Le religioni e il sacro/Il sacro: differenze tra le versioni
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'''Sacro''' è un termine di ambito storico, fenomenologico, sociologico e antropologico religioso, che vuole indicare quella realtà che, "manifestandosi", si aggiunge, significandolo ulteriormente, a ciò che viene ordinariamente percepito, quest'ultimo indicato come "profano".▼
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▲'''Sacro''' è un termine
L'utilizzo del termine in questi ambiti è quindi moderno e corrisponde a una sua trasformazione da «aggettivo qualificante modalità e aspetti diversi del mondo religioso, in sostantivo designante una realtà ''sui generis''»<ref>Sergio Noja, ''Sacro'' in ''Dizionario delle religioni'' (a cura di Giovanni Filoramo). Torino, Einaudi, 1993, p.663</ref>.
Lo
questa esperienza del "sacro" sia il fondamento di tutte le religioni
{{q|Sacro è la parola fondamentale in campo religioso; è ancora più importante della nozione di Dio. Una religione può realmente esistere senza una concezione precisa della divinità, ma non esiste alcuna religione reale senza la distinzione tra sacro e profano<ref>
Quindi il "sacro" è una
{{q|Nozione religiosa fondamentale che conferisce forza e valore a tutte le componenti della religione, senza essere riducibile a nessuna di queste presa singolarmente.|Fornari, vol. 10 p.10000}}
Uno dei primi studiosi della "Fenomenologia della religione", Gerardus van der Leeuw (1890-1950), autore di ''Phanomenologie der Religion'', (1933, Fenomenologia della religione), ribadisce la peculiarità dell'ambito della ricerca fenomenologica della religione,
Più recentemente lo storico delle religioni rumeno, Mircea Eliade (1907-1986), in ''Le Sacré et le profane'' (''Il sacro e il profano'', 1956<ref>Il libro fu redatto da Eliade in francese ma fu pubblicato per la prima volta nel 1957 in tedesco nella collana ''Rowohlts Deutsche Enzykläpdie'' diretta da Ernesto Grassi con il titolo ''Das Heilige und das Profane''.</ref>), suggerisce al riguardo del "sacro" il termine "ierofania" inteso come "qualcosa di sacro ci si mostra".
{{q| Ogni rito, ogni mito, ogni credenza, ogni figura divina riflette l’esperienza del sacro, e di conseguenza implica le nozioni di essere, di significato, di verità. […] Il “sacro” è insomma un elemento nella struttura della coscienza, e non è uno stadio nella storia della coscienza stessa. Ai livelli più arcaici di cultura vivere da essere umano è in sé e per sé un atto religioso, poiché l’alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hanno valore sacrale. In altre parole, essere – o piuttosto divenire – un uomo significa essere “religioso” . | Mircea Eliade. ''Storia delle credenze e delle idee religiose'' vol. I. Sansoni, 1999, pag.7}}▼
{{q|A partire dalle più arcaiche esperienze religiose documentate sino al cristianesimo e all'islamismo, l'imitazione di modelli, intesa come norma e guida della vita dell'uomo, non è mai venuta meno, né del resto avrebbe potuto essere altrimenti. Ai livelli culturali più arcaici, già il ‛vivere come un essere umano' è di per sé un atto religioso, poiché l'alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hanno un valore sacrale. In altre parole, essere - o meglio divenire - un uomo significa essere 'religioso'. [...] La dialettica del sacro precedette e servì da modello per tutte le forme dialettiche successivamente scoperte dalla mente umana. L'esperienza del sacro, rivelando l'<nowiki></nowiki>'essere', il 'significato' e la 'verità' in un mondo ignoto, caotico e spaventoso, pose le basi per l'elaborazione del pensiero sistematico. Le manifestazioni del sacro espresse in simboli, miti, esseri soprannaturali, ecc., vengono afferrate come ‛strutture', e costituiscono un linguaggio preriflessivo, che esige una ermeneutica particolare. Per più di un quarto di secolo storici e studiosi di fenomenologia della religione hanno cercato di elaborare un'ermeneutica siffatta. Questo tipo di indagine non è paragonabile alla ricerca erudita, sebbene anch'essa possa valersi di documenti provenienti da culture da lungo tempo scomparse e da popoli remoti. In virtù di un'ermeneutica adeguata, la storia delle religioni cessa di essere un museo di fossili, rovine e obsoleti mirabilia per diventare quel che avrebbe dovuto essere sin dall'inizio per ogni ricercatore: un complesso di 'messaggi' che attendono di essere decifrati e compresi.|Mircea Eliade, ''Religione'', in Enciclopedia del Novecento (1982), vol. VI, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1982, pp. 121-2}}
▲[[File:RudolfOtto.jpg|upright=0.7|thumb|Rudolf Otto (1896-1937), fu tra i primi studiosi della dimensione del "sacro".]]
