Le religioni della Mesopotamia/La letteratura religiosa in Mesopotamia/La Teodicea babilonese: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica |
|||
Riga 55:
* XXVI (276-285). A questo punto l'Amico conferma la posizione del Sofferente, sostenendo che Narru<ref>Si intende Enlil, il re degli dèi.</ref> re degli dèi e creatore degli uomini e Zulummar<ref>si intende Ea, l'Enki sumerico</ref> che impastò l'argilla per questi, e la dea madre Mami che la plasmò per crearli, hanno donato agli uomini parole cattive. La menzogna risiede permanentemente in loro, per questo onorano il ricco e il potente, calunniando invece come "ladro" il debole, abbondando in maldicenze gli provocano quindi il male in quanto non ha protettori, infine lo distruggono.
* XXVII (287-297). Il Sofferente conclude il poema richiamando la compassione dell'amico che lo ha appena confortato nelle sue posizioni<ref>Su questa lettura cfr. Claudio Saporetti, ''Perché il male. Il problema nella Mesopotamia antica'', p 86.</ref>
==Note==
|