fu pubblicato per la prima volta nel 1957 in tedesco nella collana ''Rowohlts Deutsche Enzykläpdie'' diretta da Ernesto Grassi con il titolo ''Das Heilige und das Profane''.</ref>), suggerisce al riguardo del "sacro" il termine "ierofania" inteso come "qualcosa di sacro ci si mostra".
 
Per Eliade la storia delle religioni, dalla preistoria ad oggi, è costituita dall'accumularsi di "ierofanie" ovvero dalla manifestazione di realtà "sacre". Il "sacro" non ha nulla a che fare con il nostro mondo, il "profano". Anche se tutto il mondo fisico può essere assunto, nella cultura umana, soprattutto arcaica, al rango di sacro. La pietra o l'albero possono essere investiti della potenza del sacro senza perdere le loro caratteristiche fisiche, "profane". Essendo "potenza" per le culture arcaiche il "sacro" assurge a massima realtà e risulta saturo d'essere. Per Eliade il Cosmo desacralizzato, ovvero considerato del tutto privo di quella potenza, è una scoperta recente dell'umanità. L'uomo moderno quindi, per Eliade, ha difficoltà a comprendere il rapporto dell'uomo arcaico con la "sacralità". "Sacro" e "profano" sono due modi di essere completamente diversi. Per l'uomo arcaico, ad esempio, molti atti del tutto fisiologici ("profani") per l'uomo moderno sono investiti di sacralità: l'alimentazione, la sessualità, ''etc.''