▲[[File:Nathan Soderblom.jpg|upright=0.7|thumb|Nathan Söderblom (1866-1931), considerò il "sacro" alla base di ogni religione.]]
▲[[File:Mircea.eliade.jpg|upright=0.7|thumb|Ritratto di Mircea Eliade.]]
▲Ma è con Rudolf Otto (1896-1937) che la dimensione del "sacro" acquisisce un peculiare ambito di ricerca. Nella sua opera ''Das Heilige'' (1917, ''Il Sacro''), Otto analizza l'esperienza umana del "sacro" e la qualifica come terrificante e irrazionale; una esperienza indicata come ''mysterium tremendum'' davanti ad una "realtà" a cui viene attribuita una schiacciante superiorità e potenza. Ma anche una realtà dotata di ''mysterium fascinans'' in cui può realizzarsi la pienezza dell'essere. Otto identifica queste esperienze come "numinose" (esperienze del divino), di fronte al quale l'uomo si sente annichilito. Esse vengono ritenute al di là dell'umano e persino del cosmico. La peculiarità del "sacro" è, per Otto, riconducibile alla sua impossibilità ad essere spiegato o ricondotto ad un linguaggio pertinente per altri oggetti di ricerca.
▲Lo [storico delle religioni svedese Nathan Söderblom (1866-1931) in ''The Nature of Revelation'' (1931) è il primo a coniugare strettamente il termine "sacro" con quello di "religione":
▲{{q|Sacro è la parola fondamentale in campo religioso; è ancora più importante della nozione di Dio. Una religione può realmente esistere senza una concezione precisa della divinità, ma non esiste alcuna religione reale senza la distinzione tra sacro e profano<ref>J. Hastings. ''Holiness'' in ''Encyclopedia of Religion and Ethics'', Vol.VI. Edinburgh, Clark, 1913, pag. 731-41.</ref>}}
▲Uno dei primi studiosi della Fenomenologia della religione, Gerardus van der Leeuw (1890-1950), autore di ''Phanomenologie der Religion'', (1933, Fenomenologia della religione), ribadisce la peculiarità dell'ambito della ricerca fenomenologica della religione individuando i temi ricorrenti nella storia e nelle differenti religioni attraverso il presentarsi di strutture e forme tipiche come riti e credenze. A tal proposito van der Leeuw conia l'espressione di ''homo religiosus'' per indicare quell'uomo che ha una condotta specifica in relazione con il "sacro".
▲Mircea Eliade (1907-1986) in ''Le Sacré et le profane'' (''Il sacro e il profano'', 1956<ref>Il libro fu redatto da Eliade in francese ma fu pubblicato per la prima volta nel 1957 in tedesco nella collana ''Rowohlts Deutsche Enzykläpdie'' diretta da Ernesto Grassi con il titolo ''Das Heilige und das Profane''.</ref>), suggerisce al riguardo del "sacro" il termine "ierofania" inteso come "qualcosa di sacro ci si mostra". Per Eliade la storia delle religioni, dalla preistoria ad oggi, è costituita dall'accumularsi di "ierofanie" ovvero dalla manifestazione di realtà "sacre". Il "sacro" non ha nulla a che fare con il nostro mondo, il "profano". Per Eliade tutto il mondo fisico può essere assunto nella cultura umana, soprattutto arcaica, al rango di sacro. La pietra o l'albero possono essere investiti della potenza del sacro senza perdere le loro caratteristiche fisiche, "profane". Essendo "potenza" per le culture arcaiche il "sacro" assurge a massima realtà e risulta saturo d'essere. Per Eliade il Cosmo desacralizzato, ovvero considerato del tutto privo di quella potenza, è una scoperta recente dell'umanità. L'uomo moderno quindi, per Eliade, ha difficoltà a comprendere il rapporto dell'uomo arcaico con la "sacralità". "Sacro" e "profano" sono due modi di essere completamente diversi. Per l'uomo arcaico, ad esempio, molti atti del tutto fisiologici ("profani") per l'uomo moderno sono investiti di sacralità: l'alimentazione, la sessualità, ''etc.''
▲{{q| Ogni rito, ogni mito, ogni credenza, ogni figura divina riflette l’esperienza del sacro, e di conseguenza implica le nozioni di essere, di significato, di verità. […] Il “sacro” è insomma un elemento nella struttura della coscienza, e non è uno stadio nella storia della coscienza stessa. Ai livelli più arcaici di cultura vivere da essere umano è in sé e per sé un atto religioso, poiché l’alimentazione, la vita sessuale e il lavoro hanno valore sacrale. In altre parole, essere – o piuttosto divenire – un uomo significa essere “religioso” . | Mircea Eliade. ''Storia delle credenze e delle idee religiose'' vol. I. Sansoni, 1999, pag.7}}
== Note ==
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